NOTE:
Siamo in una delle puntate della prima stagione, se non ricordo male la
7 o la 8, quando Justin, il figlio di Hank, viene rilasciato e poco
dopo si caccia nei guai finendo implicato nel caso che segue la
squadra. Antonio viene tormentato dagli affari interni che vogliono
incastri Hank, lui per tutto il tempo è combattuto e non sa cosa fare,
poi capisce che per quanto discutibile sia Hank non è giusto
consegnarlo agli affari interni e si schiera dalla sua parte,
aiutandolo anche col figlio. E’ una delle puntate più di svolta per il
loro rapporto perché si vede Antonio in bilico fra il dargli il colpo
di grazia e l’aiutarlo, alla fine si schiera con lui e da lì in poi il
rapporto migliora e si rinforza diventando sempre più bello. C’è una
scena specifica a cui faccio riferimento, quando i due si scontrano ed
Hank va a muso duro, furioso, contro un immobile e calmo Antonio. E poi
c’è un’aggiunta personale. La fic non è lunga, ma doverosa in quanto
evidenza il punto di svolta definitivo fra i due, quello decisivo.
Buona lettura. Baci Akane
DIFFICILE MA NECESSARIO
Un’esplosione.
Un’esplosione si abbatté su di loro, investendoli e bruciando ogni cosa, seminando il terrore.
Quell’esplosione era Hank.
Nel momento in cui Antonio sentì
Erin dirgli che il figlio di Hank si era cacciato nei guai, capì subito
come sarebbero andate le cose.
Ovvero con Hank che gli gridava contro.
Alla fine si rassegnò a seguire il
protocollo, conscio di dover adottare qualche trucco per aiutarlo il
più possibile, pur rimanendo nel rispetto della legge.
Aveva capito dall’inizio di quella
giornata che le cose sarebbero andate storte, gli affari interni
premevano affinché gli consegnassero Hank, proprio loro che l’avevano
liberato.
Quando aveva visto che proprio nel
caso dove loro volevano che lui glielo consegnassero, era stato messo
in mezzo il figlio di Hank, aveva capito che era una porcata e che non
ne valeva la pena, non era giusto consegnarglielo. Stavano rigirando le
cose in loro favore solo per rimediare a quello che ritenevano un
errore, ovvero liberare Hank. Però stava andando di mezzo un ragazzo
che cercava faticosamente di rimettersi in carreggiata, lo stavano
usando per arrivare al pezzo grosso, ad Hank.
Così Antonio si rassegnò soprattutto a sentirsi gridare contro non appena lui l’avesse scoperto.
E così fu.
Erin lo avvertì che stava arrivando,
così si alzò ed andò all’ufficio di quello che era tecnicamente il suo
superiore. Si appoggiò alla scrivania senza sedercisi su e attese il
suo arrivo tuonante.
E tuonante fu.
L’esplosione, appunto.
Era tutto il giorno che i due litigavano e si sfidavano, ma lì fu per Hank la goccia.
Arrivò di filato nel suo stesso
ufficio, dove sapeva era Antonio. Gli si piazzò davanti dimenticandosi
il concetto si spazio vitale e vicino di pochissimi centimetri, gli
urlò in faccia, furioso come non lo avevano ancora visto. Chiedendo
cosa diavolo ci facesse suo figlio nella stanza degli interrogatori.
Antonio rimase impassibile, mani
alte a lato del viso, in segno di resa e di calma, fiato trattenuto,
occhi chiusi in attesa della fine dell’esplosione, di poter rispondere.
Non si mosse di un millimetro, non
tentò di sfilarsi via né nulla. Attese che Hank finisse di urlare, poi,
calmo e pacato, svelò che gli affari interni volevano la sua testa e
che erano andati a proporgli un accordo per incastrarlo. Volevano usare
il caso su cui stavano investigando dentro cui era finito il figlio di
Hank. Poi disse che non avrebbe messo un dito in questa vicenda e che
non aveva visto alcuna prova di collegamento con Justin. In breve si
fece da parte per lasciarlo agire come voleva, alla sua maniera.
Hank si fermò il momento successivo.
Non gli aveva dato appuntamento, però aveva pensato che se avesse voluto parlargli o sfogarsi, l’avrebbe di certo cercato lì.
Perché in centrale a volte era
troppo formale, anche se la maggior parte dei discorsi fatti al volo
avvenivano in quell’ufficio.
Antonio ripensò a quando Hank
l’aveva aiutato per suo figlio Diego e decise d’aver fatto bene a non
venderlo per liberarsi di lui. Alla fine aveva capito il punto
della questione, nonostante la giornata di litigi e sfide strenue con
Hank.
