*Ecco
il nuovo capitolo, ho saltato un turno di pubblicazione, ma eccoci qua.
E' un capitolo importante, ambientato nella prima puntata della sesta
stagione, quando Danny alla fine del caso risolto, muove la punta del
piede. Ed intanto fra Mac e Danny le cose sono sempre più difficili da
gestire. Il prossimo domenica. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO XVII:
IL GIORNO DELLE PROMESSE MANTENUTE
Ho bisogno di un altro posto
Là sarò in pace
Ho bisogno di un altro mondo
Questo è quasi andato
Ho ancora molti sogni
Non ho mai visto la luce
Ho bisogno di un altro mondo
Un posto dove posso andare
/Another world - Antony and the Johnsons/
Forse era stata finalmente la
fortuna che aveva cominciato a girare per il verso giusto, forse chissà
cos’altro, ma Danny sarebbe sempre stato convinto che a funzionare
quella volta era stata la riunione di loro tre, l’affiancare Mac, il
tornare a lavorare insieme.
Danny sarebbe sempre stato convinto di questo.
Quando di ora in ora la squadra
cominciò a fare sempre più passi in avanti, non ci aveva quasi creduto,
ma poi vedendo la confessione di uno dei complici e mentre gli altri
erano già stati puniti, alla fine ci si era arreso.
Ce l’avevano davvero fatta.
Quando Mac si girò nella sala
interrogatori a guardare attraverso il vetro che dall’interno risultava
oscurato, sembrò comunque vedesse lo stesso Danny dall’altra parte.
Non che il sapere il motivo l’avesse fatto sentire meglio.
Ragazzi che volevano spaventare la
città sparando a caso sulla folla, non con quella di uccidere, ma solo
con quella di dimostrare che potevano, che avevano quel potere.
E al perché, avevano detto ‘perché potevano’.
No, saperlo non aveva fatto sentire
Danny meglio, tanto meno Mac che si era sentito quasi responsabile per
non aver trovato una motivazione meno idiota alle sue gambe
paralizzate, però quello sguardo sorvolò sul particolare della
spiegazione per concentrarsi su quello che poi ormai contava sopra ogni
cosa.
‘Giustizia è stata fatta’.
Ecco cosa i suoi occhi penetranti e stanchi dicevano.
Lui il suo l’aveva fatto, aveva preso i colpevoli, aveva messo la parola fine a quella storia terribile.
Era tutto finito.
Ora toccava a Danny.
Non sapeva quanto tempo era rimasto
a guardare le proprie lastre sulla lavagna luminosa. Servendosi di una
di quelle in laboratorio mentre aspettava che Mac finisse di sistemare
le ultime cose per la chiusura del caso, Danny stava solo in quella
stanza a fissarle serio e pensieroso. L’espressione intensa, come se
potesse entrare nella sua stessa colonna vertebrale fotografata ai
raggi X e sistemare ciò che non andava.
Ormai le conosceva a memoria, le sue ossa.
Ma quel giorno qualcosa di diverso
c’era, non poteva non accorgersene, era così evidente… quel giorno Mac
aveva mantenuto la promessa e aveva preso i colpevoli della sua
paralisi, ora toccava a lui.
Certamente grazie anche all’aiuto
di Don, degli altri della squadra e chissà, magari un pochino anche al
proprio che si era messo in laboratorio a fare quel che poteva.
Aveva vissuto fino a quel momento
convinto che non sarebbe mai successo, che non avrebbero mai preso i
responsabili, che non avrebbe mai avuto giustizia, che avrebbe vissuto
tutta la vita seduto su quella sedia a odiare volti ignoti.
Ora quei volti avevano una forma precisa e pur le motivazioni fossero le più stupide mai sentite, avevano pagato. Tutti.
E Mac aveva mantenuto la sua promessa.
Smise di guardare le lastre, ora
sotto una luce diversa, e cominciò con le proprie gambe, si chinò sui
piedi immobili da settimane.
Gli era sempre apparso impossibile
fino a che non ci aveva nemmeno più provato, non veramente, non con
quella di riuscirci, non con un solo briciolo di volontà.
Però non poteva che ripetersi come una litania che quel giorno era diverso.
Perché Mac aveva mantenuto una
promessa importante per lui e lui ora doveva mantenere la propria,
sempre per la persona di cui ormai era certo di essere innamorato.
Non si era mai fermato a chiedersi cosa Mac provasse per lui, non era tipo, e oltretutto aveva altre priorità per la testa.
Fu allora che la domanda gli si affacciò per la prima volta, mentre divorava i propri piedi dannatamente fermi da tempo.
