CAPITOLO XVI:
INSIEME CE LA FAREMO DIVISI CADREMO
 
“Non ho paura di stare in piedi
Ognuno prenda la mia mano
Noi cammineremo lungo questa strada insieme, attraverso la tempesta
Qualunque tempo faccia, freddo o caldo
Basta che sappiate che non siete soli
Ehi, se sentite questa cosa abbiamo percorso la stessa strada
Sì, è stata una corsa…
Credo che dovevo andare in quel posto per arrivare a questo
Ora alcuni di voi potrebbero essere ancora in quel luogo
Se state cercando di uscirne, seguitemi
Vi porterò fuori”
 
/Not Afraid - Eminem/
 
Ricevere quella chiamata fu la fine del tempo. Il tempo d’un tratto si sospese in contrapposizione al suo corpo che invece cominciò ad accelerare come un matto tutte le funzioni vitali.
Il cuore impazzito, il respiro corto e veloce, i sensi amplificati, lo stomaco contratto in crampi atroci, un caldo esagerato a farlo sudare.
E la voce distinta ed insicura di quella ragazza.
Ne aveva ricevute tante di telefonate, dopo che era stato aperto il numero verde nella speranza che qualcuno avesse notizie per quella sparatoria al bar dove lui era rimasto paralizzato, ma nessuna era mai stata decisiva ed alla fine nel riceverle aveva cominciato ad infastidirsi.
Quella volta c’era stato qualcosa nel suo tono che l’aveva reso attento e mano a mano che parlava sentiva il suo stesso corpo impazzito.
Forse, si era detto, quella volta valeva la pena controllare.
Mise giù il telefono e guardò l’ora, era davvero molto tardi, i turni dei suoi amici erano finiti, ma Mac non era ancora tornato, sicuramente era ancora in ufficio a lavorare proprio su quel caso.
Beh, di sicuro non l’avrebbe disturbato… sapeva che non aveva praticamente nulla su cui appigliarsi per proseguire in quell’antro oscuro.
La voce di Mac gli suonò familiare, era quasi l’unico con cui parlava e si risollevò nel sentirlo d’accordo con lui sul controllare.
Più che altro si risollevò nel sentirlo nelle sue stesse condizioni nonostante fosse lui quello sulla sedia a rotelle.
Sapeva che era preso male, che non sapeva dove sbattere la testa, che dopo quella promessa brancolava ancora nel buio ed era quasi come se il fatto che Danny tornasse a camminare ormai dipendesse da lui.
Danny lo sapeva, quindi si sentì in linea perfetta con lui, sincronizzato sulla sua stessa lunghezza d’onda.
Stesse paure.
Stesse angosce.
Stessi dolori.
Stessi fallimenti.
Stessi sentimenti.
Per questo giorno dopo giorno di vita insieme Mac stava lentamente diventando tutto il suo mondo, l’unico ormai possibile per uno come lui la cui vita era segnata senza possibilità.
Perché anche se quella notte ci aveva creduto alla sua promessa, ora ogni speranza scemava sempre più e sapeva dunque che sarebbe rimasto solo Mac ed il loro capirsi, la loro profonda unione, i loro sentimenti comuni. Tutto ciò a cui avrebbe potuto aspirare.
Quando lo venne a prendere era pronto nella sua solita versione trascurata.
Con praticità lo caricò in auto ed ogni abbraccio ormai era più penetrante e pieno del precedente, ogni contatto era sempre più una carezza, ogni tocco, ogni sguardo, ogni respiro sulla pelle era un crescendo che andava oltre ciò che era stato prima.
“Forse quando perdi tutto ti aggrappi con disperazione a quel po’ che hai che diventa tutto per te e cominci a vivere per quello. Anche se in condizioni normali non ti saresti mai accontentato.
È che ormai le mie condizioni non saranno più normali. Tutto qui.”
Il fatto era che pensieri tremendamente simili li aveva anche Mac giorno dopo giorno.
Però quella notte dove i due si erano buttati allo sbaraglio in una specie di missione suicida, divenne improvvisamente la luce nelle tenebre.
 
