*Ecco
un altro capitolo. Rusty ha attraversato una linea con cui ora deve
convivere, ma sarà possibile uscire da quella situazione
psicologicamente intatti? Per sopravvivenza Rusty ha fatto cose da cui
non si torna indietro ed il richiamo per il suo lato oscuro è davvero
forte, ormai. Stroh avrà completato la sua opera o c'è ancora speranza
per il lato buono del ragazzo? E' ora di scoprirlo, visto che il piano
darà il suo frutto. Buona lettura. Baci Akane*
7. SCELTE
"Guerra
intorno a me Sono in piedi nelle prime linee Sto combattendo per la mia
anima Ho camminato in una strada solitaria auto distruttiva Ho letto i
segni di pericolo ma Ero troppo cieco per vedere Ho sentito il dolore
finchè ho creduto Ho uno scopo Questa è guerra Questa è guerra Dal
giorno in cui sono nato Morirei solo per vivere, solo per sanguinare
Combatterò Per la mia vita Trasformare le mie tenebre in luce Questa è
guerra, è guerra intorno a me Guerra intorno a me"
/War over me - Papa Roach/
Rusty si svegliò di soprassalto un paio di ore dopo con l’ansia del tempo, Philip che era ancora nel letto con lui non dormiva:
- Che succede, brutto sogno? - Rusty lo guardò nella penombra della camera col cuore in gola e tutto sudato.
- Che... che ora è? - Chiese ansioso ricordandosi che sarebbero potuti arrivare da un momento all’altro.
Philip rispose che era
intorno la mezzanotte e Rusty fingendo di avere qualche problema di
tipo fisico, si vestì in fretta con l’angoscia di non far sapere a
nessuno che era andato a letto con lui volontariamente.
Si chiuse in bagno
senza dirgli nulla, ovviamente non poteva far scattare una serratura
che non c’era ma sperava che Stroh lo lasciasse in pace.
- Tutto bene Rusty? - Chiese da fuori.
“Vestiti e vattene dannazione!”
- Tu non hai dormito? - domando di rimando come se rispondesse alla sua domanda.
- Sarei stato un irresponsabile. - Disse l’altro, lo sentiva ridacchiare.
- Io ho mal di pancia,
dove hai preso la cena? Questi cinesi non sai mai cosa mettono nei loro
piatti! - Iniziò a lamentarsi con voce tesa mentre si sistemava e si
rimetteva a posto.
“Come lo spiego che ci
sono andato a letto per far sì che lui si fidi di me al punto da
riuscire a sopraffarlo? Spero che l’altro piano funzioni, ormai
avrebbero dovuto trovarci, ho lasciato delle tracce tramite gli
acquisti. Per quanto lui sia bravo non può fare sempre attenzione a
tutto!”
Rusty era ancora
agitato all’idea che lo credessero compromesso, sicuramente lui avrebbe
raccontato la sua versione della storia e per un momento Rusty
contemplò l’idea di ucciderlo in qualsiasi modo, ma chiaramente non
aveva di certo idea di come fare.
“Il mio sarebbe un
piano a lungo termine, nel tempo lo convinco che sono passato dalla sua
parte e poi quando ormai lui non se lo aspetta lo uccido, ma devo
essere sicuro di farcela perché altrimenti poi è lui che uccide me. Mi
ci vorrebbe molto più tempo.”
Sospirò, chiuse gli occhi e una volta più calmo uscì.
Una volta in camera
c’era solo la luce sopra il letto accesa, Philip si era rivestito e
Rusty di questo gliene fu sinceramente grato.
- Temo che tu non dorma
bene all’idea di essere con me, quelli che hai non sono effetti di cibo
avariato ma sensi di colpa. - Disse Philip soddisfatto e
convinto. - Mi sembravi dormire bene, ma probabilmente hai fatto un
brutto sogno. - Rusty rimase fermo a guardarlo mentre radunate le
proprie cose stava per uscire.
- Dove vai? - Philip
fece un sorriso appena accennato che come sempre non arrivò agli occhi
e Rusty in quello ebbe l’impressione che sarebbe stato l’ultimo e per
un momento gli venne uno strano senso di dispiacere mescolato a
speranza.
- A dormire nella mia
camera così tu potrai riposare senza sensi di colpa per il resto della
notte. Ci rivediamo domani mattina. - Rusty annuì senza aggiungere
nulla. L’aria tesa che sperava potesse essere normale.
- Spero proprio di no.
- Mormorò fra sé e sé una volta rimasto solo, accasciatosi sul bordo
del letto a chiudersi il viso con le mani.
Un senso di profonda vergogna per essersi lasciato tanto andare, per esserselo fatto piacere a quel modo.
