CAPITOLO XXX:
PRECIPITANDO
“e se solo potessi,
farei un patto con Dio,
e farei in modo che lui invertisse i nostri ruoli,
risalendo per quella strada,
risalendo quella collina,
risalendo quell'edificio
se solo potessi... “
- Running up that hill – Placebo -
Danny tornò a casa con
malinconia, ora che non era più nervoso per via di Shane poteva tornare
a pensare alle cose che gli avevano sempre premuto e che aveva dovuto
naturalmente accantonare.
Cercando di vedere il lato
positivo in quel separarsi, realizzò che ora poteva stare per conto
proprio per un po', vagare liberamente all'aperto da solo e a
quell'idea si sentì già meglio.
Fu così che Danny decise di
prendersi una giornata di ferie e passarla completamente da solo a
scorrazzare con la moto, uscire da New York, dormire fuori dove
capitava e fare un'avventura in suo stile, come una volta ne faceva
molte.
“Forse è meglio staccare da
Mac e Don e tutta questa situazione che non vedo più lucidamente.
Respirare un po'. Stare per i cazzi miei ed aspettare che siano gli
altri a rincorrermi e non doverlo fare sempre io!”
Questo fu il suo unico pensiero razionale, prima di prendere ed iniziare ad organizzarsi.
Quando Mac poche ore dopo
sentì la richiesta di ferie di due giorni di Danny, sorrise immaginando
perfettamente perchè le avesse chieste. Con Stella, con cui stava
facendo due passi per strada parlando di Shane e del desiderio dei
vertici di esporlo come monito e fargli fare dunque un giro prima di
rinchiuderlo direttamente in prigione e buttare la chiave, commentò
divertito:
- Dopo tanti giorni sotto
la mia sorveglianza credo stesse impazzendo. - Stella rise, sapendo che
l'aveva fatto stare con lui per tenerlo d'occhio e che era successo
contro la sua volontà. Di Don e dei loro dettagli sentimentali non
sapeva ovviamente nulla.
- Puoi biasimarlo? Avere
come scorta Mac Taylor è peggio che avere due poliziotti normali! - Mac
rise a sua volta, pensando che avrebbe fatto bene a tutti separarsi
fisicamente un po'.
Stavano tornando a parlare
di Shane e del rischio che si erano presi i responsabili a tenerlo in
mostra come monito per la città, un messaggio inutile che non sarebbe
passato e comunque un rischio assurdo.
Non erano riusciti a dire
la parola rischio, che Shane piombò quasi davanti a loro aggrappato al
poliziotto che lo stava sorvegliando nell'aula di passaggio.
Morto ed usato come
materassino, cadde da un paio di piani con qualche ammaccatura ma vivo.
Si svolse tutto velocemente, nemmeno il tempo di pensare e respirare.
Mac e Stella presero le
pistole per fermarlo subito, ma lui fu altrettanto veloce perchè non
stava improvvisando e lì Mac ne ebbe conferma.
Prese la prima passante, le
puntò la pistola rubata al poliziotto ucciso e dopo averli minacciati,
scappò dall'altra parte della strada sparendo col passaggio di un
camion.
In un istante, un secondo, pochi attimi, di Shane di nuovo non c'era traccia.
Don non ci stava credendo,
era successo sotto agli occhi di Mac e Stella, non ci poteva credere,
ma cercò di non dare di matto solo perchè era lui e se lui non era
riuscito a prenderlo una volta scappato per l'ennesima volta,
significava che non si sarebbe potuto fare nulla.
Imprecò come una furia
contro quei geni che l'avevano lasciato solo in una stanza con un solo
poliziotto e delle semplici manette ai polsi.
- Continuano a
sottovalutarlo! Tutti! E se ne pagano sempre le conseguenze! Gli avevo
detto che dovevano spedirlo subito in carcere di massima sicurezza! -
Don continuò la sfuriata e
Mac non poté che convenire con lui, a sua volta si era opposto
all'allungamento del tempo necessario per metterlo dentro, era stato
davvero cercarsela.
