*Ecco un altro capitolo. Vorrei avvertire che i temi iniziano ad essere scottanti e delicati in molti sensi. Philip è deciso a prendersi Rusty e non con la forza, sebbene sembri così visti i metodi iniziali. Ma ben presto gli dimostrerà il modo sottile con cui intende insinuarsi in lui e controllarlo. Rusty, così sensibile a quell'argomento perchè ha sempre avuto paura di essere come lui, capisce che il problema non è solo quello quanto il fatto che una parte di sé gli piace. Penso senza peccare di presunzione di essermi giostrata piuttosto bene in questo viaggio nelle tenebre di Rusty, spero che ve lo godiate. Quel che Stroh gli fa non è violenza fisica reale, lo specifico perchè la scena è molto particolare. Buona lettura. Baci Akane*

3. OSCURITÀ



"Cammino solo
cammino...
La mia ombra è l'unica che cammina accanto a me
Il mio profondo cuore è l'unica cosa che sta battendo
A volte desidero che qualcuno là fuori mi trovi
Fino a quel momento camminerò da solo
Sto camminando lungo la linea
Che mi divide da qualche parte nella mia mente
Sul limite della sponda
E dove cammino solo"
/Boulevard of broken dreams - Greenday/


- Ricky, non voglio che lo fai perché ti senti di doverlo fare. Cioè, capisco che hai a cuore le battaglie di mamma, ma... non devi... - La voce gli tremava, l’aveva evitato per un po’ nel caos più totale, convinto di doverlo salvare da sé, di non poterci credere, senza capire come fosse successo e quando... e poi Ricky gli era ripiombato lì a casa per un faccia a faccia duro e diretto, com’era nel suo stile. Senza paura di nulla. Ormai la maschera l’aveva buttata, perciò cosa contava?
Vide il fratellastro fissarlo con uno dei suoi sguardi gelidi e ridere amaro.
- Possibile che tu sia tanto sveglio coi casi su cui indaghi e non capisca nulla di quello che succede a te? - Rusty si ritrasse stizzito.
- Senti, sei venuto per insultarmi e litigare? Voglio solo dire che tu ti senti in dovere di prenderti cura di me, e lo capisco e ti ringrazio, ma non devi farlo, non in questo modo, perché non... - Ricky gli chiuse la bocca con la propria prima di fargli dire qualche altra stronzata.
Rusty rimase con la propria aperta che si intrecciava alla sua, infine la lingua calda e dolce sulla sua, le sue mani sul viso, i pollici ad accarezzargli le guance. Quanto tempo erano rimasti a baciarsi? Quanto l’aveva stordito facendolo suo con la sua bocca? Lui a rispondere senza rendersene conto, come se togliere quel coperchio mai contemplato gli impedisse di frenarsi.
Quando era finito così perso per lui?
O si aggrappava alla prima cosa bella e positiva dopo sua madre proprio per non affogare di nuovo? Perché senza di lei lui era andato tanto in basso in un attimo?
Rusty si era riempito di nuove paure in un attimo, ma Ricky non aveva esitato a tenerlo contro di sé e a divorargli la bocca fino a spingerlo e sederlo sul divano e mettersi su di lui a cavalcioni. Avevano continuato a baciarsi e respirare confondendo i sapori per un sacco, poi finalmente si erano staccati e Ricky si era fatto guardare negli occhi così belli e sicuri. La luce che risplendeva in Sharon era lì di nuovo con lui ad illuminarlo.
- Io ti amo, Rusty. Ho sempre pensato che non fosse il caso di incasinare le cose, ma mi piacevi da sempre. Ma se ora significa perderti non ci sto. Hai le tenebre? Le affronteremo e le abbatteremo, perché tu non sei suo. Tu sei mio, va bene? - Rusty rimase inebetito e sconvolto. Quando aveva deciso che lo era? Poteva rispondere, decidere?
- Ho voce in capitolo? - Chiese spontaneo, a questo Ricky scoppiò a ridere e così si allentò la tensione, anche Rusty rise rendendosi conto di cosa aveva detto, poi però non sapendo cos’altro aggiungere aveva nascosto il viso contro il suo collo abbandonandosi a lui, al suo abbraccio caldo e dolce e protettivo. Finalmente si sentiva di nuovo bene, nella luce, nel calore.
