CAPITOLO III:
COSE FRA AMICI
 


Ero alla ricerca
Tu eri in missione
Allora le nostre vite si combinarono come
Una stella di neutroni in collisione”

/Neutron star collision - Muse/

Il mattino dopo furono i dolori a svegliare Don, visto com’era anchilosato per la scomoda posizione assunta tutta la notte.
Con una smorfia cercò di aprire gli occhi pesanti che non volevano proprio saperne di farlo tornare al mondo, quindi trovando anche la propria gola secca ed ogni altro muscolo di sé atrofizzato, rinunciò all’impresa di parlare o alzarsi da quell’irriconoscibile qualcosa che non ricordava proprio.
Cosa diavolo aveva fatto la sera prima per ridursi così?
Prendendosi la testa fra le mani si accorse di essere praticamente sopra ad un’altra persona e nella mente ancora mezza assonnata pensò fosse Mac, ma quando tentò di dare conferma di questo si ricordò con dolore che non avevano fatto pace. A quello, il pensiero successivo prepotentemente crudele fu che non solo non l’avevano fatto, ma si erano addirittura lasciati.
I ricordi con la potenza di un elettroshock ebbero il potere di svegliarlo insieme alle stilettate figurate e letterarie. La schiena lo stava facendo impazzire, così come le braccia ed il collo.
Alzò un sopracciglio interrogativo.
Ma allora su chi diavolo stava dormendo?
Mugolò cercando di riattivarsi, ma la testa gli esplodeva e gli occhi gli bruciavano più che mai senza nemmeno aprirli.
Toccò il petto che gli aveva fatto da cuscino, quindi capì di essere su un divano e su… un momento, ma quella medaglietta al collo la riconosceva!
Spalancò di botto gli occhi iniettati di sangue, gridavano vendetta per il modo in cui li aveva aperti bruscamente, e fissò Danny a conferma di ciò che aveva intuito.
Il suo amico dormiva della grossa e come facesse a non avere atroci dolori per la posizione assunta, solo lui lo sapeva!
Dannazione, gli aveva anche fatto da materasso…
Dopo del suo viso addormentato, imbronciato anche nel sonno, abbassò lo sguardo terrorizzato temendo il peggio che in un istante fu confermato.
Eccoli lì nudi e crudi.
Cos’è, si erano ubriacati e poi avevano fatto sesso?
Sapeva che prima o poi sarebbe successo…
No, maledizione… non ho i postumi di una sbronza! Cioè sono a pezzi ma non perché mi sono ubriacato… e forse lo preferirei, visto che sto così male principalmente per Mac. Cazzo, mi sono lasciato con lui e poi… sono venuto qua, immagino… e… “
Ricostruendo di malavoglia la sera precedente, si ricordò tutto, quindi si drizzò a sedere svelto abusando del suo corpo non ancora pronto che scricchiolò facendogli non poco male.
Si prese la schiena imprecando sia per quella che per ciò che aveva ricordato.
- Porca troia… abbiamo fatto sesso! - Quindi si girò verso Danny e lo scosse brutalmente per svegliarlo: - DANNY, SVEGLIA, MALEDIZIONE! SVEGLIA! COSA SEI, MORTO? - A quel poco dolce risveglio, Danny aprì gli occhi ancor più di malumore, quindi ringhiando insulti lo spinse brutalmente giù dal divano facendolo cadere a terra, con un tonfo rimase lì non riuscendo comunque a sentire più dolore di prima.
Si guardarono male, quindi il biondo grugnì:
- Che diavolo hai, vuoi morire tu? -
Era davvero un suicidio svegliarlo a quel modo, ma al poliziotto non gliene importava molto e prendendolo per le braccia muscolose e nude, lo scosse poco gentilmente dicendo con una certa agitazione:
- Mi hai drogato in qualche modo? Perché abbiamo fatto sesso? O era un sogno? - Quasi lo sperò, nel caos totale in cui si trovava.
