NOTE: in molti forse
l’aspettavano ed anche se l’ho scritta domenica sera, appena finita di
vedere la puntata in tv (l’ultima di stagione), solo ora l’ho corretta
e pubblicata. Nella puntata (bellissima) c’è un momento specifico in
cui Gibbs si capisce è andato a casa a cambiarsi. Ecco, la fic è
ambientata lì, non lo considero un missing moment vero e proprio ma se
volete potete vederlo anche così. Preparatevi ad un cambiamento a mio
avviso sostanzioso e sconvolgente (mentre scrivevo mi dicevo ‘ma
davvero?’) poi magari per voi è tutto normale ma secondo me le campane
stanno suonando a festa!
Povero
Gibbs…bisognava consolarlo come merita, dopotutto.
La canzone l’ho
trovata all’ultimo minuto ma è stata come un flash… i Pink Floyd mi
ispirano sempre per tutto ma per Gibbs in crisi è quasi d’obbligo.
Ebbene fra le molte ce n’è una che è un autentico capolavoro e che ha
un testo da brivido. A voi la lettura e l’ascolto. Ho messo il link per
ascoltarla nella speranza che sia corretto.
Sperando che
siate felici e di farvi con questa fic degli auguri di Natale graditi,
vi auguro anche buona lettura.
Baci Akane
LA TERZA PARTE
“Il dolce profumo di un
grande dispiacere aleggia sopra la terra,
sbuffi di fumo si
sollevano e si confondono nel cielo cupo,
un uomo sta disteso e
sogna campi verdi e fiumi
ma si sveglia il
mattino senza alcun motivo per svegliarsi.
È perseguitato dal
ricordo di un paradiso perduto
nella sua gioventù
oppure in un sogno, non sa essere preciso,
è incatenato per sempre
ad un mondo perduto.
Non è abbastanza, non è
abbastanza.
Il suo sangue si è
ghiacciato, rappreso per il terrore,
le sue ginocchia hanno
tremato e ceduto nella notte,
la sua mano si è
indebolita al momento della verità,
il suo passo ha
vacillato.
Un mondo, un'anima
il tempo passa, il
fiume scorre
E lui parla al fiume
dell’amore perduto e della fedeltà
e silenziose risposte
che turbinano inviti
scivolano scure e
turbate in un mare oleoso,
un sinistro presagio di
quello che deve accadere.
C’e’ un vento
incessante che spazza questa notte
e c'e' polvere nei miei
occhi che acceca la vista
e silenzio che parla
molto più forte delle parole
di promesse non
mantenute.”
/Sorrow - Pink Floyd/
Avrebbe di gran
lunga preferito essere lui quello accoltellato riverso sull’asfalto
davanti a casa sua.
Lo pensò di
continuo sia sul momento che molto dopo. Non fece che dirselo.
Perché
seppellire lui era come seppellire la seconda parte di sé, dopo la
prima sapeva che non avrebbe potuto reggere anche alla seconda.
Ora gli
rimaneva solo la terza, l’ultima, ma da come stavano andando le cose
non poteva che chiedersi se in realtà non l’avevesse già seppellita
senza accorgersene.
Vedendo Mike
morto fra le sue braccia e la pioggia che scendeva giù copiosamente
esternando il suo animo brutalizzato, Jethro si era chiesto se ormai
non fosse completamente solo.
Smarrito.
Quella fu la
sensazione per tutta la durata della notte più orrenda della sua vita.
E avesse avuto
tempo di chiarire quel punto.
Tony era ancora
con lui oppure no?
Gli rimaneva
ancora una parte di sé da vivere oppure aveva perso anche l’ultima
senza accorgersene?
Non voleva più
sapere niente, non voleva più cercare nessuno, non voleva più
dimostrare nulla.
Era solo stanco
e il buio lo stava divorando come il cancro di Mike che per ridicolo
era morto assassinato da quel figlio di puttana di Cobb.
Non avrebbe
vissuto molto, forse, ma chiamarlo per farlo morire fra le sue braccia
in quel modo no, così non andava bene.
Tutta la notte
con il corpo di Mike a ripensare nei dettagli alla vicenda dall’inizio
alla fine tragica e maledetta.
