CAPITOLO V:
COSI’
LONTANI
“Non vuoi
raggiungermi, vero? Non significo niente per te dai via le
piccole cose ma ora non ci saranno più fraintendimenti gli
argini stanno cedendo tutto quello che hai sempre voluto era
qualcuno che ti rispettasse sinceramente”
/The
little things give you away - Linkin Park/
Rimasto
solo in corridoio, Don diede un forte calcio alla scarpa che un
attimo prima Danny gli aveva tirato e facendola finire davanti alla
porta aperta di casa, la ricalciò buttandola rabbiosamente dentro,
quindi entrò e sbatté la porta con forza.
Una
volta dentro vide Danny che apriva altre due birre e si rese conto di
aver mollato la propria all’ingresso prima di uscire a rincorrere
Mac.
Era
ancora furioso, non vedeva nulla e nessuno, non sapeva nemmeno di
essere nell’appartamento di Danny. Si piantava le unghie nei palmi
e stringeva le mascelle tirando tutti i muscoli del corpo.
Voleva
esplodere, morire, gridare di nuovo.
Di
nuovo come due sere prima.
Di
nuovo dal punto di partenza.
Di
nuovo tutto bruciava, tutto esplodeva, tutto ingigantiva.
Caos
atomico, non sapeva dov’era, cosa faceva, cosa pensava… sapeva
solo che stava male, così male che non era mai stato, o almeno lui
credeva così.
Diede
un calcio al divano che si spostò in avanti, quindi senza sentire
dolore al piede e vedere Danny che lo fissava preoccupato e
dispiaciuto, cominciò la sua sfuriata sapendo che con lui poteva e
che se non l’avesse fatta, sarebbe impazzito.
-
MA COME PUO’ NON PENSARE CHE DOVEVA DIRMI CHE AVETE SCOPATO? COME
PUO’ DIRE CHE ERA UN CASO ISOLATO E CHE NON AVEVA SIGNIFICATO NULLA
SE ERA VENUTO QUA PER RIFARLO! DANNAZIONE, E’ OVVIO CHE ERA QUA PER
QUELLO! PER COS’ALTRO POTEVA VENIRE, VISTI I PRECEDENTI? MA CHE
MALE C’E’? L’HO FATTO ANCHE IO! MA ALLORA DILLO, SII ONESTO! E’
QUESTO IL PUNTO, LUI NON SA ESSERLO E NON SOLO CON GLI ALTRI, NEMMENO
CON SE’ STESSO! PERCHE’ DIAVOLO NON SA AMMETTERE LE SUE COLPE? IO
DEVO FARLO MA LUI NO. ALLORA PERCHE’ DOVREMMO STARE INSIEME SE NON
E’ CAPACE DI SCENDERE A DEI DANNATI COMPROMESSI? E PASSI QUELLO,
PORCA PUTTANA, MA COME POSSIAMO STARE INSIEME SE NON SI APRE, SE NON
E’ SINCERO, SE NON MI DICE LE COSE IMPORTANTI! CHE RAZZA DI
RAPPORTO E’? LUI… - A questo la voce gli si strozzò e perdendo
fiato e forza, si afflosciò a terra, piegato sulle ginocchia,
prendendosi il viso fra le mani, carico di vergogna, di dolore, di
stanchezza, di un vuoto che era ora peggio della rabbia.
Danny
lo raggiunse inginocchiandosi davanti e lo prese per le spalle
facendogli appoggiare la fronte contro il suo collo. Lo sentiva
stanco, stanco in ogni sua fibra, fragile come un cristallo sottile.
Poi
continuò sfinito, con la voce rotta e il nodo che ormai usciva in
nuove calde lacrime che bagnavano la pelle sensibile di Danny:
-
…lui è così distante… è così lontano… come può funzionare
un rapporto se lui se ne sta da solo a fare le sue battaglie, ad
affrontare i suoi fantasmi, ad aiutare gli altri invece che chiedere
aiuto a sua volta… come può? Pensavo che il sentimento bastasse,
ma evidentemente non è così forte come credevo… non è
sufficiente… ed io non so cosa altro serva e forse sono solo io che
non vado bene per lui. Forse sono solo io… - La voce gli morì del
tutto, soffocata dalle lacrime silenziose che ora bagnavano entrambi.
Percependo
in pieno tutto il suo dolore, Danny lo avvolse con le braccia come
due sere prima, quindi rimase fermo a stringerlo a sé senza dire
nulla, solo ascoltando il suo pianto, i suoi dubbi che ormai erano
certezze e assaporando il suo dolore.
