ATTRAVERSO LE TENEBRE, ALLA RICERCA DELLA LUCE
1. TESTA
"Posso dirti perchè
la gente muore sola
Posso dirt(elo) perchè
(Io sono) l'ombra sul sole
(Stai) guardando attentamente una perdita
Cercando una causa
senza mai essere sicuro
solamente un buco
vivere senza un'anima
senza niente da imparare"
/Shadow on the sun - Audioslave/
Lui era tornato, aveva
ucciso tutti i suoi conti in sospeso, si era vendicato di chiunque, poi
aveva preso i soldi di sua madre per passare il resto della sua vita
dall’altra parte del mondo ed era tornato a sparire senza ingaggiare
alcuna lotta contro la polizia e la tanto odiata unità di Crimini
Maggiori.
Nessuno scontro, nessuna resa dei conti, nessun faccia a faccia.
Così, in silenzio, si
volatilizzò lasciandolo lì, vivo, a crogiolarsi nelle eterne tormentate
domande che mai avrebbero trovato risposta se non in un solo modo.
E la prima di quelle era perché non l’aveva ucciso?
Non solo non l’aveva cercato, ma perché non l’aveva ucciso?
Si era vendicato di
tutti, aveva ucciso anche chi non era riuscito ad uccidere al primo
colpo, tutti tranne lui, lui che l’aveva davvero rovinato, il vero
colpevole della sua disfatta.
Se ora avrebbe fatto il
fuggitivo a vita vivendo come un ratto coi soldi della madre, era solo
colpa sua eppure dopo essere tornato ed averlo sfiorato e fatto piazza
pulita su ogni essere che aveva incrociato il cammino col suo, non
l’aveva nemmeno guardato.
Non era il dover
convivere con la consapevolezza che quel criminale avesse di nuovo
fatto tutti i suoi porci comodi ed ora era chissà dove a fare chissà
cosa, non era la consapevolezza che non avrebbe mai pagato. Era che non
era venuto a cercarlo nonostante lui si fosse preparato, si fosse
armato e addestrato, l’avesse studiato al millimetro e scovato anche
vittime che a nessuno sarebbe saltato in mente.
Perché? Che senso aveva?
E la madre!
Anche la madre non l’aveva toccata nonostante in qualche modo avesse dato lei il via alla sua follia omicida, in un certo senso.
Lei aveva capito di
quella sua vena psicopatica e l’aveva coperto per poi abbandonarlo alla
nascita di un’altra figlia, per proteggere poi lei. Consapevole che
continuava a seguire il suo male interiore, lei l’aveva coperto e poi
era sparita dalla sua vita, abbandonato del tutto.
Ora dopo aver fatto di
tutto per ritrovarla e dopo esserci riuscito, non era nemmeno andato a
trovarla. Si era preso solo i suoi soldi ed era sparito di nuovo.
Perché non vendicarsi di lei? Perché non accusarla di abbandono e di non averlo mai aiutato?
“Non si ritiene malato,
non pensa che lei abbia sbagliato a non curarlo. Lui probabilmente ce
l’ha con lei per l’abbandono, ma non al punto di ucciderla.
evidentemente.”
Rusty riusciva a dare
risposte ad ogni sua azione, aveva trovato un senso ad ogni omicidio e
piano, ma non al fatto che non aveva cercato proprio lui, lui che aveva
messo ufficialmente fine alla sua libertà.
Philip era un uomo di
successo in carriera, quando Rusty aveva aiutato la polizia ad
incriminarlo e metterlo dentro la prima volta, da lì la sua fine aveva
avuto inizio.
Poi era scappato ed
aveva passato gli anni a terrorizzare mentalmente Rusty fino a che si
era deciso a diventare forte e combatterlo e per farlo aveva dovuto
capirlo, entrargli nella testa e ragionare come lui.
E, dannazione, ci era riuscito.
Sia a capirlo che a non avere paura di lui, al punto da sentirsi simile a lui.
Vittima di un’infanzia
infelice e di abbandono da parte della madre, per sopravvivere avevano
preso delle strade sbagliate per poi addirittura finire per lavorare
con la legge, entrambi avvocati.
Rusty fissava sconvolto
la sua promozione, la strada non era ancora finita, ma i passi per
diventare procuratore erano sempre meno e come non pensare che Stroh
era avvocato a sua volta prima di essere incriminato?
Erano simili, simili in
tante cose ed il peggio era essere riuscito ad entrargli in testa,
l’aveva sfiorato, per poco aveva aiutato la squadra ad arrestarlo di
nuovo ed invece era riuscito a scappare perché Stroh aveva messo tutti
i riflettori su di lui mentre invece non era vero che voleva ucciderlo,
ma solo scappare coi soldi dopo aver chiuso ogni conto aperto.