Tutta la notte.
Tutta.
E solo il
momento fugace in cui era arrivato Tony a dargli una felpa di ricambio
perché era ancora tutto fradicio, gli aveva restituito brevemente la
consapevolezza di essere comunque ancora vivo.
Comunque.
Non gli aveva
chiesto niente, quella maglia era a casa, Tony era andato e gliel’aveva
portata sapendo che altrimenti sarebbe rimasto bagnato il resto dei
suoi giorni. Poi come se fosse naturale e stessero insieme non solo per
loro due ma anche per tutti, aveva continuato con l’indagine a fare
quello che doveva.
Non si erano
presi momenti, sarebbe stata una forzature e poi Jethro voleva stare
solo con Mike fino a che non sarebbe stato più forte per uscire dalla
dannata sala autopsie e continuare quel che rimaneva della sua vita, se
qualcosa ne rimaneva.
Vedere però
Tony e capire che aveva pensato a lui spontaneamente, gli aveva fatto
capire che qualcosa c’era ancora, da portare avanti.
Quindi non gli
era pesato troppo guardare l’autopsia di Mike, anzi. L’aveva aiutato in
un modo contorto a capire che era veramente morto e non era stato solo
un maledetto incubo.
Tutto avanti.
Tutto sempre
avanti.
Ma come?
In che modo?
Separarsi a
quel modo da Mike era come tagliare un cordone ombelicale e alla sua
età era strano parlare ancora in quel modo, ma come poteva dire cos’era
quell’uomo per lui?
L’aveva salvato
dall’abisso della morte di Shannon.
Quanto gli
doveva?
Tutto.
Se ora era così
lo doveva solo a lui.
Ripensò
inevitabilmente alla discussione con Tony, al fatto che gli aveva detto
che non poteva essere l’agente Gibbs anche a casa con lui e si sentì
smarrito: ormai non sapeva bene più nemmeno chi era a quel punto.
Aveva solo
bisogno di qualcuno che glielo ricordasse, che glielo dicesse.
Perché in quel
momento non si sentiva per niente un agente speciale e nemmeno un
marine. Con Shannon, la prima parte di sé, era stato un marine ma con
la sua morte l’aveva sepolto. Con Mike, la seconda parte di sé, era
stato un agente speciale ed ora avrebbe seppellito anche quello. Adesso?
Adesso cos’è
che era in realtà?
Cosa stava per
diventare?
Cosa stava per
succedere?
Ma fu tutto
troppo veloce per fermarsi a pensarci, tutto troppo frenetico, perché
le indagini andarono avanti ad un ritmo crudele senza la possibilità di
respirare e di vedere di sé.
Sarebbero
andati così senza il tempo materiale di parlare da soli un secondo fino
alla fine del funerale, se prima Tony non si fosse preso di forza un
momento con lui.
All’arrivo del
segretario della marina per un colloquio con Vance e vedere una volta
per tutte il macello che era successo in così poco tempo, un macello
che in realtà lo riguardava molto più di quel che era disposto ad
ammettere, Jethro andò a casa a cambiarsi e farsi una doccia.
Era giorno
inoltrato quando se ne andò trovando un momento per tirare il fiato e
quando arrivò a casa si stupì di non trovarla vuota.
Tony
l’aspettava in cucina ed era ai fornelli. Come se potesse anche solo
pensare di mangiare qualcosa… era dalla sera precedente che non
mangiava niente e pensava benissimo di andare avanti così.
Per un momento
pensò di aver sognato tutto sin dall’inizio, di aver sognato il loro
litigio, il momento in cui si erano lasciati, quando Tony si era
stupidamente messo con EJ per dargli un’altrettanta stupida lezione,
tutte le varie tensioni fra loro, la morte di Mike.
Per un momento
pensò di aver sognato tutto e si chiese se non stessero ancora insieme.
Sospirò
impercettibilmente in un modo che comunque non si poteva interpretare
ed avanzò stanco fino alla cucina, si appoggiò allo stipite e col capo
piegato di lato lo guardò preparargli della pasta.
Si sarebbe
accasciato a terra se non fosse stato così resistente. Non era
fisicamente stanco, solo interiormente.