Era
così dura lasciare andare… lui sapeva bene anche quello.
E
non trovò parole di conforto che non sapeva mai dare, ma rimase con
lui trascinandoselo a terra, seduti scomodamente l’uno appoggiato
all’altro, incapace di mentire dicendo che tutto si sarebbe
risolto.
Don
rimase così aggrappato a Danny a lungo, a piangere come un bambino,
bisognoso di un qualcosa che ormai non poteva più essere nemmeno il
sesso.
Bisognoso
solo di Mac.
Mac
che ormai era lontano da lui anni luce.
Mac
con cui era davvero finita.
Il
mattino dopo fu dura aprire gli occhi al suono insistente della
sveglia.
Danny
si lamentò mugugnando un qualcosa di incomprensibile, quindi la
spense con un gesto secco e tentò di riattivare il cervello che
proprio non voleva saperne di darsi da fare.
Fra
un lamento e l’altro, dopo un paio di altri minuti, si mosse
sentendo un peso addosso, un peso che ultimamente sentiva spesso
contro.
Lo
tastò e si rese conto di avere Don addormentato sopra proprio come
erano rimasti qualche ora prima, quando erano crollati.
Sospirò
ricordando cos’era successo e scostandosi le lenzuola si rese conto
di non averlo solo sognato.
Era
successo di nuovo.
Si
strinse nelle spalle con un gesto di pazienza.
Anche
se aveva creduto non sarebbe successo visto quanto depresso era,
avevano finito per farlo lo stesso.
Sesso.
Era
una soluzione momentanea, ma quella definitiva sarebbe stato un
chiarimento pacifico fra i due, indipendentemente da come si sarebbe
risolta, se cioè sarebbero tornati insieme o no.
Non
aveva importanza, bastava che si parlassero con calma ed onestà una
volta per tutte.
Dopo
di quello, lentamente, avrebbero ricominciato.
Danny
non era tipo da intromettersi troppo in quel genere di cose, erano
affari degli altri, lui si limitava ad esserci per i suoi amici e a
fare quello che serviva, non se ne vergognava e non se ne pentiva,
aveva una filosofia di vita piuttosto anomala dopotutto.
Scostandolo
delicatamente da sé si alzò e ricordandosi che il turno di Don
iniziava più tardi, si dileguò nel bagno nudo com’era per lavarsi
mentre un’idea gli balenava in mente a dimostrazione che il sonno
portava consiglio e che ad aiutarlo il sesso era infallibile.
“E’
Mac quello con cui si può ragionare. Con Don non si può, l’unica
con lui è essere furbi e Mac ne è capace. Ecco perché è lui che
deve convincersi che devono chiarirsi con calma. Non importa che
tornino insieme o no, devono comunque far pace e decidere lucidamente
cosa fare del loro rapporto. Così non andranno avanti. È con Mac
che devo parlare!”
Così,
sorprendendo sé stesso per primo, Danny decise di intromettersi
davvero per la prima volta in quello che era un rapporto che non lo
riguardava.
Quando
entrò nel suo ufficio sapeva di trovarlo lì già da un po’,
infatti quando alzò gli occhi dalle sue scartoffie, vide i suoi
occhi arrossati e piccoli. Occhi di chi aveva pianto e poi rinunciato
a dormire e quindi cercava di fuggire dal dolore lavorando.
Classico
comportamento da stacanovista riservato.
Quando
lo vide entrare, rimase turbato e combatté i ricordi di poche ore
prima, quando si era di nuovo scontrato brutalmente con Don.
Potendo
l’avrebbe evitato con tutto sé stesso, ma ormai era fatta.
Danny
fece un’espressione apertamente dispiaciuta, incapace di mascherare
le proprie emozioni.
-
Mac… come va? - Domanda stupida a cui non rispose.
-
Cosa c’è? - Gli chiese eludendola. Aveva la voce roca e stanca.
-
Devo parlarti… - Con l’istinto di fare il capo e cacciarlo, si
controllò per poter sapere come stava quello che ormai non era più
il suo compagno, così si alzò e si sistemò nel divano imitato da
Danny.
Si
guardarono e il giovane partì andando subito al sodo, com’era nel
suo stile. Ma con un tentativo di riguardo e delicatezza.
