CAPITOLO II:
LE
FASI DEL DOLORE
Quando
se lo vide piombare in casa, si era appena messo comodo.
Per
Danny, comodo significava boxer.
La
giornata era stata massacrante ed il giorno dopo avrebbe ricominciato
presto, quindi l’unica intenzione per quella sera era stata la sua
sacrosanta partita di basket. Era cominciata da poco quando avevano
suonato il campanello, con un’imprecazione da scaricatore di porto
aveva messo giù la birra e si era diretto all’ingresso superando
il biliardo e l’Harley che faceva bella mostra di sé in perfette
condizioni, ad eccezione del resto del suo appartamento che era un
campo di battaglia.
Alla
vista di un Don sull’evidente punto di scoppiare diventando una
specie di buco nero risucchiante ogni cosa nel raggio di chilometri,
impallidì chiedendo preoccupato:
-
Cosa c’è? -
Avrebbe
voluto dire che sapeva di trovarlo in casa a guardare la partita e
non in dolce compagnia, visto che per Danny l’unica cosa che
batteva il sesso era il basket, ma non gli venne fuori niente. Solo
non riusciva ancora a respirare bene, come avesse un qualche attacco.
L’amico
capì subito che doveva essere successo qualcosa di brutto, quindi
sempre più in ansia lo tirò dentro di forza chiudendo la porta, poi
guardandolo negli occhi da vicino tornò a fargli la domanda. Ancora
invano.
Stufo
di quel silenzio, vedendolo come non era mai stato, sapendo che
doveva essere qualcosa di grave, lo prese per le spalle e lo scosse
violentemente, alzando la voce spazientito e brutale:
-
DANNAZIONE, DON, VUOI DIRMI CHE DIAVOLO E’ SUCCESSO? - Non era
molto paziente di suo e quando voleva far parlare qualcuno non andava
certo per il sottile.
Buon
metodo per uno come Don che finalmente si riscosse e come se si
sciogliessero i nodi che lo bloccavano facendolo impazzire, mormorò
più a sé stesso che a Danny, quasi che non ci credesse e che
dovesse ancora realizzarlo:
-
Ci… ci siamo lasciati… - Perché, semplicemente, era quello che
era accaduto.
Né
più né meno.
Danny
si fermò di colpo, sgranò gli occhi incredulo, quindi senza
chiedere se fosse serio visto che era evidente, lo abbracciò con
decisione senza saper che altro fare, pensando solo che non ci voleva
e che non aveva certo una bacchetta magica per quel genere di cose.
Certo,
se si fosse trattato di vendicare un torto subito era il migliore, ma
consolare uno che si lasciava col proprio compagno era tutt’altra
cosa.
Era
un ruolo che detestava visto che sapeva bene che non c’erano molte
cose che si potessero fare per aiutare davvero.
Danny
era l’unico a sapere che Don e Mac si erano messi insieme ed anche
se non era successo da molto, dopo l’esplosione nella quale erano
entrambi rimasti coinvolti ed il detective era quasi passato a
miglior vita, questi era stato il primo a cui l’aveva detto.
Del
resto erano molto amici e tendevano a coprirsi a vicenda qualunque
cosa facesse l’altro.
Come
persone erano molto in linea l’uno con l’altro, al contrario di
Mac che pareva di un altro pianeta.
Dolorosamente
di un altro pianeta.
Lo
sentì abbandonarsi contro di lui, aggrappandosi come se fosse una
specie di ancora sul mondo, gli parve come di sentirlo sciogliersi e
trovandosi addirittura a reggerlo di peso, lo trascinò al divano
tirandoselo addosso mentre si lasciava cadere sopra.
Sapeva
bene come ci si sentiva.
Un
peso tale da voler sbarazzarsene a tutti i costi. Un dolore capace di
far impazzire. Era provare tutti i sentimenti più negativi
amplificati in una volta sola.
