2. CONTROMISURE

Hank si svegliò prima di Antonio e si mosse molto piano nel letto. Nel sonno si era girato, ora stava a pancia in giù, la mano sotto al suo cuscino invece che sotto al proprio, come a cercare un contatto meno invadente.
“Ecco perché non ero comodo! Ora capisco come ha dormito l’altra volta lui…” Pensò divertito con un sorrisino. Si alzò sul gomito e lo guardò bene per capire se ora che non aveva il controllo di sé, mostrasse segni di cui doveva essere a conoscenza.
L’espressione era segnata mentre dormiva, Hank si alzò sospirando ed andò in cucina dove si chiuse per assicurarsi che Antonio non lo sentisse, anche se teoricamente dormiva.
Chiamò Mouse conscio che alle sette del mattino probabilmente dormiva.
Aspettò un bel po’ prima di sentire la sua voce assonnata.
- Javier De La Vega. - Disse senza nemmeno salutarlo.
- Come? - Chiese confuso.
- Javier De La Vega. Appena vai in ufficio devi trovare tutto quello che puoi su di lui, voglio che ti concentri in particolare sulle sue proprietà, sulle proprietà dei suoi familiari, sul giro dei suoi amici e conoscenti, voglio un elenco dei posti in cui potrebbe essere se dovesse nascondersi. E voglio che tieni d’occhio i suoi movimenti, se preleva da qualche parte voglio sapere dove e quanto. Vedi se usa un mezzo e quale, voglio mettergli un rilevatore al più presto. Hai capito bene? -
Fece Hank serio col tono di comando.
Mouse capì che era importante.
- Abbiamo un caso? - Chiese confuso. Di solito non funzionava così, di solito venivano chiamati tutti in pompa magna e solo una volta riuniti in ufficio si esponevano casi e compiti.
- No, nessun caso, per ora. Spero che non lo diventi. - Mouse si corrucciò senza capire.
- Non è un caso? -
- No, non è ufficiale, non devi farne parola con nessuno. Riferisci solo a me e quando siamo soli. E Mouse… - Fece prima di mettere giù. - Soprattutto non parlarne con Antonio! -
Mouse avrebbe capito solo a ricerche fatte il motivo di tanta segretezza nei suoi confronti.
“Antonio fa quello coraggioso, io faccio il suo custode!”
Commentò fra sé e sé ripetendo quello che Antonio gli aveva detto in un paio di occasioni, sul fatto che a modo suo lo proteggeva sempre.
Fece appena in tempo a mettere giù il telefono, aprire la porta e a mettere su il caffè che Antonio arrivò assonnato, con i boxer che aveva lasciato a casa sua l’altra sera e che Hank aveva lavato e messo in parte.
Gli diede un’occhiata distratta per poi tornare a guardarlo con più attenzione e rovesciare un po’ di polvere di caffè.
Antonio gli indicò di stare attento prima di sedersi poco delicatamente su una sedia e chiudere le braccia sul tavolo su cui adagiò la testa per continuare a dormire.
- Ti va di fare un po’ di palestra? - Gli chiese visto che il giorno prima non era riuscito a fare nulla. Hank rimase colpito dal suo modo di cancellare gli eventi disturbanti. Javier era già seppellito in una sola notte?
O forse era solo incosciente?
- Fammi bere un paio di litri di caffè poi sono tuo. - Rispose cavernoso. Antonio lo guardò ammiccando malizioso.
- Guarda che ti prendo in parola! - Hank sorrise scuotendo la testa. Decisamente la sua capacità di scacciare le cose disturbanti era fuori dal comune. Forse era proprio incoscienza, comunque.
Voleva chiedergli come si sentisse ora in merito a quanto successo la sera prima e come intendeva muoversi con Javier, ma in un attimo capì che non intendeva fare nulla se non aspettare le mosse eventuali dell’altro. Non l’avrebbe cercato, però probabilmente avrebbe fissato insistentemente ogni persona nel raggio di un miglio.
“Vorrà dire che io fisserò lui come se fosse l’ultimo umano sulla Terra!”