Finalmente, dopo quanto tempo?
- Grazie. - Mormorò solamente.

**

A Rusty parve di sentire ancora la presa forte e calda di Ricky, per un momento, ed aveva aperto gli occhi per rigettarsi nella brusca e brutale realtà.
Si era svegliato nel bagagliaio con la bocca imbavagliata e le mani legate alle caviglie, come un sacco di patate. Il coltellino era nella cintura per dietro, in quel modo non aveva un sistema per liberarsi, ma sperò nella destinazione finale.
Come aveva fatto a caricarlo in un’auto senza farsi vedere? Si notava uno che trasportava un ragazzo in spalla, no?
Poi però pensò alla sua faccia tosta, se voleva sapeva suscitare fiducia e fascino nel prossimo.
Stroh aveva mille risorse.
Quando l’auto si fermò, poco dopo il bagagliaio si aprì e vide il suo viso freddo sorridergli dall’oltretomba. Quell’uomo non aveva un briciolo di vita, ma poteva sfruttare il suo volerlo portare dalla propria parte per capire meglio quello che non era ancora riuscito.
Non sapeva che più lo capiva e peggio era.
Philip fece un grottesco sorriso dolce e con un:
- Mi dispiace, ci vuole ancora un po’! - Gli tolse il bavaglio dalla bocca e gli mise uno straccio al suo posto. Rusty cercò di non respirare ma non poté farne a meno per molto, l’odore del cloroformio lo riportò in un incubo dietro l’altro che ebbe fine solo con una visione terribile di Stroh che per appropriarsi di lui andava da Ricky e lo uccideva.
Con questo spalancò gli occhi gridando un ‘NO!’ istintivo, ma la testa gli esplose subito per il modo brusco con cui si era rimesso al mondo e si maledì per averlo fatto.
- Piano, Rusty! Non volevo usare il cloroformio perché rintontisce e fa mal di testa, però non avevo scelta. - La sua voce calma e controllata lo accolse avvicinandosi. Ci mise un po’ a mettere a fuoco il mondo circostante e capire la consistenza del proprio corpo.
Il suo sguardo oscuro lo rimise più velocemente in sé e tirando i polsi realizzò che erano legati sopra la testa, le braccia aperte. Spalancò gli occhi ed imprecando realizzò di non avere scampo e che la sua unica speranza ormai era la Crimini Maggiori ed il loro rintracciamento telefonico.
Rusty infatti era completamente nudo, steso e legato al letto.
- Mi sono avvantaggiato mentre dormivi. Ho approfittato. - Rusty si aggrottò guardandolo male per capire se aveva già abusato di lui e visto che era molto espressivo, Philip capì quale era la sua preoccupazione.
- Non preoccuparti, non lo farei mai con uno che dorme. - Ricordò che il suo piacere era violentare le donne, perciò sicuramente non gli piaceva la strada facile.
- Come puoi spostarti dalle donne ai ragazzi? - Chiese confuso cercando di prendere tempo. La testa lo faceva impazzire.
Philip si sedette sul letto matrimoniale e rimase a guardarlo calmo e pacato.
- Non hai ancora capito. Io non voglio punirti o cacciarti, non ti torcerò un capello, non ti farò mai male. Cercavo un cambiamento nella mia vita ed ho capito che cercavo compagnia, affetto, amore, calore vero. Come tutti. -
- Peccato che ‘tutti’ non uccidono quelli che invece non gli piacciono! - disse acido Rusty. Philip ridacchiò.
- Ho un approccio diverso alle avversità, nessuno è perfetto. Io però mi accetto come sono, ho istinti che molti non hanno o magari hanno ma soffocano, nascondono e mascherano. Ma tutti hanno istinti oscuri. Fidati. Sono sicuro che lo sai anche tu. - Rusty si rifiutava di accettarlo e capire cosa intendeva, così si concentrò sul suo sguardo.
Messo così non sarebbe mai arrivato a liberarsi, però magari dopo un po’ l’avrebbe messo seduto. Per nutrirlo non poteva tenerlo sempre steso e nudo!
- Approccio diverso è un eufemismo! - Philip rise ancora, si sentiva proprio bene, adorava la sua terribile acidità, non aveva paura di insultarlo e gli piaceva anche per questo. - Perché hai scelto me come compagno? -
Philip si animò per la prima domanda sensata.