Tony si accorse
di lui in un secondo momento e con un’espressione che era un misto fra
il dolce ed il dispiaciuto, disse piano:
- Pensavo non
venissi più! Non potevo di certo mangiarmi tutta questa pasta da solo!-
Alla smorfia spontanea di Jethro che indicava il suo stomaco chiuso a
mille mandate, l’altro proseguì come un treno mettendo tutto nei
piatti, la tavola era già apparecchiata per due. - E’ la mia pasta
speciale ed ormai l’ho fatta, quindi non puoi rifiutarti. Lo so che ti
piace. Alla carne non metto mai mano perché sei tu l’esperto ma per dei
primi sono il re. Su, vieni a sederti. - Che poi fosse effettivamente
ora di pranzo era un altro paio di maniche ma che Jethro non avesse
veramente fame era altrettanto inconfutabile.
Sospirò del
tutto intenzionato a protestare e mandarlo a quel paese ma Tony lo
precedette di nuovo andandogli davanti:
- Da quanto non
mangi? - La sua espressione eloquente indicò che era molto, quindi
perentorio se lo prese e se lo trascinò al tavolo per il braccio.
Quando si sedette non era ancora convinto di mangiare ma si decise
quando lo pregò facendosi serio.
- Per favore,
manda giù qualcosa. Non puoi affrontare il resto dell’indagine a
stomaco vuoto. Poi una bella doccia ti rimetterà in sesto. -
La cosa bella
non fu che poi Jethro si mise davvero a mangiare, ma che non si erano
messi d’accordo per venire a casa né tanto meno lui aveva accennato ad
anima viva che stava per andarci. Ad un certo punto semplicemente Tony
era sparito prima di lui e basta, poi se l’era ritrovato lì.
Bello era anche
il modo in cui si era comportato, come se stessero ancora insieme e se
fossero ancora scene normali, per loro. Come se invece non facessero un
pranzo insieme così da settimane.
Ma bello fu
anche come rimasero insieme il resto del tempo, con naturalezza, senza
dirsi stupide parole di circostanza o fare gesti forzati.
Tony sapeva
perfettamente cosa serviva a Jethro e sapeva anche come farglielo fare,
di conseguenza non si perdeva in eccezioni che non sarebbero stati
volontari ma solo un ulteriore pesantezza.
Non stavano
insieme, era tutto difficile fra loro, ora, capire cosa fosse
appropriato e giusto fare era davvero utopistico in quel momento, ma a
Tony non importava perché andava per priorità.
Prima di tutto
prendersi cura di lui, poi decidere il da farsi ed eventualmente
chiarirsi e parlare della loro situazione personale.
Prima di quello
c’era molto altro.
Alzatosi in
piedi dopo aver mangiato solo metà, finalmente disse qualcosa.
- Non chiedermi
di più. Vado a farmi una doccia. - Aveva addosso ancora la felpa che
gli aveva preso Tony quella notte.
- Sistemo un
po’ qua e preparo il caffè, intanto. - Sarebbe stato fuori luogo andare
su con lui e consolarlo come una volta avrebbe fatto, capire cos’era il
caso di fare però non era comunque facile. Se l’era voluta lui.
Capiva che non
era né da amici né da colleghi di lavoro prendersi cura l’uno
dell’altro nemmeno in quel modo, seppure cercasse di mantenere un certo
contegno e distacco, ma il momento di abbracciarlo senza sembrare
eccessivo era passato, farlo ora sarebbe stato… cosa sarebbe stato?
Era proprio
questo che non riusciva a capire.
Eppure andare a
casa per primo prevedendo che l’altro sarebbe arrivato a breve e
preparargli il pranzo obbligandolo a mandare giù qualcosa non era
intimo comunque?
Non era da
compagni?
Quando il caffè
fu pronto si rese conto che era troppo che era sotto la doccia e
preoccupandosi tornò a spegnere ogni ragionamento che non aveva ancora
smesso di fare per un secondo e salì le scale.
Non ci rifletté
un istante, aprì subito la porta del bagno e come se già sapesse lo
stato in cui l’avrebbe trovato, guardò subito nella doccia.