Come se di norma non facesse una cosa simile!

I due non parlarono di Javier, si misero a conversare un po’ della palestra e di come Antonio intendeva fare per tenerla aperta mentre era di turno a lavoro, disse che si sarebbe fatto aiutare da un amico fidato che era in pensione e che adorava la boxe e quella palestra.
Di questo e di niente altro, parlarono fino al loro arrivo a destinazione.
Quando Antonio girò la chiave nella toppa, esitò un istante con la sensazione sgradevole di una brutta sorpresa.
Hank lo notò e lo guardò silenzioso in attesa che aprisse.
Quando entrò Antonio tratteneva il fiato, ma con sua somma sorpresa trovò tutto a posto ed in ordine come l’aveva lasciato.
Rilassò subito le spalle ed Hank fece finta di nulla superandolo, mostrandosi del tutto tranquillo.
Non avrebbero parlato di Javier, ma entrambi sapevano che sarebbe stato costantemente nei loro pensieri.

I due si misero in tenuta comoda, quella di Antonio era la stessa di sempre che creava tanto disturbo ad Hank, la sua invece era meno aderente e da porno star. Più normale, insomma.
Presero le corde e si misero a saltare insieme, era presto per veder arrivare qualcun altro iscritto, per cui rimasero soli in quell’ampio ed un tempo rilassante spazio. Antonio rimase coi nervi a fior di pelle per un po’, poi quando valutarono di essere sufficientemente caldi, Hank gli propose di fargli da sparring partner al suo posto.
- Ti va di tirare tu? - Antonio finse che gli fosse indifferente ed accettò, ma una volta che cominciò a tirare pugni ai cuscini che Hank aveva nelle mani, per parare i suoi colpi, si sentì fluire fuori tutta la tensione ed in nervi che aveva accumulato e teso come corde di violino.
Pugno dopo pugno l’intensità e la forza aumentava diventando sempre più potente e complicato starci dietro. Hank dovette impegnarsi di più, Antonio era molto bravo a tirare, saltava leggerissimo sui piedi, le gambe divaricate, i fianchi flessi, una spalla davanti rispetto all’altra, un pugno sempre vicino al viso per proteggere eventuali colpi che in quel caso non sarebbero arrivati, il sinistro a colpire veloce e ripetutamente fino ad alternare ogni tanto con il destro che andava molto più forte dell’altro.
- Non sapevo avessi un destro così micidiale! - Commentò Hank ammirato. Antonio fece un ghigno divertito mentre mano a mano che dava giù si rischiarava nettamente tornando a divertirsi nel fare quello che gli era sempre piaciuto.
- Me lo ha regalato il vecchio proprietario di questo posto… dopo un paio di allenamenti mi ha detto ‘tu hai un destro capace di bucare un muro!’ Io mi sono messo a ridere, quella volta non capivo nulla di boxe e non mi pareva di avere gran ché nel destro. Dopo un paio di mesi, il mio destro bucava il muro. Non letteralmente, ovviamente, però ha usato un macchinario particolare che misura la forza del colpo e stabilisce un metro di paragone. Se colpissi il muro al massimo della mia potenza, farei delle crepe. Mi romperei anche la mano, ovviamente, però la potenza è quella! - Hank rimase impressionato da quella storia e si sentì più tranquillo nel sapere quanto forte poteva essere. Lo sapeva, ovviamente, ma non nel dettaglio.
Sapere che uno è forte e sa difendersi è un conto, sapere quanto è un altro.
- Voglio riprendere ad allenarmi sui combattimenti. - Disse Antonio serio, senza fermarsi dal tirargli contro. Hank si oscurò.
- Non ti serve. - Ruggì.
- Non è una questione di utilità, è che è un po’ che non lo faccio. Mi limito a tirare pugni al sacco o ad uno sparring partner, non è fare boxe sul serio. A me piace. - Hank sospirò cercando di non usare quelle specie di cuscini che aveva nelle mani per tirargli dei ceffoni.