Non
c’era niente che si potesse fare per aiutare, solo aspettare la
fase successiva, quando si riusciva a svuotarsi di ogni sentimento e
peso ed invece che sentirsi più leggeri e meglio, il vuoto era
peggiore dello stato precedente. Arrivati alla fase del vuoto si
sentiva un immane ed incontrollato bisogno che qualcosa riempisse
quel buco rimasto, che scaldasse il freddo.
All’inizio
era solo bisogno di qualcuno, poi era bisogno che quel qualcuno
riempisse e scaldasse.
Un
bisogno fisico incomprensibile ed inspiegabile, nulla di più.
Danny
lo sapeva perfettamente e la fase del vuoto aveva sempre cercato di
riempirla con la prima ragazza che trovava, non aveva mai avuto
difficoltà in quello.
Assurdamente
aiutava, non sapeva spiegarlo, non era un processo logico e di sicuro
era parecchio discutibile, però funzionava.
Dopo
di ché semplicemente si diventava intrattabili per un po’ e fino a
che l’elaborazione di quella specie di lutto non terminava, non si
poteva più fare altro per la persona che stava male.
Solo
starle vicino pazientemente e aspettare con lei.
Sentendo
piangere Don in quel modo rabbioso con la voglia di gridare, avendo
ancor di più le sue unghie conficcate nelle spalle nude, capì che
lasciarlo sfogare così non l’avrebbe aiutato più di tanto.
Sospirò
stringendo le labbra, non voleva sentirlo così disperato, capiva
quanto forte fosse il sentimento che provava per Mac solo in quel
momento e non avere idea del motivo per cui si erano lasciati, non
gli permetteva di fare granché e avrebbe voluto poter fare di più.
Carezzandogli
la schiena alternando dei buffetti, cercò di parlargli con un certo
impaccio, visto che non era un asso in quel genere di cose
richiedenti una certa sensibilità che non pensava di avere:
-
Su, Donny, su… vedrai che la supererai… magari non è definitiva
ma solo un momento… non può essere stato davvero così grave… -
Sapeva che la cosa peggiore era tentare di sminuire l’accaduto,
però ora che si trovava da quella parte non riusciva a fare nulla di
meglio.
A
quelle parole Don ebbe un moto di rabbia e ribellione e separandosi
dall’amico si mostrò in tutto il suo fervore, col viso deformato
dalla furia, dal dolore e dal pianto.
-
GRAVE?! GRAVE?! E’ ABBASTANZA GRAVE SECONDO TE CHE LUI PREFERISCA
LE SUE FOTTUTISSIME REGOLE A ME? CHE ABBIA USATO IL NOSTRO LEGAME PER
FARMI FARE QUALCOSA CHE IN OGNI CASO, ANCHE SE AVEVA RAGIONE, NON
DOVEVA CHIEDERMI? CHE NON RIESCA E NON VOGLIA NEMMENO TENTARE DI
CAPIRMI, CHE NON MI VENGA INCONTRO IN NESSUN MODO, CHE PREFERISCA
RIMANERE NELLA SUA DANNATA POSIZIONE SENZA NEMMENO METTERE DA PARTE
LE DIVERGENZE DI OPINIONI E PRETENDA LE MIE SCUSE E BASTA? E’
ABBASTANZA GRAVE CHE DOPOTUTTO A LUI NON FREGHI UN CAZZO DI ME? LO
E’? -
Ed
in quello fu chiaro e cristallino tutto quello che era accaduto fra i
due, specie alla luce degli avvenimenti di un paio di settimane
prima, quando Mac aveva chiesto a Don di aiutarlo a smascherare ed
arrestare uno dei suoi agenti perché si era intascato della droga da
una vecchia retata che avevano fatto.
Danny
si dispiacque ma non si schierò e non disse nulla, scosse solo la
testa sapendo che il caratteraccio del suo capo era quanto di
peggiore potesse esistere al mondo. Certamente Don non era un Santo,
però non poteva dire chi avesse ragione, solo che al posto di Don
avrebbe sicuramente agito allo stesso modo e che, anzi, non avrebbe
cercato di andargli nemmeno incontro, alla fine, per mettere da parte
tutto e non rovinare il loro rapporto. Peccato che l’intransigente
di turno fosse Mac e non Don.
