2. UNA MOGLIE PERFETTA
Brendan si alzò sbadigliando e
sempre sbadigliando si trascinò nel bagno secondario poiché nel primo
c’era sua moglie che aveva solo una regola: non entrare quando c’era
lei.
Così come ogni mattina, usava l’altro bagno.
Nonostante il grande sonno, appena
aprì la porta si svegliò di colpo vedendo il sedere tonico e piacente
di suo fratello di profilo.
Tommy era piegato sul lavandino mentre si sciacquava la faccia e, ovviamente, era nudo.
- Cazzo, Tommy! - Grugnì Brendan
voltandosi di colpo mentre si apprestava a chiudere la porta spaventato
che le bambine potessero vederlo.
Tommy si alzò chiudendo il
rubinetto e prendendo l’asciugamano. Si asciugò il viso voltandosi
placido verso il fratello immobile davanti alla porta in apparente
crisi mistica. Poi corrugato chiese:
- Che c’è? - Brendan sgranò gli occhi come se fosse scemo, poi gli indicò il corpo.
- Se non l’hai notato sei nudo! - Tommy si guardò ed annuì.
- Dormo così. E? - Come per dire che problemi c’erano. Era davvero molto calmo, in effetti.
- E non puoi girare nudo! Mettiti
dei pantaloni! - Ora era davvero agitato e Tommy senza capire cosa
avesse, fece quell’espressione da ‘se insisti’ per poi dirigersi verso
di lui per uscire.
- Ehi1 - Esclamò fermandolo e
bloccandogli la strada, ritrovandosi così vicinissimo a lui. Di
riflesso si appiattì contro la porta come se fosse appestato e lo fissò
torvo. Tommy posò gli occhi prima sulla sua mano ad altezza stomaco,
poi sul suo viso che sembrava in procinto di svenire.
- Cosa?! - Ringhiò spazientito!
- Non puoi girare così! - Disse stridulo, ripetendo quanto detto.
- Sei geloso per Tess? - Chiese
senza capire che problemi ci fossero. Brendan si ricordò di avere una
moglie in casa e si aggrappò a quella idea plausibile.
- Certo! Cioè non geloso, ma c’è
Tess! E le bambine! Andiamo, mettiti qualcosa! - Tommy si guardò
intorno per fargli capire che non c’era nulla che potesse mettere, così
Brendan prese un asciugamano dalla porta e glielo avvolse intorno alla
vita, come settimane prima aveva fatto dopo l’incontro.
Tommy ridacchiò trovandolo
divertente tutto agitato per una sciocchezza simile, in realtà capiva
che non fosse un’idea geniale girare nudo con altra gente in casa, ma
faticava a ricordarsi dell’esistenza di una cognata e di due nipotine.
Per anni, per sempre anzi, era vissuto solo senza dover far conto di
nessuno se non di compagni marines.
- Grazie, fratello! - Disse
facendogli l’occhiolino. Poi avvicinandosi ulteriormente alla porta per
aprirla ed uscire, lo sfiorò col proprio corpo possente che fece
sussultare Brendan che si spostò in fretta, come se fosse stato
scottato da lui.
Rimasto solo, si riappoggiò alla porta e sospirò chiudendo gli occhi.
Sarebbe stato molto difficile.
Molto.
“Questa convivenza sarà la mia fine!”
Pensandolo si spogliò in fretta e
si infilò sotto una doccia tiepida per domare i bollenti spiriti già
aizzati di prima mattina dalla visione appena avuta.
Non era facile affrontare istinti
simili, per anni ne era scappato soffocandoli e non vederlo più l’aveva
aiutato molto. Aveva pensato di esserne uscito, che quella fosse stata
solo una fase, ma rivederlo in quella hall, quel giorno, l’aveva
demolito emotivamente. Si era subito reso conto che provava esattamente
le stesse cose di allora, di quasi 15 anni prima.
“Non potevo lasciarlo a sé stesso dopo quello che ci eravamo detti. Gli ho promesso di aiutarlo.”
Brendan si ricordò di quando
l’aveva chiamato per dirgli che era stato scagionato dalle accuse,
seppure congedato con disonore dal corpo dei marines. Una macchia non
facile da cancellare, che rimaneva su un curriculum e poteva pesare per
qualcuno che cercava lavoro.
La sua vita era sempre a pezzi e lui era sempre senza soldi, ma almeno non sarebbe finito in prigione.
