CAPITOLO XIII:
PROVE DI REATTIVITA’
“Penso di essere paranoico
Complicato
Penso di essere paranoico
Manipolato
Piegami
Spezzami
Hai comunque bisogno di me
Tanto quanto ti voglio, tesoro è tutto a posto”
/I think i’m paranoid - Garbage/
Mac era uscito da un paio
di ore e a momenti sarebbe tornato per il solito pranzo, quando sentì
la porta aprirsi diede per scontato fosse lui e cominciando a parlare
ancora dalla propria camera dove aveva accumulato un quantitativo
impressionante di vestiti e necessario per il proprio trasloco, aveva
cominciato a parlare a gran voce con una certa insolita allegria:
- Sono a buon punto, mi
mancano solo gli abiti appesi, quelli sono troppo alti e non arrivo…
c’è un po’ di casino perché non sono riuscito a buttare giù tutti i
borsoni necessari, in compenso sono cadute altre cose che non mi
servivano… non spaventarti del macello, è solo che ora non riesco più a
muovermi, la melma del mio armadio mi sommerge e mi circonda… Mac, mi
puoi prendere… - Si bloccò quando notò lo sguardo interrogativo e
scettico di Don fermo sullo stipite della porta. - Oh, sei tu… pensavo
fosse Mac… - A quel punto sarebbe stato superfluo spiegargli cosa stava
facendo:
- Ti trasferisci da lui? -
Ma non riuscì proprio a decifrare quella sorta di sottile tensione che
si venne a creare nell’immediato fra i due. Nessun’arrabbiatura, nessun
malcontento… solo quel qualcosa di teso che fece drizzare Danny sulla
sedia. Si girò quanto poté, ma le ruote effettivamente si incastrarono
in mezzo a tutte le scatole che aveva fatto cadere.
- Sì… - Disse solo cercando
nella propria mente le parole giuste per dirglielo. Ma poi perché? Non
c’era niente di male, in fondo… eppure si sentiva come se lo stesse
derubando di qualcosa. Mac non era più suo e poi lui di certo non
puntava all’amico in quel senso. Vero? - E’ provvisorio, ma è la
soluzione migliore per ora. Casa mia è per lo più inaccessibile per me
e da solo come puoi notare faccio più danni che altro. Ma soprattutto
Mac sta più tranquillo se sto da lui, evita di fare tutti i giretti su
e giù che fa ora, risparmia un sacco di tempo e può comunque aiutarmi.
Finché non divento più indipendente e non sistemo casa mia in modo che
arrivi a fare tutto da solo… - Glielo spiegò nei dettagli come se fosse
stata una propria idea e se fosse d’accordo al cento percento.
Don alzò scettico le sopracciglia e centrò in un attimo il punto, come di consueto:
- E a te sta bene? - Non dubitò assolutamente che invece fosse un’idea di Mac.
Danny sospirò rilassandosi,
notando quella specie di tensione che scivolava via restituendogli il
piacere di stare col suo migliore amico.
- Non sono al settimo cielo
ma riconosco che è l’unica, per ora. Lui… lui è convinto che se non
venisse così tanto e non facesse tutto quello che fa, io starei tutto
il giorno a dormire, non mi vestirei, non mi laverei e non mangerei… ed
io non lo posso negare. Che mi alzo perché è lui che mi butta giù dal
letto. Che mi lavo perché è lui a mettermi nella doccia. Che mangio
perché è lui a farmi da mangiare. E poi… - Si interruppe oscurandosi,
senza rendersi conto di quanto significasse quel suo discorso per Don
che stringeva impercettibilmente lo stipite in legno a cui era
appoggiato.
- E poi? - Incalzò
sforzandosi di rimanere calmo e di focalizzarsi solo su Danny e non su
tutto ciò che Mac faceva per lui senza praticamente farsi vivo nei
propri confronti.
Danny abbassò lo sguardo e strinse le mani sui bordi in acciaio delle proprie ruote, serrò le labbra e poi riprese:
- Si sta consumando. Da
quanto non lo vedi? - Chiese improvvisamente. Don faticò a far mente
locale, era effettivamente da molto. Si era messo in licenza dopo quel
dannato giorno e non era ancora tornato, considerando che Mac viveva
praticamente in laboratorio e se ne staccava solo per andare da Danny,
doveva dire che non aveva molto da pensarci.