Dopo di questo i due si
calmarono e guardarono la realtà dei fatti, ovvero che si doveva per
l'ennesima volta ricominciare da capo.
Ormai le indagini su di lui erano cicliche, constatarono di malavoglia.
Mac e Don parlarono col
poliziotto che aveva incontrato per caso Shane e decidendo di partire
da lì e da quel locale per capire se aveva lasciato indizi, ebbero
un'ultima conversazione mentre ognuno andava a recuperare il materiale
di competenza.
- Da quel che dice lui, si capisce che si è fatto prendere, voleva essere preso. -
- Ma poi è scappato subito... - Mac annuì accigliato.
- E' questo che non mi
piace. È come se avesse dato il via alle danze. Danze che ha preparato
per bene in questi giorni. - Don capì subito cosa stava dietro a quella
riflessione e lo disse senza giri di parole.
- La domanda è cosa ha combinato stavolta... -
- E quanto ci metterà a disseminare il suo percorso di cadaveri. -
Mac e Don sospirarono
scuotendo la testa, poi il primo prese il telefono e compose il numero
di Danny, stavano passando la porta per poi separarsi momentaneamente,
quando Don si fermò per sentire la reazione di Danny. Quando Mac chiuse
cupo e scuro in viso, Don impallidì.
- Non risponde? - Mac strinse le labbra contrariato.
- Si è preso due giorni di ferie per un viaggio alla Danny, ha detto... - Don sapeva di cosa si trattava ovviamente.
- Un giro in moto finchè le
chiappe non gli fanno male? - Mac avrebbe sorriso divertito per come
Don ne parlava, ma non ci riuscì perchè la sua mente già era arrivata
al dopo e annuì serio.
- Sarà già partito... -
- In moto non sentirà nemmeno il telefono. - Azzardò Don, ma quello fu peggio.
- Lo ha spento. - Questo
ricordò a Don la mania di Danny di liberarsi dei sistemi di
rintracciamento quando se ne andava per conto suo.
- Quando va via da solo stacca la spina fisicamente e non vuole essere rintracciato! -
Mac si fermò mani ai fianchi a guardare un Don dubbioso che espresse il pensiero che gli venne al volo.
- Può essere un bene se
sparisce dalla circolazione... anche Shane, nel caso cerchi davvero
lui, non può sapere dov'è. Danny va senza decidere mete, è in moto e
via. - Mac in parte era d'accordo, ma d'altro canto non poteva fare a
meno di pensare a tutto quello che era riuscito a fare Shane fino a
quel momento, tutte le volte.
- Sì però Shane è Shane. Si è fatto prendere per farci allentare la guardia ed ora è libero di fare quel che vuole. -
- Ma non poteva prevedere
che Danny se ne andasse senza lasciare traccia! - Don doveva credere
che fosse un bene, perchè altrimenti poteva impazzire. Come trovarlo
col telefono chiuso? Quando faceva quei viaggi non lo riaccendeva
finchè non tornava a casa, a volte lo lasciava lì per non avere la
tentazione di usarlo.
Mac continuava a non essere dell'idea. Ne aveva viste sempre troppe per affidarsi la lato positivo di una cosa negativa.
- Ha mille risorse a
partire dal fatto che non può aver fatto tutto da solo, la rapina a
Danny l'ha fatta fare, lui era in carcere in quel periodo. Il fatto che
non agisca da solo e che non sappiamo chi sia l'altro, non mi piace.
Può averlo fatto seguire! - Don sospirò alzando gli occhi al cielo
esasperato e frustrato.
- Dannazione, ci deve essere un modo per rintracciare Danny! - Ma era il primo a sapere che non c'era.
- Faccio rintracciare la
sua carta di credito e la faccio tenere d'occhio da Adam, è tutto
quello che possiamo fare. Danny non ha itinerario, va a caso. E non ha
telefono, forse è a casa. Possiamo solo sperare... -
- Va coi contanti di
solito. - Chiuse Don secco mordendosi la bocca e girandosi dall'altra
parte. Per Mac fu una sentenza, quasi. Non aveva più carte se non
speranze e per uno come lui, così scientifico e pratico, affidarsi alla
speranza era inaccettabile, a volte non sapeva come si faceva.