Ancora completamente immerso nelle proprie elucubrazioni sul fatto che avrebbe dovuto chiamare rinforzi e non andarci da solo con Danny disarmato, che per di più non aveva ancora ripreso a lavorare nemmeno in laboratorio, Mac procedeva nell’edificio deserto convinto che sarebbe stato comunque l’ennesimo buco nell’acqua.
Nonostante lo fosse, non aveva avuto cuore di rifiutare a Danny quel controllo.
L’andarci insieme a vedere cosa questa misteriosa ragazza avesse da dirgli, significava troppo per il ragazzo e lo sapeva, non gli avrebbe mai e poi mai detto che non sarebbe probabilmente servito a nulla.
Farlo per Danny era comunque sufficiente per lui, però non prendendo le precauzioni necessarie era stata una specie di missione suicida e per poco non lo fu davvero.
La ragazza aveva un viso molto carino, ma era terrorizzata e piena di dubbi, era stato difficile calmarla e convincerla a parlare, la tentazione di scappare l’aveva avuta e proprio per questo Mac aveva capito subito che invece non sarebbe stato proprio un buco nell’acqua.
Nell’istante in cui lo pensò, però, fu troppo tardi e quando l’ascensore si aprì rivelando un altro uomo che cominciò a sparare, colpendo uno dei lampadari in vetro che si ruppe andando in mille pezzi, il primo pensiero volò immediatamente a Danny.
La prima volta che usciva escludendo l’ospedale e finiva che gli sparavano contro.
Di nuovo.
Come due mesi prima.
Un salto indietro nel tempo ed il terrore gelido improvviso che potessero finire l’opera.
“Dio, dove l’ho portato? A morire definitivamente?”
Dopo i precedenti non fu stupido ed esagerato pensarlo. Per niente.
Gli venne spontaneo sparare, il suo istinto da poliziotto ormai lo faceva agire prima delle sue stesse priorità, dopo di che poté solo urlare il suo nome nella speranza che questa volta gli rispondesse nel modo in cui anche l’altra volta aveva sperato di sentire.
- DANNY! - Gridò spaventato mentre si alzava in ginocchio da terra non sapendo se dare retta all’istinto del poliziotto ed inseguire lo sconosciuto che stava scappando o seguire il suo, di istinto, e precipitarsi dalla persona che ormai contava sopra tutte le altre. Vide poi che si era buttato anche lui a terra per non venir colpito da qualche proiettile volante, proprio come la ragazza che però era stata presa sul collo, ma quando lo sentì rispondere: - Sto bene, Mac. Vai, vai! - per dirgli di rincorrere il ragazzo, si sentì come libero da un peso che per un istante aveva minacciato di schiacciarlo e questa volta definitivamente.
Prima che se ne rendesse conto stava correndo dietro allo sconosciuto sperando di farcela perché questa volta era importante che ci riuscisse, era davvero l’unica cosa rimasta, ormai. L’unica.
Sul momento non ce la fece, ma la sua vittoria, quella volta, fu solo rimandata.
Finalmente.
 