- Se è per questo è un conto e fai bene a riprendere. Se è per Javier ti dico subito che non ti servirà. Perché tu non ci combatterai! - Antonio, sentendo quel nome che entrambi avevano pensato senza mai pronunciare dalla sera prima, diede un colpo particolarmente forte col destro che fece tremare il braccio di Hank fino a dargli la scosse alla spalla.
A quello si fermò facendo segno che voleva una pausa, si sfilò un cuscino e si massaggiò la spalla.
- E poi dici che non lo fai per lui? - Antonio sbuffò sudato indurendo l’espressione del viso, il nervoso tornò a salire e scuotendo la testa guardò l’ora. Era passato più tempo di quanto immaginato, così scrollando le spalle disse che era ora di andare a fare colazione. Diretto allo spogliatoio, diede un calcio alto al sacco che tuonò e tremò per un po’, Hank rimase a guardarlo per un paio di secondi, poi sospirò e lo seguì. Passandoci davanti lo fermò, infine andò da Antonio che si stava spogliando per farsi una doccia veloce.
Hank si asciugò e si cambiò non avendo sudato molto, decise di non entrare con lui, poteva arrivare chiunque da un momento all’altro e a quel pensiero si rese conto che Javier poteva anche avere la faccia tosta di venire in palestra quando Antonio non era presente.
Quando uscì avvolto in un asciugamano, lui era quasi del tutto vestito e glielo disse:
- Come pensi di impedire a De La Vega di tornare in palestra mentre tu non ci sei? - Antonio voleva dire che gli aveva detto di non tornare, ma sapeva che non sarebbe stato sufficiente. Si strinse nelle spalle togliendosi il telo col quale iniziò ad asciugarsi veloce e sbrigativo.
- Farò vedere una foto a Jack e gli dirò di riempirlo di pugni se tenta di iscriversi o se torna per qualsiasi motivo! -
Tagliò corto Antonio. Hank non tornò sull’argomento e capì che continuare a parlarne non aiutava e non avrebbe portato da nessuna parte. Era testardo, non voleva aiuto di alcun tipo, specie scorte nei luoghi in cui sapeva poteva essere molestato.
Non fecero quella discussione sapendo come sarebbe andata. Avrebbero solo litigato ed era da un po’ che non succedeva, esclusa la sera precedente.
Hank avrebbe detto che doveva prendersi una scorta e far controllare i suoi posti principali, che erano palestra, casa di Laura e dei ragazzi e casa sua.
Antonio avrebbe detto che usare dei poliziotti per motivi personali non era professionale ed oltretutto li metteva a rischio per una questione che riguardava solo lui.
Poi Hank gli avrebbe fatto notare che Laura ed i ragazzi non dovevano correre rischi ed Antonio avrebbe ribattuto che comunque loro erano fuori da Chicago e non così facile da raggiungere.
“Non accetta aiuto per non ammettere di averne bisogno. Se lo facesse sarebbe debole e lui non vuole sembrare debole!”
- Ho chiesto ad un mio amico del loro distretto di mettere una pattuglia a controllarli senza farsi notare. - Disse alla fine, mentre si allacciava i jeans. Hank lo guardò sorpreso, incredulo, convinto che non l’avrebbe mai fatto. Da quello e dal suo tono più calmo capì che invece aveva davvero paura di quello che Javier poteva fare, con o senza ammissione.
Così rimase zitto, guardò verso la porta e non sentendo rumori di alcun tipo, lo raggiunse, lo girò verso di sé con sicurezza e si fece guardare. La testa piegata di lato.
- Avere paura non è segno di debolezza. - Disse poi penetrante. - E’ solo auto conservazione. E’ intelligenza. - Antonio sospirò ed annuì molto più mansueto di come era stato fino a quel momento. Quello era la prova che non poteva assolutamente lasciarlo da solo, mai.
- Grazie. - Mormorò alla fine per quello che sapeva avrebbe fatto per lui senza farsi notare.
Hank in risposta lo baciò ed Antonio accettò di buon grado, sentendo una gran voglia di sparire con lui e cancellare un passato troppo ingombrante.
