CAPITOLO IV:
INCAPACI
DI STARE INSIEME
“Prima che
tu capirai sarai solo
Ed io me ne
sarò andato.
Finché non
ci incontreremo ancora…”
/Tonight –
Dommit/
Chiuse
con un gesto di stizza la cartella e la gettò nella rispettiva
scatola insieme alle altre prove del caso appena concluso.
Si
appoggiò allo schienale della propria sedia facendo stendere
finalmente la schiena ricurva ed intorpidita, quindi piegò la testa
a destra e a sinistra facendo scricchiolare anche il collo che gli
doleva, infine con un sospiro scontento guardò l’ora. Aveva chiuso
un caso come al solito a notte fonda e come al solito, in
quell’ultimo periodo, senza Don che faceva di tutto per non
lavorare con lui, proprio come un bambino.
Se
non era capace di gestire le proprie emozioni e di tenere fuori la
vita privata, era peggio per lui. Non voleva farsi toccare da quel
suo comportamento, così come dal fatto che si era lasciato col suo
compagno e che a conti fatti non ne aveva non solo parlato con
nessuno, ma non si era nemmeno sfogato.
Si
era limitato a buttarsi di più nel lavoro per occupare anche quel
po’ di tempo libero.
Fra
poche ora sarebbe ricominciato il turno, doveva decidersi a far
riposare almeno poche ore le sue stanche membra o non avrebbe retto
un altro turno di fila.
“E
poi parlarne con chi?” Si chiese seguendo la propria linea di
pensiero che gli diceva che non aveva ancora affrontato il distacco
da Don come un normale essere umano. “L’unico che lo sa che
stavamo insieme è Danny che, guarda caso, coincide anche col ruolo
di migliore amico di Don. E’ ovvio che sta da lui e che lo sta
aiutando a superare il momento difficile. Quei due spesso sono un
tutt’uno!”
Non
se lo disse con gelosia ma con consapevolezza.
Consapevolezza
che Danny stava aiutando Don e che presto sarebbe tornato quello di
sempre e che lui, invece, per quanto avesse uno splendido rapporto
con Stella, non gli aveva mai detto del suo piccolo segreto, ovvero
che si era innamorato di Don e che dopo la sua quasi morte si erano
messi insieme.
Rifletté
con amarezza su quell’ultimo punto.
“E
dirglielo ora non servirebbe a nulla, tanto ormai ci siamo lasciati,
no?”
Tipico
suo pensare di poter fare a meno dell’aiuto degli altri. Non era
tanto una questione di riservatezza quanto di rifiuto alla
confidenza. Era difficile che parlasse dei suoi fatti più intimi,
anche se era molto amico di una persona.
Nemmeno
a Don aveva detto tutto, anzi… molte cose non le sapeva. Cose che
magari avrebbe dovuto dirgli.
Sospirando
scontento si decise ad alzarsi dalla scrivania e ad uscire
dall’ufficio con ancora la testa piena di pensieri e ricordi.
Passato
a parte, sapeva bene che c’era almeno una cosa specifica che
avrebbe dovuto dire a Don.
Da
un lato aveva sperato l’avesse fatto lui e probabilmente era così,
però non averlo sentito gridare gli faceva anche capire che non era
successo.
“Comunque
il momento giusto sarebbe stato quando ci siamo messi insieme, ora
non ha più nemmeno senso dirgli che sono stato a letto con Danny
quando eravamo ancora solo amici. Quel che è stato è stato. “
Si
guardò bene dal spiegarsi come mai non ne avesse parlato.
Era
riservato, ok, però quella era una cosa da raccontare al proprio
compagno, specie se il soggetto con cui aveva fatto sesso era proprio
il suo migliore amico.
Con
ancora la mente immersa in quelle considerazioni, non notò di essere
giunto invece che a casa sua, in quella di Danny.
Il
suo palazzo non era in uno dei quartieri migliori della città, era
per questo che non si fidava a lasciare la sua adorata Harley
Davinson in un comune garage, ma se la teneva addirittura in casa!
Solo
lui poteva fare certe cose, del resto…
Guardò
la porta accigliato chiedendosi come mai fosse andato da lui, a
quell’ora tarda della notte per di più, invece che a casa.