Andare in pensione, in
un certo senso. Ma tanto sapeva che uno così non smetteva mai di avere
quegli impulsi omicidi e prima o poi si sarebbe sentito di nuovo.
Del resto anche lui non aveva mai chiuso col passato visto che dopo essersi prostituito per strada era diventato davvero gay.
Il suo essere gay non poteva che essere collegato alla vita che per anni aveva fatto, inevitabile secondo lui.
Non si chiude mai col proprio passato.
E se le loro similitudini andavano molto oltre? Se ce ne erano altre che non voleva vedere per paura ma che invece erano vere?
Per quanto Rusty si
sforzasse, non riusciva a togliersi queste ossessioni dalla testa, ci
pensava giorno dopo giorno mentre seguiva il praticantato nell’ufficio
del procuratore.
Ci pensava notte dopo notte, mentre continuava ad indagare quasi disperato convinto che avrebbe dovuto ritrovarlo.
Non sapeva nemmeno perché ossessionarsi tanto con lui.
“Se non mi ha voluto
ora che era l’unica occasione per lui per chiudere i conti con me e
vendicarsi, significa che non voleva farlo.”
Si diceva ogni tanto cercando di smettere, ma poi tornava lì.
Era terribile la
consapevolezza di avere un qualche tipo di legame con un serial killer
così efferato, che alla fine gli era entrato in testa e non se ne era
più andato.
- Sai... ripenso a
quando ci siamo incontrati la prima volta... - Ricky lo ascoltava steso
nel suo letto, era nudo mentre fissava quell’inquietante parete con
tutto il materiale su Stroh.
Del resto altre camere
libere non c’erano e di notte, dopo aver fatto l’amore, sembrava
impossibile non perdersi nell’oscuro passatempo di Rusty.
Philip Stroh non se ne
sarebbe mai andato e così dopo averlo sentito implodere lentamente ed
averlo visto consumarsi come affetto da un cancro silenzioso in
metastasi, Ricky aveva deciso di guardar in faccia la realtà ed
obbligarlo a fare altrettanto.
L’aveva affrontato ed
in un litigio gli aveva detto che doveva parlargli di tutto quello che
lo turbava e che gli passava per la testa, qualunque cosa fosse, perché
così presto sarebbe morto e non poteva perdere anche lui dopo la madre.
Quello aveva colpito
molto Rusty che aveva ceduto di schianto lasciando che il fiume in
piena investisse la diga per troppo tempo tenuta su a stento.
Quel giorno aveva
tirato fuori tutto quello che aveva sempre interiorizzato su Stroh e
l’aveva fatto con rabbia e disperazione e piangendo perché era convinto
in qualche modo di essere come lui, di essere segnato e lo mandava
fuori di testa ed era sicuro che avrebbe potuto trovare la pace solo
nel trovarlo e nell’ucciderlo, come quando si trova l’origine del
cancro e lo estirpi con un’operazione decisiva. Era la sola cosa da
fare.
- Com’è stato? - Chiese
Ricky che non aveva ancora sentito quella parte. Odiava sentir parlare
di Stroh, ma per Rusty era essenziale esteriorizzare ogni cosa e solo
con lui lo faceva.
Ricky trovava più
pratico per la propria salute fare su e giù dalle loro due città in cui
lavoravano, passava dei periodi con lui che viveva con Andy nella casa
di Sharon, si facevano forza a vicenda e Rusty aveva continuato
apertamente ad indagare su Stroh, ogni tanto Andy lo controllava e
vedeva i progressi.
Ma il vero parafulmine
era Ricky che non sapeva se trasferirsi lì con lui a lavorare per
stargli più vicino e rinforzare quella relazione inattesa e
sconvolgente.
- È stato mio cliente.
- Ricky sapeva del particolare che Rusty si era prostituito, non aveva
invece idea che il loro incontro fosse stato per quel motivo.
- Credevo l’avessi
visto mentre si liberava di una povera ragazza... - Rusty annuì
chinando lo sguardo di lato, gli dava le spalle mentre in piedi davanti
al letto e a lui fissava la parete di Stroh.
- Sì, è così per tutti,
ma non ho voluto dire a nessuno che era un cliente. Quando ho visto che
lui non menzionava mai la cosa, ho deciso che andava bene così. -
Ricky colpito che
avesse deciso di dirlo proprio a lui e proprio ora, rimase calmo
com’era nel suo stile, ma continuò ad indagare.
- Come mai? - Rusty
alzò le spalle e tornò a guardare le foto di Philip Stroh, delle
vittime, dei luoghi sulla cartina e di ogni documento e ritaglio di
giornale a lui relativo. La parete si ingrandiva sempre più. In un
angolo c’erano probabili indizi a lui collegabili, ma non accertati.