Gli mise una mano sul collo caldo e sensibile e lui sussultò, si rilassò ai brividi di piacere, poi però la porta dell’ingresso si sentì in quel momento ed i due si separarono in fretta.
Jack, l’amico di Antonio che lo aiutava, era arrivato e lui andò subito ad istruirlo su Javier senza andare nei dettagli, finito con lui, raggiunse Hank alla porta ed i due se ne andarono insieme.
- Per Gabby ho chiesto al Comandante Boeden di tenerla d’occhio e non lasciarla mai sola, non vive sola per cui almeno in questo sono un po’ più tranquillo, anche se vive con un’altra ragazza. - Hank lo guardò senza capire.
- E Casey? - Antonio allora fece un’espressione comica.
- Sai come vanno queste cose… ci si lascia, ci si riprende… ora sono in una via di mezzo, è un gran casino… - Hank ridacchiò sentendolo parlare di loro in quel modo, ma non andò nei particolari. Non era certo un esperto di relazioni, dopotutto. La cosa più vicina ad una storia era Antonio ed ora come ora l’idea di permettere a Javier di fargli qualcosa era così insopportabile, che c’era da chiedersi a che punto fosse il loro approfondimento fatto di piccoli passi.

A lavoro arrivò un nuovo caso e si diedero da fare in tal senso, Hank lavorò costantemente in coppia con Antonio senza mai lasciargli fare una minima cosa da solo.
Solo quando si fece aggiornare da Mouse su Javier, dovette mandarlo con Jay allontanandolo dal distretto per non fargli sentire per sbaglio il loro discorso.
Mouse quando lo chiamò aveva l’aria di chi aveva capito cosa stava succedendo e Hank apprezzò il suo non fare domande ed il limitarsi a parlare e dare le informazioni richieste.
- Non è possibile che non abbia nulla! - Mouse desolato ripeté.
- Tutti quelli della sua vecchia banda, come noto che sai, sono ancora dentro. Lui è il primo ad essere uscito ufficialmente per buona condotta. Non ha proprietà, dei suoi è rimasta solo sua madre che non vive qua da anni, lo ha praticamente abbandonato appena compiuti i 18. La casa dove viveva De La Vega prima della prigione è andata allo stato. Nessun parente, nessuna proprietà. -
- Dove diavolo vive? - Mouse era sempre più mortificato ed in difficoltà per non aver trovato effettivamente nulla.
- Non… non è pervenuto. E non ha mezzi, sembra si muova a piedi o coi mezzi pubblici, per quanto ne sappiamo. Penso che usi alloggi e mezzi di fortuna, deve avere un nuovo giro ma non c’è un dato elettronico che io possa usare per poter avere queste informazioni. Le devi ricavare alla vecchia maniera! - Hank sospirò contrariato capendo però che aveva ragione ed alzando gli occhi al cielo lo disse:
- Informatori. - Mouse era stato coraggioso ad essere così sfacciato, ma Hank lo apprezzava.
- Ovviamente non ha conti intestati, immagino… - La risposta fu scontata.
- Mi dispiace non esserle stato utile… - Poi si fermò chiedendosi se fosse il caso di fargli quella domanda, alla fine vedendolo ancora fermo nella sua postazione a pensare come muoversi, si azzardò. - Signore. Pensa che Antonio sia in pericolo? Come ex membro della sua gang è segnato che lui ne faceva parte, ma che ne è uscito prima che fossero arrestati tutti… - Era una domanda retorica, perché altrimenti Hank non starebbe cercando tutte quelle informazioni. Infatti lo guardò torvo esaurendo la pazienza.
- Non sono uno stalker! Non mi interessa nulla di quell’individuo! Se lo voglio controllare c’è un valido motivo! - Mouse alzò le mani in segno di calma e di resa e fece sì con la testa.
- Continuerò a cercare fra i contatti del carcere, ma potrebbero essere così tanti che sarebbe come cercare un ago in un pagliaio… - Hank gli fece cenno di farlo.