-
Fra me e Mac non funzionerebbe mai, già come capo e sottoposto gli
do mille grane, se stessimo insieme sarebbe un dramma! - La
riflessione venne ad alta voce senza essere pensata prima, spontanea
come lui era sempre, quindi Don lo fissò stralunato riuscendo
finalmente a bloccare le lacrime che gli rigavano il volto stravolto.
Pensando di aver capito male chiese che diavolo stesse dicendo,
indeciso se spaccargli la faccia o ridere o ignorarlo.
-
Forse era fuori luogo… - Rispose infatti Danny con una buffa aria
di scuse rendendosi conto di averla detta ad alta voce invece che
pensata. - Dai, colpiscimi così ti sfoghi… - Si tese porgendogli
la guancia con grande tranquillità, consapevole che dopotutto se
l’era meritato e che gli avrebbe fatto bene.
Don
era il suo migliore amico e l’uno per l’altro avevano sempre
fatto di tutto, anche a quello era disposto pur di aiutarlo. Era un
continuo scambio di favori, del resto, ma non solo.
Erano
davvero disposti a mettere le rispettive vite nelle mani dell’altro.
Era uno di quei rapporti rari e puri così com’erano.
Uno
di quei rapporti che potevano sopportare e passare di tutto e che non
si sarebbero distrutti.
Don
lo guardò pensando fosse impazzito, quindi Danny ripeté:
-
Avanti, tu ne hai bisogno, io non sono bravo a consolare, ma posso
farti sfogare un po’, non c’è niente di male, fra amici… - Ed
entrambi ne erano convinti, ma come si rese conto che per lui Danny
si sarebbe fatto prendere a pugni senza reagire -forse-, cosa più
unica che rara, fu come se si sgonfiasse e la rabbia scemasse in un
istante.
Stanco,
tremendamente stanco, si svuotò di tutte le emozioni negative e
potenti che l’avevano devastato fino a quel momento facendolo
scuotere violentemente, quindi rimase vuoto e senza più niente a
reggerlo.
Senza
la voglia di picchiare, gridare e nemmeno piangere.
Solo
di… una presenza fisica… sincera… calda… qualcosa che lo
riempisse con dolcezza…
Scosse
il capo sconsolato e carico di quel vuoto tremendo, si accasciò su
di lui, stendendosi per metà sulle sue gambe nude.
-
Non importa… non voglio niente… non riuscivo a stare solo… -
Mormorò con fatica ricordandosi che in passato Danny per lui c’era
sempre stato e che da subito avevano instaurato quel rapporto
paritario per la compatibilità dei loro caratteri. Avevano lo stesso
modo di prendere le cose, di arrabbiarsi, di soffrire, di cercare di
stare meglio, di scherzare, di essere felici… per questo c’erano
determinati momenti in cui potevano stare bene unicamente fra di
loro, sebbene non si amassero.
Troppo
simili.
Danny
capì che era giunto alla seconda fase, quindi si mise comodo,
lasciandolo con la testa sulle sue cosce che continuavano ancora ad
inumidirsi delle sue lacrime ora lente e silenziose.
Quello
lui lo definiva il momento delle coccole.
Era
stupido, forse, però di quello si trattava. Bisogno di una
consolazione fisica in grado di scaldare, semplicemente quello.
Don
non gliela stava chiedendo espressamente, ma memore delle proprie
esperienze sapeva bene che la cosa in grado di aiutare davvero in
quel momento, era proprio il sesso.
Per
lo meno per lui era così e quindi doveva esserlo di certo anche per
Don!
Sapeva
anche che non glielo avrebbe mai chiesto, però era ovvio che ne
avesse bisogno e non vedeva perché essere disposto a farsi picchiare
e non a fare un po’ di sano sesso di consolazione fra amici.
Tanto
più che sapeva con certezza che l’avrebbe aiutato davvero.