La responsabile degli affari interni
che stava alle costole di Hank dal momento in cui l’aveva liberato di
prigione, l’aveva avvicinato chiedendogli informazioni sul suo capo,
per avere scuse per rimetterlo dentro, probabilmente pentiti d’averlo
liberato con quell’accordo.
Alla fine di quella giornata era
tornato lì ed aveva rifiutato quel patto. Non avrebbe venduto Hank,
anche se fino ad un paio di settimane prima non avrebbe esitato un
secondo. Per tutto il giorno era stato un’anima in pena, indeciso su
cosa fare con lui.
Antonio guardò la bottiglia di birra che gli aveva portato il suo amico dietro al bancone e sospirò sorseggiando distratto.
“E’ vero che sono arrivato nella sua
unità giurando a Casey e mia sorella di ributtarlo in carcere, dove
meritava di stare. Ma è anche vero che all’epoca lo vivevo da esterno,
come gli affari interni lo stanno vivendo. Non capivo, non sapevo tante
cose. Non mi ero trovato dentro a certe situazioni, a dover fare certe
scelte… adesso è diverso. Non giustifico tutto quello che fa, sempre.
Però… non posso metterlo in croce, non è giusto, la realtà è diversa.”
Antonio stava capendo giorno dopo
giorno Hank e si sentiva in colpa per averlo messo dentro, era vero che
aveva sbagliato con la questione di Justin e Casey, decisamente
sbagliato, però lui per Diego aveva superato i confini e non poteva
rinnegarlo. Oltretutto gli affari interni avevano in un certo qual modo
usato Justin, nel caso di quel giorno, per tendere una trappola ad
Hank, Appena Antonio se ne era reso conto, aveva fatto marcia indietro.
Manovrare le cose fino a quel punto era sbagliato.
“Loro non sanno il prezzo che
paghiamo per fare il nostro lavoro. Spesso è un prezzo alto, molto più
alto di quello che dovrebbe essere. Ma non ci fermiamo. Hank sbaglia
coi suoi mezzi, io non li condivido, però il prezzo che paga è fra lui
e la sua coscienza e si riversa sul rapporto disastroso con suo figlio,
sul fatto che è solo. Io sono sposato, ho dei figli, andiamo d’accordo,
ma è una specie di miracolo e mia moglie è furiosa tutte le volte che
esco e sto fuori troppi giorni di fila per lavorare, o quando torno con
qualche ferita. O con delle pallottole. E un giorno potrei non tornare,
lei potrebbe stufarsi di preoccuparsi… il prezzo è alto e non è giusto
ed il risultato è che c’è gente sopra di noi che vuole mangiarci. Al
diavolo! Quello che facciamo è difficile, ma necessario. Quello
che fa Hank lo è. Non lo vendo. Al diavolo!”
Ripeté fra sé e sé, bevendo ancora.
Poco dopo la porta si aprì e qualcuno entrò nel locale.
Antonio, immerso nei propri pensieri, non si girò a guardare.
Quando si sentì toccare la schiena, si riscosse e vide che era Hank. Si sedette accanto a lui e chiese una birra.
Antonio rimase in silenzio a guardarlo, senza salutarlo.
- Come è andata con Justin? - Chiese immaginando che era stato con lui.
Hank sospirò appena e prese la birra iniziando a bere.
- L’ho lasciato all’esercito. Si
arruolerà. Se non troverà la disciplina così, non so proprio che altro
fare… - Non ne avevano mai parlato di Justin, la causa dei loro
dissapori passati, la goccia.
Avevano accuratamente evitato l’argomento, ma ora pareva quasi inevitabile, dopo la discussione in ufficio.
Antonio pensò che fosse il momento, così si fece avanti con un tono molto calmo e controllato.
- Difficile ma necessario. -
- Avrei dovuto farlo prima. Prima di
farlo finire dentro… - Justin era appena uscito dalla prigione e si era
subito rimesso nei guai, questo aveva spinto Hank a fare qualcosa di
drastico come farlo arruolare nell’esercito.
- Non è certo facile, pensi che
proteggerlo sia il tuo ruolo di genitore e copri tutto quello che fa.
Fai tutto quello che serve. Anche oltre. Perché lui è tuo figlio, tuo
figlio. Ma poi vedi che non puoi aiutarlo, perché non serve, non
capisce. Però cosa non faresti per tuo figlio? - Antonio riprese una
delle loro discussioni di quel giorno, Hank capì che era un tentativo
per sistemare le cose, anche in merito al loro passato, a quando
Antonio l’aveva messo dentro proprio perché Hank aveva aggredito Casey
per impedire che testimoniasse contro Justin.
