1. CERCANDO DI PERDONARSI
Eppure dopo una lotta durata molti anni, abbandonarsi fra le sue braccia fu così dolce.
Dopo le sue parole sussurrate
all’orecchio, durante quella presa micidiale che l’avrebbe soffocato,
non era stato in grado di capire più nulla.
Da quel ‘ti amo’ in poi, era stato
solo il caos e si era sentito come un pesce trasportato nel fiume dove
la corrente era sempre più forte.
Allo stesso modo si era lasciato andare ed il fiume in quel caso era stato suo fratello.
Brendan l’aveva preso da dietro
stringendogli le braccia intorno alla testa con una forza micidiale e
con le gambe l’aveva avvolto da dietro intorno al busto, gli si era
aggrappato come un koala tenendolo schiacciato a terra.
Sarebbe stato impossibile liberarsi, specie senza un braccio visto la spalla slogata.
Ma lì, mentre le forze
l’abbandonavano e la rabbia gareggiava con la disperazione esplosa
durante l’incontro, Brendan gli aveva finalmente chiesto perdono e poi
gli aveva detto che l’amava. Un ‘ti amo’ che sapeva di ‘ti voglio
bene’, ma che a seconda di chi lo diceva e lo sentiva, aveva
un’accezione diversa, specie nel loro caso.
Per Tommy fu sufficiente, a quel
punto era andato in tilt, non aveva capito nulla. Aveva solo battuto
sul braccio per la resa e da lì l’incontro era finito e tutto era
andato in un crescendo caotico e rocambolesco.
Brendan l’aveva lasciato, lui si
era accartocciato a terra, intorno a loro grida, applausi e parole che
non si capivano proprio e mentre il delirio esplodeva, della gente
entrava nel ring per intervistare i due, altri con l’intenzione di
prendere Tommy e portarlo subito via poiché sotto accusa di diserzione
dal Corpo dei Marines.
Ma mentre tutto degenerava sempre
più e Tommy sentiva un dolore tanto interiore quanto esteriore, sentì
Brendan buttarsi su di lui col proprio corpo per proteggerlo, lo sentì
gridare contro qualcuno e dirgli ‘lasciatelo in pace’, poi lo sentì
parlare col suo allenatore e dirgli che dovevano aiutarlo, che non
voleva lo portassero via subito.
In seguito, forse, l’allenatore si
era alzato per realizzare il desiderio di Brendan e mentre parlava con
chiunque fosse in grado di aiutarli, il fratello maggiore l’aveva preso
per le spalle e l’aveva alzato in ginocchio, posto a specchio davanti a
lui l’aveva tenuto e sostenuto, ma solo quando aveva appoggiato la
fronte alla sua Tommy aveva cominciato a registrare qualcosa.
Brendan gli aveva preso il viso fra
le mani unendo le fronti, il contatto diretto, così vicino dei loro
sguardi disperati, entrambi pieni di lacrime.
Un Tommy sfinito, battuto, arreso
al combattimento ed alla vita stessa. Arreso per la prima volta in
trent’anni di vita. Arreso a basta.
Ed un Brendan deciso più che mai a non lasciarlo più andare.
- Perdonami! - Aveva ripetuto di
nuovo così vicino a lui fino a sentire il respiro sul suo viso. -
Lascia che ti aiuti! - Per Tommy accettare qualsiasi aiuto era eresia,
ma in quel momento, da lui, proprio da lui, aveva sentito che non
sarebbe mai stato in grado di rifiutarlo.
Perché da quando Brendan l’aveva
abbandonato e lui l’aveva conseguentemente tagliato fuori, l’aveva solo
odiato, odiato alla follia chiudendosi a chiunque e qualunque cosa, ma
soprattutto all’amore, alla felicità, alla gioia pura di vivere.
Aveva solo disperatamente aspettato
che Brendan tornasse a chiedergli perdono per averlo abbandonato, ma
non l’aveva mai fatto, così Tommy se ne era andato dopo la morte di sua
madre, arruolandosi nei marines da solo.
Aveva fatto perdere le tracce per
molto tempo, lontano da quella che era stata la sua disastrosa ed
odiata vita, ma Brendan non l’aveva mai cercato, mai.
Poi per quell’occasione del torneo di MMA si erano ritrovati, per puro caso.
Si erano incontrati e tutto quello
che Tommy avrebbe potuto accettare da lui era un ‘perdonami’ che non
era arrivato. Il perdonami, si era mutato in ‘ti perdono’, come se lui,
lui abbandonato ad un padre alcolizzato ed una madre malata avesse
qualcosa da farsi perdonare!