Stroh aveva ragione,
una parte di lui era profondamente attratta da lui e non importava chi
era e cosa aveva fatto, quella parte l’avrebbe desiderato sempre.
“La parte malata di me!” Pensò amareggiato. “E quella sana? C’è ancora?”
Per quello poteva solo sperare.
Con gli occhi pieni di
lacrime alzati al soffitto invocò sua madre dal cielo che lo aiutasse,
poi pensò a Ricky e proprio mentre stava per coricarsi di nuovo, dei
rumori da fuori la camera lo fecero scattare in piedi.
La porta era chiusa a chiave, ma si appiattì cercando di capire che rumori potessero essere.
C’era un’arma a doppio taglio nell’altro piano che aveva messo in piedi.
Se fossero arrivati lì
per lui, c’era il rischio che Stroh li uccidesse. A quel punto gli
restava solo quell’assurda idea di sopraffarlo un giorno, chissà
quando.
“Un giorno... un giorno
dopo tanti vissuti così... chissà se a quel punto il mio famoso lato
malato ci starà ad essere messo da parte. Prima uccidere Stroh mi
sembrava un pensiero fantastico, ora già diventa un problema. Fra un
paio di mesi figurati se ce la farò!”
Ogni piano aveva il doppio taglio, evidentemente.
I rumori aumentarono e
quando cominciò a sentire degli spari, ebbe il saggio istinto di
correre in bagno cercando di evitare eventuali pallottole volanti, si
mise al suo interno sapendo che tanto non c’era una chiave per mettersi
più al sicuro, così fissando quel che vedeva della camera, dopo rumori
di irruzione chiari e diversi spari, sentì la porta sfondarsi, Rusty si
accucciò nell’angolo in fondo fra la doccia ed il water, le mani sulle
orecchie e l’aria spaurita.
Spaurita all’idea di vedere una pallottola per sé come ultima cosa.
Il viso impassibile di
Stroh fece capolino, la mano stringeva una pistola che però non puntava
contro di lui, il viso pieno di schizzi di sangue.
Quando lo trovò tese la mano.
- Andiamo! - Disse sbrigativo e tagliente.
- Dove? Che succede? - L’ansia e la paura folle di aver fatto uccidere Andy e Provenza.
- Presto arriveranno i
tuoi amici e non penso tu sia pronto ad affrontarli. - Rusty lo fissò
con occhi sgranati, le gambe inchiodate al pavimento dove era finito in
ginocchio terrorizzato.
- In... in che senso affrontarli? Chi hai ammazzato? -
- Polizia del luogo, in
qualche modo devono essere arrivati a noi, dobbiamo andarcene. Tu li
affronterai quando sarai pronto per lasciarli andare, non lo sei
ancora. So che sei ancora spaccato in due, non pretendevo di certo di
averti già fatto completamente mio, ma siamo sulla buona strada e non
rinuncerò a te di certo ora. - Stroh si avvicinò impaziente e gli prese
il polso tirandolo fuori.
- Mettiti le scarpe. -
Stroh si mise sul bordo della porta affacciandosi fuori per vedere che
non arrivasse nessuno. Rusty pensò che se sarebbero andati via ora non
avrebbe più avuto speranza. Sapeva di non avere matematica sicurezza di
sopraffarlo ora, non aveva nemmeno armi con cui aiutarsi se non la
sedia. Rusty la guardò ed invece di mettersi le scarpe pensò di
giocarsi il tutto per tutto.
Ci pensò un istante.
Cedere al lato oscuro e lasciare che le tenebre facessero il loro corso o combattere un’ultima volta rischiando la vita?
A quel bivio, in una
frazione di secondo, dovette decidere per la propria vita e non per un
momento ma per sempre. Non si tornava indietro dopo, pensò.
A quel punto il viso di Ricky gli tornò alla mente, così insieme a quello di sua madre e della squadra.
Non li poteva deludere.
“Lui ha visto la mia luce e si è innamorato di quella. Vale la pena rischiare per non deluderlo.”
Rusty, veloce come un
fulmine, mentre Stroh era ancora voltato con la pistola in pugno,
rivolto verso l’uscita, prese la sedia e gliela scagliò addosso con
tutta la sua forza avendo cura di colpirlo sulla nuca.
Stroh cadde a terra in
avanti non aspettandosi quella sua mossa, Rusty si avventò subito su di
lui dandogli un calcio con il dorso del piede, cercò di colpirgli il
viso ma finì per farsi male perché era senza scarpe. Imprecando lasciò
perdere l’idea e vedendo che gli era volata la pistola per la sorpresa,
lo saltò per recuperarla. Stroh lo afferrò facendolo cadere nel
corridoio, sbatté il gomito che gli esplose di dolore, probabilmente
rompendosi.