- Chiamami se salta fuori qualcosa di interessante. - Con questo se ne andò pensieroso, deciso a mettere in mezzo qualcuno dei suoi informatori per sapere con chi se la faceva ora Javier.
“Devo assolutamente scoprire qualcosa su di lui, non può vivere da nessuna parte con nulla in mano!”
Sapeva di non poterlo affrontare lui di persona per non peggiorare una situazione complicata, però voleva comunque fare qualcosa.

- Vi siete sposati e non mi avete detto nulla? - Chiese Jay stupito, seduto accanto ad Antonio che guidava nervoso. Questi lo fissò senza capire e lui spiegò paziente: - Tu e Voight! Non ti molla un secondo! -
Antonio fece una breve smorfia.
- Sembra questo da fuori? - Chiese mentre la sua mente lavorava su più livelli contemporaneamente. Jay si strinse nelle spalle.
- Arrivate insieme, lavorate insieme, vi spostate insieme… - Ed Antonio pensò “E andiamo via insieme, solo che loro non lo sanno!”
Poi un flash l’attraversò.
“Certo se Javier mi seguisse noterebbe che sto sempre con lui. Già questo presuppone che sappia che sono un poliziotto, se mi ha visto con lui saprà che è quello che l’ha messo dentro. Dovrei aspettarmi una sua mossa da un momento all’altro. Se non mi ha seguito sarebbe un idiota.”
Antonio fece l’ennesima smorfia sbuffando. Era un disastro sotto ogni punto di vista. Doveva agire in qualche modo invece che aspettare che si decidesse a fare qualcosa.
- Quindi state insieme sul serio? - Tornò a chiedere Jay. Antonio tornò dopo essersi distratto coi propri problemi.
- Come? No! Stare insieme sul serio? Oddio, Jay! - Jay si ritrasse nel sedile alla sua reazione un po’ eccessiva.
- Sembra di sì, che ti devo dire… non volevi approfondire con lui? - Antonio fece prima sì, poi no, poi un ‘beh’. Jay lo guardò come se fosse matto ed alla fine si decise a spiegare un po’, articolando qualche frase.
- Abbiamo approfondito. Ed è stato maledettamente bello. Per lui è stata la prima volta di questo tipo, ma sembra non avere problemi a sperimentare! - Jay fece una smorfia nell’immaginarlo a letto con Antonio, più che altro erano scene che non voleva avere nella testa. Non per Antonio, ma per Hank.
- Sì… e? - Continuò in attesa, curioso ed al tempo stesso inorridito.
- E va tutto bene. Non stiamo insieme, non parliamo di sentimenti, futuro e puttanate simili. Vediamo come va, stiamo insieme quando ci va, facciamo quello che ci va… approfondiamo, insomma! - Jay sorrise divertito dalla semplicità con cui la metteva giù. In realtà non era così facile, però a sentirlo lo sembrava.
- Si vede che va bene. Sono felice per voi. - Antonio fermò l’auto e lo guardò sorpreso, non aveva mai capito che lui provava qualcosa, aveva sempre pensato fosse solo un suo buon amico con cui ogni tanto era andato a letto.
- Non ci siamo mica fidanzati. - Tagliò corto rompendo tutto il romanticismo che su Antonio era quasi eresia. Jay rise e gli diede un pugno sul braccio, poi senza aggiungere altro scese dall’auto.
Antonio fece altrettanto, ma prima di tuffarsi nel caso che stavano affrontando, pensò velocemente.
“Non posso passare così tanto tempo con Hank. Se mi segue e mi vede tanto con lui può pensare che stiamo insieme e potrebbe essere un problema. E’ meglio che mi stacchi un po’ da Hank in questi giorni. Sicuramente non sarà d’accordo, ma non gli chiedo di certo il permesso. Coinvolgere Hank più di così è un suicidio, le cose sicuramente possono finire peggio di come finirebbero senza di lui.” Lui lo diceva da un certo punto di vista, ovvero per il fatto che Hank non aveva mezze misure e metodi che andavano per il sottile, si rischiava di innescare una reazione a catena da evitare.