- Allora spera che li
finisca e che usi la carta, altrimenti non abbiamo altro. - Don tornò a
guardare Mac con una durezza ed una furia che gli aveva visto solo in
quei giorni, era stata un'illusione credere d'aver superato
quell'incubo. Una pia illusione.
- Prenderemo di nuovo quel
bastardo prima che abbia il tempo di respirare! - E questa fu l'unica
sentenza possibile. Non c'era altro, non rimaneva altro.
Non c'era spazio per errori. Non a quel punto.
Era qualcosa che non faceva da molto, troppo forse.
Le cose erano andate veloci ed imprevedibili, tutto era precipitato e risalito come nelle montagne russe.
Una volta guarito aveva
dovuto ristabilirsi e stabilizzarsi, poi c'era stata la questione di
Mac e Don che gli aveva preso tutte le forze. Il risultato era che non
si prendeva due giorni per sé per fare quello da molto tempo.
Troppo.
Danny accelerò lento ma
costante fino a superare la velocità consentita. Non era una moto da
corsa, era una Harley, era solo una moto da strada su cui potevi
rilassarti e goderti il paesaggio, il sole ed il vento.
E se li godeva, ma dopo un
primo momento, appena imboccata l'uscita per la statale, l'adrenalina
era salita, l'eccitazione alle stelle e la gioia incontaminata, la
voglia di averne di più, di sfrecciare e sparire per un po'.
Sparire sul serio.
Aumentò ancora e si sentì
di nuovo vivo senza rendersi conto di non esserlo stato fino a quel
momento, eppure si era goduto la guarigione, si era goduto Mac e Don,
la figlia, la vita che era tornata.
Evidentemente non completamente. Non si era goduto il suo mondo da solo.
Il vento contro lo tagliava
come tante lame affilate che cercavano di spazzarlo via, ma lui con le
mani ai manubri e piegato in avanti, era ben saldo.
Più che lame, erano come
tanti aghi, diversi dall'agopuntura. Aghi grandi infilzati su ogni
centimetro e portati in profondità, ma Danny aumentò ulteriormente e
quegli aghi vennero spazzati via. Il vento, a quella velocità, non era
più pungente e doloroso, ma solo avvolgente, come una coperta gelida
capace di congelarlo. Vestito adeguatamente, non ne soffriva. A quel
punto sarebbe potuto andare avanti per ore.
La posizione piegata in avanti non era adatta ad un'Harley, ma la teneva per poter andare più veloce.
Davanti a sé focalizzava un
unico punto, la strada all'orizzonte che doveva percorrere senza
percorsi prestabiliti. Una lunghissima strada infinita, le macchine
intorno che venivano superate ed il paesaggio intorno sfocato, sfumato,
una macchia indistinta.
Era come avere il potere di gestire il tempo e lo spazio.
Acceleravi ed il tempo
scorreva in avanti, il mondo diventava un quadro impressionista. Mentre
frenavi e il tempo rallentava, il mondo un quadro di realismo. Poi
potevi fermarti ed il tempo cessava, si bloccava. Il mondo distinto,
preciso.
Danny sorrise arrivando in un'area di servizio per fare rifornimento.
Il sole lo scaldò
ridandogli il torpore che il vento freddo e la velocità gli aveva
tolto, si sentì elettrizzato, fisicamente vibrante e bollente e vivo,
più vivo che mai.
Come aveva potuto mettere da parte tutto quello?
Come aveva potuto farsi ingoiare da pensieri e programmi?
Finito il rifornimento, Danny rimontò in sella, accelerò un paio di volte e ripartì senza correre come un matto.
Don aveva una moto da corsa, una Ducati. Lui era per la velocità, era anche più spericolato in effetti.
