CAPITOLO XXXIV:
SULLA VEGLIA DELLA MORTE

“Quando senti di essere solo
Tagliato fuori da questo mondo crudele
I tuoi istinti che ti dicono di scappare
Ascolta il tuo cuore
Quelle voci angeliche
Canteranno per te
Saranno la tua guida
di nuovo verso casa
Quando la vita ci lascia ciechi
L'amore
Ci mantiene gentili
Ci tiene gentili
Quando hai sofferto abbastanza
Ed il tuo animo si sta abbattendo
Stai diventando disperato nella lotta
Ricorda che sei amato
E che lo sarai sempre
Questa melodia ti porterà dritto
di nuovo a casa “

- The messenger – Linkin Park -

Solo il rumore del suo cuore, esternamente ed internamente.
Era come un eco, per Danny.
Ogni TU-TUN era accompagnato da un BIIP e a volte non riusciva a capire quale venisse da dove. Quel BIP non riusciva a catalogarlo, sapeva che ne conosceva la provenienza, sapeva che aveva un motivo di esserci e che ne aveva sentiti molte volte, erano dei BIP importanti, ma ora di chi era, cosa, perchè c'era?
Si sforzava di capire, ma nel non riuscirci si agitava e cominciava a sentirsi male, affaticato, sentiva puntualmente dei martelli sulla testa, come quello che Shane gli aveva dato sulla mano.
Shane.
Shane lo ricordava.
Danny si concentrò di nuovo sul proprio cuore, il TUN lo riconosceva, era confortevole. Era come essere all'interno di una campana imbottita dove il suo cuore rimbombava cullandolo.
Vibrava.
Danny non sognava, perchè era nel dormiveglia, ma un dormiveglia in cui sentiva quasi nulla. Sentiva davvero poco e di rado.
Non percepiva con tutti i sensi, per il momento solo l'udito, ma da lontano. Non sentiva le voci.
Nessun odore, nessun tocco sulla pelle, nessuna consistenza del proprio corpo.
Era un dormiveglia pesante, più sulla soglia di un mondo onirico che su quello reale.
Finchè non si sarebbe avvicinato a quello, cominciando a percepire di più, non avrebbe potuto avere la forza di volontà necessaria per svegliarsi. Perchè era lui a doverlo decidere, ma al momento non ce la faceva proprio.
Danny era cosciente di chi era, era cosciente che forse dormiva. Non era cosciente di niente altro.
“Shane mi ha colpito con un martello, ma non è questo TU TUN. Shane... Shane mi ha imprigionato. Sono ancora imprigionato con lui!”
Realizzandolo, l'agitazione e la paura salirono mentre allo stesso tempo si allontanò la voglia di svegliasi. Svegliarsi per soffrire, per farsi torturare, per morire comunque?
No, era meglio stare lì.
Mentre da fuori, da lontano, quel maledetto BIP gli penetrava sempre più il cervello.
Ma dannazione c'era solo quello.
Un BIP che ora divenne più frequente di prima che invece era cadenzale.
Un ritmo regolare come il suo cuore.
Anche il suo cuore ora aveva un ritmo più veloce.
“Ma il BIP è il rumore del mio cuore da fuori? Da fuori il mio cuore fa BIP?” Pensandolo tornò a calmarsi, il TUN ed il BIP, sempre sincronizzati, si placarono tornando regolari.
“Ci sono, ho capito cos'è quel fottuto BIP del cazzo! È il mio cuore, dannazione! Il mio cuore da fuori! È una fottuta macchina di monitoraggio! Sono in ospedale! Sono vivo ed in ospedale! Mac e Don mi hanno trovato, mi hanno trovato! Un momento... ma allora se sono sveglio ma non mi sveglio significa che sono in coma! Fanculo, sono in coma! No, non voglio essere in coma, devo svegliarmi, voglio svegliarmi, qua ci saranno di sicuro Don e Mac che mi aspettano, dobbiamo continuare il nostro discorso! Non me ne andrò più da solo per staccare, non avrò più bisogno di staccare!
Dio, ti prego, se esisti ascoltami... devo svegliarmi, devo. Voglio vivere ancora, devo finire questo discorso in sospeso con loro due, li amo, voglio stare con loro, sono ad un passo dal mio sogno, dalla mia felicità, dalla mia completezza. Un passo. Devo solo avere la forza di allungare la mano ed afferrare la loro. La loro che sicuramente è chiusa sulla mia.
Me la staranno tenendo, staranno vegliando su di me. Devo stringere. Devo stringere anche se ancora non sento nulla, devo stringere anche se non sento, devo fargli sapere che ci sono, che sto per svegliarmi, mi ci vuole un pochino ma ci sto riuscendo. Non ho idea da quanto sono qua che ci provo, ma ci proverò finchè non ci riuscirò.
Stringi la mano, Danny. Muovi il culo sfaticato! Ce la devi fare. Devi riuscirci. E poi andrai in uno di quei posti santi dove è apparsa la Madonna o Gesù o qualche Santo e ti farai benedire, perchè non è possibile che mi succeda sempre tutto.
Muovi Danny, muovi qualcosa.
Sono qua, ci sono Mac. Ci sono! Ascoltatemi ragazzi, sentitemi. Ci sono!”
Danny cominciò lentamente ad avere sempre più coscienza di sé, lentamente, fino a che  non ci fu solo il BIP come percezione sensoriale. Erano dei BIP un po' irregolari perchè si stava agitando, si stava sforzando.
Però la consapevolezza di quel che gli stava succedendo, di come e dove doveva essere, di quel che stava accadendo lì fuori, gli diede la spinta a provarci anche se ancora non sentiva molto.
Doveva volerlo, doveva esigerlo, doveva imporsi e lottare. Ora sapeva per cosa doveva lottare. Ora lo sapeva, ci sarebbe riuscito.
Avrebbe mosso quella maledetta mano.
Avrebbe aperto quei maledetti occhi.
A qualsiasi costo.