“Ci
sarà di sicuro Don e se non c’è allora Danny dorme… cosa mi
salta in mente di venire? E perché, poi? Non ho provato il bisogno
di parlarne con nessuno, perché dovrei farlo proprio ora? E con
lui?!Solo perché è l’unico a sapere della nostra situazione non
mi giustifica. Cioè… abbiamo un certo rapporto io e lui però non
è paragonabile a quello che hanno loro due, non vorrei invadere in
nessun modo il territorio di Don. E Danny è territorio di Don. A
parte in un paio di eccezioni… “
Di
nuovo la famosa notte passata con Danny gli venne prepotente a chiare
immagini, come se la pellicola scorresse davanti ai suoi occhi.
Sospirò.
In
fondo se per aiutare un amico era disposta ad andarci a letto -cosa
che di sé stesso non avrebbe mai detto nemmeno fra milione di anni
luce-, perché non provare a riscuotere quel favore?
No,
non intendeva allo stesso modo… il sesso consolatore era una
prerogativa unicamente di Danny, però magari poteva essergli utile.
Del resto era arrivato fin lì.
Valeva
la pena vedere se era solo e se era sveglio…
Bussò
cercando di non fare forte… se dormiva non l’avrebbe svegliato,
mentre se era sveglio avrebbe sentito.
Una
strana sensazione lo prese alla bocca dello stomaco un istante prima
che gli venisse aperto, anche se l’aveva immaginato si rese conto
di non essere comunque pronto alla conferma.
Davanti
alla porta, invece di Danny apparve Don.
Un
Don scarmigliato, con la camicia tutta aperta e sdrucita, scalzo e
con la birra quasi finita in mano.
I
due si guardarono sorpresi ed increduli, atterriti, senza dire nulla
per un attimo, quindi pensando di aver avuto le visioni, si
chiamarono entrambi per nome nello stesso momento.
Da
dentro l’appartamento sbucò anche l’abitatore, un Danny nei
soliti panni ‘da casa’, ovvero i boxer.
-
Chi è? -
Quando
vide Mac e vide come i suoi due amici si guardavano, fece una smorfia
che intendeva dire chiaramente ‘Ahia!’
-
Scusa, Danny, non volevo disturbarti… immaginavo potessi essere con
lui ma non credevo di interrompere niente… - Mac con sforzo immane
finse di ignorare Don ancora davanti a lui, quindi puntando tutta la
sua attenzione sul biondo che dava bella e tranquilla mostra del suo
corpo e che non era affatto imbarazzato per quello ma per l’incontro
a tre inaspettato, sperò tirasse fuori una delle sue solite dannate
battute fuori luogo sdrammatizzanti.
-
No, ma che disturbo, non stavamo facendo niente… guardavamo una
noiosissima partita! - La televisione accesa era proprio su un canale
sportivo, ma il volume era molto basso. Non significava niente. Danny
era anche capace di far sesso guardando una partita!
Mac
strinse le labbra a disagio, cercando di domare la voglia di piantare
una scenata di gelosia, non l’avrebbe mai fatto, detestava quel
genere di cose e non erano nemmeno da lui. Ma lì gli sembrava di
stare per esplodere. La vampata di calore per il fastidio la domava a
stento, così come tutte le altre accelerazioni corporee. Trattenersi
così era pericoloso e cominciava a sentirsi male. Forse però il
problema non era la gelosia quanto l’aver rivisto Don dopo che si
erano lasciati.
-
Avevi bisogno di me, immagino… - Disse mentre Don stava ancora
impalato con tutti i muscoli tirati a fissare il proprio ex che
invece si sforzava di ignorarlo. La mascella contratta, gli occhi
infuocati e la voglia di gridargli contro.
-
Sì, ma… - E al momento di spiegarsi, si dimenticò l’uso
corretto della parola, mentre prepotente gli veniva in mente il reale
motivo per cui era andato da lui invece che a casa propria. Pensando
alla loro notte insieme, quando Mac aveva consolato Danny, aveva
finito per sperare in un cambio di favori. E anche se si rifiutava di
credere che volesse da lui esattamente quello visto che non pensava
di essere il tipo, alla fine doveva ammettere che probabilmente,
inconsciamente e ad un livello di sé stesso che nemmeno lui
conosceva, voleva proprio quello. Accorgendosi che la sua testa ormai
gli rimandava ripetutamente solo quelle immagini -loro due che si
baciavano, loro due che si avvinghiavano, loro due che si univano in
un amplesso senza precedenti- avvampò imbarazzato senza saper più
cosa dire, indietreggiando spaventato dall’idea che potessero
capirlo. Che Don potesse capirlo.