-
Donny… - Iniziò piano riprendendo ad accarezzargli lieve la
schiena. Danny era uno dei pochissimi che lo chiamavano così. - sei
in un posto delicato, lo sai? - Non che potesse eccitarsi così
facilmente. Cioè, non avere problemi a fare sesso col proprio
migliore amico era una cosa, eccitarsi solo perché lui era
appoggiato sul bacino coperto da dei boxer sottili, era tutt’altra
cosa. Non era così facile…
All’udirlo,
seppure fosse nella fase apatia, si rese conto di essere su un Danny
praticamente nudo e che l’unica stoffa che indossava era proprio
quella che lo separava dalle sue parti intime per il momento a
riposo.
Arrossì
rendendosene conto e si tirò su borbottando un flebile ed
imbarazzato: - Scusa… - Però la verità era che non aveva per
niente voglia di staccarsi, aveva bisogno di contatto fisico, di
qualunque tipo. Non sapeva spiegarsene il motivo specifico, ma era
proprio così.
Lo
guardò smarrito non sapendo cosa dovesse fare e Danny capì la sua
lotta interiore ed il suo problema. Stava bene sdraiato su di lui per
il contatto fisico che c’era, perché era di quello che
necessitava.
Il
ragazzo dai capelli più chiari e spettinati sorrise incoraggiante e
sicuro di sé, trattenendolo senza farlo allontanare, guardandolo
dritto negli occhi da vicino. Erano di un azzurro splendido, più
chiaro del suo solito cielo. Le lacrime ancora brillavano, seppure si
fossero fermate.
-
Non importa… - Mormorò facendosi serio. - va bene lo stesso… -
gli prese poi il viso fra le mani trattenendolo, scrutandolo in
profondità, ammirando quelle iridi lucide smarrite - so cosa si
prova. Hai bisogno di qualcuno. Qualcuno che ti dia calore. Eccomi
qua. Ci sono io con te questa notte. - e non si sentì stupido a dire
una cosa simile, seppure magari non fosse molto da lui. La
risolutezza con cui lo disse colpì Don che si aggrappò più al tono
che alle sue parole e contento di trovare nel suo amico una specie di
ancora di salvezza, non si divincolò e non cercò altri significati
ad un qualcosa che era chiaro.
E
lì, nella confusione più totale che regnava, nel dolore che
provava, nel vuoto in cui affogava, nel freddo che sentiva, gli parve
l’unica cosa sensata. Come se capisse che quel qualcosa di
indefinito che cercava disperatamente fosse proprio quello.
Pensando
fortemente che non c’era davvero niente di male e che l’unico da
cui avrebbe potuto accettarlo in quell’istante era proprio Danny.
Danny con cui non si sarebbe rovinato nulla, dopo, perché il loro
legame era diverso da quello che aveva con gli altri.
Non
era Mac, Mac che amava davvero, dopo tutto, Mac che desiderava da
matti e profondamente, che lo eccitava solo pensare a lui, con cui
aveva fatto l’amore e desiderava rifarlo sapendo però che non era
più possibile.
Però
era Danny… il suo amico… il suo confidente… quello che lo
capiva al volo, che il più delle volte passava le sue stesse
identiche cose, che sapeva perfettamente ciò che gli serviva…
Danny era Danny…
Specchiandosi
nei suoi occhi non provò più né imbarazzo né vergogna, ma solo
bisogno di quello.
Quel
calore, quella presenza, quel contatto profondo, quel riempimento
fisico.
Ed
in quello le loro labbra si incontrarono fondendosi in un attimo,
trovando e dando conforto nell’ottenere e nel dare.
Le
loro lingue si mescolarono mentre si trovarono a confondere le
rispettive bocche senza trovare più i confini, dimenticandosi di
loro stessi, di ciò che facevano, come erano messi, dove e perché.
Cancellando
l’ambiente circostante.
Perdendo
la cognizione di ogni cosa.
Chiudendo
gli occhi Don poté forse illudersi che quello fosse Mac… magari…
Le
mani vagarono istintivamente sui loro corpi, Danny a spogliare Don e
Don a sentire quanto caldo, liscio e forte fosse il corpo di Danny.