Era una stanza singola in terapia intensiva.
Il permesso per stare dentro a vegliarlo era per una persona per volta, ma visto che Danny mostrava lenti segni di miglioramento e che respirava da solo, permettevano a volte anche a due per volta di vegliarlo. Ma doveva esserci calma assoluta e silenzio.
Se il tempo del coma si sarebbe allungato, l'avrebbero spostato in semi intensiva e poi nelle lunghe degenze.
Ma prima di tutto, Danny doveva svegliarsi.
Tendenzialmente si alternavano, facevano turni anche con altri in attesa che la famiglia di Danny arrivasse, avvertita da Lindsay.
La piccola Lucy non poteva entrare, aveva visto il padre solo da fuori e si era messa a piangere non capendo il motivo per cui, se dormiva, non poteva andare a svegliarlo.
Lindsay non aveva potuto fare mai turni, ma era venuta spesso.
Erano ormai cinque giorni che Danny era in coma, i primi tre giorni non c'erano stati miglioramenti, poi avevano iniziato lenti, molto lenti, ma progressivi e costanti.
La speranza era più che tale, ormai.
Era certezza.
Danny si sarebbe svegliato, stava solo da vedere quando e sperare che fosse il prima possibile, più tempo passava immobile, più il suo corpo e le sue funzioni si atrofizzavano ed al suo risveglio avrebbe dovuto lavorare molto sulla riabilitazione.
Stare in coma non era una bella dormita, il corpo regrediva, le funzioni si limitavano sempre più al necessario e, non abituate più ad essere utilizzate, insorgevano danni non trascurabili.
Dopo mesi il corpo si raggomitolava su sé stesso in posizione fetale e non lo si poteva evitare. Le persone in coma da anni erano magre, raggrinzite, sciupate e richiuse fisicamente in loro stesse, solitamente girate sul lato.
Speravano tutti che Danny non arrivasse a quei livelli, speravano che si svegliasse presto e senza gravi conseguenze.
Fortunatamente l'ossigeno non era mai stato interrotto, non aveva subito arresti cardiaci prima dell'arrivo dei paramedici che l'avevano prontamente rianimato.
Lo stare immobile aveva permesso al sangue di uscire più lentamente. Purtroppo una volta mosso e spostato, anche se con un laccio ed un lenzuolo per frenare l’emorragia, il sangue era uscito con più consistenza completando quasi definitivamente l'opera.
Danny era quasi morto, quando erano arrivati i paramedici la sua vita era agli sgoccioli, quel minimo di sangue rimasto in lui non era più sufficiente, ma grazie al tempismo quasi perfetto, l'avevano tirato per i capelli, salvandolo.
Purtroppo il sangue perso era molto, gli arresti cardiaci subiti due, uno sul posto ed uno in ospedale, durante l'operazione.
Shane non aveva completamente reciso l'arteria, non l'aveva presa bene e per fortuna era stata solo parzialmente danneggiata, questo aveva provocato un flusso considerevole di sangue, ma non letale se preso in tempo.
I medici avevano detto che aveva una buona percentuale di riprendersi, ma che ci voleva tempo per rigenerarsi.
Però ce l'avrebbe fatta.
Inizialmente era in coma, non sentiva, non percepiva. Nel riprendersi lentamente avrebbe sentito e percepito sempre più, da lì in poi la presenza continua di persone care sarebbe stata importante, così come il parlare ed il fornirgli continui stimoli esterni.
Al quinto-sesto giorno, Danny sentiva, era nel dormiveglia leggero, solo che non riusciva a comandare al proprio cervello di svegliarsi e parlare, ma lui c'era.
- Manca solo un passo, un piccolissimo passo. Forza Danny. - Disse Mac a fior di labbra dopo essere entrato a vedere come stava.
Don era presente, addormentato sulla poltroncina. Dovevano indossare un camice e dei copri scarpe. Le mani disinfettate.
Don dormiva appoggiato sul braccio, tutto di lato, Mac si fermò a guardarlo sorridendo. Era sciupato come tutti, ma teneva duro, insistendo su Danny, consapevole come gli altri che ne sarebbe valsa la pena.
Non si sbagliava.
Mac si sedette sulla sedia accanto a quella di Don, prese le mani allacciate di Don e Danny e le strinse entrambe. Don, troppo stanco per sentirlo, continuò a dormire e Mac si chiese se nella dimensione dei sogni ci si poteva incontrare anche fra diversi stati.
Stato di sonno e stato di coma.
“Forse se il legame è forte può succedere... magari stanno facendo una gara in moto...” Mac sorrise a quel pensiero perdendosi nel viso consumato di Danny. Era molto pallido ma era del tutto normale.
Il corpo iniziava ad assumere una posizione laterale, gli infermieri cercavano di correggere la posizione, quando venivano a lavarlo e sistemarlo, però Danny tornava a girarsi puntuale.
Mac sapeva cosa significava e non gli piaceva.
Non doveva girarsi, non doveva raggomitolarsi.
Doveva svegliarsi.
- Sai, ho avuto il permesso eccezionale di far entrare Lucy. Pensano che ora sei in un buono stato percettivo e che sentire tua figlia potrebbe aiutarti. Oggi pomeriggio Lindsay la porta. Devi essere presentabile e prepararti al risveglio, sarebbe bello per la piccola principessa svegliare il suo principe. Una rivisitazione della favola, non trovi? - Mac parlava con un pizzico di umorismo, usando toni leggeri perchè erano i preferiti di Danny, se lo immaginava a ridere, lì nel suo dormiveglia, mentre di sicuro sentiva le loro mani intrecciate.
- Devi svegliarti se vuoi tenerla in braccio ancora. - Mormorò Mac rivolto a Danny. - Devi svegliarti se vuoi finire quel discorso con noi. - Aggiunse.
- Devi svegliarti se ci ami. - Fece Don, sveglio accanto a lui, ancora nella posizione di prima ma con gli occhi aperti. Mac girò a metà il viso ma tornò su Danny.
- Devi svegliarti perchè ti amiamo. - Concluse Mac parlando lentamente ma chiaro al plurale.
Ormai non aveva avuto scelta che accettare i propri sentimenti, cosa che aveva fatto già da tempo, ma non in quel modo. Non nell'ottica di una relazione a tre.
Mac da tempo aveva accettato di amare sia uno che l'altro, ma si era sempre rifiutato di viverli tutti e due.
Adesso quel che stava succedendo gli aveva dato una visione realistica delle cose.
Che senso aveva sprecare il tempo prezioso che si aveva, quando lo si aveva, e privarsi di quelli che erano sentimenti autentici e vitali?
Quando eri nella veglia della morte, la sola cosa che aiutava a svegliarsi, la sola ed unica, era l'amore.
Quanto si amava, quanto ti amavano, quanto potevi vivere quell'amore, quanto l'avevi vissuto, quanto ancora ne rimaneva.
Era la sola cosa che contava.
Per cui nel momento del bisogno si faceva appello a quello e privarsene non solo era uno spreco, ma anche una condanna a morte.
Mac non si sarebbe più privato dei propri sentimenti, non avrebbe più sprecato un solo minuto della sua vita dietro regole prestabilite da una società antica e rigida che non sapeva andare oltre quanto deciso da qualcun altro.
Una società che non aveva il coraggio di viversi.
Non sapeva come sarebbe andata fra loro, sapeva solo che c'era una sola opzione. E quella era vivere la loro storia, così come era. Strana, diversa, assurda. Ma la loro.