Non riusciva a ricordare tutto quello che era successo la sera precedente, o per lo meno non i suoi giri mentali. Gli sfuggivano i dettagli, il motivo per cui avrebbe dovuto fare una cosa simile, come avrebbe dovuto sentirsi ora…
Danny, dal canto suo, con un risveglio simile provò un fortissimo istinto omicida ed invece di tranquillizzarlo ed aiutarlo a ricordare tutto, lo trucidò con lo sguardo più tremendo che possedeva, domando un fortissimo impulso di prenderlo a pugni.
- Non ti ho drogato, ma se non la smetti ti drogo ora! - La minaccia fu efficace, visto che si impose di calmarsi rendendosi conto che stava per avere una reazione isterica, se già non l’aveva…
- Perché… l’abbiamo fatto? -
Chiese allora cauto ad occhi sgranati e l’aria di uno zombie alquanto confuso.
Danny sospirò cercando di calmarsi a sua volta, quindi stendendosi di nuovo si premette le mani sulla faccia sperando che la testa smettesse di battere i tamburi di guerra per colpa del suo ‘adorabile’ amico.
- Stavi male… era sesso di consolazione… per combattere la fase dell’apatia! - Quella sua teoria aveva dell’assurdo, ma lo comprese solo lì, mentre si ricordava che ieri sera gli era parsa un’ottima idea.
- Ma davvero ho accettato una cosa simile? - Chiese scettico e confuso, stendendosi a sua volta per terra, sul tappeto, premendosi gli avambracci sulla fronte dolente.
- Sono cose normali… per superare i momenti in cui ti senti vuoto… il sesso è l’unica. Certo, non è una soluzione duratura, ma per un po’ funziona. - Lo disse semplicisticamente facendo allibire Don. Forse una volta la pensava anche lui così, ma ora che l’aveva fatto si rendeva conto che anche se il momento tosto l’aveva superato probabilmente grazie a quel dannato sesso consolatore, dopo si stava male comunque. Anche se non come prima, doveva ammetterlo.
Ora si sentiva solo uno straccio, mentre la sera precedente, prima gli era parso di essere una bomba atomica e poi la città di Hiroshima dopo l’esplosione. Deserta e piena di fumo nebbioso.
Piegò le labbra con ironia rendendosi conto dell’assurdità della situazione, quindi diede voce a quel pensiero con una certa leggerezza che voleva essere un contrasto al malessere interiore che provava.
- Ora sono solo quello che deve ricostruire la città devastata dalla bomba atomica! -
Anche se Danny non aveva sentito il suo pensiero, non aveva bisogno di farselo dire visto che da quell’uscita aveva capito a cosa alludeva. Sorrise a sua volta ironico e facendo cadere pesantemente il braccio giù dal divano, diede un buffetto a Don sullo stomaco dicendo allo stesso modo:
- Una sciocchezza! -
Beh, che non sarebbe stato facile l’aveva predetto, ma lui sapeva che era possibile.
Lo sapeva perfettamente.
- Avanti… - Disse poi incoraggiante, sforzandosi di mantenere un po’ della sua caratteristica allegria squillante. - Puoi stare qua finché non ti riprendi! Stare solo in momenti simili è la cosa peggiore. - Non che questo lo consolasse molto. Don sospirò sapendo cosa l’aspettava.
- Che bellezza! -
Danny, in risposta, gli diede un pugno amichevole sempre sullo stomaco, quindi si alzò e superandolo lo prese per le braccia e se lo trascinò per il pavimento fino al bagno senza il minimo della pietà.
- Avanti! Sorgi e brilla, fanciulla… si ricomincia! -
E a Don non rimase che affidarsi alle cure anomale del suo amico invadente, deciso e talvolta bizzarro.
 
Un altro turno massacrante era passato, ma forse era il fatto che fosse massacrante ad essere utile a Don.