- Perché tu sei come me, te l’ho detto. - Rusty sospirò. - E poi perché sei diverso da quei demoni che io caccio. All’inizio ho cercato di ucciderti, lo ammetto. E poi ti ho usato per scappare. Però lentamente ho capito... le cose che abbiamo in comune ci legano davvero, ma non per cacciarci a vicenda. Bensì per capirci davvero e farci del bene. Tu non hai paura di me, Rusty. Mi capisci. Sei perfetto per me. Oltretutto anche tu sei ossessionato da me e si sa, l’ossessione è la base dell’amore. - Rusty non ne era convinto, ma probabilmente era solo da troppo tempo, visto e considerato che lui non guardava le donne come possibili partner. In fondo all’inizio di tutto Philip lo pagava per andare a letto con lui.
E come evocato dalla sua memoria, la mano di Philip scivolò nel suo inguine nudo e mormorò piano:
- Eri la mia piccola oasi, ricordi? Riuscivo ad avere orgasmi senza il bisogno di uccidere dopo e questo perché tu non sei come quei demoni. - Rusty aprì la bocca, ma per non gemere la richiuse e si morse il labbro. La sua mano sul proprio inguine ci sapeva anche dannatamente fare, maledizione.
“Questo non va bene!”
Strinse gli occhi e si irrigidì cercando di non lasciarsi andare ma era più facile a dirsi che a farsi. La sua mano si muoveva veloce e sicura e stringeva andando su e giù mentre lui inerme con la testa voltata dall’altra parte pregava di non venire perché gli avrebbe spianato la strada.
L’idea che era lui gli faceva ribrezzo, ma poi il suo corpo reagì al suo tocco erotico come da copione e venne.
“Come è possibile? Se qualcosa ci fa schifo non dovrebbe drizzarsi! Come faccio?”
Rusty andò nel panico e dalla rabbia si stava per ferire la bocca, ma Philip gli girò la testa con la mano e questo gli sospese il morso che si stava dando.
- Non flagellarti, un uomo è pur sempre un uomo ed io non ti sto facendo del male. Oltretutto te l’ho detto. Una parte dentro di te che ormai sta emergendo, è attirata da me. Quella che mi capisce, quella che è uguale a me. - Rusty non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, ma temeva che avesse ragione e la verità era che aveva sempre avuto paura di questo, da quando aveva iniziato a dargli la caccia a Los Angeles.
“Dunque quello di cui avevo il terrore era reale? Cosa mi direbbe mia madre? Guarda le differenze, Rusty, sono quelle che contano! Ma le somiglianze? Non esistono anche quelle?”
Aveva sempre avuto paura di essere come lui per il proprio passato che lo ossessionava. Sharon l’aveva aiutato molto ad indirizzarlo verso la parte buona e pulita di sé, l’aveva fatto fiorire, ma la sua morte aveva come tolto una potente protezione e aperto il coperchio stavano uscendo i suoi demoni.
La paura era la cosa peggiore.
Stroh lo lasciò ed andò a lavarsi le mani.
- Tu sei un psicopatico! - Esclamò Rusty ricordando le nozioni imparate in caso di emergenza. Bisognava parlare con il rapitore per stabilire una connessione, il problema con lui era che quella connessione c’era già e Stroh non lo voleva uccidere. - Tu non puoi provare sentimenti ed emozioni, le simuli, ma non le provi! -
Philip non fu toccato da quella sua sferzata provocazione, si girò verso di lui e si appoggiò all’armadio.
La camera era insonorizzata ed essenziale, un armadio, una scrivania, un letto matrimoniale, il bagno. Chissà dove era? La finestra era chiusa e non capiva nemmeno che momento fosse, era ancora notte? Stava perdendo la cognizione del tempo. Forse Ricky aveva già tracciato il suo telefono nel non ricevere risposte alle sue chiamate, ma forse era presto, se era ancora notte non l’avrebbe cercato nessuno e ad Andy aveva detto che passava qualche giorno da Ricky perché aveva un po’ di ferie.
- Quello che provo per te è quanto di più vicino a dei sentimenti considerando che quello che dici è vero. Non posso provare nulla, ma questo legame che sento con te e che voglio a tutti i costi rafforzare e stringere per il resto della mia vita, è comunque un sentimento. Anche se non lo è per uno strizzacervelli che stabilisce chi è sano e chi no! -
Rusty scosse la testa, non ne sarebbero usciti e non capiva dove era, liberarsi era fuori discussione.