- Perché mi faceva
sentire ancora più sporco di come già non lo ero sempre stato.
Prostituirmi non è mai stato un piacere ma una necessità, dovevo
sopravvivere. Ma sapere che uno di quelli con cui ero stato, sia pure
per lavoro, era un criminale di quel tipo mi faceva vomitare. - Ricky
capiva perfettamente il motivo e decise di non approfondire per non
farlo sentire peggio.
- E lui, come mai lui
non l’ha mai detto per cercare di screditarti come testimone
attendibile? - Rusty si strinse nelle spalle di nuovo sospirando
amareggiato per quella storia di cui si vergognava.
- Se un giorno potrò
parlargli in privato glielo chiederò. Ma penso che si vergognasse di
quel suo lato. - Ricky chiuse gli occhi aggrottandosi, cercando di
capire.
- Ha ammazzato un sacco di ragazze... -
- Tutte simili a sua
madre. Ho visto le foto di sua madre da giovane, aveva un rapporto
strano con lei. - Spiegò lui, Ricky si agghiacciò di come Rusty lo
capiva e lo esplicava bene, ma non lo diede a vedere.
- Perciò quello era una
necessità dal suo punto di vista malato, non un piacere? - Rusty alzò
ancora le spalle nel gesto di conferma perplessa. Non gli piaceva
capire così bene quell’uomo, ma ormai gli veniva bene e ci era anche
abituato.
Tanto che spesso si trovava a pensare come lui anche in altri ambiti, momenti in cui si trovava a dirsi ‘lui farebbe così!’
- Però non gli vuole far sapere del suo unico punto debole. -
- Che gli piacciono i ragazzi? -
- Hai visto quello che lo aiutava? -
- Giovane, biondo,
occhi chiari, carino? - Riassunse in poche parole la descrizione di
Rusty il quale si voltò con aria ironica:
- Noti qualche somiglianza? -
Ricky voleva
rabbrividire, ma si limitò a ridere torcendosi verso di lui mentre il
lenzuolo scivolava sotto la linea dei suoi glutei sodi, il giovane di
poco più grande di lui lo avvolse con le braccia tirandolo giù a sedere
sul letto con sé.
- Aveva buon gusto, no?
- Rusty ridacchiò allentando la tensione e si rilassò subito mentre la
sua bocca gli baciava il fianco e le sue braccia lo tenevano agganciato
da dietro.
Si sentiva più leggero
ogni volta che Ricky era con lui mentre era pesantissimo quando non
c’era e capiva che non poteva affidarsi sempre a lui per stare bene.
Non aveva senso stare male da solo. Quell’ombra era sempre più grande.
- E tu perché non hai
mai usato questa cosa a tuo vantaggio per prenderlo? - Chiese poi
finendo per fissare il muro di Stroh a sua volta, tutto avvolto intorno
a Rusty come un koala ad un albero.
Rusty lo fissò da sopra preso alla sprovvista.
- E come avrei potuto?
Non è venuto da me, alla fine. Io l’aspettavo, ero pronto ad
affrontarlo e lui non è venuto. Ha fatto finta di cercarmi, si è preso
gioco di me. Eppure ero io ad averlo rovinato. -
Ricky pensava in modo diverso dagli altri, aveva sempre degli approcci diversi.
Fissò lo sguardo spento
di Philip in una delle sue foto segnaletiche e assottigliò gli occhi
mentre catturava l’idea che gli balenava.
- Non ti ha cercato perché non voleva ucciderti. -
- Come poteva non
volerlo? - Ricky si tirò su a sedere dietro di lui, appoggiando una
mano di lato mentre piegava le gambe dall’altra parte in una posa quasi
da sirena. Rusty si voltò a fissarlo curioso senza capire a cosa
pensava.
- Sei il suo punto debole, ricordi? -
- I ragazzi come me lo sono, non io. - Ricky scosse la testa ostinato.
- No no, tu. - Sottolineò deciso senza capire se lo stava davvero aiutando o cosa.
- Io?! - Rusty non ci poteva credere davvero.
- Rusty, non ti ha
ucciso. Tu e sua madre siete i suoi punti deboli. Gli unici con cui
avrebbe davvero motivo di avercela per motivi diversi eppure gli unici
che non ha toccato. -
Rusty sentì il cuore
accelerare di colpo nel trovare l’ultimo pezzo del complicato puzzle
che aveva davanti, tornò subito a fissare sconvolto la parete con le
accelerazioni su tutto il corpo, si sentiva addirittura fremere di una
strana e sinistra eccitazione.