Rusty gridò ed imprecò,
ma trovandosi la pistola proprio vicino alla faccia sentì l’adrenalina
scorrere nelle sue vene in un attimo violento e mentre la
consapevolezza di poterlo uccidere, di poter far definitivamente finire
tutto, lo investiva, prese la pistola, si girò e tendendola col braccio
sano gliela puntò contro.
Philip si fermò in piedi su di lui e si raddrizzò mentre stava per riprenderlo e colpirlo.
Tutto si sospese per un
momento, i loro occhi si guardarono ed un sorriso oscuro si formò nel
viso di Philip, un sorriso soddisfatto.
- Lo sai che se lo fai
sarai mio per sempre. Il modo per diventare come me è uccidermi. -
Rusty che stava per premere il grilletto si fermò e lui aggiunse. - E
se non lo fai sarai comunque mio per sempre, perché sai di non farlo
perché ormai anche tu mi vuoi. Non puoi rinunciare a me. - Rusty tremò
e fu in quel momento che altri fecero irruzione. Rusty riconobbe le
voci di Andy e Provenza e poi gli altri della squadra, chiuse gli occhi
liberando le lacrime e abbandonò la pistola.
Non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare, ma in un istante decise comunque di non ucciderlo.
Non sentì spari, Stroh era disarmato e non poterono sparargli.
Per l’ennesima volta lo
catturarono e lo arrestarono e mentre Rusty si chiedeva per quanto
sarebbe durato, le braccia di Andy si chiusero intorno al suo corpo
sfinito e tremante facendolo di nuovo sentire al sicuro. Ma quanto
sarebbe durato?
Ricoverato in un
ospedale del luogo con il piede fasciato in una doccia per la forte
slogatura ed il braccio ingessato dalla spalla al polso per via della
rottura di omero, ulna e radio del braccio sinistro.
Prima arrivavano le sue urla, poi lo vedevi nella sua camera d’ospedale.
Prima di varcare la soglia con all’interno la sua voce isterica, Flynn e Provenza si guardarono complici:
- Ti ricorda niente? -
I due ridacchiarono per poi entrare e farsi vedere. Quando Rusty li
vide allargò plateale il solo braccio sano:
- Era ora! Avanti,
ditegli anche voi che devono dimettermi! È solo una caviglia slogata e
un braccio rotto, sto benissimo! Voglio tornarmene a casa! Non ne posso
più di questo posto di merda! - Andy paziente annuì e guardò il suo
collega Provenza implorandolo con un’occhiata d’amico di occuparsene
lui. Provenza brontolando andò facendogli notare che era lui il capo
squadra e che non poteva prendere ordini dal suo vice.
Suo malgrado andò lo stesso.
- Sei sicuro di stare
bene a parte caviglia e braccio? Non ha fatto niente? Non ti ha torto
un capello, non ti ha picchiato, abusato, nulla? Nemmeno avvelenato? -
Rusty scosse sbrigativo ed energico la testa.
Non intendeva
raccontargli tutto ovviamente, ma sapeva di dover essere convincente,
così sforzandosi lo guardò negli occhi rispondendo infastidito:
- Era convinto di
potermi portare dalla sua parte quindi mi trattava bene, all’inizio mi
ha legato poi mi ha lasciato libero, passava il tempo con me, mi dava
da mangiare... mi ha addirittura chiesto cosa volevo fare nel tempo
libero così mi è venuto in mente di chiedergli di prendermi delle cose
con cui potevate capire che ero io... ha funzionato, giusto? -
Andy sorrise a quello.
- È stato geniale,
ragazzo. Ad un certo punto le tracce sono finite e non sapevamo dove
sbattere la testa, poi Mike è venuto con questa lista di cose. In
realtà è stato Ricky. - Rusty impallidì e si raddrizzò guardando verso
la porta con ansia.
- È qua? - Andy scosse la testa.
- Non gliel’ho
permesso, ma è stato lui a dare l’allarme. Sai che è bravo coi
computer... ha detto che ha ricevuto un allarme o qualcosa del genere?
- Rusty sorrise, non aveva capito un acca di quel che gli aveva
spiegato sicuramente Ricky, ma non aveva importanza.
- Siccome non
rispondevo avrà cercato di hackerare il mio telefono, sapeva che avevo
quella di trovare Stroh e non si fidava a lasciarmi solo. Sapevo che se
non gli avessi scritto e risposto poi sarebbe entrato nel mio telefono,
gli ho lasciato un collegamento per lui con il video della mia camera.
Avete visto? - Andy annuì.