- Sarà da quando sei stato
dimesso… veniamo a trovarti in orari diversi, io non metto piede a
lavoro dal giorno dell’incidente e lui… beh, lo dici tu stesso… è
troppo preso. -
- Sì… da risolvere il caso
ancora in alto mare. Da risolvere gli altri che gli arrivano ogni
giorno. Da vedere di me. Non cede, non vuole mollare, non vuole
diminuire nemmeno un po’. Certe cose che fa per me potrebbe farne a
meno, ma insiste che vuole essere lui. Dice anche che se metto gli
ausili e adatto casa mia alle mie attuali condizioni, questo significa
che non mi alzo più da qua e lui non vuole. Si sente poi in colpa
perché non è ancora riuscito a fare giustizia ed intanto non dorme
quasi niente, non si dà tregua… mangia per far mangiare me, ma per il
resto è sempre in laboratorio. È ossessionato. - Il piccolo sfogo colpì
molto Don, colpì per quello che stava dicendo e per il fatto che fosse
il primo che l’amico faceva. Realizzò pienamente che era tutto per Mac,
ma si sforzò di concentrarsi sul sollevargli il peso che
involontariamente l’altro gli stava mettendo con l’intento di aiutarlo.
- Tipico suo… - Danny per
alleggerire l’imbarazzo che gli procurava parlare di certe cose, gli
indicò gli abiti appesi e Don, continuando la discussione, glieli passò
aiutandolo poi a sistemarli nei borsoni: - non la finirà finché non
avrà preso quei bastardi e l’aiuterei volentieri se attualmente non
fossi più un pericolo per il mondo. -
- Sì, ma così si fa del
male… ho accettato solo perché lui è davvero consumato da questa
situazione e vuole fare il suo dovere, ma senza lasciarmi solo. Vuole
occuparsi di me anche più di quel che effettivamente non serva. Prima
si era addormentato sul tavolo, ci pensi Mac che crolla ancora prima di
cominciare a lavorare? -
L’idea era effettivamente
comica di per sé, se le circostanze non fossero state invece tragiche.
Don accennò ad un ghigno, poi conclusi i bagagli sistemò le scatole ed
il resto degli oggetti caduti intorno a Danny, quindi lo prese e lo
condusse in soggiorno.
- Hai fatto la cosa giusta… - Dovette ammettere lui stesso a quel punto, la loro convivenza avrebbe calmato molto Mac.
- Aiutami… buttami sul
divano che è più comodo… - Fece Danny tendendo le braccia verso l’amico
dalla barba incolta come la propria. Don, continuando il dialogo, si
chinò come prima aveva fatto Mac. Lasciò che gli cingesse il collo, gli
passò le mani intorno alla vita e poi lo alzò posizionandolo subito nel
divano più morbido. L‘operazione risaliva solo a due settimane prima ed
era troppo presto per riuscire a fare certi movimenti da solo sforzando
del tutto la propria schiena, passata sotto i ferri in quel modo
invasivo. Era rimasta lesionata la sua spina dorsale.
- Lo farei io se fossi in
grado di prendermi cura di te. Ma non arrivo a farlo di me… -
L’ammissione la fece solo perché era Danny e a far finta con lui che
tutto andasse bene, sarebbe stato inutile.
- Non importa, lo so che
non te la passi bene. - Rispose mentre l’altro si sedeva accanto
porgendogli una birra e tenendosene una per sé.
Sorseggiarono per un po’ in
silenzio, ognuno pensando a Mac, ma in modo diverso, poi Don si scosse
ricordandosi che era venuto per vedere come stava, così mettendogli la
mano sulla coscia gli chiese:
- Allora come va? Continui a non sentire niente? -
Era consapevole che fosse comunque presto, però il minimo che poteva fare era interessarsi e chiederglielo.
Danny scosse la testa incupendosi.
- Niente. Nessun formicolio, nessun movimento muscolare, niente di niente… dalla vita in giù mi pare di non avere il corpo. -
Don se ne dispiacque
sinceramente e per un momento si sentì frustrato all’idea di non poter
nemmeno riuscire a fare niente per lui, capì come dovesse sentirsi Mac,
consapevole che comunque nell’altro la sensazione di impotenza dovesse
essere più devastante.
Lui ormai era troppo
avvolto dalle proprie tenebre per infangarsi in quelle degli altri e
quando provava a concentrarsi in quelle di Danny per provare a risalire
o non pensare a sé stesso, poi si sentiva solo peggio perché di fatto
era vero che non poteva fare nulla, questo pensiero quindi aggravava la
propria condizione psicologica.