Non tanto a Danny che stanco e svogliato si era buttato nel divano di nuovo in versione da casa, ovvero coi soli boxer. Allungate le gambe sul tavolino basso davanti, era scivolato col sedere e appoggiata la schiena comodamente in modo da adagiare la testa sullo schienale dietro, con una mano impugnava il telecomando alla ricerca di qualche partita, mentre con l’altra una bottiglia di birra fresca.
- Sono stravolto! Questa volta la battuta di caccia è stata tosta! - Si lamentò senza curarsi di Don che lo fissava con un sopracciglio alzato interrogandosi se fosse una regola girare per casa in boxer. Lo conosceva da tanto ma non avevano mai convissuto, era capitato stessero a casa di uno o dell’altro, ma era diverso, stando con un amico si era vestito… ora sembrava lo considerasse parte dell’arredo!
- Dai, mettiti comodo anche tu! Non sei stanco? - Chiese accorgendosi che lo fissava stralunato ancora in tenuta da lavoro. - Che c’è, vuoi un invito scritto? - Fece allora ironico.
Don scosse il capo slacciandosi i bottoni della camicia già fuori dai pantaloni. Si tolse le scarpe e si accomodò allo stesso modo, prendendo la birra che l’amico gli aveva preparato.
Effettivamente non era male…
- Puoi anche metterti in boxer, se vuoi… fa come se fossi a casa tua! - Non lo disse con nessun doppio senso dietro, lo pensava davvero che potesse appropriarsi di casa sua come voleva.
Don ridacchiò riflettendo che stava semplicemente facendo di tutto per aiutarlo. Anche il non proporgli qualche serata fuori, di sicuro era una sorta di riguardo per lui. Lo conosceva e sapeva che nulla lo stancava davvero.
Probabilmente pensava fosse troppo presto per provare la fase del distrarsi divertendosi un po’…
- Per ora va bene così… - Rispose allora bevendo un sorso mentre una partita di due squadre minori di campionato giocavano a basket con un’andatura non molto accesa.
- Allora, come va oggi? - Chiese improvvisamente con finta noncuranza, in realtà ancora preoccupato.
A provare a rispondere, Don si trovò a pensare a come effettivamente si sentisse e con stupore dovette ammettere che la sensazione di straccio della sera precedente era meno forte. A dover fare un altro paragone non sapeva bene a cosa pensare, però non era più uno straccio…
- Hai presente quando ho detto che ero come quelli che dovevano ricostruire la città distrutta dalla bomba atomica? - Fece allora trovando qualcosa di adeguato: - Ecco, ora sono arrivato a togliere il grosso delle macerie per fare spazio. - Nell’ironia dell’uscita c’era anche qualcosa di vero e serio, che però fu percepito ma non esaltato. Danny sapeva che preferiva appesantire le cose il meno possibile, specie se riguardavano a lui. Parlarne liberamente, poi, era fuori discorso!
Non gli avrebbe chiesto com’era andata di preciso, tanto sapeva alla larga qual era stato il problema e andava bene così. I dettagli l’avrebbero solo depresso!
- Credo che i tuoi metodi assurdi abbiano un po’ funzionato! - Disse allora per cambiare discorso ma rimanere alla larga sull’argomento. Era stupito nel dirlo poiché era vero e quella mattina aveva pensato fossero solo un sacco di cavolate!
Danny colse l’incredulità e fintamente offeso lo guardò permaloso:
- Ne dubitavi? - Don rise, anche se il suo sguardo rimaneva con quell’ombra di tristezza di fondo. Non sarebbe certo stato così facile…
- Ma come facevi a sapere che una cazzata simile funzionava? Voglio dire, almeno un po’… - Non poteva dire che era stata la soluzione del secolo, però almeno un po’ l’aveva aiutato.
Danny tornò a guardare distrattamente la partita e ricordando il momento in cui aveva sperimentato in prima persona il metodo del sesso anti-apatia, gli venne su una gran voglia di fumare che trattenne.