“Cosa prova per me, lui? Perché ha
fatto tutto questo? Non ne era responsabile in alcun modo. Ma è andato
ben oltre il suo dovere, se mai ne avesse avuto uno. Tutto quello che
ha fatto per me non ha nemmeno nome e non potrei ringraziarlo. Ma se
devo fare un patto con me stesso, sarà questo.
Quando camminerò di nuovo, gli
chiederò cosa prova per me e gli dirò che io ne sono innamorato. Prima
d’allora lavorerò su me stesso solo per rimettermi in piedi e se non ci
riuscirò, non glielo dirò mai.”
Questo patto estremamente severo
con sé stesso servì da spinta e Danny sapeva quali erano i metodi che
funzionavano, si conosceva.
Un calcio in culo, come spesso diceva Lindsay.
E un calcio in culo se lo sarebbe dato da solo.
Fu così che concentrato e
determinato a mantenere le proprie promesse, sia quella a Mac che
quella a sé stesso, pensando a lui e a lui soltanto, come una specie di
incantesimo mentale, come un mantra per trovare la forza in sé, riuscì
finalmente e per la prima volta a muovere di qualche millimetro il
piede, con uno sforzo immane e atroce, ma ce la fece e fu netto il
movimento, non una falsa illusione.
Nel vederlo lasciò andare ogni nodo
trattenuto a stento fino a quel momento e con gli occhi che bruciavano,
il suo pianto fu interrotto sul nascere da una voce familiare, calma e
stanca, ma soddisfatta e ferma.
- Danny, andiamo? - Danny si tese
subito dopo essersi rilassato di schianto, quindi guardò Mac entrare
nella stanza per prenderlo e portarlo a casa con ancora un sorriso
incredulo e commosso che paralizzò istantaneamente il destinatario di
tale espressione mai vista in lui, non certo dopo giorni di cupezza
angosciante.
Mac si fermò, non se lo sarebbe mai detto, non ci avrebbe creduto nemmeno lui.
Rimase immobile e Danny in risposta sempre con quell’espressione quasi statica e beata, disse trattenendo a stento le lacrime:
- La vuoi vedere una cosa? - chiese.
Mac annuì vago e circospetto.
Se lo stava prendendo in giro questa volta l’avrebbe piantato lì dov’era.
Poi si corresse.
Danny dall’incidente non aveva più scherzato.
- Vieni. - Fece allora con un filo
di voce e quella nuova luce negli occhi che brillavano. Non voleva
illudersi di vederla davvero, probabilmente non c’era…
Mac si avvicinò e si chinò per guardare ciò che guardava anche lui, le sue gambe, i suoi piedi.
Possibile?
Continuava a chiedersi quello e fu
al decimo ‘possibile?’ che ciò che era apparso a lungo come un
lontanissimo miracolo, divenne realtà.
Solo un impercettibile movimento della punta del piede destro.
Quasi niente.
Ma un guizzo netto e distinto, non un’illusione ottica.
Danny stesso ne fu di nuovo
sorpreso perché se la prima volta poteva per assurdo essere stato un
sogno, questa volta era vero… e Mac l’aveva visto, no?
- Visto? - Chiese spaventato improvvisamente all’idea che lui invece non avesse colto la sua grande piccola fatica.
Ma l’uomo più grande l’aveva colta.
L’aveva colta eccome e la sensazione provata fu talmente violenta,
forte ed imprevista che non poté farsi investire in pieno annullando
ogni razionalità e pensiero sensato.
Tutto cancellato in un istante.
Lì ora c’era solo Danny che aveva
fatto il suo primo movimento coi piedi davanti al suo dieci percento di
possibilità di camminare di nuovo.
Non si trattenne nonostante lui
fosse bravo in quello, quindi con la pioggia che fuori cadeva ed il
temporale che imperversava, Mac abbracciò di slancio Danny e non certo
per una delle solite operazioni per cui serviva quel contatto fisico.
Danny lo cinse liberando finalmente
le sue lacrime, che prima aveva solo a stento trattenuto e si accorse
che anche a Mac scendevano perché lo sentì tremare.
Fu allora che ebbe la chiara
consapevolezza di quanto anche per lui contasse tutto quello, di quanto
male fosse stato in quel periodo e di quale sollievo e gioia provasse
in quell’istante, dopo il giorno dei miracoli.
“Allora va oltre un senso del dovere distorto che ogni tanto colpisce Mac perché lui è tutto strano….”