- Pensi che in qualche
modo io gli piaccia? - Ricky si pentì di averlo fatto ragionare in quel
modo, vide il suo profilo mentre gli occhi sgranati fissavano
ipnotizzati il viso di quell’uomo tanto odiato.
- Penso di sì. Lo spiego solo in questo modo. -
- Se è così dovrei
sfruttare questo in mio favore, non credi? - Ricky chiuse gli occhi
maledicendosi perché non pensava mai prima di parlare, ogni santa
volta.
- Avresti potuto quando
era qua, ora che non lo è più non vedo come puoi fare. Però hai trovato
la risposta che cercavi, potresti andare oltre. - Cercò di sviare la
cosa come se non fosse più tanto importante ed interessante, ma vedendo
che l’aveva perso sbuffò e scese dal letto infastidito che il suo non
proprio ragazzo fosse sempre più ossessionato da un maniaco serial
killer psicopatico.
Aveva quasi raggiunto il bagno quando si sentì acchiappare da dietro, tirarlo, girarlo e baciarlo.
Ricky rimase senza parole immobile per un momento, poi si rilassò contento d’averlo ritrovato in extremis.
Ricambiò volentieri il
bacio mentre le loro lingue si intrecciavano nelle bocche unite e si
rilassavano insieme come prima avevano già fatto a letto.
- Scusa se ti
ossessiono con questa storia, ma sei l’unico che è riuscito a farmene
parlare e con cui riesco tutt’ora a farlo... sai, dopo la morte di
mamma, intendo... - Gli occhi di Ricky si colorarono di un dolore
candido e cristallino che però trattenne, lo stesso dolore negli occhi
di Rusty, i due si capirono ed annuirono con sorrisi malinconici.
- Non devi preoccuparti, so che ne hai bisogno. Solo che non voglio che ti assorba troppo. - Rusty annuì.
- Hai ragione, non
esagererò. - Ricky rise sapendo che mentiva, ma gli prese il viso fra
le mani e coi pollici lo carezzò imprimendosi bene la sua immagine
nella memoria. Ogni volta che partiva dopo qualche giorno con lui, si
sentiva inquieto e sperava di rivederlo, che non si facesse cogliere da
qualche folle pensiero.
Poteva solo sperare che
quel Philip Stroh rimanesse dall’altra parte del mondo per sempre e
mentre lo sperava, il bacio rievocò un ricordo molto specifico.
**
-
Come hai capito di essere gay? - Rusty lo guardò con un attacco di
tosse, convinto di aver capito male. Ricky però alzò una spalla e con
l’aria più semplice nel mondo ripeté la domanda che non aveva proprio
niente che non andava.
- E
cosa ti interessa? - Rispose Rusty sulla difensiva. Ricky incurvò le
labbra come se non ci trovasse proprio niente di male nel saperlo.
-
Sono curioso, lo sai. - Rusty si pentì della rispostaccia e guardando
il caffè davanti che gli porgeva, lo prese; non riuscì a guardarlo ed
il fratellastro trattenne la tazza cercando il contatto visivo che
cercava di eludere. Alla fine lo guardò e solo a quel punto lasciò la
tazza.
Rusty era molto imbarazzato, quasi come si vergognasse.
-
Beh, non è il capirlo quanto l’ammetterlo. Dentro di te lo sai da
sempre, ma prima che tu te lo dica e lo dica ad alta voce ce ne vuole
molto. - Ammise Rusty guardando con la coda dell’occhio Ricky sedersi
con una tazza per sé, vicini sul divano dove Rusty aveva le gambe
accavallate in una posa aggraziata senza volerlo, anche se non
effemminata. Ricky piegò le gambe sotto di sé e si girò verso di lui
per saperne di più, Rusty continuò a fissare la tazza senza sapere cosa
dire.
Ricordò
quando l’aveva ammesso con Sharon e come se fosse tornato indietro nel
tempo, Rusty sollevò gli occhi su Ricky ed ebbe la stessa identica
reazione di allora. Vide offuscato e capì che gli occhi gli bruciavano
perché stavano per uscire le lacrime e Ricky si irrigidì vedendo che
stava piangendo, così mise giù entrambe le tazze e preso alla
sprovvista da quella reazione, lo abbracciò.
**
Quello era stato il
primo contatto reale e profondo, anche intimo fra i due ragazzi. Niente
a che fare con sentimenti fraterni, mai avuti nonostante il bel
rapporto sviluppato ad un certo punto. Del resto loro non erano davvero
fratelli, solo dal punto di vista legale, ma non biologico.
Ricky a quel ricordo sorrise e l’abbracciò alla stessa maniera, dopo il bacio, rassicurandolo di nuovo.