- Mi terrai legato tutto il tempo? Qual è il tuo piano esattamente? Come pensi di farmi passare al lato oscuro? Non hai visto Star Wars? Non sai quanto è lungo il cammino? Pensi che basti legarmi e dirmi ‘noi siamo uguali’ per convincermi? - Philip rise, ma era una risata fredda che non arrivava agli occhi e andando in bagno uscì con un bicchiere d’acqua, si sedette sul letto vicino a lui, gli prese la nuca e gliela alzò aiutandolo a bere, gli accostò il bicchiere alle labbra e Rusty bevve perché aveva la gola secca ed una sete incredibile, colpa del cloroformio. Aveva visto prendere l’acqua dal rubinetto perciò sapeva che era a posto.
- Mi facevi sempre ridere, sei una perfetta compagnia. Adoro la tua ironia e la tua acidità. Hai quello che manca a me! -
- Un cuore? - Philip rise ancora, mise giù il bicchiere e si stese accanto a lui appoggiando la testa sulla sua spalla, il corpo aderiva al suo nel fianco, ma Philip era vestito per fortuna.
- Tu sei già attratto da me ed hai già iniziato il tuo cammino che dura da moltissimi anni, da quando eri piccolo. Quanti anni hai ora? 23? Hai avuto una vita terribile, sei stato abbandonato da quella puttana di tua madre ripetutamente, abusato da quello stronzo del suo compagno, hai dovuto vendere il tuo corpo per sopravvivere e ti sei fatto fare di tutto da quei sudici bastardi. -
- Dei quali tu fai parte, ricordo che ti ho conosciuto così! - La psicanalisi di Stroh era anche interessante da un certo punto di vista. Come vedeva il mondo uno psicopatico consapevole?
Stroh non fece una piega e continuò.
- Hai finito per apprezzare quel mondo visto che sei diventato gay, hai accettato già il tuo lato oscuro, il tuo buio, come ho fatto io. Solo che io l’ho fatto un po’ prima di te e l’ho mostrato in modo più eclatante, però anche tu hai già iniziato ad accettarlo. Sei andato con uomini per costrizione e poi hai continuato perché ti piaceva, la differenza è che ora non ti fai più pagare, ma la verità è che il tuo lato oscuro ti piace già. Non ci vorrà molto per accettare anche questo. -
Rusty strinse gli occhi irrigidendosi mentre non riusciva a respirare bene vedendosi coi suoi occhi, come non ammettere che aveva ragione?
- Ehi... - Fece poi Philip notando che l’aveva gettato in una crisi di panico, si sollevò sul gomito e gli carezzò il viso dolcemente voltandogli la testa verso di sé, Rusty ancora gli occhi chiusi e la consistenza del proprio corpo evanescente. - Non devi prenderla così, prima lo accetti e meglio è. Non è colpa tua se ti hanno fatto diventare questo, non sei sbagliato, capisci? Ti sono successe brutte cose o magari è la tua natura, ma non l’hai scelto tu. Semplicemente sei così. Non devi sentirti in colpa perché qualcuno ti ha fatto fare la puttana e ti ha obbligato a fartelo piacere per non ucciderti. Quando vivi quello che viviamo noi o ti uccidi o lo accetti perché vuoi vivere. Sono due le cose. E se lo accetti, prendi tutto il pacchetto. Ma non è colpa nostra, capisci? Non lo è! - Le sue parole erano grottesche ma vere, a modo sua stava funzionando la sua consolazione, ma Rusty riusciva ancora faticosamente a distinguere il giusto dallo sbagliato.
Le sue labbra si posarono sulle proprie, quasi delicate, e Rusty tornò a respirare. Si rilassò e la mente si aprì dipanando il caos apocalittico.
- Io non potrò mai uccidere. -
Philip si separò di qualche centimetro guardandolo con una punta di malizia.
- Sei qua per farlo e sono sicuro ci riusciresti senza battere ciglio. Questo ti fa già come me. - Silenzio, la rivelazione lo colpì come un pugno allo stomaco perché realizzò con dolore che era vero. L’avrebbe ucciso, davvero. E non si sarebbe sentito male, forse, o forse sì, ma l’avrebbe fatto. Poteva farlo.