- Aspettami, ho quasi finito! - disse Hank a fine giornata, vedendolo andare via. Antonio si fermò imprecando fra sé e sé e si girò.
- Beh, intanto vado in palestra… - Hank lo fissò torvo.
- Ho detto aspettami! - Non voleva far sapere a tutti i pochi rimasti che andavano via insieme. E tanto meno Antonio. Infatti si avvicinò e si affacciò al suo ufficio dove era seduto dietro la scrivania a scrivere rapporti e verbali.
- Senti, per stasera vado per conto mio… vado a chiudere la palestra e poi passo da Gabby a vedere se è tutto ok, cenerò con lei e non serve che stai con me. Me la caverò. - Non voleva sembrare l’ingrato che lo scaricava perché non aveva bisogno di una guardia del corpo, cosa che però pensava davvero. Però doveva staccarselo di dosso in qualche modo, per proteggerlo.
Hank si innervosì e si vide dalla mascella contratta.
- Non mi piace, Antonio. - Disse piano. - Vai con qualcuno. Portati Jay! - Piuttosto gli affibbiava Jay pur di non lasciarlo solo.
Antonio allargò le braccia come per dire che esagerava.
- Ehi, andiamo, vado solo a chiudere la palestra, davvero, non mi trattengo! E poi corro da mia sorella! So difendermi! - Hank sospirò esasperato e seccato.
- E’ proprio questo il punto! - Antonio fece un sorriso e si avvicinò alla scrivania dove appoggiò le mani vicinissime alle sue, sfiorandogliele.
Poi lo guardò da vicino, chino verso di lui che lo fissava male, infastidito.
- Starò bene. Non puoi stare sempre con me, se passa mesi senza fare nulla mi stai incollato mesi? E poi so difendermi sul serio, peggio per lui se mi attacca. E’ una cosa che va contro di lui, non contro di me. - Antonio pensando d’averlo convinto, fece per andarsene, ma Hank lo trattenne per il braccio e scivolò con la mano sul suo polso, finendo sulle sue dita che tenne.
- Ehi. - Disse perentorio. Antonio diede una breve occhiata per vedere se gli altri l’avevano visto, ma non vide nessuno e lo lasciò fare. - Non accettare quel combattimento. Non sarebbe leale da parte sua. Non mi piace che tu lo faccia! - Antonio si fidò della sua sensazione ed annuì.
- Non voglio farlo. Non lo farò. Per me lui è sepolto. -
“Solo non voglio averlo sulla coscienza… se ti lascio intervenire, ce l’avrei eccome, perché di sicuro lo uccideresti!”
Con questo lo salutò aumentando la stretta della mano, poi se ne andò.


Antonio faceva ogni cosa con la prontezza di riflessi per reagire immediatamente, si aspettava Javier da un momento all’altro ed il muoversi da solo proprio la sera successiva, era un invito a farsi avanti. Per chiarire di nuovo che non doveva rientrare nella sua vita e doveva lasciare in pace chi gli stava intorno. Tassativamente, anzi.
Non voleva combatterci, voleva però chiudere definitivamente, di nuovo.
“Non so se esiste un modo non violento per fargli capire che deve lasciarmi in pace…”
Pensò mentre chiudeva la palestra al buio della sera, il quartiere come molti altri della città, non dei migliori.
Odori sgradevoli si alternavano ed il cielo si ricopriva repentinamente di nuvole e freddo. Un freddo sempre più gelido e consistente.
Il fiato di Antonio si condensò in pochissimo tempo ed una volta chiuso, mise le chiavi in tasca e si strofinò le mani presto indolenzite.
Mosse alcuni passi verso l’auto, ma si fermò subito vedendolo appoggiato proprio lì sopra.
Un moto di fastidio e soddisfazione lo invase.
Proprio come aveva sperato, eccolo ricomparire.
Ed ora che l’aveva davanti, come liberarsi di lui senza prenderlo a pugni?