Era terribile, ma la sua stanchezza emotiva era tale che non riusciva a prendersi in giro fingendo di poter fare chissà cosa.
Certo, prendersi Danny con
sé al posto di Mac sarebbe stato un grande aiuto per quest’ultimo, ma
quel che aveva detto era vero. Don non era più capace di prendersi cura
di sé, avrebbe peggiorato di parecchio la condizione dell’amico, invece
di aiutarlo.
- E’ presto, devi avere
pazienza. Vedrai che tornerai come prima. - Ma dirlo sapeva tanto di
presa in giro con l’umore devastante che avevano entrambi.
Ecco perché non potevano vivere insieme, perché si sarebbero solo inabissati insieme.
Danny sospirò appoggiando
la testa all’indietro, sullo schienale, quindi con una smorfia che
denotava tutta la sua frustrazione, disse a denti stretti e disilluso:
- Sì, certo… come prima… -
A quel punto a Don vennero in mente tutti i discorsi che gli aveva sempre fatto sul metodo migliore per tirarsi su: il sesso.
- Com’è che dicevi? Che il sesso in questi casi è una gran medicina? - Disse con ironia, guardando il suo profilo scontento.
- Sono finiti i bei tempi
in cui facevo la puttana! - A volte si definiva così scherzando, per
dire che andava un po’ con tutti e che per un po’ di sesso non si
tirava mai indietro. Don ridacchiò con poca convinzione, poi chiese
cercando di capire meglio il significato di quell’uscita:
- Perché lo dici? Hai
problemi in quel senso? - Solo con lui avrebbe potuto parlarne, Danny
lo sapeva bene. Come sapeva bene che tenersi dentro il proprio dubbio
atroce non gli avrebbe fatto di certo bene.
- Non ne ho idea! Non sento
niente, ti dico! Non so se… stimolando… il giocattolo funziona come
prima! - Lo disse col suo solito modo sfrontato e giocoso, nonché
comunque piuttosto diretto. Don ridacchiò di nuovo, poi con un
sopracciglio alzato in segno di incredulità approfondì capendo che per
quanto ci scherzasse su, quello per Danny era un problema serio.
- Non hai mai provato da solo? - Il che era anche strano, conoscendo il tipo!
Decisamente discorsi simili
poteva farli solo con lui sebbene Mac o Sheldon avrebbero potuto
illuminarlo dall’alto della loro sapienza. L’unico con cui non si
imbarazzava a parlarne era Don e visto che c’erano…
- No… ho… ho paura che
davvero sia finita anche quella vita… non ho il minimo coraggio di
provare… potrei rendermi conto che oltre alle gambe, anche ’quello’ non
mi appartiene, sai… - si sforzò di scherzarci su ancora ma la
spavalderia era ormai sparita di brutto, non poteva negarlo. Poi
aggiunse: - Ho lo stimolo della pipì e la faccio, per cui non credo sia
proprio andato, ma non ho erezioni spontanee come mi capitava sempre,
ogni santo giorno! -
Era serio mentre ne
parlava, gli premeva proprio snodare quell’arcano quanto mai delicato
problema, per lui era molto importante ed il poliziotto lo sapeva bene.
Sospirò, infatti, cercando
un modo per aiutarlo. Lui non ne aveva proprio idea come fosse la
teoria, però era sempre un tipo da pratica.
Prima ancora che gli si
formasse concretamente il pensiero, lo espose senza il minimo filtro,
non nello stato alterato in cui era.
- Se vuoi posso aiutarti
io. Lo faccio al posto tuo e vediamo che succede! - Del resto dopo
tutte le volte che avevano fatto quel famoso ‘sesso consolatore’
insieme, una cosa simile non li imbarazzava minimamente ed anzi pareva
quasi naturale.
Danny non poteva dire che
aveva sperato glielo proponesse, ma quasi… lo guardò accigliato per
capire se fosse serio, poi notando che i suoi occhi azzurro spento non
avevano l’ombra dello scherzo, si sentì quello stupido organo al centro
del petto cominciare a battere indecentemente.
Ci teneva.
Oh, se ci teneva.
Ora era solo da capire se
ci tenesse tanto perché era Don a farglielo oppure perché avrebbe
scoperto la risposta alla sua domanda per lui non tanto stupida.