-
Così non potete andare avanti. Io non volevo intromettermi, non è
nel mio stile, lo sai… - Su questo era d’accordo. - però state
entrambi male e basta. Io non voglio dirvi cosa fare, se tornare
insieme o no o chi ha sbagliato e chi ha ragione. Sai, non me ne
frega proprio nulla, io sono amico di entrambi e faccio quello che
devo per tutti e due. - Anche se era vero che al momento stava di più
con Don per ovvie ragioni. - E a proposito, prima di continuare… -
Danny fissò gli occhi chiari nei suoi di una sfumatura di azzurro
simile, solo più grigiastra. Serio e sincero, dannatamente serio e
sincero. - Mi dispiace che ieri sera alla fine non sono potuto
esserci per te… io… ecco, ci tenevo a… non dico ricambiare il
favore… insomma, se tu avresti voluto in quel modo sarebbe andato
bene, in fondo tu l’hai fatto per me, sarebbe stato giusto. È che
mi ero ripromesso che dopo quella volta se tu fossi venuto da me per
una mano te l’avrei data, in qualunque modo. E non ci sono potuto
essere. Mi dispiace. - Mac sperava solo di non dover dire niente,
visto che solo l’alludere alla sera prima era una tortura per lui.
Era colpito dal suo gesto e contento che glielo stesse dicendo, se
fosse venuto il giorno prima probabilmente l’avrebbe accolto meglio
e avrebbe risparmiato una scenata assurda.
-
Lo so, Danny… grazie…. - Disse ammorbidendosi, sentendosi meglio
solo per la semplice presenza di un amico dalla sua parte, che poi
comunque non era per niente schierato.
-
Io credo che dovete parlarvi con calma e lucidità. Così non potete
andare avanti. Cioè indipendentemente dal lasciarvi o meno, dovete
chiarirvi per bene, senza gridare e litigare. Don… - Esitò
chiedendosi se dovesse dirlo, ma certi riguardi non erano per lui,
gli pareva giusto che Mac lo sapesse. - non dico che piange ogni
notte, ma quasi. E non è da lui. Che io sappia non ha mai pianto e
vederlo così fa impressione. Io faccio quello che posso, quello che
so gli serve, però in realtà sei tu. Sei tu quello che gli serve. E
non voglio dire che dovete cercare di tornare insieme, ma parlarvi
con calma sì. Decidere insieme lucidamente cosa fare. Poi vedete
voi. - Mac sospirò stringendo le labbra stanco e addolorato, voleva
trattenere quel che sentiva ma ormai stava diventando troppo forte.
Non
era infastidito dalle parole di Danny anche se inizialmente aveva
creduto di esserlo. In realtà aveva ragione e lui stesso sapeva che
prima o poi avrebbero dovuto farlo.
-
Penso che tu non abbia torto, Danny. - Fece allora con un filo di
voce, guardandolo negli occhi un istante e poi scivolando via per la
stanza, senza vedere nulla se non Don con la mente.
Il
giovane a quello gli posò la mano sulla spalla e strinse con
decisione infondendogli quel sentimento sincero.
Il
modo di dimostrare l’affetto di Danny era singolare, in effetti.
Totale, passionale, assoluto. Si dava totalmente senza vergogna,
istintivamente, non ci pensava minimamente che certe cose forse non
andavano proprio bene o magari potevano venir fraintese. Lui aveva le
sue idee un po’ strambe ed un po’ fuori luogo, ma idee che spesso
funzionavano e forse proprio perché erano assurde.
Con
il medesimo affetto, un affetto quasi paterno, gli sorrise lieve
ringraziandolo, poi lo vide alzarsi e prima di uscire dire:
-
E’ a casa mia che dorme… - Dopo di che gli lanciò le chiavi e se
ne andò lasciandolo solo con il mazzo in mano ed un’espressione
allibita e quasi stordita.
“Eccolo
qua, il suo modo di voler bene e di aiutare gli amici… diretto e
lineare. Come il discorso del sesso consolatore fra amici… uno sta
male, si sente vuoto e freddo? Ha bisogno di calore e di essere
riempito di un piacere momentaneo, di una presenza fisica, quindi ci
vuole del sesso. Tanto fuori dal comune, quanto vero, dopotutto. È
solo che la massa non ha il coraggio di ammettere che si tratta di
quello, lui sì.”
Sospirando
per l’ennesima volta, alla fine si decise e si alzò per andare a
casa di Danny.
In
fondo era vero che così non potevano andare avanti.