Erano davvero così simili? L’averne paura ed il temerlo era un conto, il saperlo, il vederlo era un altro.
Philip sorrise e tornò a baciarlo, Rusty lasciò molla la bocca nello shock di quel che stava realizzando e sentì la sua lingua stuzzicarlo sensuale, scaldandolo insieme alle mani che l’accarezzavano sul resto del corpo nudo.
La cosa peggiore?
Non gli stava facendo ribrezzo, ma forse era lo shock di quello che si stava convincendo di vedere.
La sola verità era che Philip gli era entrato in testa ed anche molto bene.

L’aveva lasciato in pace forse un paio d’ore, non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato da quando l’aveva lasciato da solo. L’aveva coperto e con quel suo modo controllato e pacato che aveva un che di sensuale, l’aveva salutato dicendo che doveva controllare che non gli avesse tirato qualche scherzo.
Rusty aveva avuto modo di pensare a cosa aveva pensato la prima volta che lo aveva visto.
Gli aveva fatto venire i brividi ma gli era piaciuto, si era eccitato molto ed era addirittura venuto. Aveva sentito un fascino oscuro nonostante avesse capito dall’inizio che nascondesse qualcosa di terribile. Avendo a che fare con gli uomini peggiori Rusty aveva sempre capito chi aveva davanti, ma non si era mai fatto problemi con nessuno. Lavoro, sopravvivenza. Si era sempre giustificato così.
Ora vedeva tutto così sbagliato, ma come avrebbe potuto viverlo diversamente?
All’inizio il compagno della madre lo obbligava dopo averlo abusato. Poi da solo per strada che scelta aveva avuto?
Stroh era arrivato quando era alla somma della sua disperazione, non trovava sua madre e lui era stato picchiato a sangue da quel bastardo che la comandava e la rincretiniva.
Stroh l’aveva raccolto letteralmente, curato e poi come pagamento aveva chiesto il servizio completo.
‘Puoi fermarti quanto vuoi.’
Era stato anche gentile, ma Rusty aveva capito che aveva qualcosa. Si era ripreso e si era detto fortunato per una volta, specie perché la scopata gratis almeno era stata bella.
Ripensare ora a quella prima volta lo sconvolgeva, come aveva potuto farlo così alla leggera?
Quando si erano rivisti, per caso quasi, Stroh aveva usufruito del suo servizio pagando, non era stato violento ed era stato di nuovo bello.
Rusty sapeva che era bello farlo con lui, il proprio corpo l’aveva memorizzato bene, per questo prima era venuto e non si era sentito schifato delle sue carezze. La testa gli diceva di sì, ma il corpo reagiva in tutt’altro modo.
La porta tornò ad aprirsi, Stroh rientrò ignorandolo e Rusty si riattivò subito nervoso tirando i polsi. In camera vedeva i propri vestiti su una sedia ma non il cellulare. Probabilmente l’aveva lasciato in camera insieme al resto.
- Non puoi tenermi legato per sempre, Stroh. -
- Chiamami Philip per favore. Iniziamo da una cosa semplice. - Rispose Stroh mentre posava sulla scrivania un computer e qualcos’altro che sul momento non riuscì a identificare bene.
- Non iniziamo da niente. - Replicò testardo Rusty. Philip rise gelido, nessuna risata o sorriso arrivava agli occhi.
- Non ti terrò legato per sempre, ma prima voglio dimostrarti una cosa ed ho già iniziato. - Rusty si aggrottò senza capire, Philip si girò verso di lui e con un sorriso da brividi, sensuale a suo modo, ma con gli occhi oscuri, si prese il colletto della maglia da dietro la nuca e tirò sfilandosela via.
Rusty impallidì capendo a cosa si riferiva e si tese come una corda di violino terrorizzato, il cuore in gola e tutte le espressioni che l’altro non riusciva a fare, a lui venivano benissimo.
Il cuore stava per uscirgli dalla gola mentre la paura nel vederlo slacciarsi i pantaloni lo demoliva.
Dio, il modo in cui lo guardava, con desiderio. Come poteva uno psicopatico provare desiderio?