Si disse solo quello, mentre ogni
scarica elettrica possibile lo attraversava scuotendolo dall’interno
dandogli adrenalina e frenesia come non mai.
Non si diede risposte più precise.
Cosa provasse Mac era ancora difficile dirlo, ma di certo qualcosa di
importante, di sentito, di profondo, di oltre.
Quella consapevolezza unita alla
gioia incontaminata e grandissima che provava per aver mosso il primo
passo verso la rinascita, fu una combinazione deleteria.
Così come quell’abbraccio ubriacante alla fine di una giornata incredibile e sconvolgente.
Fu così che i famosi momenti
istintivi di Danny tornarono insieme a ciò che aveva sotterrato di sé
per vivere le proprie tenebre.
Senza ragionarci più un secondo,
smise di stringere forsennatamente Mac, se lo staccò di qualche
centimetro e prendendogli il viso fra le mani, chiudendo gli occhi che
ormai liberavano copiose lacrime a lungo e per troppo tempo trattenute,
posò le labbra sulle sue.
Quello un paio di secondi, senza respiro, con stupore da parte di entrambi e voglia.
Una voglia prepotente e assurda di approfondire, di baciarsi davvero e perché lo volevano e lo sentivano.
Voglia che soddisfecero.
Mac rimase interdetto qualche
istante a quel suo gesto, ma poi si riprese bene e perfettamente
consapevole, forse più di Danny, di quel che stavano facendo, prese a
propria volta il suo viso fra le mani e tenendolo ancorato a sé, aprì
la bocca e la fuse con la sua infilandosi subito con la lingua fino a
cercare quella dell’altro.
Prima di rendersene conto, Danny la
stava già intrecciando mescolando i rispettivi sapori salati che
sapevano di lacrime e gioia, coi fiati corti che non davano tregua e i
cuori impazziti come quelli di due adolescenti.
Col tempo che viaggiava per conto
proprio e lo spazio sospeso in un nulla perfetto, i due continuarono a
baciarsi anche dopo il primo attimo di shock, anche dopo essersi resi
conto di ciò che stavano facendo. Con la consapevolezza delle loro
bocche unite in quel modo pieno e a lungo desiderato, si calmarono
trovando anche una scoperta che andava oltre il piacere fisico
istintivo.
Non era solo un bacio di foga dato in un momento di tilt.
Calmandosi, ritrovando il fiato e
riprendendo possesso dei loro stessi corpi, continuarono a baciarsi
ugualmente, piano e lentamente, permettendo di sentirsi in ogni
dettaglio e capire cosa stessero facendo, di gestire coscientemente
l’attimo con l’unico desiderio di farlo andare avanti all’infinito.
Quando si staccarono erano turbati per l’emozione di quel momento.
Aprirono gli occhi e si guardarono
a pochi centimetri di distanza, accaldati e con le labbra ancora
pulsanti e vogliose di proseguire. Il cuore sembrava si fosse spostato
dalla gabbia toracica per battere direttamente sulla gola e la mente
continuava a stare spenta, dannatamente spenta.
Non avevano ben chiaro il motivo
preciso di quel bacio, era solo successo, l’avevano chiaramente voluto
e altrettanto chiaramente gli era piaciuto.
Tutto lì.
“Forse non riuscirò ad aspettare di tornare a camminare…”
Si disse Danny realizzando che il proprio livello di desiderio era ormai praticamente inaccettabile.
Mac non ebbe la forza di staccarsi
da lui anche se sentiva l’imbarazzo crescere prepotente, cominciava a
riattivare i neuroni e a capire che non era stato molto normale
baciarlo in quel modo, ma soprattutto continuare una volta che
l’istinto e la frenesia del momento si era placata.
Quella seconda parte era stata
quanto di più voluto da parte di entrambi ed ora non poteva che
chiedersi cosa avrebbero dovuto fare e dire.
Fra i due quello che sapeva sempre
cosa, era di certo lui e nonostante in quell’istante aveva ancora la
testa completamente vuota, si sforzò e cercò di tirare comunque fuori
qualcosa.
Non avrebbero certamente potuto rimanere lì così in eterno…
- E’… è stato… credo fosse
l’istinto di un momento molto forte e sconvolgente… - Ma non aveva
proprio idea di che altro dire, assolutamente. Non che quello poi fosse
stato molto utile… era ovvio!
Danny sospirò strofinandosi le
labbra per assaggiare quel che rimaneva del suo sapore, poi alzò le
mani in segno che andava tutto bene, ma senza toccarsi, poi disse con
maggiore chiarezza dell’altro:
- Che ne dici se affrontiamo di
nuovo questo discorso quando mi rimetterò in piedi? - Sicuramente lì,
ora, sarebbe stato impossibile essere lucidi e sensati.