Danny, dopo aver chiamato rinforzi per la ragazza che gli era morta fra le mani per colpa del colpo al collo, ed in attesa che Mac tornasse magari con una buona notizia, chiamò istintivamente l’unica persona che lì per lì gli venne in mente.
Era da tanto che non lo sentiva, sapeva che non era ancora tornato in servizio dopo il fatidico giorno e che non era probabilmente ancora in grado di lavorare, ma non lo stava chiamando per la sua parte di detective, bensì per la sua parte d’amico.
Semplicemente lì, da solo, con l’unica vera testimone morta e l’adrenalina a mille che gareggiava con la delusione, la rabbia e addirittura la paura, sentì un fortissimo ed inspiegabile bisogno di sentire la sua voce.
Don rispose dopo qualche squillo e la sua voce roca denotava che aveva bevuto e che soprattutto stava facendo qualcosa di probabilmente piacevole.
Non se ne curò.
- Donny, so che interrompo, ma ho bisogno di te. - Non seppe dirla in altro modo, non certo meno agitato e brusco.
Don, dall’altra parte del telefono, mandò immediatamente via la ragazza occasionale di quella sera che rimase inebetita stesa sul letto, quindi cominciando a vestirsi velocissimo e preoccupato, chiese immediatamente, col cuore che galoppava come un matto.
Non voleva più provare quelle sensazione, non voleva più.
- Cosa è successo? -
Nel giro di poco era già fuori dalla camera d’albergo.
- Avevo ricevuto una chiamata per la sparatoria di quella sera, così io e Mac siamo andati a controllare. C’era una ragazza che questa volta sapeva davvero chi era stato, ma quando stava per parlare è arrivato uno che ha cominciato a sputare proiettili e porca puttana l’ha beccata! Don, è morta! Mac sta rincorrendo il tipo, ma non nutro aspettative… e spero solo che non si sia fatto ammazzare anche lui, cazzo! Ti prego, vieni! - Dopo avergli spiegato tutto, dovendo attivare l’ordine mentale per questo, Danny si sentiva già meglio e solo per aver sentito la sua voce.
Si rese conto che non era molto normale, specie avergli chiesto di venire in quel modo.
Malgrado se ne rendesse conto, se ne fregò e sperò solo che semplicemente il suo amico tornasse da lui e questa volta come si doveva.
Ne aveva bisogno, lo capiva in quel momento di gravità. Ne aveva un estremo bisogno.
Forse avevano fatto un passo in avanti, forse duemila indietro, ma in ogni caso lui aveva bisogno di Don una volta per tutte accanto.
- Arrivo. - Dopo gli disse dov’era e mise giù la comunicazione sentendosi stupidamente sollevato nonostante il pessimo umore per avere davanti il cadavere dell’unica persona che dopo tutto avrebbe potuto effettivamente aiutarlo.
Don stava arrivando, l’avrebbe rivisto dopo giorni e l’avrebbe di certo anche aiutato. Con lui e Mac di nuovo insieme a lavorare sul suo caso questa volta ce l’avrebbero fatta.
Fu il pensiero più irrazionale e da illuso che aveva avuto in tutta la sua vita, ma non poté fare a meno di crederlo.
 
