CAPITOLO XXXII:
UN MOMENTO PRIMA DELLA FINE
“Siamo gente che ha perso la fede
che vive sotto il tiro di un'arma carica
Come memorie in freddo decadimento
Trasmissioni che echeggiano lontano
Lontano dal mio mondo e dal tuo
Dove gli oceani sanguinano verso il cielo
Dio ci salvi tutti
Bruceremo nel fuoco di mille soli?
Per i peccati delle nostre azioni
I peccati delle nostre parole
I peccati dei nostri padri
I peccati dei nostri giovani “
- The Catalyst – Linkin Park -
Quando Danny staccava la spina, intendeva quello.
Prendere e andare senza una
bussola, fermarsi quando e dove capitava, trovare sconosciuti,
divertirsi con loro, bere e mangiare fino a non averne più e poi
collassare liberamente, senza pensieri e desideri.
Solo dormire.
Il sonno lo colse subito e grazie al caos in cui albergava la mente ed i sensi mescolati all'alcool, non pensò a nulla.
La testa sul cuscino e
quella sensazione di scivolamento istantaneo, come quando ci si
stendeva sul ponte di una nave in un maremoto.
Danny rimase indeciso se andare a vomitare o rimanere steso per pochi secondi.
Il tempo di chiedersi 'forse devo vomitare' che stava buttando giù la porta del bagno claustofobico che c'era in camera.
Vomitò come in passato gli
era capitato spesso, dopo le tante sbronze in gioventù, per poi
trascinarsi a letto e staccare la famosa spina, cioè definitivamente.
Il mondo si mescolò ovattandosi e non ci fu più nulla per un bel po'.
O forse non poi così tanto.
Per Danny il tempo poteva
aver corso oppure no, quando qualcosa lo svegliò non se ne rese conto
subito. Si sentì come trapassato da un martello pneumatico, anche se
nessuno gli aveva dato giù con qualcosa di duro.
Aperti gli occhi con fatica
e di soprassalto, non mise subito a fuoco ciò che aveva davanti,
distinse a malapena una sagoma in camera, poi un viso chino su di lui.
Dopo la sua mano gli premette qualcosa sulla bocca e sul naso.
Danny spalancò gli occhi e cercò di reagire, ma il non aver smaltito quanto bevuto non lo aiutò.
Quel tipo non doveva avere molta forza, ma era sufficiente per lui in quel momento.
Nel focalizzarsi sul suo
viso mentre i sensi lo abbandonavano, riconobbe il suo sorriso da
folle, un sorriso di chi non c'era più da molto.
Velocemente il mondo si oscurò.
Per lui fu come chiudere e
riaprire gli occhi, un attimo, quasi. Con la differenza che riaprendoli
fece ancor più fatica di prima, quando si era svegliato solo con un
post sbronza in atto.
Danny era ancora steso e la
stanza semi buia, gli occhi si abituarono presto e riuscì a vedere in
fretta. Il buio lo aiutò con la testa che batteva una marcia epica
spaccandola a metà.
Shane era lì in piedi vicino al letto che sistemava delle cose sul comodino. Attrezzi.
Danny girò la testa per vedere cosa erano e si rese conto di essere immobile perchè legato.
Era completamente immobile ed in bocca qualcosa gli impediva di parlare.
Le idee cominciarono a
schiarirsi lentamente mano a mano che i secondi procedevano e con lo
sguardo svanito di Shane che si posò sul proprio, capì che era scappato
e che alla fine avevano avuto ragione Don e Mac.
Nell'assurdità del momento, si trovò a pensare:
“E chi li sentirà ora?”
Senza realizzare che se li avesse sentiti ancora sarebbe stato fortunato.
Danny cercava di concentrarsi sui singoli dettagli per riattivarsi e trovare un modo per cavarsela.
Per prima cosa doveva avere
la completa consistenza del proprio corpo ancora prevalentemente
intorpidito per quello che gli aveva dato per dormire.
Sentiva la bocca piena di
qualcosa, un panno appallottolato per impedirgli di parlare. Ci mancava
poco al soffocamento. Danny decise di concentrarsi sulla respirazione,
i propri battiti impazziti. Doveva calmarsi, altrimenti non ce
l'avrebbe fatta.
La sensazione di soffocamento si placò un po', i respiri erano meno affannati e sentiva meglio il proprio corpo.
Le braccia alte, legate
alle sponde del letto con dei laccetti di plastica stretti, presto gli
avrebbero bloccato la circolazione. Le caviglie avevano lo stesso
destino al fondo del letto.
Danny tornò a guardare
Shane rimasto stranamente paziente in piedi accanto a lui a guardarlo.
Forse era curioso della sua prima reazione.
- Istinto di sopravvivenza,
istinto da agente addestrato. In una situazione di pericolo, devi come
prima cosa prendere coscienza di quanto lo sia e del perchè, poi cerca
un modo per liberarti e scappare. Stai eseguendo tutto alla lettera,
vedo. Ed io che pensavo che avresti perso del tempo a strattonare come
un invasato e gridare con la gola senza poter emettere suoni.