- Credo sia decisamente meglio. -
Mac si sentì sollevato da quella
proposta e dal non dover affrontare tutto in quel momento, asserendo
col capo si raddrizzò e lo precedette fuori dalla stanza per portarlo a
casa.
Quella giornata non l’avrebbero più dimenticata.
Rientrati in casa erano entrambi
abbastanza bagnati per via della pioggia furiosa che scendeva fuori e
Danny sentì immediato un enorme e grandissimo bisogno di parlare con
Don.
L’avrebbe di certo aiutato a domare
quell’istinto di saltare addosso a Mac, ma la ciliegina sulla torta
giunse quando guardandosi si resero conto di aver bisogno entrambi di
una doccia, dopo la giornata lunga e complicata che avevano avuto e,
appunto la pioggia appena presa.
Inghiottirono insieme e con l’imbarazzo ormai ben presente fra loro, si rassegnarono a non poterci fare niente.
I giorni rimanenti di vita insieme li avrebbero passati così, elettrici come due idioti.
“Con Don la farei anche insieme, la doccia… perché con Mac deve essere così imbarazzante?”
Si chiese Danny nonostante fosse consapevole di essere innamorato di quest’ultimo.
“Eppure con Don faccio cose che
dovrebbero essere molto più imbarazzanti e non sono certo cose da amici
come una volta pensavo. Cioè, mi rendo conto che nemmeno con lui il
rapporto è molto normale, ma fatto sta che con Don non ho problemi a
fare certe porcate mentre con Mac sì… sebbene… penso di volerli allo
stesso modo… forse è che sono loro due diversi. Se anche Mac fosse un
tipo alla mano come Don, più in simbiosi con me ed i miei modi, non
avrei nemmeno mezzo problema. Forse vedo Mac ancora come il mio capo,
una persona seria e responsabile che non farebbe mai certe cose…”
Cercando di capirci qualcosa, si rese conto in un secondo momento che Mac l’aveva portato in bagno per prepararlo alla doccia.
- E non vuoi farla tu per primo? -
Chiese quasi allarmato. Solitamente Mac la faceva per primo perché era
più veloce e mentre lui era dentro a lavarsi, si asciugava e si vestiva.
Mac si strinse nelle spalle, ma non disse niente.
“Ho bisogno di Don!”
Continuò a pensare mentre lo
stomaco si annodava a triple e quadruple mandate dandogli una gran
voglia di vomitare tanto era alta la propria tensione.
Per entrambi provava cose che
andavano molto oltre l’amicizia, con entrambi il rapporto era molto
stretto, intimo e profondo, ma con uno non aveva problemi a fare cose
di un certo tipo mentre con l’altro sì. Sebbene lo volesse fare con
entrambi allo stesso modo.
Ricordare le volte in cui finiva a
letto con Don era sempre un incentivo più che buono per qualche ora
notturna di auto stimolazione… giusto quando controllava che fosse
sempre tutto a posto e funzionante!
Però le stesse reazioni eccitanti le aveva pensando a Mac e a quell’unica notte insieme.
Ed ora anche a quel bacio dell’ora precedente.
A tutte quelle immagini sovrapposte
mentre l’aiutava a spogliarsi, la reazione nelle sue parti basse fu
impossibile da evitare e più Danny si rendeva conto di averla e di
doverla piantare di pensare a quelle cose, più si eccitava e non
riusciva a farne a meno.
Forse il punto nodale della
questione era che Mac lo stava guardando imbarazzato pensando a quanto
assurda e plateale fosse quella situazione.
“Ormai che ne parliamo o no non
serve a un cazzo, è evidente da solo! Mi piace, mi eccita, me lo farei.
Che poi provi anche dei sentimenti è una cosa in più. Ma il punto è… e
Mac? Lui ricambia? Vorrebbe anche lui? Da come mi ha baciato prima
oserei pensare di sì…”
Per un momento riuscì a mettere da
parte Don sebbene lo volesse lì al posto di Mac poiché non ci sarebbe
quello stupido senso di vergogna che lo uccideva, poi concentrato
unicamente su colui che aveva davanti cominciò ad insultarsi a raffica.
Le mani di Mac cercavano di
toccarlo il meno possibile e di fare il più in fretta che poteva e una
volta che l’ebbe in piedi abbracciato a sé per togliergli anche i
pantaloni e i boxer, fu impossibile domarsi e mandando tutto al diavolo
Danny decise di agire impulsivamente come una volta amava fare.