A Danny ogni tanto piaceva
sfumare in quel modo, ma in generale preferiva godersi il vento tiepido
e non troppo forte addosso, carezzevole, dolce. Ed il sole contro gli
occhi, attraverso la visiera del casco.
Danny aveva preso la
passione delle moto da suo fratello e dalla sua banda di spostati a
cui, da piccolo, aveva sperato di potersi unire.
Non era mai successo, ma la
voglia di imitarlo, essere come lui, nonostante il risentimento per i
suoi continui rifiuti, era sempre rimasta e l'aveva assimilata come
passione per le moto.
Qualcosa di cui lui non era
per niente consapevole, ma ora che con Louie si erano sistemate ed
aveva capito i suoi comportamenti, quella moto gli era ancora più cara.
Quando era rimasto
paralizzato aveva ordinato a Don di portarla via, lui chiaramente
l'aveva conservata sapendo che sarebbe tornato a camminare.
Riaverla era stato riavere anche l'ultimo pezzo di sé, ricomporsi fino all'ultima parte rotta.
Correrci ora era sigillare quel lunghissimo periodo orribile che ora poteva seppellire definitivamente.
“Fanculo al destino, sono ancora in sella!”
Pensò felice e spensierato girando completamente a caso, a puro istinto, senza avere idea di dove potesse finire.
Niente poteva scalfirlo, niente l'avrebbe scalfito. O per lo meno così pensava lui.
Don chiamò Mac una volta a casa di Danny.
- Come immaginavamo,
telefono a casa. Vorrei proprio sapere nel caso di bisogno come pensa
di fare senza un telefono! Quello stupido testone! Appena lo rivedo gli
dico di tutto! Lui e le sue maledette manie di sparire e basta! - Lo
sfogo di Don era più che giustificato, Mac implose tutta la sua
frustrazione con un sospiro, mentre si costringeva a pensare a
qualcosa, qualunque cosa. Qualcosa che però, più di quello che stavano
facendo, non c'era.
- Shane era davanti ai miei
occhi mentre Danny partiva. Non gli può essere fisicamente dietro.
Anche se lo ha fatto seguire. Non può averlo raggiunto. - Mac cercava
di aggrapparsi alla logica mentre entrando nel laboratorio di Adam che
monitorava la sua carta di credito, riceveva il suo diniego. Non
l'aveva ancora usata.
- Lui no, ma l'altro sì.
Prima o poi Danny si fermerà a dormire, Shane lo raggiungerà. - Ormai
era chiaro che cosa stava succedendo, anche se le indagini con gli
indizi disseminati di Shane per distrarli, non li stavano ancora
portando in una direzione specifica.
- Come minimo c'è tempo fino a stasera. - Cercò di darsi una scadenza, Mac. Che Don demolì.
- Pranzerà, suppongo. - Non che godesse ad essere negativo, ma conosceva Danny come le sue tasche, sapeva le sue usanze.
Mac strinse le labbra frustrato.
- Progressi con le indagini? - Chiese Don speranzoso di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.
- Un mucchio di indizi
contorti da decifrare e tradurre nel suo linguaggio da psicopatico. Una
perdita di tempo. Ci fa andare da un posto all'altro senza dirci nulla
di compiuto! - Don sospirò uscendo da casa di Danny col suo telefono in
mano.
- Non siamo sicuri che punti a lui, sono nostre supposizioni fino a prova contraria. -
- Proprio per questo
analizzo tutte le prove che abbiamo e ne cerco altre. Ma resta un
sistema per distrarci da quel che lui sta già facendo. Vuole che lo
troviamo, ma quando è tardi ed ha finito di fare quel che deve. Per
dimostrarci che è più furbo di noi, per nutrire il suo ego, per un
senso di vendetta, per un insieme di cose. - Don rimaneva impressionato
tutte le volte che Mac capiva i più psicopatici con cui avevano a che
fare. Scosse il capo e salì in macchina per raggiungerlo, nella
speranza poi d'aver qualcosa da fare, qualcuno da torchiare, qualunque
cosa.