Alla fine l’aveva vinta Antonio,
Justin era stato accusato di omicidio per guida in stato di ebrezza e
Hank l’aveva raggiunto poco dopo per essere il responsabile delle
aggressioni a Casey.
Non ne avevano parlato, non bene, non in modo definitivo.
Hank abbassò ulteriormente il tono e si lasciò andare, sentendo di poterlo fare, volendolo fare.
Non avrebbe mai immaginato di farlo
con lui, ma se era venuto lì, nel ‘loro’ locale, era proprio con lui
che in realtà quella sera ne voleva parlare.
- Mi dispiace per oggi, le urla, i
litigi, Diego… però ero fuori di me. Ho sempre fatto di tutto per
proteggere Justin, convinto che coprirlo e giustificarlo fosse
proteggerlo. In realtà ho degenerato… - Antonio, sentendolo in
difficoltà e dispiacendosi per la prima volta per lui, gli mise una
mano sul braccio. Hank si fermò e guardò la sua mano, sentì il calore
scaturire da quel contatto e si sentì stupidamente meglio, per un
momento. Poi Antonio ritirò la mano.
- Non è facile. Non lo è in due,
figurarsi da soli… si fa del proprio meglio, si prova, si fa quello che
si crede giusto… ma non è una scienza esatta. Io per Diego ho superato
il limite e sono… beh, forse la persona meno incline a superare i
limiti, no? - Hank sorrise. Lo era davvero.
- Sai, è strano parlare di questo
proprio con te… - Ammise infatti ancora con quella specie di sorriso
sulle labbra. Stava un po’ meglio, doveva ammetterlo.
- Solo perché sono
indirettamente responsabile della sua incarcerazione? Perché ho
sostenuto Casey nella sua crociata contro Justin e poi ti ho messo
dentro? - E finalmente l’aveva detto, finalmente quella frase era
uscita dalla sua bocca. Come in un gioco, come se non fosse vero.
Scherzando, sorridendo. Hank lo guardò incredulo, poi si mise a ridere.
Era così semplice, ora. Prima però l’aveva odiato molto, perché gli
stava rovinando la carriera.
Scosse infine il capo scoprendo un nuovo lato di lui. Incredibile, in effetti.
Quel modo di rendere semplice qualcosa di difficile.
Hank si ritrovò ammaliato da lui.
Più gli andava contro o gli sbarrava la strada, più gli piaceva. Ma ora
che si stava mostrando amichevole, per la prima volta davvero, era
ancora più bello. Bello come persona, come tipo.
Tuttavia si riscosse e smise di guardarlo concentrandosi sulla birra, cercando di rischiarare la mente annebbiata.
- Sei stupidamente sfacciato. - disse poi sdrammatizzando, trovando che quello fosse il modo migliore per affrontare quel tabù.
Antonio rise, aveva una bella risata.
- Lo so. E’ una delle mie tante
qualità! - risero un po’ insieme, cosa strana ma piacevole, poi Hank
sospirò e si fece serio. Era strano farlo dopo una giornata come
quella.
“Antonio ha davvero delle qualità speciali…” Pensò.
- Diciamo che sotterriamo tutto. Tu
hai fatto quello che ritenevi giusto, io anche. Adesso tornando
indietro agirei diversamente, infatti ho messo Justin nell’esercito. -
- Beh, se è per questo anche io non
farei le stesse cose… infatti ora sono qua a bere con te! - I due
finirono per ridere ancora, anche se moderatamente. Stava andando bene.
La vedevano in modo totalmente differente. Non era chiaro come fosse
possibile, probabilmente si erano sempre giudicati male ed ora che si
conoscevano bene, si stavano cambiando a vicenda. Si stavano plasmando.
a vicenda.
Piano piano.
Antonio stava smussando alcuni angoli di Hank ed Hank stava facendo altrettanto con Antonio.
Rimasero un po’ in silenzio a
ripensare alla giornata, a loro ed ai precedenti. Poi Hank si strofinò
il viso stanco, schiacciato dentro.
- Però mi sembra d’aver tradito mio
figlio lo stesso. Anche se penso che questa sia una cosa buona per lui.
- Antonio strinse le labbra comprensivo, poi tornò a toccargli il
braccio, più fugacemente, spontaneo.
I loro sguardi tornarono ad incrociarsi.
- Quando uscirà e ti abbraccerà
ringraziandoti, vedrai che cambierai idea. - Hank decise di credergli.
Dopotutto mettere proprio figlio nell’esercito per aiutarlo a maturare,
era una mossa alla Antonio, non alla Hank. Ma alla fine l’aveva fatto.
- Lo spero, Antonio… lo spero… -
Antonio gli sorrise comprensivo e quella, pensò, era una delle poche,
rare cose belle ottenute in quel periodo difficile.
Il rapporto con lui.