- L’ha visto lui e mi
ha subito avvertito, così abbiamo cominciato la tracciatura. Trovare la
città in cui eri e l’albergo non era difficile, avevi lasciato molti
indizi per fortuna. Purtroppo una volta in albergo con tutte le tue
cose lì, siamo finiti in un punto morto. Con le indagini normali sul
posto siamo riusciti a trovare un po’ di tracce su Stroh, ma niente che
ci aiutasse a capire dove cercare. Quando Ricky ha avvisato Mike che
erano stati fatti degli ordini per te perché erano cose che solo tu
avresti chiesto, Mike ha fatto le sue magie informatiche. Trovato i
negozi da dove venivano gli acquisti abbiamo ristretto la sua zona e
poi trovato il suo furgone siamo riusciti finalmente a trovare il
quartiere. C’erano un paio di posti adatti in zona e li abbiamo dovuti
setacciare. La polizia del luogo è arrivata per prima e gli è andata
male, purtroppo. Un attimo dopo e... - Rusty abbassò lo sguardo carico
di lacrime.
- L’avrei ucciso, Andy. - Mormorò piano. Andy si sedette nel letto con lui mettendogli la mano sulla spalla.
- Non lo puoi sapere. -
- Stavo per premere il grilletto. -
- Perché non l’hai
fatto? - chiese paziente. Rusty sollevò lo sguardo smarrito su quello
che considerava un padre adottivo, cosa che tecnicamente era diventato
ormai.
- Perché ha detto che sarei diventato come lui. -
- Pensavo di non poterlo dire ma aveva ragione. -
- Però ha anche
aggiunto che pure il non farlo mi rendeva suo... lui... lui in questi
giorni mi è entrato in testa, ho paura di cosa ha fatto. - Andy sospirò
vedendo che crollava in un pianto liberatore. Meglio piangere ora, si
disse Rusty. Non voleva farlo con Ricky e preoccuparlo ancora. Già
convincerlo a non chiudere con lui dopo di quello sarebbe stato
difficile, ma non poteva vivere senza. Ora più che mai.
“Forse però li
proteggerei tutti allontanandomi da loro, sono infetto ormai. Il virus
si è moltiplicato. Non posso che fare loro del male senza volerlo.
Specie a Ricky. Non lo merita.”
Mille pensieri
vorticavano nella sua testa uno dietro l’altro mentre piangeva
aggrappato ad un Andy calmo e dolce che cercava di fargli capire che
contavano sempre le sue scelte, alla fine, e non quel che pensava uno
psicopatico.
- Lui ti ha incasinato
il cervello, purtroppo era una avvocato brillante e sa come entrare
nella testa degli altri, ma vedrai che con l’aiuto del dottor Bowman
andrà tutto bene. Non starai bene subito, ma col tempo tornerà tutto a
posto. La violenza subita non è stata fisica ma psicologica e non
sottovalutarla. Però non c’è niente che non si possa curare. - Rusty
sollevò il capo stravolto di lacrime e fra i singhiozzi disse:
- Sei sicuro che si possa curare tutto? - Andy sorrise come un padre, con la sicurezza magica che fosse così.
- Certo. Fidati di me
per una volta. Non devi sempre fare tutto da solo! Il tuo piano era
favoloso fino al momento in cui hai deciso di agire da solo. Sarebbe
bastato farti accompagnare da un altro che rimaneva nascosto. Fingere
di essere qua da solo ma venire con qualcuno che ti seguiva a distanza
mentre Stroh seguiva te. Ma tu sei ancora abituato a pensare come se
fossi solo, nonostante tutto. - Rusty capì di averlo ferito e che aveva
ragione anche sul suo piano, ma stringendosi nelle spalle si asciugò il
viso smettendo di piangere, nonostante fosse ancora profondamente
scosso.
- È che non ero sicuro
fosse qua, prima di scomodare un indagine ufficiale o ufficiosa volevo
essere sicuro. Sapevo che potevo finire in trappola e mi ero munito,
ero certo mi avreste trovato e sapevo anche che lui non mi avrebbe mai
ucciso perché altrimenti l’avrebbe fatto quando era venuto a Los
Angeles. Non sapevo cosa voleva da me, ma sapevo, sapevo che non mi
avrebbe ucciso. - Andy scosse il capo e gli spettinò la testa per
alleggerire una situazione davvero pesantissima.
- Hai giocato col fuoco
ragazzino. Se lo rifai ti lego per un anno intero! - Rusty sorrise
accogliendo volentieri lo sdrammatizzare, in quello arrivò Provenza
vittorioso con il foglio delle dimissioni.
Si poteva tornare a casa, finalmente.