Brendan aveva chiesto aiuto a
Frank, il quale gli aveva dato il numero di un buon avvocato a cui
aveva spiegato tutta la sua storia, grazie alla quale avevano ottenuto
un buon risultato, nel complesso. Seppure il congedo con disonore non
fosse giusto visto che aveva salvato dei marines.
A Tommy non era importato, sembrava non realizzasse quanto brutto fosse, ma per lui era importante essere libero.
‘Solo non so dove andare e mi rifiuto di tornare da mio padre… avevi detto che mi avresti aiutato…’
Gli aveva chiesto aiuto, Tommy, l’orgoglioso e rabbioso Tommy, l’aveva cercato per chiedergli aiuto.
Ovviamente non glielo aveva rifiutato.
‘Ti ho detto che l’avrei fatto e lo farò! Puoi stare da me per tutto il tempo che ti serve! Ti aiuterò a rimetterti in piedi!’
Tommy era così tornato nella sua
vita rivoluzionandogliela quasi completamente, seppure non in maniera
intenzionale. Lui era completamente ignaro di quel che gli succedeva,
non sospettava di nulla e non doveva.
Solo che svegliarsi e ritrovarsi il
suo sedere nudo non era facile, così come addormentarsi e vedere se era
ancora lì oppure se era scappato.
Per Brendan era bello e brutto allo
stesso tempo, non riusciva a regolarsi, ma al mattino usciva per andare
a lavoro e poi tornava nel pomeriggio.
La convivenza era iniziata da
pochissimi giorni, il tempo per Tommy di ingranare e fare un piano di
battaglia su cosa volesse fare e le bambine già lo adoravano.
Tess inizialmente era stata giustamente guardinga, ma poi aveva capito che quella situazione poteva far bene a tutti.
Aveva accettato un lavoro che le
era capitato, momentaneo, perché c’era a casa lui con le bambine e
visto che se la cavava molto bene, avevano tutti e tre deciso che
finché non si rimetteva in gioco poteva stare lì.
Oltretutto Tommy aveva ancora la
spalla un po’ fuori uso, doveva sforzarla il meno possibile per un
certo periodo, sebbene non portasse tutori nonostante glielo avessero
prescritto.
La situazione era partita piuttosto bene, in generale. Brendan non poteva lamentarsi.
Si asciugò, si sistemò e si vestì
per poi andare in cucina a fare la colazione, una volta lì rimase
sorpreso nel vedere proprio Tommy che con dei pantaloni larghi di tuta
-grazie al cielo si era vestito- ed una felpa, preparava i pancake con
le bambine che gli spiegavano come fare e lui che eseguiva alla
lettera.
Tess, in parte, che fissava preoccupata e poco convinta, ma suo malgrado divertita.
Tommy ai fornelli con le bambine
era come una di quelle barzellette che non riuscivi ad immaginare,
eppure per Brendan fu una delle visioni più belle da quando era nato.
Non ricordava un momento simile
nella loro infanzia, non era mai stato così. Avevano sempre dovuto
tapparsi le orecchie perché i loro genitori litigavano, perché lui era
ubriaco e lei cercava di gestirlo.
- Papi, stiamo insegnando allo zio a fare i pancake! -
Dissero le bambine tutte felici,
Tommy si girò con un’espressione mista fra il perplesso e l’imbarazzato
a cui Brendan scoppiò a ridere.
- Sopravviveremo? - Chiese ironico.
Tommy gli tirò il tappo del latte che Brendan prese al volo e mise giù
sul tavolo, mentre si sedeva in attesa. - Non hai mai cucinato, lo
facevi fare sempre a me! -
- Sì, ma poi sei andato via ed ho dovuto imparare o morivo di fame! - Dando per scontato che il padre era del tutto inutile.
Tess si sedette al tavolo col
marito, mentre Tommy finiva di preparare la colazione per tutti, con le
bambine che davano ancora ordini. Per lo più la grande, visto che la
piccola stava appesa ai pantaloni dello zio che spesso e volentieri si
doveva tirare su per non rimanere con il sedere scoperto.
Alla fine Tommy presentò un piatto
con un numero imprecisato di pancake molti dei quali di forma
scomposta, poi mise lo sciroppo d’acero, un piatto a testa con le
posate, il caffè, il succo, il latte e qualunque cosa probabilmente
avesse trovato in frigo di commestibile.