Tommy era scattato aggressivo, l’unico sistema che conosceva per vivere ormai.
Gli aveva ringhiato contro e poi se ne era andato chiudendo qualunque dialogo, qualunque porta, finestra e possibilità.
Brendan aveva vissuto il resto del
torneo con la convinzione che fosse davvero colpevole Tommy perché non
aveva mai accettato il fatto che lui se ne fosse andato per vivere la
propria vita con la ragazza che amava, e che non era suo diritto
avergli nascosto che la madre era malata ed impedirgli di salutarla
prima di morire.
Però lì sul ring aveva capito quello che per anni non era riuscito a spiegarsi.
Tommy, in finale, era lì davanti a lui da solo.
Nessun amico, nessuna compagna,
nessun allenatore al suo angolo. Il padre che era il suo coach non
c’era e lui non aveva idea del motivo, ma Tommy stava affrontando uno
dei momenti più importanti ed era lì da solo.
Da solo.
Come lo era sempre stato dopo che se ne era andato di casa per vivere la propria vita.
E in solitudine aveva trovato il suo modo di affrontare le cose, di sopravvivere.
Con rabbia, aggredendo, odiando e rifiutando.
Aveva sentito che coi marines era
stato un eroe, prima di disertare per colpa di un disastro durante una
missione. Non si era mai preso meriti o alzato accuse. Aveva salvato,
aveva aiutato, aveva sofferto e se ne era andato senza farsi
ringraziare, prendere riconoscenze o muovere accuse pubbliche.
Silenzioso era tornato, aveva cambiato nome ed aveva vissuto con odio la sua vita, allontanando tutto e tutti.
Solo.
Forse aveva sbagliato, si era detto
Brendan vedendolo lì da solo nell’angolo in procinto di prepararsi,
però aveva reagito ad una solitudine in pieno inferno e l’unico sistema
era stato odiare e negare.
Tommy a quelle parole, a quel
contatto, così stretto, si era abbandonato sentendolo scivolare con la
fronte sulla guancia e prendergli l’altra con la mano attirandolo a sé
più che poteva, facendogli sentire tutto il sentimento esplosivo che lo
stava divorando.
Dopo di questo l’aveva aiutato ad alzarsi e l’aveva abbracciato stretto, protettivo.
Tommy vi si era lasciato totalmente
andare, mentre addirittura nascondeva il capo contro la sua spalla,
trasportato da lui che lo circondava con il braccio sostenendolo,
proteggendolo col suo corpo senza più la paura di toccarlo. A lui che
lo portava fuori dalla gabbia, con l’allenatore che gli faceva largo.
A loro che andavano nello spogliatoio insieme, stretti uno all’altro.
Quell’abbandono era stato per
Brendan importante, gli aveva fatto capire che non si poteva scappare
da chi si era e dalla vita che si aveva, ma soprattutto da quel che si
provava.
Che prima o poi la vita ti presentava il conto e tu dovevi fronteggiare le cose.
Una volta nello spogliatoio di
Brendan, l’allenatore e la moglie erano usciti ed avevano fatto da
scudo protettivo alla porta impedendo a chiunque di entrare, per
lasciare ai due fratelli almeno un momento per parlarsi.
Tommy era seduto su una panca,
Brendan inginocchiato davanti a lui che gli teneva ancora il viso fra
le mani per guardarlo bene con cura e capire in che condizioni fosse,
sia interiori che esteriori.
- Ti fa tanto male? - Chiese
riferito alla spalla. - Non volevo, è stato un incidente, mi hai dato
la gomitata e per tenerti più fermo ho schiacciato ancora e quando ho
sentito il rumore sulla spalla io volevo morire, volevo lasciare tutto,
avevo chiamato l’arbitro ma il mio coach non me l’ha permesso! Non
sapevo cosa fare, non volevo combatterti con una spalla slogata! Perché
non hai smesso? Perché hai continuato? Cosa avevi in testa? -
Brendan non si sarebbe mai zittito
se Tommy, tolti i guanti, non gli avesse circondato il collo col
braccio sano, nascondendo il viso di nuovo lì dove prima era stato,
mentre quella splendida sensazione l’inebriava ridandogli lenta ed
inesorabile la vita.
Brendan finalmente si zittì e lo
accolse avvolgendolo dolcemente e protettivo con entrambe le braccia,
tirandosi su con le gambe per essere alla giusta altezza e tenerlo a
sé. Appoggiò il capo sul suo e chiuse gli occhi mentre tutte le
sensazioni di una volta tornavano a farsi strada, straripanti e
prepotenti.