Il rubinetto
era ancora aperto e Jethro era lì sotto il getto con gli occhi sgranati
e fissi nel vuoto. Capì che stava rivivendo per la millesima volta quel
giorno e quella notte e che la colpa era stata del rumore dell’acqua
che sembrava lo scroscio della pioggia.
Si avvicinò
all’istante e chiuse il rubinetto, quindi senza ancora parlare
l’avvolse nell’asciugamano.
Non era mai
successo che fosse lui a vedere di Jethro a quel modo. Alle volte era
capitato che Tony si dimostrasse particolarmente attivo e premuroso, ma
adulto a quel modo, così tanto, no.
Lo cinse e lo
fece uscire dal box, quando fu sul tappeto e le gocce erano l’unico
rumore che riempiva l’aria, lo sguardo pregno del suo viso segnato e
assente, mormorò piano e delicato:
- Jethro…
-Cercava di non chiamarlo per nome a casa per non confondersi a lavoro
e destare sospetti, però farlo fu come sottolineare come invece le due
cose erano lontane anni luce.
Casa e lavoro.
Lui era sempre
lo stesso, ma il luogo no, cambiava il modo in cui ci si poteva
mostrare in un posto e nell’altro.
Quella era la
differenza. E serviva, oh, serviva enormemente, un posto dove poter
essere sé stessi e stare bene, fragili, deboli, dove poter piangere e
disperarsi o fare degli stupidi capricci ed essere diversi
dall’incrollabile agente pronto.
Ecco perché
Tony aveva insistito tanto.
- Dai, vieni in
camera… - Non c’erano assolutamente altre intenzioni di mezzo se non
asciugarlo e vestirlo, ma si trovò immerso nel suo dolore molto prima
di quel che avrebbe immaginato ed una volta che lo lasciò per tirare
fuori dei vestiti puliti, lo trovò seduto nel letto.
Era come in
catalessi e non era normale per lui perché sebbene avesse passato la
notte con un morto e avesse visto persino la sua autopsia, ritrovarsi a
distanza di ore in quello stato non poteva essere normale.
Tony si
preoccupò e si sedette nel letto con lui lasciando perdere i vestiti,
lo guardò ancora per un po’ e quando capì che se non avesse fatto
qualcosa sarebbe rimasto così per sempre, col cuore che saliva in gola
e la paura gelida che l’attanagliava da dentro, sapendo che non avrebbe
detto niente e che non poteva essere lui a parlare come sempre, specie
perché lì erano a casa e potevano anche stare in silenzio e capirsi lo
stesso, lo abbracciò protettivo e dolcemente.
Gli trasmise la
sua sicurezza e la sua forza, quindi se lo tenne a sé come se fosse lui
quello che gestiva sempre le cose fra loro, la parte più forte e
granitica.
Solo dopo che
le sue braccia se lo strinsero per un tempo interminabile, Jethro si
decise ad esprimere una piccola parte di quel che si agitava tanto
dentro annullandolo a quel modo.
Ed era bello
farlo mentre le sue mani calde l’accarezzavano delicatamente, era bello
il modo in cui lo faceva sentire.
- Com’è la
terza parte di me? - Aveva sempre pensato di essere diviso in tre, da
quando si era messo con Tony, ma solo ora si chiedeva a che punto fosse
e che significato potesse esserci nella terza.
Tony non aveva
mai saputo di questi suoi pensieri ma non faticò a capire a cosa si
riferisse, non dopo la morte di Mike. Si era aspettato un discorso
simile, qualcosa che comunque lo collegasse sia al suo mentore che a sé
stesso.
- Io? - Chiese
ben sapendo che doveva essere una cosa simile. Jethro annuì parlando
poi in modo quasi impercettibile.
- La prima
parte era Shannon, il marine, la seconda Mike, l’agente speciale. La
terza sei tu, ma cosa sono io? - Era uno dei suoi modi estremamente
contorti per chiedergli se potevano mettere fine a tutto e tornare
insieme, Tony lo capì e ne rimase colpito perché era come se avesse
appena ceduto, se avesse ammesso che dopotutto aveva ragione a dire che
c’era qualcosa di sé che doveva cambiare per poter andare avanti
insieme. Era un modo molto contorto per dargli carta bianca ma
soprattutto chiedergli di tornare insieme era una cosa che il vecchio
Jethro non avrebbe mai fatto. Si sarebbe semplicemente ripreso Tony con
la forza.