Spaventato
da sé stesso che improvvisamente si metteva a cercare quel genere di
cose per stare meglio.
Stava
davvero così male, dunque?
Era
vero che aveva solo finto di non aver bisogno di niente per superare
il distacco dal suo compagno?
-
Mac? - Lo chiamò di nuovo vedendolo in difficoltà. Sapeva bene,
Danny, che non era una situazione tanto normale e si chiedeva se
dovesse defilarsi per farli parlare, se mediare per loro ed evitare
si prendessero a pugni fraintendendo, o che altro fare.
-
Niente, non importa… c’è già lui… - Così dicendo scosse la
testa per sgusciare via lontano da loro.
-
Mac! - Lo chiamò Danny facendo per inseguirlo, capendo che comunque
aveva bisogno di aiuto anche lui, pur cercasse di non darlo a vedere
e di fare tutto testardamente da solo.
Ma
come fece per uscire di casa, venne subito superato da Don che scalzo
e impresentabile com’era, gli corse dietro come un fulmine
afferrandolo per il braccio e girandolo con forza senza nemmeno
chiamarlo.
Quando
Mac se lo vide davanti rimase di sasso e scosso nel profondo, confuso
e ancora più imbarazzato di prima per aver appena scoperto
brutalmente una parte di sé che aveva sempre accuratamente ignorato,
non seppe proprio più cosa dire. Specie a lui.
-
Mac, non stavamo facendo niente! - E perché, ora, si sentiva in
dovere di dirglielo?
-
Non importa, potete fare quello che volete, non stiamo insieme. - Lo
disse con durezza sperando di poter andarsene presto senza rimanere
lì a farsi torturare.
Era
stato un idiota a pensare di poter superare tutto da solo, lavorando
e basta.
Don
era lì e lo guardava con quei suoi incredibili occhi azzurri ed era
come essere ucciso due volte. La prima era stata quando l’aveva
lasciato.
-
Già… e tu perché sei venuto? Per riscuotere il favore che gli hai
fatto mesi fa? - All’udire quelle parole dure e sostenuto, capì a
cosa si riferiva e gli parve di essere stato colpito con un pugno
allo stomaco.
No,
non era uno che scappava e nemmeno che si pentiva di ciò che faceva.
Quindi avrebbe affrontato a testa alta anche quello.
Se
aveva certi tipi di bisogni come tutti non c’era niente di male.
In
fondo aveva un dolore non da poco da superare e standogli davanti
capiva quanto male stesse realmente e quanto idiota fosse stato ad
ignorarlo e trattenersi.
-
Te l’ha detto lui? - Alla conferma Don non ci vide più, cominciò
a gesticolare agitato ed infuriato. Non pensava di averlo mai visto
così, se non due sere prima, quando poi se ne era andato.
-
Certo che me l’ha detto lui! E chi doveva dirmelo, tu? Solo perché
eri il mio compagno pensi di aver avuto il dovere di dirmi che prima
che ci mettessimo insieme eri andato a letto col mio migliore amico?
E perché mai? Non sono cose che normalmente ci si dice in una
coppia! Ah, scusa… forse ho frainteso tutto… magari ho solo
creduto di essere stato con te! No, perché non me lo spiego in un
altro modo il fatto che tu me lo abbia semplicemente taciuto! -
Ora
aveva gridato fuori di sé e grazie a questo tutto il piano sapeva i
fatti loro. Non certo una grande pubblicità per dei poliziotti!
Sentendolo,
Danny gli tirò una scarpa per farlo stare zitto, che lo colpì sulla
gamba, quindi Don smise di sventolare a tutti i fatti loro privati e
a quel punto cominciò Mac, ma senza gridare.