Magari fu per entrambi, ma
non perse tempo a cercare di comprendere, anche perché l’amico non
gliene diede tempo visto che senza aggiungere altro o aspettare una
risposta scontata, la mano che prima si era appoggiata casualmente
sulla coscia, risalì sull’inguine. In poco più che un battito,
continuando rigorosamente a guardarlo negli occhi con fare talmente
indecifrabile da lasciar spiazzati, si infilò dentro ai pantaloni in
tuta, comodi e larghi, che indossava.
Sulle prime, come Danny
temeva non sentì nulla, non osava abbassare lo sguardo un po’ per paura
di chissà cosa, un po’ perché Don effettivamente lo magnetizzava.
Forse era quella sua
versione così trascurata e sopra le righe ad affascinarlo
inconsciamente, comunque non distolse le proprie iridi chiare da quelle
altrettanto limpide dell’altro.
Il cuore cominciò a salire in gola e si morse il labbro.
Non era stata una grande
idea, cominciava a pensarlo, ma proprio quando stava perdendo ogni
speranza, sentì del calore nascergli inconfondibilmente da dentro.
E fu come se il ghiaccio iniziasse a sciogliersi.
Si sentì reagire, sentì
eccome e dopo un primo momento di incertezza, riconobbe la mano
dell’amico che altre volte l’aveva toccato a quel modo, altre volte gli
aveva trasmesso piacere per non sentire dolore o tirarlo su di morale.
Sentì e gli occhi gli
divennero lucidi, si emozionò eccessivamente, oltre il necessario, e
istintivamente, mentre si abbandonava al piacere di quel semplice gesto
che gli era davvero mancato, gli prese il viso fra le mani e premette
le labbra sulle sue in un bacio che inizialmente rimase solo un
premersi l’uno sull’altro e solo successivamente, con l’aumento del
ritmo e del godimento, si approfondì.
Prima che se ne
accorgessero e che ne fossero coscienti, le loro labbra si schiusero e
fondendosi si trovarono con le lingue, si intrecciarono in una piccola
lotta erotica spontanea e andarono oltre.
Oltre ad un semplice scambio di favori quali loro consideravano quegli amplessi occasionali.
Oltre anche ad un bacio e ad una prova.
Andarono oltre ritrovandosi
per un istante a dimenticarsi delle rispettive pessime condizioni. Ogni
angoscia svanì come preda di un sogno e poterono lasciarsi andare a
quello che poterono chiamare squarcio di paradiso.
Un attimo davvero troppo breve per aggrapparsi e proseguire, improvviso ed inaspettato.
Ed interrotto.
La porta si aprì e si richiuse, ma solo il silenzio conseguente fece capire ad entrambi di chi si poteva trattare.
Si separarono e Don ritirò
la mano senza la forza di muoversi, poi Danny, più spavaldo e
sfacciato, disse con un certo entusiasmo per l’esperimento più che
riuscito:
- Boom! Grandioso! È tutto
a posto! Non sai che paura! - Poi si ricordò delle buone maniere: -
Ciao Mac… scusa, spero di non averti sconvolto… -
Mac stava lì allibito a fissarli come se si fosse intromesso in un sogno altrui e chiaramente a disagio ed imbarazzato, disse:
- Sconvolto… non è il termine che userei… - Che però lo fosse era evidente, ma forse era più corretto parlare di imbarazzo.
Imbarazzo, magari, perché la visione non l’aveva schifato o fatto infuriare come avrebbe dovuto…
- Mi stava aiutando a
controllare che fosse tutto a posto… sai, non avevo il coraggio a fare
da solo… se fosse andata male mi sarei sparato! -
Don però continuava a non
avere il coraggio di dire niente e se era per quello nemmeno di
guardarlo, così Danny continuava per la prima volta acceso a fare anche
le sue veci.
- E… lo è? - Chiese a quel
punto Mac senza sapere cosa dovesse dire. Non era certo facile metterlo
a disagio, ma loro due, talvolta, avevano quel dono!
Danny a quel punto sorrise radioso come da giorni, forse troppi, non faceva.
- Certo! Alla grande! Mi
sarei consultato con te, ma con lui ero meno imbarazzato. Beh… non lo
ero per niente… - Ammise poi con solita faccia tosta.
Per un momento fu davvero
come se il vecchio Danny fosse tornato e Mac non poté non rasserenarsi
e felicitarsi per quello, così scacciò tutti gli shock e gli imbarazzi.
Quel che contava effettivamente di più era che ci fosse ancora qualcosa
in grado di tirarlo su… e non solo letteralmente!