- Ci stai pensando? Io sì. Lo ricordo bene e sicuramente anche il tuo corpo. - Continuò calmo e sensuale mentre l’accarezzava con lo sguardo. Una volta nudo si avvicinò al letto e sfilò le coperte che lo coprivano, e Rusty con un nodo alla gola che gli impediva di parlare, iniziò a scuotere la testa frenetico.
La cosa peggiore era che temeva gli sarebbe piaciuto, alla fine, nonostante l’odio spropositato che nutriva per lui.
Una parte di sé aveva già accettato di essere come lui, ne era convinto. Ne aveva paura, ma l’accettava.
Quando gli salì sopra, Rusty capì di star lottando contro i mulini a vento.
Il calore del suo corpo forte e maturo lo investì facendo a pugni con la propria coscienza, disperatamente invocò Ricky sperando che comparisse come per magia a ricordargli quello che sua madre non gli poteva più ricordare.
Ovvero da che parte stava lui.
Ricky era diventato la sua nuova bussola morale, non avrebbe mai dovuto separarsi da lui. Mai.
La bocca di Philip si chiuse sul suo collo baciandolo delicatamente, Rusty girò la testa dall’altra parte dandogli anche un miglior accesso, i brividi lo ricoprivano da cima a fondo, la sua erezione strofinata contro la propria. Era tutto così dannatamente sbagliato.
- Voglio dimostrarti che ti piace. Non ti prendo con la forza anche se sei legato. La prossima volta lo faremo liberi e non scapperai. Ti voglio dimostrare che piace a te tanto quanto piace a me! -
A Rusty scese una lacrima in quella resa, ogni sforzo immane non sarebbe servito.
I pugni stretti, la corda tirava sui polsi che strattonavano, ma poi smise e si arrese. Poi rimase morbido sotto di lui, con la sua bocca, le sue mani ed il suo corpo addosso che lo ricoprivano di seducenti baci e carezze andando in posti erogeni che nemmeno ricordava di avere, posti che solo lui aveva sempre scoperto e li ricordava tutti.
Si abbandonò al piacere, accettandolo senza più domande, pregando solo che un punto di ritorno alla fine ci fosse comunque.
Perso nel proprio buio sempre più fitto, mentre il senso di colpa per il piacere che il suo corpo gli trasmetteva lo uccideva definitivamente.
“Spero in una rinascita. Ricky, trovami.”
Pensò infine mentre la bocca di Philip si chiudeva sulla sua erezione eccitata e lui finiva per spingere puntando i piedi.
Una dolce amara resa destinata a consumarlo sempre più, Philip sorrise mentre lo sentiva godere, tratteneva i gemiti e si mordeva il labbro, ma il bacino non riusciva a tenerlo fermo.
Scese nella sua piccola apertura ormai abituata e lo stuzzicò con la lingua e le dita esperte che riuscirono ad aumentare il piacere.
Non lo stava violentando, se l’avesse fatto sarebbe stato più facile rifiutarlo ed odiarlo. Ora lo odiava, ma non abbastanza perché era seducente e perfetto, lo gestiva e lo faceva impazzire dal piacere. Come poteva un uomo così violentare, torturare ed uccidere povere donne?
La domanda si perse quando Philip si mise nella posizione migliore nonostante le gambe legate non aiutassero molto, ed entrò dentro.
Rusty strinse forte gli occhi quasi disperato, Philip si riempì di quell’espressione dilaniata dal senso di colpa perché gli stava piacendo. Vittorioso iniziò ad entrare ed uscire aumentando il ritmo dei colpi con cui lo prendeva, lo sentiva puntare i piedi come poteva per sollevare il bacino e farlo entrare meglio e lo vide perdersi nel piacere che sapeva di stargli dando.
Sapere che gli piaceva fu il suo orgasmo migliore.
Philip gli venne dentro e vide Rusty fare altrettanto mentre macchiava il suo candido ventre piatto.
Philip scese con le labbra e gli leccò gli schizzi, poi malizioso risalì e lo baciò succhiandogli il labbro e la lingua.
Infine si fermò perché Rusty, inerme, aveva le lacrime cristallizzate e lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente chiuso in un altro mondo, lontano da lui, ovunque pur di non accettare quel semplice atroce fatto.
Ovvero che loro erano davvero uguali e che si piacevano, tutto lì.
Non semplice, ma reale.