-
Non te l’ho detto perché quando è successo non stavamo insieme e
poi è stato un caso isolato che non si sarebbe più ripetuto, non
c’erano stati sentimenti di mezzo, era stato solo… -
-
Solo qualcosa che stasera speravi di rifare per essere consolato tu,
no? - Lo interruppe ancora arrabbiato Don, cercando di domare un po’
il suo tono comunque alterato. I suoi occhi lo guardavano furibondi e
se avesse potuto, l’avrebbe incenerito con dei raggi laser. Come
poteva non ammettere nemmeno in un caso simile le sue colpe? Perché
continuava sempre a ritenersi sopra tutti?
Mac
capì che dopotutto aveva ragione. Avrebbe dovuto parlargliene quando
si erano messi insieme e spiegargli allora che era stata un’eccezione
senza significato. Ma non facendolo l’aveva involontariamente
trasformata in qualcos’altro di più grande, qualcosa che non
pensava fosse.
-
Non ero qua per quello… - Tentò, ma mentendo a sé stesso si sentì
peggio di mentire a Don che comunque capì che non diceva sul serio.
-
Mac, ti prego, non sono idiota! L’ho fatto prima di te, se lo vuoi
sapere… e aggiungo che è davvero un ottimo metodo per combattere
quel dolore sordo che poi ti svuota e ti fa desiderare solo di
sparire dal mondo! - Lo disse con amarezza, raffreddando
improvvisamente il suo sguardo dove ora si specchiava il dolore.
Poteva
esserci una ragione nel mezzo, poteva esserci un punto d’incontro,
poteva esserci un modo per rimediare a tutto… poteva, visto che
entrambi stavano così male l’uno per l’altro… ma avrebbe come
minimo dovuto esserci la volontà di mettere da parte il proprio
orgoglio e nessuno dei due, in quel momento, era pronto.
Mac
si sentì come pugnalato nell’apprendere che alla fine l’avevano
fatto davvero.
Come
lo chiamava Danny?
Sesso
consolatore fra amici per combattere la fase dell’apatia.
Già…
infallibile… poi rimaneva solo da superare il malessere generale,
l’amore non ricambiato, la solitudine ed una serie di altre cose
che stava scoprendo ora.
Ma
Don aveva Danny, lui chi aveva?
Aveva
bisogno di qualcuno anche lui, ce l’aveva disperatamente e sentendo
che Danny sarebbe stato suo e che ce l’avrebbe fatta grazie a lui,
Mac non si sentì certo meglio e non perché era geloso o perché non
voleva che Don stesse bene, ma perché si sentiva indietro.
Improvvisamente
si sentiva terribilmente indietro, così come non era mai stato.
E
non era il fatto di non essere primo, ma il fatto che era così
lontano da Don.
Don
per cui sarebbe morto, quando l’aveva visto sfuggirgli dalle mani
mesi prima.
Amarsi
e non essere capaci di stare insieme.
Era
questo, no?
Semplicemente
questo…
Forse
non erano compatibili e questo non aveva nulla a che fare con
l’amarsi o meno.
Con
un’improvvisa tristezza e degli occhi apertamente feriti, uno stato
di sé che non aveva mai mostrato nemmeno nei momenti peggiori, Mac
più stanco che mai scosse la testa e mormorando un flebile: - Pensa
e fa quello che vuoi, non me ne importa più niente… - che tradiva
sé stesso per primo, visto che non era affatto vero, se ne andò
credendo che ogni passo sarebbe stato un ulteriore allontanamento
indelebile dalla persona con cui invece avrebbe voluto stare più che
mai.
Era
tardi.
Ora
ne era certo.
Qualunque
cosa sarebbe potuta essere, non sarebbe più stata.
Aveva
sbagliato a venire lì, a seguire il suo istinto, il suo inconscio e
qualunque altra cavolata l’avesse condotto lì. Aveva sbagliato
tutto.
Ora
doveva solo raccogliersi.
Raccogliersi
e andare avanti da solo, come aveva sempre fatto.
Oppure
trovare anche lui qualcuno, qualcun altro che non aveva mai avuto a
che fare con lui, qualcuno che l’aiutasse a superare quel terribile
momento. Qualcuno diverso da Don come il giorno e la notte.
Qualcuno.
Chiunque.