E quella consapevolezza.
Che quella volta non sarebbe più potuto fuggire da quel che provava.
- Perdonami se sono tardi. - Mormorò poi. Tommy sospirò.
- Mi hai abbandonato. - Rispose lui con sofferenza, mentre le lacrime non volevano saperne di smettere.
- Lo so… scusami… ho capito solo
ora, vedendoti sul ring da solo… io volevo vivere la mia vita e non
capivo perché tu mi odiassi per questo… -
- Non avevo il diritto di
nasconderti che la mamma stava morendo… ma ti odiavo perché mi avevi
abbandonato. Io tenevo duro perché eri con me… quando te ne sei andato
credevo di morire… ce l’ho fatta perché ti ho odiato, ti ho tagliato
fuori. Ma non dovevo. Era giusto che se amavi quella ragazza… - Brendan
scosse il capo e gli riprese il suo fra le mani per guardarlo ancora in
viso, quel turbine di emozioni che lo investivano come un camion che lo
schiacciava ripetutamente.
- Ma non dovevo andarmene. Non
dovevo lasciarti solo. Ti ho lasciato solo. Perdonami! - Ripeté per
l’ennesima volta, con le lacrime che copiavano quelle del fratello.
Tommy scosse il capo.
- A vicenda. - Disse mentre il fiato tornava piano normale.
- Cosa? -
- Perdoniamoci a vicenda. - Brendan sorrise, il primo sorriso da anni, forse di sempre.
- L’inferno è finito, ne siamo usciti. - Disse con una sensazione di vittoria, finalmente di vittoria.
- E siamo qua insieme. - Ricordò
Tommy che gli prese il viso con una mano perché l’altra spalla non
poteva muoverla. Con questo gli diede lui il primo bacio sulla guancia,
qualcosa che non era mai stato da lui poiché troppo brusco e
scorbutico, così poco sentimentale. Tutto l’opposto di Brendan che
invece era sempre stato molto sensibile e dolce. Gli era sempre
piaciuto il contatto con lui, ma poi aveva capito che era un piacere
diverso da quello normale, ed aveva trovato una ‘cura’ in una ragazza e
visto che non funzionava abbastanza era dovuto andarsene senza dare
spiegazioni se non ‘amo lei’.
Spiegazione che Tommy non aveva mai capito perché poteva stare con lei e continuare ad aiutarlo con suo padre.
Spiegazione che Brendan sperava di non dover mai dare.
Quelle labbra carnose che per la
prima volta cercavano la sua guancia gli diedero una violenta scarica
elettrica. Strinse gli occhi forte e trattenne il fiato, poi capì che
non poteva non ricambiare visto che probabilmente Tommy l’avrebbe presa
male come prendeva male tutto dalla nascita. Così girò la testa e
gliene diede uno anche lui.
- Non lasciarmi più. - Mormorò tornando a nascondere stanco e sfinito il viso nell’incavo del suo collo.
Il sudore di entrambi, i dolori, le
ferite esterne e quella sensazione di estasi e beatitudine che
contrastava con quel che provavano fuori.
Brendan si tolse i guanti e gli
prese la mano ringraziando il cielo di essere riuscito a domare
adeguatamente i propri istinti prorompenti in quel momento.
Forse ce la poteva fare.
- Non ti lascio più. - Promise.
Doveva, del resto. Se non fosse riuscito a controllarsi avrebbe rotto
una promessa che non intendeva assolutamente negargli più.
Per nessuna ragione al mondo.
Rimasero così fino a che le forze
lente non tornarono almeno in parte e mentre quelle si riaffacciavano,
il dolore emergeva. Puramente fisico.
Brendan lo lasciò a malincuore, si
alzò e cominciò con le cose pratiche fra cui aprire il rubinetto della
doccia. Appena lo scroscio dell’acqua si librò nello spogliatoio,
Brendan inghiottì a vuoto spalancando gli occhi e guardando verso Tommy
il quale, naturalmente, stava togliendosi gli shorts e gli slip per
fare la doccia a sua volta.
Imprecò.
Era una doccia per più persone e
non aveva nemmeno la scusa di doverci entrare uno alla volta. Cercando
di domare l’imbarazzo che, dopo il pathos, era sopraggiunto, iniziò a
parlare fingendo che tutto andasse bene.
- Come va, comunque? Dovrai andare in ospedale… forse hai un po’ di tempo prima di essere preso dalla marina. -
Tommy, ora nudo, lo guardò mentre esitava a togliersi quel po’ che indossava.