Il più giovane
rimase spaesato ma fu un secondo e sentendosi di nuovo quello che
doveva curare, quello di cui il suo compagno aveva un disperato
bisogno, gli tirò su il viso e prendendoglielo fra le mani mormorò di
nuovo con fare adulto, come se fosse lui il più forte dei due, quello
incrollabile, quello che gestiva e che dava.
- La terza
parte di te è l’uomo che ama e vuole essere amato a sua volta. - Non
ebbe dubbi, era come se lo sapesse da moltissimo tempo e quando lo
disse vide gli occhi di Jethro riempirsi di lacrime in modo
estremamente fragile e sentito. Non uscirono, non riuscirono perché le
labbra di Tony si chiusero sui suoi occhi, si premettero leggere ma
sicure e rimasero a baciargli le palpebre ora chiuse. Stava di nuovo
respirando, stava tornando lentamente.
Comunque il
colpo di grazia Tony glielo diede quando decise di sigillare quella
tappa sconvolgente delle loro vite e sceso all’orecchio mormorò piano,
sempre tenendogli il viso fra le mani:
- Vuoi che ti
ami? - Una domanda strana specie dopo tutti gli anni che erano stati
insieme fra alti e bassi. Molti i bassi ma parecchi anche gli alti. Di
passi in avanti ne avevano fatti ma arrivare a quello, alla cima, fu
estremamente bello e splendido.
Specie perché
le lacrime questa volta scesero traditrici in somma a tutto quello che
in poco tempo aveva vissuto. Dal momento della loro rottura alla morte
di Mike e poi al mettersi in discussione come persona.
La risposta di
Jethro non furono solo le lacrime ma anche il cercare le sue labbra con
disperazione.
Le trovò e
tornò alla vita dopo essere morto di nuovo.
Trovò sollievo
e ossigeno, respirò e ogni cosa andò al suo posto, tutto quello che
ultimamente era andato sempre più storto, sempre peggio.
Nel momento in
cui le lingue si incontrarono nelle labbra sigillate e fuse, fu tutto
un risalire repentino ma in modo diverso da come l’avevano fatto in
precedenza.
Fu qualcosa di
nuovo specie perché a gestire la situazione fu questa volta Tony, in
risposta alla sua richiesta specifica per cui aveva lottato tanto in
quel periodo.
Continuando a
baciarlo, gli sciolse l’accappatoio dove l’aveva avvolto e con una
lentezza quasi esasperante lo fece scivolare giù dalle braccia. Jethro
non si mosse lasciandolo fare.
La sua pelle
era morbida e profumata, appena ancora un po’ umida.
Dopo di che
cominciò a slacciarsi da solo la camicia e quando se la tolse si alzò
per slacciarsi i pantaloni. Non se li tolse ma tornò sul letto dov’era
l’altro, mise un ginocchio e poi riprendendo le sue labbra lo spinse
con una mano in modo da spostarlo indietro sul letto e tirare su i
piedi.
Avanzò con lui
salendo anche con l’altro ginocchio e quando fu nella posizione che
voleva, si tirò su di nuovo guardandolo con sguardo complice in una
muta richiesta seducente.
Jethro si
ritrovò con la gola secca e capì cosa sarebbe successo ma non solo.
Capì che gli
sarebbe piaciuto.
Fu allora che
gli abbassò gli indumenti che gli rimanevano addosso e dopo averglieli
tolti del tutto, si riempì lo sguardo del suo corpo nudo che gli era
mancato incredibilmente.
Di nuovo suo,
di nuovo nel loro letto, di nuovo lì per lui.
Tony tornò su
Jethro e lo spinse fino a stenderlo, lo carezzò con le labbra e
cominciò ad assaggiarlo, aveva il sapore ubriacante che si ricordava ma
gli sembrò più intenso per il tempo che aveva dovuto farne a meno.
Scivolò dal viso all’orecchio e poi giù sul collo. Non importava niente
se poteva trovare ciò per cui aveva duramente lottato.
E sapevano
entrambi che in un modo o nell’altro sarebbero tornati insieme, ma
così… così nemmeno Jethro l’avrebbe immaginato.