Si strinse nelle spalle stampandosi una delle sue facce toste e alleggerendo una situazione che dopotutto non lo era molto, disse distrattamente:
- L’ho sperimentato! -
Don gli diede una gomitata sentendosi preso in giro:
- Ma va’! Non l’avrei mai detto! Intendo… non sei tipo da storie serie, che io sappia non ne hai mai avute. Non che ti distruggessero così poi… - Ed era dannatamente vero. Danny si sentì improvvisamente messo sotto torchio, ma rendendosi conto che Don semplicemente era suo amico e che sapeva certe cose, anche se non tutto, perché era normale fra di loro, strinse le labbra e piegò la testa di lato ripensando a quei momenti difficili, quando aveva avuto bisogno di qualcuno che riempisse il suo vuoto.
Gli occhi si oscurarono di un velo che Don colse ma solo in parte, quindi si fecero entrambi seri.
- Quando hanno mandato in coma Louie per colpa mia. - Lo disse con un filo di voce e non aggiunse altro sapendo che non sarebbe stato necessario.
Don ricordava bene quel momento di alcuni mesi prima. Era stata molto dura per lui ritrovarsi un fratello che per difenderlo e aiutarlo si era fatto pestare a sangue e quasi a morte. Un fratello con cui aveva sempre avuto un pessimo rapporto, che si era convinto di odiare poiché odiato da lui. In realtà quella notte si era reso conto di non aver mai capito niente di Louie ed i sensi di colpa l’avevano schiacciato. Se l’era vista molto brutta anche il fratello e Danny non aveva più saputo dove sbattere la testa. Dopo la rabbia cieca che lui stesso aveva fatto fatica a contenere, si era sciolto in un mare di lacrime e ad accoglierle era stato Mac. Quando li aveva visti abbracciati, Don se ne era andato silenzioso pensando che il suo amico era in buone mani.
All’epoca non erano ancora insieme.
Don a quello si rese conto di cosa significava l’uscita di Danny… che avesse fatto sesso quella notte per superare il dolore era chiaro, ma con chi no… cioè, aveva sempre pensato che avesse passato la notte con Mac…
- Ma Danny… - disse incuriosito non arrivando nemmeno lontanamente a pensare che potesse essere con lui, rifiutandosi più che altro. Lo guardò corrugato senza capire. - Pensavo che quella notte fossi stato con Mac… - E che potesse essere lui non era davvero impossibile, però concepirlo non era certo facile.
A quello Danny fece una smorfia spontanea di chi sapeva di essere nei guai più enormi della Terra, inghiottì e si tirò su a sedere bene, appoggiò telecomando e birra sul tavolino libero dai suoi piedi e intenzionato a non guardarlo, sperando non gli spaccasse la faccia, lo disse con onestà, seppure tirato:
- Infatti… - Quello bastò. Pochi secondi e Don lo realizzò, o meglio fu costretto a realizzarlo, quindi sgranando gli occhi chiari non credendo ai suoi orecchi, lo fissò pensando che scherzasse:
- Cosa?! Tu e Mac avete fatto sesso quella notte? - Impossibile, assolutamente impossibile… e che ne sapeva del perché? Era impossibile e basta!