- Il dolore non è un problema. Ed è ora che affronti gli sbagli anche io. - Brendan sospirò.
- Però ti porto in ospedale lo
stesso. - Tommy ridacchiò ed entrò in doccia senza notare il
rilassamento nel vederlo di schiena piuttosto che di fronte. Grazie che
durò poco perché poi il fratello decise di voltarsi verso di lui ed
indicargli di sbrigarsi.
- Hai una paresi? Ti serve una
sedia a rotelle? Mi sa che sei tu quello messo peggio, eh? Dì un po’,
riesci ancora a respirare dopo tutti i pugni che ti ho dato all’inizio?
- Brendan così tornò a ridere e scuotendo il capo si tolse tutto
entrando, nudo, nella doccia accanto alla sua. L’acqua calda scivolò
sul corpo martoriato che gridava vendetta.
Con una smorfia chiuse gli occhi
nel disperato tentativo di risultare convincente. Dopo anni che non
vedeva suo fratello, essere con lui sotto la doccia era traumatico.
Per non parlare di come si rendeva conto a posteriori di tutti i contatti avuti tramite le prese nella lotta.
- Sto bene, non preoccuparti! Io
posso lavarmi con due mani, al contrario di te! - Rispose sarcastico
come un tempo, da piccoli, avevano sempre fatto.
Per un momento parve che il tempo
non fosse mai andato avanti male. Sembrò che la separazione, l’odio, la
delusione fossero solo dei brutti sogni.
- Me la cavo alla grande anche con
una mano! Per tutto! - E con questa allusione, Brendan aprì gli occhi
pensando d’aver inteso male. Quando lo vide che si strofinava le parti
intime con la sola mano rimasta, Brendan avvampò e alzò gli occhi al
cielo ridendo in modo particolarmente marcato per mascherare il famoso
imbarazzo.
- Cielo, non sei mai cresciuto in
realtà, eh? Facevi queste cose da piccolo e le fai ancora! - Tommy
ghignò felice di averlo rilassato, almeno in apparenza. L’aveva visto
teso e pensando che servissero un po’ delle vecchie stupidaggini,
l’aveva accontentato.
- C’era una volta in cui avevamo la voglia di scherzare così! -
- C’era una volta in cui tu avevi
sempre il sesso in testa! Ma poi l’hai persa la verginità? - La domanda
era un po’ da fossa scavata, ma gli era uscita da sola perché da
ragazzini scherzavano così e tornare a farlo l’aveva distratto dai
propri controlli mentali.
Tommy ovviamente reagì alla Tommy,
ovvero sconfinò e gli prese tutta l’erezione stringendo. Fu così veloce
da non poter essere fermato e invece di fargli male, gli diede una
scarica d’eccitazione notevole, ma gridò lo stesso ruggendo un insulto.
- Non sei davvero cambiato, cazzo! - Esclamò spingendolo via.
Poco dopo, ridendo insieme, la
doccia finì ed uscendo si avvolsero negli asciugamani, operazione per
cui Tommy ebbe difficoltà. Stava rinunciando quando Brendan, seppure
consapevole di suicidarsi, glielo prese e glielo mise lui intorno alla
vita.
Senza respirare. Fissando in basso con attenzione a non andare né su né giù alla vita.
Infilò il lembo e glielo bloccò,
poi lasciò le mani senza indietreggiare. I brividi erano sempre più
grandi, come la propria eccitazione fra le gambe che non poteva
nascondere. Sperava che Tommy non lo guardasse e alzando gli occhi per
cercare i suoi, si fermò sui tatuaggi, contro la propria volontà gli
sfiorò quello sul petto.
- Ne hai di nuovi. - Sussurrò
mentre l’atmosfera cambiava drasticamente in modo strano ed intimo.
Come se non fossero fratelli, ma ben altro.
Tommy non si mosse, turbato da
quella sensazione. L’aveva provata simile poco prima che Brendan se ne
andasse abbandonandolo col padre ubriaco.
- Eri il mio unico mondo, la mia
unica forza. Tenevo duro solo perché tu eri lì con me. - Disse come se
stessero parlando di quello, con un tono basso, intimo. Troppo intimo.
Così tanto…
Brendan trattenne il fiato e risalì
sulla spalla, dove ce ne erano altri e gli occhi carezzarono il suo
viso con alcuni lividi ed un taglio sullo zigomo che pulsava gonfio e
rosso, ma che non sanguinava più. E la mano poi andò lì a
sfiorarglielo. Tommy sussultò ma non si ritrasse, rimase sul suo viso
con altrettanti segni e sulle sua dita così delicate.