Non sapeva dove sbattere la
testa, si sentiva impazzire e sperare che Shane alla fine non puntasse
a Danny non era sufficiente. Perchè c'era sempre quel fastidioso fatto
che gli rimbombava nella testa di poliziotto esperto.
Shane aveva fatto rubare tutto a Danny, non a qualcun altro di loro. A Danny.
Questa era la prova più
terribile di tutte e sia lui che Mac si ostinavano a dire che non
bastava per perdere la testa, non doveva. Ma era solo che non avevano
scelta. Non c'era altro che continuare ad indagare e sperare.
- Come vorrei che quel
pazzo puntasse a me! - Disse a denti stretti sfrecciando per le strade
di New York, con Mac ancora al telefono.
Sospirò chiudendo gli occhi comprendendo fin troppo bene quello specifico desiderio.
- Provo la stessa cosa. Vorrei essere al suo posto, in questo momento. Perchè in questi casi non resta altro. -
- Eppure siamo qua. - Concluse lugubre e snervato Don. Il silenzio di Mac fu peggio.
- Dobbiamo puntare al
tempo, essere più veloci di lui a trovare le risposte. - Cercò di
tornare saldo Mac, la mente lavorava su quel che poteva fare e non su
quel che non poteva. Tendeva sempre così, per quello risolveva tutti i
casi.
Don sentendo quella frase si accese con una scarica elettrica che lo percorse e picchiando il volante, disse scocciato:
- Bisogna scoprire chi
diavolo lo sta aiutando! In ogni caso ha un complice, qualunque sia il
suo obiettivo finale. Shane non sta agendo da solo! È su questo che
dobbiamo lavorare. - Mac si sentì sollevato nel sapere che finalmente
Don era tornato quel poliziotto efficace di sempre e che era riuscito
ad incanalare la preoccupazione per Danny in quel modo. Non avevano
altro, non potevano permettersi di uscire di testa, anche se il non
sapere quale di fatto fosse l'obiettivo finale di Shane, era peggio che
saperlo.
- Tu lavora su quello, noi
seguiamo le prove. - Come sempre i due si divisero i compiti in base
alle loro attitudini e lavori. Chiusa la chiamata, però, il pensiero
non poté che tornare a Danny. Breve, fugace, potente.
“Se solo potessi invertire i ruoli...” Pensarono entrambi nello stesso momento, rivolti a quel ragazzo che amavano entrambi.
La voce raggiunse alterata e seccata l'interlocutore tramite il telefono.
- L'hai messo? - Chiese Shane. Dall'altra parte la persona che gli rispose era più calmo e sicuro.
- Sì, quando si è fermato a
fare benzina. Dovresti vederlo... - Shane attese qualche istante
durante il quale trafficò col suo cellulare e quando nel display di
rintracciamento apparve una mappa con un puntino rosso lampeggiante che
si muoveva, Shane sorrise sadico come se avesse un orgasmo a portata di
mano.
- Lo vedo. Perfetto. - Dopo gli diede appuntamento ad un posto per incontrarsi e ufficialmente chiudere la collaborazione.
Shane gli aveva promesso un
grosso pagamento per quello strano, ma accuratissimo e dettagliato
stalking su quell'agente, tale Danny Messer.
Aveva fatto tutto quello
che gli aveva sempre chiesto senza farsi domande, non gli era mai
importato. L'aveva sempre pagato promettendo alla fine la parte più
grossa.
Per lui era tutto a posto.
Non aveva idea della fine
che stava per fare e di cosa Shane intendesse con 'chiudiamo la seconda
parte'. La prima era stato lasciare gli indizi privi di corpi, solo
banconote modificate con le dovute indicazioni che, una volta capiti,
li avrebbero portati alla seconda parte del suo piano. Trovare il
corpo. Non quello del loro amico, naturalmente.
Un corpo li avrebbe rallentati più di una facile caccia al tesoro composta da banconote enigmatiche.
Un corpo gli avrebbe dato più tempo per concludere la terza parte del piano, il suo reale obiettivo.
Punire il messaggero.
Danny Messer.