Don arrivò effettivamente in un attimo e mentre Mac era impegnato a setacciare la zona nella speranza di trovare delle tracce dell’uomo che aveva perso, lui salì raggiungendo Danny ancora steso a terra fra i vetri rotti e la sconosciuta ormai morta.
Nel momento in cui lo vide si scambiarono un’occhiata molto significativa, un’occhiata che a Danny era mancata, come anche a Don.
Un’occhiata che diceva che avrebbero risolto quel dannato caso e che tutto sarebbe tornato a posto.
Sentirselo dire ogni giorno da Mac mentre si consumava per aiutarlo era una cosa, vedere che non aveva risultati, che le cose non andavano davvero bene… però sentirselo dire per la prima volta da Don era sicuramente un’altra.
Per Danny fu diverso perché Don non glielo aveva ancora detto, non si era ancora intromesso in quella faccenda, non aveva mai provato a metterci becco, a darsi da fare.
Però arrivò, lo guardò e lo pensò.
E Danny lo percepì e ci credette.
Perché ora Mac non sarebbe stato solo a combattere per lui.
- Adesso basta, da oggi scendo in campo anche io! - Decise infatti Danny mentre Don si precipitava da lui cingendolo con le braccia per metterlo seduto sulla sedia.
Ricambiato l’abbraccio, Danny esitò a lasciarlo andare, sentendo quel gesto di conforto, come se non fosse solo una cortesia per tirarlo su.
Si ricordò di come si sentiva ormai mentre lo faceva Mac, si ricordò della sensazione ormai consueta che lo scaldava e lo cullava, quel senso curativo a cui si lasciava volentieri andare.
Don nel sentirsi trattenere venne come investito da una secchiata d’acqua gelida.
Fu allora, in quel piccolo gesto quasi impercettibile di Danny, che capì quanto era mancato al suo amico e quanto importante fosse la sua presenza in quella sua lotta quotidiana.
E capì di essere stato un verme nel lasciarlo solo.
Stringendolo a sua volta, provocando ad entrambi delle fortissime scariche elettriche mai provate, si disse che per Danny poteva mettere tutto da parte. Ogni dolore, ogni rimpianto, ogni scheletro.
Tutto.
Per Danny poteva.
Danny era di certo più importante di tutti i propri problemi ed i propri affondi.
Fu così che i due semplicemente tornarono a sostenersi a vicenda come avevano sempre fatto.
Quello fu una specie di inizio.
L’inizio di cosa di preciso poi si sarebbe capito solo molto tempo dopo.
- Non avrei mai dovuto lasciarvi soli in questa guerra. -
Disse poi in un sussurro sul suo orecchio. Era davvero sentito, non era una frase di circostanza e Danny si riscaldò ulteriormente volendo per un secondo poter rimanere abbracciato a lui in eterno.
Ricevere il suo abbraccio gli aveva aperto gli occhi su molte cose e prima fra tutte che era vero.
Don non avrebbe mai dovuto lasciare lui e Mac soli, né a combattere quella dannata guerra, né a vivere le loro vite.
Non avrebbe mai dovuto lasciarli e basta.
E loro anche, perché gli era bastato uno sguardo per capire.
Nonostante tutta la propria grande agitazione per ciò che era appena successo a Danny, non era sfuggito lo stato ancora tiratissimo di Don.
Nessuno di loro tre non si sarebbero mai dovuti lasciare soli a vicenda.
Ora che c’era anche lui, Danny riprese a crederci come non mai, come non era ancora riuscito nemmeno quando si era scambiato quella promessa con Mac.
Ci credeva perché anche lui stesso adesso voleva mettersi dentro e tornare a lavoro e darsi da fare.
Ci credeva perché non avrebbero più lasciato solo Mac a risolvere quell’inferno.
Ci credeva perché erano di nuovo insieme tutti e tre.
 
Anche Mac dovette ammetterlo, nel vedere Don al lavoro con loro.
Licenza o non licenza, presto o tardi, condizioni per tornare o no, lui stesso ne aveva bisogno.
A quel punto, un punto in cui ormai aveva dato tutto e non ne aveva più, saperlo al suo fianco a lavorare per Danny e solo per lui, gli aveva dato dell’assurdo sollievo sebbene razionalmente sapesse che fosse troppo presto tornare per lui, che ne aveva passate tante.
Si sentì così bene da ritrovare in sé di nuovo delle energie e delle forze per andare ancora avanti, ancora un po’…
Allora lì, guardandolo negli occhi, i suoi occhi così chiari che gli erano incredibilmente mancati per tutto quel tempo, e capendo che non stava comunque bene, ma che per Danny ce l’avrebbe fatta, fu dentro di sé addirittura contento.
Non ci avrebbe mai creduto, ma ne era estremamente contento di riavere Don accanto a sé.
Ora ce l’avrebbe fatta.
Non poteva capire come e perché un solo uomo poteva fare tanta differenza, ma lo sapeva. E quando seppe che anche Danny sarebbe tornato in laboratorio per quel caso, non ebbe più un dubbio, ma solo certezze.
Era ora di mantenere quella promessa e restituire a Danny la sua speranza dandogli la giustizia che meritava.
Era proprio ora.
Quando finirono di esaminare insieme i nastri di sorveglianza, Mac non riuscì proprio a trattenersi…
- Sono contento che tu sia tornato. - Nonostante pensasse fosse lo stesso presto, lo era comunque.
Don si trovò a sorridere per la prima volta da un mese e si sentì strano, probabilmente non era un gran bel sorriso, ma fu spontaneo e Mac se ne beò sperando che potesse essere il primo di una lunga serie.
Gli era davvero mancato…