Il cuore cominciò a battergli forte nel petto, ma non più per la rabbia. Era una sensazione quasi nuova, così bella, così calda.
Dopo tanto odio e freddo, provare cose tanto belle era come ubriacarsi dopo mille giorni di sobrietà.
- Non ce la facevo più… ero più debole, anche se ero il maggiore. Tu… tu sei sempre stato quello forte… - Tommy scosse il capo.
- Eri forte anche tu, in modo
diverso. Tu eri forte emotivamente, io ero bravo solo ad incassare i
colpi di quando era ubriaco. -
- Hai vegliato sulla mamma mentre
moriva, ti sei preso cura di lei. Sei sempre stato forte, dentro e
fuori. Io ho saputo solo scappare. - Tommy rimase in silenzio e Brendan
ancora con il dito sulla sua guancia che scese piano sul mento e sul
labbro gonfio.
- Io non ero il tuo mondo? Non ero
abbastanza per sostenerti? - Finalmente ebbe la forza di fare la
domanda che si era fatto per anni, con cui si era tormentato.
Brendan sgranò gli occhi colpito, realizzando cosa aveva provocato in lui.
- Che dici, eri il mio mondo anche tu! -
- Allora perché non sono stato sufficiente a trattenerti? -
- Perché eravamo troppo uno il
mondo dell’altro! Io… - Brendan si rese conto che stava per parlare dei
propri sentimenti e smise, si interruppe bruscamente e si riscosse
tornando in sé, fece un passo indietro e lo lasciò girandosi di spalle,
guardandosi in basso, dove l’asciugamano nascondeva poco la propria
erezione dura.
Tommy lo guardò sospirando, continuava a non capire, forse non l’avrebbe mai capito.
- E’ normale… abbiamo passato
l’inferno, Brendan! Eravamo tutto ciò che avevamo! Di cosa avevi paura?
- Brendan si strinse nelle spalle e le alzò cercando di scacciare
tutto, quindi si tolse il telo e si infilò velocemente i boxer che non
nascosero per niente le proprie condizioni.
- Non lo so, ero un adolescente,
poco più insomma… non… non lo so, Tommy… mi sono innamorato ed ho
pensato di poter avere una vita normale e… - Tommy lo prese e lo girò,
ma non riuscì a non notare quel che succedeva in basso. Esitò prima di
parlare, poi alzò gli occhi e fece finta di nulla.
- Ti sei dileguato. Potevi avere
quella vita e continuare a vedere di noi. Io ero solo! - Tommy forse
non avrebbe mai completamente accettato quella cosa e Brendan non
sapeva come fare per dargli completamente pace, per fargli smettere di
pensarci.
Così lo prese per le spalle e con fermezza disse:
- Dobbiamo smetterla di parlarne.
Dobbiamo andare oltre. Siamo qua e siamo insieme. Cancelliamo tutto.
Entrambi abbiamo sbagliato qualcosa. Andiamo avanti insieme da qui in
poi, come avremmo dovuto quella volta. - Tommy sospirò e si rilassò con
le sue mani sulle spalle, così lasciò di nuovo andare, annuì e si scusò.
- Hai ragione. Prima o poi riuscirò
a non guardarti e farmi mille domande. Va bene così. Accompagnami in
ospedale, poi sarò un problema della marina… - Brendan si oscurò mentre
lo lasciava. - Dammi qualcosa da indossare, ho tutto di là. -
Automaticamente tirò fuori una tuta che sicuramente gli sarebbe stata
un po’ stretta.
- Io voglio continuare ad occuparmi
di te anche dopo. Farò di tutto per aiutarti. Non ti lascio alla marina
e me ne torno alla mia vita normale! - Brendan rispose testardo
cominciando a vestirsi. Tommy ridacchiò.
- A tua disposizione. Non ho un
lavoro, non ho una casa e non ho una fedina penale pulita! Per cui se
vuoi una missione nuova… l’hai appena trovata! - Brendan ci rimase di
stucco. Non aveva rifiutato il suo aiuto come per anni aveva sempre
fatto nei confronti del mondo.
Così sorrise soddisfatto ed annuì.
- Certo! E vedrai che andrà tutto bene! - Con questo misero momentaneamente tutto a posto.
Mentre il piccolo problema di
Brendan andava in un angolo buio dove non sarebbe più stato toccato. O
per lo meno lui lo sperava.