Danny si morse il labbro preparandosi ad essere colpito, quindi con ancora la vigliaccheria di non riuscire a guardarlo, rimase a fissare in basso, le sue mani che si contorcevano dal disagio:
- Beh, sì… ma era prima che tu e Mac vi metteste insieme… e poi è stata solo quella volta, non è successo mai nient’altro. Cioè non c’è quel tipo di sentimento fra noi e nemmeno quell’attrazione, se è per questo… - Faceva fatica a parlarne, però sapeva che a quel punto se non sarebbe stato convincente, Don l’avrebbe ucciso ed il fatto che ancora non avesse reazioni disastrose non sapeva come interpretarlo. Quindi proseguì con più coraggio, cercando le parole giuste per spiegare quello strano casino di una sola notte: - Non so perché è successo, lui era lì, mi ha accompagnato a casa, si è fermato perché stavo male e in un altro momento di crollo mi ha consolato di nuovo. Bene. Molto bene. Troppo… - Con un flash irruente gli tornarono alla mente i momenti di quella notte, momenti bellissimi, pieni di un fuoco che l’aveva divorato e riempito impedendogli di pensare, di stare male, di crollare nell’apatia e di distruggersi. Un modo per volersi bene, per non fermarsi, per sentirsi bene e basta.
Doveva ammettere che era stato il sesso più bello della sua vita.
Don capendo il senso di quelle parole, capendo che doveva essere stato bellissimo, se ne ingelosì e con fastidio tagliò corto seccato:
- Sì, ho capito! È stato bello! -
Danny si riscosse e proseguì sempre senza guardarlo:
- Non ha avuto un seguito, non ha significato nulla se non che lui è una persona che mi ha aiutato a superare un momento terribile. Come vedi non ci siamo messi insieme e non c’è stato imbarazzo fra noi nemmeno una volta. -
- Però non me ne avete parlato! - Lo disse immediatamente capendo dove stava la stonatura in quella storia.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, sospirò e cercò di pensare a qualcosa di accettabile senza trovarlo, quindi alzò lo sguardo sull’amico confuso e contrariato.
- Te lo doveva dire lui… e onestamente pensavo l’avesse fatto… - Cercò di sviare.
- Avrebbe dovuto e non l’ha fatto, e questo è un punto che non mi piace, ma tu… tu dovevi dirmelo subito, appena successo… eravamo amici… - Anche questo era vero e Don sapeva non perdere di vista i punti salienti.
Danny sospirò di nuovo abbattuto, sapendo di averne fatta una delle sue. Lo sguardo era di scuse anche se dalla sua bocca non sarebbero uscite, non ne era capace…
- Hai ragione… immagino che dovevo… è che… è stato così strano, non sapevo cosa pensare, credevo di averlo sognato o di essere stato ubriaco… - A quello Don capì che era sincero visto che era stata la stessa sensazione provata da lui dopo. - Ero tanto confuso, non sapevo cosa fosse stato, che nome darci… ed un po’ mi sono vergognato… ho pensato di averlo usato in un momento di debolezza… ma lui non me l’ha mai fatto pesare e così è andata. Però immagino avrei dovuto dirtelo lo stesso… - Concluse piano come un cane bastonato. Era convinto di averla combinata più grossa di quel che non l’avesse effettivamente fatta.
Don sospirò tirandosi su a sua volta, mise giù la bottiglia e si passò le mani fra i capelli neri e corti.
Era complicato, non sapeva come prenderla, cosa pensare… se non fosse stato davvero niente perché non dirglielo?
E Mac… diventava il suo compagno e non gli diceva una cosa del genere?
Come aveva potuto?
A quello si rese conto che la parte più grave era proprio quella e decise che Danny dopotutto non l’aveva fatta così grave come inizialmente era sembrata.
O magari si rese conto di aver bisogno di lui e di non poter reggere anche ad un litigio.
Così scosse la testa e fece un gesto sminuente con la mano.
- Non importa… è andata… però a Mac non andrà così bene! Dopotutto è lui quello che poi è diventato il mio compagno! -
Danny ricambiò il suo sguardo turbato e leggendoci di nuovo del dolore si maledì per aver tirato indirettamente fuori quella dannata storia passata e sepolta.
In fondo i problemi di coppia erano i loro, lui non era colpevole dei silenzi di Mac e di tutti gli altri mille difetti che aveva.
Come non lo era del fatto che Don non sapesse superarli.
Amarsi e volersi bene non era sufficiente, talvolta… con il loro esempio se ne rese conto pienamente.