Di solito erano i modi che prediligeva specie con gente spregevole. Però lui non era uno qualunque. I ricordi lo investirono di nuovo come dei treni, quella sensazione di essere un oggetto nelle sue mani, una specie di schiavo, a volte. E poi la fatica, il dolore nel cercare di liberarsi, quanti rischi aveva corso, quanto male si era inflitto?
Aveva passato l’inferno, perché non poteva tornare nelle tenebre dove l’aveva cacciato anni fa?
Si avvicinò ulteriormente, ma rimase a debita distanza.
Le mani nelle tasche, la pistola ed il distintivo erano coperti dalla giacca ben chiusa.
- Pensavo avessi assunto dei tirapiedi! Trovarti solo è stata un’impresa! Ma noto che dopo qualche anno non ti sei rammollito! Credevo iniziassi a fartela sotto! - Antonio si sentì montare dentro dalla rabbia. Come osava? Se voleva poteva distruggerlo di nuovo, ma il coinvolgimento emotivo non era da sottovalutare e poi comunque sarebbe stato un nuovo tormento di cui liberarsi. Non voleva averlo sulla coscienza, sul serio.
- Hai due secondi, poi me ne vado perché ho di meglio da fare che ascoltare le tue follie! - Disse deciso Antonio senza mostrare la minima indecisione o paura.
Era bravo a mantenersi saldo, dentro di sé voleva solo cancellare quel viso che aveva davanti.
- Oh, le immagino… il tuo meglio da fare si trova nel letto del sergente Voight, vero? - Antonio si sentì morire, mentre i suoi sospetti erano diventati realtà.  Javier fece un sorrisino vittorioso. - Sergente… ne ha fatto di strada quel giovane detective appena promosso nell’antigang! Forse un po’ ho contribuito io ad una delle sue promozioni! - Antonio scosse il capo girando lo sguardo altrove, non volendo avere quella conversazione. - Dico bene, detective? - Antonio alzò gli occhi al cielo, ma non si scompose troppo. Immaginava l’avrebbe scoperto.
- Te lo dico solo una volta! Fa la tua vita che io faccio la mia. Ed ora vattene! - Sapeva che non poteva essere sufficiente. Javier infatti si staccò dalla portiera della sua auto, ma mosse solo mezzo passo verso di lui, l’atteggiamento di chi voleva provocare. Quell’aria ferocemente gelida, capace di passare da zero a dieci in un istante.
- Sai una cosa? Non me ne frega nulla che ti sia venduto a quel pezzo di merda di Voight. Potevo prenderla male, come un tradimento. Potevo mettermi a pensare che sei stato tu a fargli trovare le prove per metterci tutti dentro, ma poi mi sono detto no… tenevi troppo alla tua sorellina, non avresti fatto nulla di potenzialmente dannoso per lei. - Antonio sospirò, in questo senso lo conosceva, sapeva come ragionava e come agiva. Non provò un grande sollievo, ma almeno qualcosa di consolatorio.
- Infatti non ero dalla sua parte, mi sono solo fatto gli affari miei togliendomi dalle palle. Mi sono conquistato la mia libertà, Javier. Ed ora me la devi! - Javier contrasse le sopracciglia senza capire come mai ragionasse così, fece un altro passo ritrovandosi a pochi centimetri da Antonio, piantato immobile dove era. Le mani in tasca, ma i muscoli tesi, pronti per scattare e colpirlo o prendere la pistola a scaricargliela in pancia.
Javier sorrise ed alzò le mani in segno di resa, si pose in modo estremamente calmo e sicuro di sé.
- Non voglio farti arrabbiare ora che sei sicuramente armato. Voglio solo convincerti a darmi quell’incontro. Voglio la rivincita. Me la devi. Uno scontro ad armi pari, corretto, e definitivo. - Antonio stava per scuotere la testa stanco di ripetere sempre le stesse cose, ma poi registrò l’ultima parola e capì cosa non gli era tornato di tutto il suo discorso apparentemente sensato.
- Definitivo? - Javier sorrise apparentemente cordiale.