“Sento la sua voce, sento distintamente anche Don e non sono i miei sogni che me le fanno sentire. Io li sento e percepisco tutto quello che avviene all'esterno.
Percepisco ogni cosa, sento il caldo, le loro mani sulle mie, i profumi che indossano, voci fuori dalla camera tutte le volte che aprono le porte.
Sento tutto molto bene.
È come se fossi sveglio ma non potessi muovermi. In realtà vedo nero, per cui non sono sveglio, ma lo sono. Lo sono!
Vorrei parlare, vorrei guardarli, vorrei muovermi.
Invece per ora funziona l'udito, l'olfatto ed il tatto, ma non per il muovermi.
Dai Danny dai.. ce la devi fare.
Ti chiamano, ti aspettano.
Come devo fare, come?
Mi amano, sono qua per me, mi aspettano. E lo sento il loro amore, vengono tutte le volte che possono, ci sono sempre e mi toccano, mi parlano, mi fanno sapere che ci sono.
La mia vita è qua.
La mia vita è a portata di mano, un soffio ci separa.
Come devo fare per svegliarmi?
Come?
Gli occhi sono pesantissimi, incollati, come il mio corpo che sembra fatto di piombo, quando mi sforzo di muovere le dita non ci riesco, non ci riesco proprio, è impossibile.
Dio, come devo fare? Come faccio per svegliarmi?”
Danny sentiva tutto, ma non riusciva a comandarsi di muoversi e svegliarsi.
Mancava un piccolo input.