- Ti sono grato di non aver
chiesto a me. Ti avrei comunque detto che è soggettivo e non tutti
subiscono, in quel senso, le stesse conseguenze. - Sviando in qualche
modo la vergogna, si diresse all’angolo cottura e cominciò, seppure
rigido, a preparare il pranzo. Avrebbe voluto saperla una cosa, però.
Perché per provare se le parti basse funzionavano, avevano anche dovuto baciarsi?
Si tenne per sé la domanda che comunque al momento si stavano facendo anche gli altri due con una certa insistenza.
Anche se poi avevano semplicemente concluso che era venuto spontaneo ed era stato anche molto bello.
Il migliore fra quelli che si erano dati facendo sesso le volte precedenti.
Probabilmente perché questa
volta c’era stato anche dell’altro, ma era ancora presto per ammetterlo
e rendersene conto, più che altro il momento era quello sbagliato.
- Donny, ti fermi qua a
pranzo? Mac è un ottimo cuoco… - Chiese Danny felice di poter cambiare
comunque discorso ed usando il loro vezzeggiativo privato.
A quello parve che qualcuno
facesse una scarica di elettroshock al ragazzo poiché come dovette dare
una risposta, si alzò di scatto dicendo svelto:
- No, no grazie… vado
subito, ero passato solo a vedere come stavi… - Detto questo, Don
continuò a non guardare Mac e come se avesse chissà quale colpa grave,
svanì prima ancora che potessero salutarlo. Una volta rimasti soli, gli
altri due si guardarono stringendo le labbra in un chiaro segno di
indulgenza.
Certo per Mac non era stata
una passeggiata ritrovarsi lì quei due che si baciavano e ‘provavano la
reattività intima di Danny’, ma dopo un primo attimo di smarrimento ed
imbarazzo aveva incassato e si era riappropriato della sua famosa
capacità di mascherare ogni cosa.
Il giovane, invece, doveva
rielaborare la scena nel complesso per capire ogni dettaglio e
significato, gli era chiaro però lo stato d’animo di vergogna di Don ed
anzi si diceva che teoricamente avrebbe dovuto sentirsi lui stesso
così. Peccato che proprio non gli veniva alcun senso di colpa, nemmeno
per sbaglio!
Per lui era stato troppo
importante appurare che fosse tutto regolare e solo da una persona
speciale avrebbe potuto farsi aiutare, con Don non esistevano più
imbarazzi di alcun tipo, considerando che l’idea di mettere Mac al
posto dell’altro… quello sì che lo metteva a disagio! Esattamente lo
stesso modo di sentirsi di quando lo spogliava del tutto per metterlo
sotto la doccia, quando lo tirava fuori, quando lo rivestiva e lo
metteva a letto.
Un disagio che ancora non
sapeva decifrare e che comunque veniva subito sbaragliato dalla
frustrazione per la propria condizione fisica che ancora non accettava.
Finito di preparare da
mangiare, Mac gli si avvicinò per metterlo sulla sedia a rotelle e
avvicinarlo al tavolo, ma come si chinò su di lui prendendolo per la
vita, Danny lo respinse sbrigativo e a disagio:
- No no… lasciami qua! - Mac corrugò la fronte senza capire:
- Ma devi mangiare, non
puoi farlo qua… - A quel punto l’altro capì di dover essere di nuovo
schifosamente diretto e schietto… così tossicchiando e grattandosi la
nuca, cercando di non toccare l’amico, disse guardando da un’altra
parte:
- E’ che… sai, ci hai
interrotti prima che… insomma, non ho potuto concludere, così… non
vorrei reazioni incontrollate ed inaspettate! - Mac lo capì e tirandosi
su di scatto lo guardò con tanto d’occhi e di nuovo l’imbarazzo di
prima.
- Oh. - Disse secco senza
saper che altro aggiungere. - Allora è meglio che rimani lì… - Concluse
infatti constatando che per una volta avrebbe anche potuto mangiare sul
divano!
- Già… - Fece eco Danny coprendosi con le mani il viso arrossito, sperando di riprendersi al più presto possibile.
Stimolarsi dopo un tempo
piuttosto lungo, per i propri canoni, e non arrivare alla conclusione
dell’atto non era certo l’ideale. Solo che ciò che lo turbava e lo
imbarazzava maggiormente era il fatto di sapere benissimo che al minimo
tocco di Mac, l’operazione si sarebbe conclusa da sola!
Questo sì che lo shockava.