 - Definitivo. -
- Cioè deve finire con la morte di uno di noi due?  E’ questo che vuoi? E’ questo che stai dicendo? - Javier, soddisfatto che finalmente Antonio avesse capito, annuì sperando di poter avere quello che voleva. - Perché. Javier? Se vinco io dovrei ucciderti, è questo che vuoi? - Javier però piegò la testa di lato con l’aria di chi, sano di mente, non lo sembrava poi così tanto.
- Ma io non conto di perdere, questa volta. - Antonio rise amaro, incredulo, isterico.
- Tu sei pazzo, non accetterò mai. Io ho vinto, ho conquistato la mia libertà ed era per sempre. Sono andato oltre, ho cambiato vita, non torno indietro, non lo farò mai! Tu non puoi obbligarmi e sappi che se mi attacchi quando non voglio combattere e non sono pronto… beh, intanto quello non sarebbe il tuo combattimento ad armi pari. E poi comunque potrei reagire male. Molto male. Come non vorresti. - Antonio a quel punto tirò fuori le mani dalla tasca e senza tirarla fuori, si sistemò la pistola attraverso la giacca.
Javier capì che ad usare la diplomazia per convincerlo con le buone, avrebbe ottenuto solo un paio di probabili pallottole. Non era quello il modo in cui volta farla finita.
Voleva davvero usare il mezzo che Antonio aveva usato anni fa per scaricarlo. La boxe, i pugni.
E voleva che fosse convinto lui stesso, che lo volesse fare per primo.
Doveva essere un combattimento epico e per sempre.
Aveva passato troppo tempo ad immaginarlo, era sopravvissuto in prigione pensando solo a quello.
Nessuno poteva capire quante colpe aveva Antonio, nessuno. Però doveva pagare d’averlo lasciato in quel modo. Doveva.
- Adesso levati e se ti rivedo di nuovo trovo un modo per arrestarti. Fidati che lo trovo. - Potendo giocare a carte scoperte, era anche più efficace.
Javier finse di farsi convincere da questa minaccia e si fece da parte, ma lo sguardo rimase fisso come quello di un serpente.
Antonio salì in auto consapevole che l’avrebbe rivisto e che non era finita.
Non sapeva perché voleva ucciderlo prendendolo a pugni e non tirava fuori la pistola che sicuramente aveva da qualche parte e non gliela scaricava addosso. Perché tutte quelle cerimonie?
“Probabilmente è solo impazzito del tutto… del resto sono il suo unico obiettivo. Dopo anni esci di prigione e pensi a vendicarti del tuo ex? Se non è follia questa…”
Antonio decise di calmarsi sminuendo la situazione. Questa volta se l’era cavata meglio dell’altra. Un po’ perché l’aveva aspettato, un po’ perché non era stato colto impreparato.
Sgommò via senza esitare, ma non andò né da Gabriella, né da Hank.
Andò a casa da solo e rimase sveglio tutta la notte, con la pistola vicino a sé, pronto ad impugnarla e a sparare a chiunque si sarebbe mosso in casa propria.
La luce spenta, lui seduto sul divano, ben sveglio, l’adrenalina sempre a mille.
Perché lui sapeva, lo sapeva davvero, che Javier non avrebbe mollato.
Oh, se lo sapeva.


Ed aveva ragione.
Javier sputò per terra una volta solo in strada, indurì l’espressione che divenne gelida, poi con la luce della ragione che si allontanava via via sempre più, prese la sua decisione definitiva.
“Bene, visto che ti serve un incentivo che ti motivi a fare sul serio, farò quello che non volevo fare. Non pensavo d’avere tanta fortuna quando ti ho seguito ieri sera, eppure mi hai subito fornito il tuo punto debole. Perché caro il mio sentimentale coraggioso, quando c’è una relazione, quella diventa SEMPRE il tuo punto debole. L’ho imparato io sulla pelle, per colpa tua. Ed ora lo capirai a tue spese. Se non vuoi fare sul serio, lo farai quando userò il tuo uomo. Vediamo se non mi darai retta quella volta!”
Così dicendo, Javier si accese una sigaretta per poi andare verso quella che sapeva essere l’abitazione di Hank Voight.