Tess evitò di commentare che era la
colazione più casuale mai vista, mentre Brendan, ridendo, prese un
pancake commentando divertito:
- E’ il meglio che ti ho visto fare, lo ammetto! - Tommy annuì soddisfatto.
- La tua memoria funziona ancora bene! - Rispose prendendone uno a sua volta, come anche poi gli altri.
Dopo di questo, addentarono chi
convinto, chi perplesso, ma alla fine furono tutti soddisfatti del
gusto, Brendan anche molto sorpreso in effetti.
- Ma è buono! - Commentò stupito
come se non potesse essere possibile. Tommy gli tirò un calcio da sotto
al tavolo col piede scalzo e Brendan per l’occasione si rese conto che
non aveva le ciabatte.
- Che esempio che dai alle bambine!
- Commentò infastidendolo di proposito. Tommy gli fece il dito medio di
nascosto dalle nipoti che non si accorsero di nulla e Brendan gli prese
il dito e glielo torse facendogli mimare un urlo senza voce. Tornò a
sferrargli un calcio da sotto al tavolo, ma questa volta la pianta del
piede fu piazzata fra le sue gambe. Brendan lo lasciò subito per
togliersi il piede e stringendogli l’alluce lo guardò con aria di
sfida. Tommy non avrebbe mollato, pensava di usare l’altro piede per
vincere quella che era diventata una gara a non si sapeva bene cosa, ma
quando Tess chiese se andasse tutto bene, i due lasciarono
contemporaneamente e risposero con la stessa faccia tosta:
- Sì sì, tutto perfetto! -
Tess poco convinta si alzò dal
tavolo perché aveva finito e appena furono soli, i due fratelli si
guardarono ridendo mentre subito le bambine si misero a tirarsi
pizzicotti e strillare. Finì che dovettero alzarsi e separarle e
prendendone in groppa una a testa, lasciarono tutti insieme la cucina.
Tommy si stava sorprendendo più di
Brendan e Tess di quanto facilmente si stesse ambientando ed abituando
a quella vita, una vita giusta, normale e soprattutto serena.
Aveva smesso di lottare contro
tutto e tutti e sempre. Ora cominciava ad essere rilassato e a non
prendere tutto come un dovere.
- Stasera avrete una super cena! -
Disse squillante, non era euforico ed allegro, ma si capiva che
nonostante l’aria da finto burbero, era felice. Brendan, ormai pronto
per uscire insieme alla moglie e alla figlia maggiore che aveva la
scuola, si fermò a guardarlo senza nascondere la propria gioia. Gli
occhi gli brillarono e con un sorriso che spiccava si soffermò sul
fratello dai capelli arruffati ed un po’ di barba trascurata sul viso,
scalzo con la più piccola appesa al braccio sano come se suonasse la
campana.
Era una bella immagine, che non aveva mai osato sognare, eppure la più bella.
Riavere suo fratello, riaverlo come
non l’aveva nemmeno mai avuto, era un regalo così splendido da non
avere parole per descriverlo.
- Non bruciateci casa, l’ho appena
pagata! - Commentò poi cercando di non essere sentimentale. Tommy fece
finta di tirargli un calcio, ma non lo prese, così aspettò che le due
donne fossero in macchina per coprire la nipote dietro la porta e fare
a suo fratello un secondo dito medio. Brendan ridendo ricambiò sempre
facendo attenzione a non essere visto, poi salì e se ne andò non
vedendo l’ora di tornare a casa per rivederlo.
Brendan viveva le ore separato da
lui con la fretta e la voglia di tornare a casa e l’egoistica speranza
che non trovasse mai lavoro per potersene andare per conto suo.
Quando tornò a casa, lo trovò con
le bambine intento a fare uno sfornato ed un dolce. Ovviamente la casa
era un campo di battaglia, sia in cucina che nel resto.
- Bentornato! - Strillarono le bambine saltandogli al collo.
- Bentornato un corno! Cos’è tutto
questo casino? Chi è che mette in ordine? - La risata di Tommy
l’accolse in un secondo momento.
- Sei prevedibile! - Brendan lo guardò seccato, ma poi si mise a ridere vedendo che era coperto di farina dalla testa ai piedi.
- E chi pulisce te? - Chiese poi conseguentemente.
- Io pulisco casa, tu pulisci me? -
Lo disse senza pensarci, per scherzare, ma Brendan arrossì e mise giù
le bambine dicendo di riordinare prima dell’arrivo della mamma che era
al suo primo giorno del lavoro più lungo e sicuramente era più stanca.