Insultarmi non è la tua priorità. Vuoi vivere, eh? - Shane, sicuro di
sé e del proprio tempo, si prese il lusso di perderne un po' per
schernirlo, Danny cercò di domare la voglia di fare esattamente quel
che lui aveva detto.
A quel punto aveva la palla Shane.
Se avesse tirato gambe e braccia, si sarebbe ferito e non avrebbe cavato un ragno dal buco. Per liberarsi la forza era inutile.
Doveva usare l'astuzia, per
cui cercò di vedere sopra il letto se attaccato al muro e a portata di
mano c'era qualcosa di utile. Ovviamente non c'era nulla. Poi guardò
sul comodino e notò attrezzi quali un martello ed un coltello. La
pistola era infilata nella cintola dei pantaloni.
Shane notò che la guardava e lui gesticolò per sminuire la sua presenza.
- Oh non preoccuparti, non
la userò. Non siamo isolati come avrei preferito, ma non voglio essere
interrotto. - Con questo prese il coltello con la destra ed il martello
con la sinistra e guardandolo di nuovo, continuò allucinato, felice. -
Pensavo di squartarti qualche arteria e mentre dissanguavi, fracassarti
le giunture. Perchè fa male. Poi il cranio. Ho in mente qualcosa anche
con le tue corde vocali. Sai, tu sei il messaggero, devo punire il
ruolo che hai deciso di avere nella mia storia di merda. - Il tono
sembrava giovale se non fosse per quel fondo di isteria che continuava
a mantenere.
Gli occhi non si staccavano da lui e dal suo corpo e solo a quel punto Danny si guardò per vedere com'era vestito.
Era andato a dormire in boxer e canottiera e così era ancora.
Constatò che era un pazzo
psicopatico assassino, ma non maniaco. Quella splendida caratteristica
mancava al suo profilo ed in quel momento per qualche ragione Danny ne
fu lieto. Come se sapere quel che gli avrebbe fatto non era abbastanza
terrificante.
Poi Shane dalla risatina
isterica e quasi gioviale, si fece serio e feroce, il buio della notte
riflesso nel suo viso che non sembrò più quello di un pazzo. Per la
prima volta da quando l'aveva conosciuto e per tutte le volte che ci
aveva avuto a che fare.
- Non avresti dovuto rubare
la mia fede. Io credevo in mio fratello ed anche se era colpevole
preferivo continuare a credere in lui. Non avresti dovuto impicciarti,
preferivo rimanere nell'ignoranza e sentirmi uno che aveva fatto la
cosa giusta. Invece mi hai mostrato che era tutto sbagliato, hai fatto
sì che mi vedessi come un mostro. A quel punto potevo fare due cose.
Accettarlo o no. Se non l'avessi fatto sarei impazzito, quindi ho
chiaramente scelto la prima. Non volevo finire per farmi fuori come ha
fatto mio fratello quando ha realizzato che era diventato un mostro.
Lui non poteva convivere con quel che ha fatto, per questo si è ucciso.
Io invece posso. - Shane si fermò guardandolo con un lampo di fierezza,
Danny rabbrividì capendo quanto invece fosse impazzito comunque. - Però
per liberarmi dei miei fantasmi ed andare avanti con la mia nuova vita
ed il mio nuovo io, l'io di un mostro, devo ucciderti. Perchè dovevi
tenere la bocca chiusa e lasciarmi la mia fede, non mi sarei
trasformato in questo. Mi sarei visto come un uomo giusto. Ora mi vedo
come un mostro ed è colpa tua. Dovevi lasciarmi la mia fede. Dovevi
stare zitto. Per questo adesso devo ucciderti. Per andare avanti. Tu mi
hai cambiato, mi hai devastato, mi hai gettato nel caos. Ora mi devo
reinventare e per questo comincerò con l'uccidere te, portatore di
disordine. Tu, la mia entropia. -
Danny si perse ad un certo
punto, ma vedergli sventolare lama e martello come se fossero
giocattoli, lo deconcentrò. In ogni caso erano deliri, non aveva senso
ascoltarlo.
Però davvero non riusciva a trovare un modo per uscirne.
Forse era finita.
Forse quello era il suo capolinea sul serio.
Isolato com'era nessuno avrebbe potuto salvarlo.
Pregare Dio? Pregare che Dio lo salvasse?
Era davvero questa l'unica cosa rimasta?
Danny rise amaro fra sé e sé.
“Che fine di merda,
Danny... certo che piuttosto che ascoltare questi deliri è meglio che
mi faccia secco subito, non volevo morire sotto le sue mani, ma
prendendo una pallottola al posto di Don o Mac. Alla fine le cose non
vanno mai come volevi.”