Disponibile
per lui, mentre il sottofondo della partita di basket non veniva
nemmeno sentito.
Uscito
dalla sua bocca, Danny scese a divorare il collo di Don che si lasciò
fare mentre si stendeva nel divano, cambiando posizione e mettendosi
più comodi.
Alzandosi
leggermente, Danny che momentaneamente conduceva il gioco si tolse
anche ciò che gli rimaneva, mentre in poco sfilava il resto dei
vestiti del compagno sotto e nel farlo assaggiava il suo corpo.
Per
nessuno dei due era la prima esperienza con altri uomini, Don con Mac
e Danny a sua volta in gioventù aveva provato di tutto.
Giunse
sul suo inguine e com’era da lui non perse tempo in piaceri
intermediari, infatti si occupò subito della sua intimità che fra
le labbra, sotto la lingua, si eccitava incontrollato.
Lo
sentì fremere nella bocca, le mani premute fra i capelli, il bacino
che spingeva contro il viso per chiedere di più, la voce roca che
gemeva sempre più rumorosamente.
Finalmente
cominciava a stare bene e non poteva che esserne contento. Non era
una soluzione duratura e decisiva, ma un sollevarlo momentaneo per
farlo uscire dall’apatia vuota in cui stava per cadere.
Don
non aveva idea del motivo per cui Danny lo stese facendo, ma non
intendeva fermarsi a chiederglielo. Stava bene così e basta.
Il
calore aumentava di minuto in minuto e le ondate che lo travolgevano
erano sempre più intense. Un attimo prima stava sprofondando nella
merda fino a non volere nemmeno più gridare e piangere, ed ora si
stava aggrappando a quell’atto fisico come se fosse la sua
salvezza.
Perché
lo faceva sentire pieno.
Quando
sentì di stare per venire, se lo staccò dall’inguine brutalmente
e fra quel vortice di domande, sentendosi a tratti cosciente, ad
altri totalmente sconnesso, riprese possesso della sua bocca mentre
le mani cercavano di ricambiare il favore ad un Danny piacevolmente
colpito dall’iniziativa.
Lo
sentì eccitarsi e si chiese se l’avesse almeno mai fatto con un
uomo, ma la domanda scemò nel rendersi conto che finalmente non
stava più pensando a Mac e anche se il suo nome fu un lampo, tornò
subito via mentre si girava di schiena, alzandosi e piegandosi per
dare all’amico un migliore accesso.
Non
avevano bisogno di preliminari, cose dolci, romantiche e quant’altro.
Non
stavano facendo l’amore.
Si
stavano riempiendo, scaldandosi e basta.
Non
avevano bisogno di altro se non quello.
E
nel loro stile, andarono subito al sodo.
Danny
se ne compiacque vedendo Don chiedergli subito quello, a lui non
importò, andava bene così, addirittura volgare e sbrigativo, senza
sentimenti di mezzo.
Stimolando
la sua apertura e preparandolo, entrò senza perdere tempo, eccitato
comunque da ciò che facevano. Il piacere investì entrambi e Don fu
catapultato nuovamente altrove, il cervello sconnesso, pieno di
sensazioni fisiche violente e piacevoli in grado di scuoterlo e
fargli dimenticare tutto. Solo per un istante.
Sbalzarlo
via, lontano, e farlo stare bene. Per un istante, solo bene.
Fu
perfetto l’orgasmo che ebbero in sincronia, senza sentimentalismi
di mezzo, senza significati profondi, senza vergogne ed imbarazzi.
Un
riempirsi ed uno svuotarsi. Un prendere ed un dare.
Semplicemente
trovare ciò che avevano cercato e voluto.
Completare
un momento che non era più critico, per quell’attimo non lo era
più stato.
Ora,
e Danny lo sapeva bene, la fase successiva per Don sarebbe stata più
sopportabile e lui l’avrebbe aiutato a superare anch’essa.