- Se non sai più pulirti da solo,
mi preoccupo1 - Commentò poi cercando di essere sempre ironico, Tommy
ammiccò e poi lo fermò mentre iniziava ad ordinare con loro.
- Vai a metterti comodo, ci penso
io. - Brendan lo guardò sorpreso, ma decise di approfittare. Quando
tornò stava pulendo quel macello che era la cucina e non lo interruppe.
Dopo aver fatto da baby sitter e cucinato e, a quanto pareva, giocato
con le bambine in tutti i modi, stava anche pulendo.
- La moglie perfetta! - Commentò divertito.
Tommy si girò ridacchiando, ma non si finse offeso.
- E tu il marito? - Brendan arrossì
di nuovo e andò a curiosare nel forno cosa c’era a cuocere, poi alzò il
coperchio per vedere che dolce c’era e intenzionato ad assaggiarlo,
venne trucidato da uno schiaffone di Tommy che gli lasciò un gran segno
rosso.
- Ahia! Tu vie di mezzo non le hai, no? -
- Faccio la moglie! -
- No fai il killer! - Rispose stizzito massaggiandosi la mano. Tommy sminuì e lo spinse fuori dalla cucina.
- Vai sul divano, alza i piedi, guardati la tv, non rompere le palle! -
Così dicendo non ebbe scelta che
assecondarlo, anche se pure da lì tirò l’occhio verso la cucina e quel
che faceva Tommy. Gli piaceva guardarlo mentre si occupava della sua
casa, mentre faceva delle cose per lui.
Non era mai successo e dopo anni di
assenza, riaverlo così diverso da prima era shoccante. Una di quelle
cose che non si dimenticavano più. Rimase a guardarlo così con mezzo
sorriso per tutto il tempo, poi quando ebbero tutti finito mandarono le
bambine in camera a fare qualcosa per conto loro e Tommy si sedette
accanto a Brendan.
- Come avete fatto a ridurre la casa in quello stato? - Chiese curioso. Tommy ridacchiò.
- Mi sono allenato con loro. -
Brendan per un momento provò ad immaginare e lui l’aiutò
descrivendoglielo. - Io facevo esercizi per la casa e loro mi si
aggrappano addosso come delle scimmie. Sono state utili! - Brendan rise
alla visione offerta.
- Volevo vedervi! -
Tommy sorrise a sua volta
appoggiando la testa all’indietro e allungando le gambe. Era ancora in
tuta e scalzo e sempre sporco di cibo e chissà cos’altro.
- Poi abbiamo fatto i compiti, poi
giocato, poi cucinato. - Spiegò dopo. Brendan era felice di sapere che
era così attivo in casa.
- Sicuro che non ti pesi? Sai, non sei obbligato… - Tommy girò il capo pigramente.
- Scherzi? Sono una persona attiva,
se non faccio nulla mi consumo. Visto che ora posso fare solo questo,
lo faccio. Ma è volentieri. -
- Sicuro che non è un dovere? - chiese Brendan rivolto verso di lui. Tommy alzò la testa e lo guardò serio.
- Mi piace. Mi piace stare qui,
fare queste cose. Mi sento a casa, con una famiglia vera… io… capisco
perché te ne sei andato. Come potevi stare con quei pazzi? - Brendan
abbassò lo sguardo coi consueti sensi di colpa.
- Non avevo tutto questo quella
volta, ma speravo di averlo un giorno. Adesso che ce l’ho sono contento
di non essermelo precluso per dei doveri che non era giusto avessi. -
Tommy sospirò e riappoggiò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi
in un raro momento di calma, mentre fuori la sera cominciava a
scendere.
Un’atmosfera tranquilla e silenziosa, mentre il profumo di cibo inebriava la casa.
- Ti abbiamo obbligato noi a cercarlo. - Lui ne era convinto ed in un certo senso non poteva negarlo.
- Non è colpa tua. Io speravo che tu facessi ancora parte della mia vita. - Tommy chiuse le labbra.
- Non voglio parlarne più. -
Brendan abbassò lo sguardo, sentendosi di nuovo fremere nello stargli
accanto, ma preferì appoggiarsi come lui, chiudendo gli occhi.
- Come ti senti in queste nuove
vesti? Ti vedo così diverso da come ti ricordavo… non sembri nemmeno
tu! - Tommy abbozzò un sorriso.