- Ehi Danny... - La voce di Mac lo raggiunse da vicino, doveva essere chino su di lui, parlava piano. - C'è una sorpresa per te... un piccolo angelo è venuto a salutarti... - Pochi istanti dopo, sentì il letto abbassarsi appena e nel silenzio creatosi dei gorgoglii si udirono.
Nel buio, Danny si emozionò. Avrebbe riconosciuto quei gorgoglii ovunque, persino all'inferno.
Poco dopo la manina gli batteva sul petto, il piccolo angelo l'aveva riconosciuto ed era felice di vederlo.
Oh come voleva vederla anche lui, come voleva... se solo... se solo fosse riuscito a riaprire gli occhi. Come gli mancava il suo piccolo angelo.
Gli mancava più della vita stessa.
Era lì, seduto sul suo letto che lo toccava. Perché non poteva aprire gli occhi? Bastava così poco, così poco...
- La senti? Senti la sua voce? Basta che la segui... è la voce di un angelo che ti aspetta. Basta che la raggiungi. Forse ti sei perso, ma lei ti indica la strada di casa... - Mac parlava con un sorriso sulle labbra, Danny riconosceva quel tono e gli sembrava di vederli sul serio.
“Voglio svegliarmi, voglio svegliarmi. Ci sono. Lo voglio davvero... Dio, fammi vedere mia figlia... fammi vedere mia figlia!”
Lucy, proprio mentre Danny ascoltava la sua vocina vocalizzare in suoni simili a 'papi', sfuggì dalla presa di Mac che la stava tenendo seduta sul letto e si tuffò letteralmente sul suo petto.
La piccola si stese sul suo papà per abbracciarlo, incapace di stare ferma dalla felicità nel rivederlo e dagli occhi chiusi di Danny, le lacrime di gioia ed emozione uscirono dagli angoli, lungo le tempie.
Mac le vide e guardò istintivo la mano di Danny, la prima cosa che le persone in coma riuscivano a muovere nel risveglio.
Trattenne il fiato mentre dimenticava Lucy stesa su Danny. Lo trattenne mentre guardava concentrato la sua mano, le sue dita.
Quanto tempo rimase a fissarle?
Quanto tempo?
Danny non riusciva a muoverle, ma piangeva e significava che era lì, come poteva fare per aiutarlo?
Se solo avesse potuto sostituirsi, se solo avesse potuto muoverlo al suo posto, svegliarlo lui in qualche modo...
Guardando Lucy stringerlo, stesa sopra al suo papà, vedendo una seconda lacrima scendere, capì che forse voleva stringerla anche lui, così gli prese il braccio e glielo mise sulla schiena della piccola che continuò a canticchiare qualcosa che solo lei conosceva, qualcosa senza parole e senza senso.
Canticchiò al suo orecchio mentre finalmente la mano di Danny toccava la sua schiena ed in quello le mani abbandonate presero vita, le dita forza e si strinsero sulla bambina.
La mano di Danny si premette da sola su di lei, per quanto possibile, e poco dopo gli occhi si mossero insistenti dietro le palpebre.
Fino a che queste si aprirono ed allora l'azzurro velato, un azzurro grigio, venne alla luce.

La prima cosa che Danny vide fu il viso stravolto di Mac, un Mac che piangeva forse per la prima volta da quando lo conosceva.
Poi vide il viso del suo piccolo angelo e lì si unì a lui nella fiera del pianto, più di quanto non avesse fatto già.
Quanto poteva mancargli un viso? Quanto poteva mancargli toccare qualcuno?
Quanto poteva amare una persona?

Don, da fuori la camera, non fu da meno nel vedere Danny svegliarsi. Lui e Lindsay, a bocca aperta ed increduli del piccolo miracolo, non riuscirono a trattenere le lacrime.
Danny era tornato da loro, da chi lo amava. Da chi lo avrebbe amato per sempre.