Perché diavolo era cambiato?
Solo perché era rimasto paralizzato?
Beh, era da troppo tempo che non
sfogava come si doveva i propri ormoni e con come si doveva intendeva
con qualcun altro, qualcuno che desiderava. Oltretutto si era sempre
piaciuto.
Il modo di essere di quegli ultimi
tempi ormai gli stava stretto, quella sua depressione cronica, quel
buio costante, quella scontentezza, quell’essere sempre spento…
Ora voleva cambiare mondo, anzi…
tornare nel proprio, quello di una volta che gli era sempre piaciuto,
dove aveva felicemente sguazzato facendo le sue cazzate con gioia e
convinzione.
Capiva che non pteva esagerare con
lui perché l’avrebbe lasciatocadere, ma pensò bene di stuzzicarlo un
po’. Così si trattenne abbracciato al collo di Mac impedendogli di
rimetterlo giù, infine premette leggermente di più il bacino contro il
suo.
Mac rimase paralizzato, senza fiato
e senza parole. Occhi sgranati, bocca schiusa, rigido e bollente come
un violino appena suonato.
Fu un istante, il tempo di un paio di respiri e della sua voce che lo chiamava per assicurarsi che fosse tutto a posto.
- Danny? - Chiese incerto sperando di avere delle allucinazioni.
Danny che ormai era completamente
nudo e sembrava starci egregiamente nelle sue braccia, spalmatogli
addosso, senza tirarsi minimamente indietro e proseguendo per il
sentiero che ormai aveva deciso di intraprendere, gli passò solo le
labbra sul suo collo sfiorandolo mentre gli rispondeva coma se non
potesse parlargli lasciando qualche centimetro fra loro:
- Sto bene, mi serve solo un
momento… - Mac si eccitò con la velocità di un treno in corsa, non gli
capitava da un po’, ricordò Don e le notti con lui e ricordò quella con
Danny e lì fu un gran casino!
Un dannato attimo che ormai era difficile ignorare.
“Forse non avrò bisogno di chiedergli cosa prova per me…”
Mac da parte sua non ci pensò più,
lo fece e basta e nell’averlo fra le braccia, girò lentamente la testa
verso il suo viso ancora a sfiorargli il collo. I due si guardarono
negli occhi a quella vicinanza ubriacante, i respiri sui visi uno
dell’altro, l’emozione e l’eccitazione alle stelle e poi le labbra che
si toccarono leggere, piano come se fossero dei petali delicati.
Mac si disse che probabilmente
Danny era in astinenza da sesso, sapeva quanto fosse sempre stato
attivo in quel senso… specie ricordandosi quella famosa volta quando
l’aveva beccato a cercare quel tipo di piacere con Don…
Cosa stava succedendo?
C’era qualcosa in loro tre che non andava.
C’era qualcosa di enorme, gigantesco e stratosferico che non funzionava.
Non funzionava davvero.
Ma prima di provare a capire cosa
fosse, le labbra si succhiavano a vicenda, sensuali, assaggiandosi.
Solo questo, non usarono la lingua, non si baciarono davvero come
avevano fatto prima in laboratorio e le mani non si mossero da dove
erano. Uno intorno al suo collo e l’altro intorno alla sua vita. I
bacini a quasi diretto contatto, i corpi appoggiati uno all’altro.
Entrambi chiaramente eccitati, confusi, pieni di un desiderio
innegabile.
Trovò ristoro nella sua sicurezza
mentre gli si stringeva contro senza allontanarlo, mentre sperava
presto di poter avere di più, mentre aveva le idee chiare e gliele
voleva già esporre senza più il minimo imbarazzo o esitazione.
Se ne accorsero entrambi solo in quel momento.
Danny che fino a qualche secondo
prima si era sentito imbarazzato da morire, ora che si era deciso a
buttarsi come faceva prima, non era più imbarazzato.
A Mac ci volle un attimo, ma tornò
in sé rendendosi conto che non era conveniente, che non aveva senso e
che doveva chiarirsi le idee prima di buttarsi alla cieca. A malincuore
ritirò le proprie labbra, sentirono immediata la mancanza, si
guardarono emozionati, gli occhi che brillavano, i cuori ancora
impazziti nei petti. Ma loro, senza dire una sola parola, con una
pesantezza strana, ripresero nell’operazione iniziale. Mac lo spostò e
lo sedette sulla comoda della doccia, gli avvicinò tutto il necessario
per lavarsi e senza dire nulla, uscì dal bagno.
Le cose non si potevano più ignorare.