- Non lo sono mai stato. Per tutti
questi anni io… ho vissuto con rabbia, lottando, odiando… cercavo di
fare del bene ed aiutare, ma non volevo meriti perché mi sentivo… mah,
in colpa… - Brendan aggrottò la fronte e girò stanco la testa
verso di lui.
- Per cosa? - Tommy fece
altrettanto e si ritrovarono spalla contro spalla, le mani così vicine
fra loro, senza toccarsi. Di nuovo quegli sguardi intimi e quel bisogno
di andare oltre dei ruoli che non glielo consentivano.
- Per non essere riuscito ad
aggiustare mai la mia famiglia. In colpa perché la mamma è morta,
perché mio padre beveva e perché tu te ne eri andato. Io… l’ho vissuta,
dentro di me, come se fosse tutto colpa mia. Come se nessuno di voi
volesse vivere felice con me. - Quando lo disse, a Brendan vennero gli
occhi lucidi e appena Tommy capì che stava per piangere, gli prese
istintivamente la mano vicino alla sua. La scarica impedì a Brendan di
piangere, ma era difficile, ora, trattenersi dall’appoggiare la testa
alla sua. E lentamente la calò di lato, sulla sua spalla. Tommy fece
silenziosamente altrettanto e rimasero così a bearsi di quelle
sensazioni piacevoli e calde. Come se ora i contatti fossero
inevitabili e per questo cercati. Perché belli, troppo belli.
- Non sono scappato da te, ma da
nostro padre. E la mamma si è solo ammalata, non si è lasciata morire
per lasciarti. E papà… ha sempre avuto i suoi fantasmi… -
Mormorò piano e delicatamente Brendan.
“Ed io sono scappato da quel che provavo per te. Ma non da te.”
- Mi sei mancato e non volevo
ammetterlo. Ora che ti ho nella mia vita mi sento nuovo, diverso…
voglio godermi tutto quello che non ho potuto avere prima. Fare cose
che non ho mai fatto non perché non volevo, ma perché non riuscivo e
non potevo. - Brendan sorrise dolcemente.
- Ed è bello? -
- Bellissimo. E grazie a te. -
Tommy alzò la testa e Brendan fece altrettanto, i due si guardarono da
vicino, mentre il fratello maggiore voleva solo abbandonarsi a quel che
provava, di nuovo lì, di nuovo intatto e così sbagliato. Così anomalo.
Così osceno.
Rendersi conto di quel che provava
e sentiva era un conto, accettarlo e giustificarlo era un altro. Non
era facile, non era possibile.
Lui era suo fratello.
Suo. Fratello.
Si strofinò le labbra guardandogli le sue così belle e carnose, così desiderate.
- Non voglio più fare a meno di
questo. Di noi. - Brendan si ritrovò terribilmente confuso, visto che
stava pensando al proprio sentimento sbagliato verso di lui. Sentirgli
dire quello lo destabilizzò e non capì.
- Noi? - Chiese smarrito, col cuore in gola.
- Non rinuncerò più a mio fratello.
- A quel punto, ricordandoselo, fu come se si svegliasse. Solitamente
quando se lo ricordava, quando si ricordava che era suo fratello,
tornava in sé e quella voglia scemava, ma a quel punto, in quel
momento, Brendan rimase a fissargli la bocca e stringergli la mano,
desiderando solo di baciarlo.
“E’ sbagliato, è osceno!”
Si disse disperato.
- Sono felice di averti ritrovato.
- Rispose non sapendo come uscirne, non volendo nemmeno. Tommy sorrise
e riappoggiò la testa, questa volta fu lui a sporgersi verso il
fratello, appoggiò la tempia alla sua spalla e chiuse gli occhi
sentendosi strano per quei gesti così fragili, così sentimentali eppure
così belli. Non riusciva a rinunciarvi più.
Non riusciva proprio.
E non voleva nemmeno. Rimase lì su
suo fratello, stringendogli la mano, inebriandosi di quelle nuove
sensazioni, strane, belle e mai provate.
Ormai che l’aveva, non l’avrebbe più lasciato andare.
E poi, ogni tanto, nella mente di
Tommy risuonava quel ‘ti amo’ che gli aveva detto nell’ultimo istante
della loro lotta sulla gabbia.
Un ti amo che gli aveva ridato la vita, che non poteva dimenticare, di cui un giorno avrebbe chiesto conto.