- Scusa se ti annoio,
rimedio subito! - Questa fu l'ultima frase che percepì, poi il dolore
acuto e lacerante sulla coscia, un punto particolare. Danny strinse i
denti con lo straccio in mezzo e alzò la testa mentre cercava di urlare
senza successo. Gli aveva tagliato la coscia, altezza aorta. Se era
fortunato l’aveva solo sfiorata, altrimenti se era del tutto recisa era
spacciato.
Pochissimo tempo e sarebbe morto dissanguato.
Dipendeva da quanto
profonda aveva affondato la lama e da quanto si agitava. Danny nel
dolore che presto si espanse, si impose di stare calmo ed immobile per
impedire al sangue di uscire in fretta, mentre gli occhi gli si
riempivano di lacrime riflesse per il dolore che piano piano si
attenuò. Abituarsi al dolore era sempre strano, gli era capitato
diverse volte.
Danny si fece dei calcoli
veloci mentre Shane gli legava anche una benda intorno alla bocca per
impedire che la voce uscisse in qualunque modo o che riuscisse a
liberarsi dello straccio ficcato in profondità.
Calcolò il tempo che avrebbe impiegato a morire in quel modo.
“Sempre che aspetti paziente il dissanguamento e che non dia una mano con quel dannato martello!”
Al momento le proprie corde
vocali, mira di quel pazzo, non erano la priorità, visto quanto faceva
volteggiare il martello coi suoi occhi senza luce.
“Che Dio mi salvi.”
Pensò infine. Poi il martello picchiò sulla mano sinistra e a quel punto, dal dolore svenne.
La prima cosa che sentì fu
un fortissimo bruciore alla mano, la sentiva intorpidita, ma mentre i
sensi tornavano c'era un dolore pulsante, battente sulle ossa stesse.
Appena tornò alzò subito la
testa per guardarsi la mano e vedendola accartocciata in una posizione
innaturale, nonché anche molto gonfia e sanguinante, capì che non era
stato un incubo. Era vero.
Gli aveva martellato la mano.
- Era ora che ti
svegliassi, pensavo che il divertimento fosse già finito! Prima di
strozzarti con le tue corde vocali volevo farti soffrire ancora! - La
voce sadica ed isterica di Shane lo raggiunse, era seduto sul letto e
lo stava guardando con il mento appoggiato alla mano, il piede sul
materasso, la gamba piegata in una posa amichevole.
Era rimasto fermo a guardarlo tutto il tempo.
Danny faticava a
focalizzare le cose, la testa gli pulsava come la mano e comunque anche
l'altra ed i piedi erano gonfi per i lacci stretti.
Quello però era il meno.
Il peggio, e da scienziato lo sapeva paurosamente bene, era la gamba insensibile.
Il sangue fuoriusciva da un
tempo che ora era indefinito, il letto una pozza di sangue che si
allargava a vista d'occhio, gocciolava a terra, lo poteva sentire nel
silenzio della notte.
La notte.
Danny roteò faticosamente gli occhi verso la finestra per capire che ora poteva essere.
Ma poi cosa contava?
La finestra era ancora aperta, una via di fuga veloce per Shane in caso di bisogno.
La rassegnazione si fece largo in lui a quel punto.
Chi doveva venire?
Mac e Don non avevano idea di dove fosse e nemmeno lui, di preciso.
Staccare la spina era stata l'idea peggiore.
Probabilmente era pallido
come un cadavere che fra poco sarebbe stato, doveva avere gli occhi
arrossati e sicuramente sudava. Se non moriva dissanguato, sarebbe
morto di setticemia. Quel posto era lurido.
Ma era sicuro che gli
mancava poco, non sentiva la gamba e l'idea di muovere il corpo per
strattonare era ridicola. Non aveva un minimo di forza residua.
Era la fine, era
semplicemente la fine e mentre perdeva la sua, di fede, mentre si
arrendeva a concludere in quel modo, socchiuse gli occhi afferrando gli
unici pensieri confortevoli.
Don... Mac... tutti i
momenti passati con loro, insieme, singolarmente... sua figlia Lucy e
quella strana ma bella famiglia formata con Lindsay... memorie in
freddo decadimento mentre luci in lontananza si avvicinavano
dall'esterno.
La notte si illuminò e
rumori di sirene ovattate coprirono le gocce del proprio stesso sangue
che echeggiavano in quello che a lui sembrava un oceano.
“Allora è così che
funziona... quando muori senti e vedi quello che in assoluto
desideri... le sirene delle auto di Don e Mac...” Col pensiero a loro
ed uno strano sorriso stanco coperto dalla benda sulla bocca, Danny
lasciò che le proprie palpebre pesanti si chiudessero sui suoi occhi.
Il mondo si coprì, le sirene si mescolarono, nemmeno dolori pulsanti o bruciori insopportabili.
Per un momento il corpo gli rimandò sensazioni piacevoli.
Per un momento si sentì bene.
Un momento prima del nulla.
Un momento prima della fine.