Si era perso la
maturità di Tony dietro alla convinzione che mettersi con un’altra per
ripicca era una cosa da bambini. Non aveva saputo vedere oltre quel
gesto e cosa poi era riuscito ad ottenere e fargli capire.
Un mezzo anche
un po’ sporco in realtà e tremendamente brutale e fastidioso, ma adesso
era lui che lo stava curando e che si stava assicurando che si
risollevasse. Era lui che faceva la sua ancora di salvezza. Era lui che
era tutto, ora.
Come ci era
riuscito non lo sapeva ma sapeva che in ufficio sarebbe stato sempre
tutto come sempre nonostante lì sembrasse che i ruoli si fossero
scambiati.
Tony scese con
sicurezza rivelandosi molto più seducente di quanto non lo fosse mai
stato e Jethro decise semplicemente di abbandonarsi a tutto.
Quelle
sensazioni meravigliose gli erano mancate, non sapeva quanto avrebbe
potuto farne a meno ed il fatto che lui fosse più intraprendente e
sicuro gli piaceva alla fine. Era deleterio in realtà, lasciarsi fare,
lasciarsi assaggiare, lasciarsi prendere.
Lasciarsi
curare.
Lasciarsi
tirare su.
Lasciarsi
modellare.
Lasciarsi
andare.
Il piacere salì
più intenso che mai sotto le sue labbra che lo facevano suo, quel
calore violento gli era mancato e gli sembrava talmente diverso da
sempre che non poteva avere paragoni.
Quando per poco
non si abbandonò troppo, si sentì quasi idiota.
Ma gli era
mancato così tanto?
Poteva essere
così bello stare con lui in quel modo e farsi fare?
Quando lo vide
tirarsi su in ginocchio capì al volo cosa voleva e si tirò a sua volta
su a sedere, lo prese fra le mani e ricambiò il piacere che aveva
appena provato. Si riempì la bocca di lui assaporandoselo come se fosse
diverso e trovò le spinte del suo bacino devastanti.
Tornò ad
eccitarsi e quando si ritrovarono di nuovo con le bocche agganciate ed
i corpi che si strofinavano l’uno sull’altro con possessività e al
tempo stesso una dolcezza che lui non aveva quasi mai saputo metterci,
trovò Tony appropriato per quella volta.
Perché la
voglia di piangere Mike continuava ad affacciarsi comunque ed avere
l’unica persona in grado di consolarlo che lo faceva volare in quel
modo, fu appropriato e basta.
Lo sentì
scendere di nuovo fino a finire fra le sue gambe ed una volta che ebbe
la sua parte fino a quel momento inviolata, la fece sua con la bocca e
le dita che lo penetrarono piano piano consapevole di cosa sarebbe
venuto dopo.
A Jethro sembrò
strano ma dopo i primi momenti si trovò preda di un piacere crescente.
Perché un animo
in pezzi poteva ricostruirsi solo con un atto d’amore simile?
Se lo chiese
mentre prendevano delle posizioni più congeniali ma si perse la domanda
quando lo sentì entrare.
In vita sua
mai, mai, avrebbe pensato di trovarsi a ricevere qualcuno in quel modo,
di essere lui la parte passiva, di trovarsi a quel punto.
Mai avrebbe
pensato ed invece dopo quel centinaio di domande di rito, tutto fu
spazzato via dalla sensazione fisica di Tony dentro di sé. Una
sensazione devastante che non fu subito piacevole.
Fu meglio
quando riprese a muoversi dopo i primi secondi di sospensione, il fiato
gli era appena tornato e sentirlo muoversi in sé fu dapprima atroce ma
poi andò più facilmente.
Per Tony fu
stranissimo raccogliere la sua anima in pezzi in quel modo, ma mano a
mano che i movimenti in lui continuavano li ritrovava tutti riuscendo a
ricomporli così come Jethro li aveva persi.
Quando li ebbe
rimessi tutti insieme, i loro gemiti riempivano la stanza insieme come
avevano sempre fatto fino a qualche tempo fa, come se non avessero mai
smesso, come se anche quelle posizioni nuove fossero sempre le stesse.
Fu quando si
ritrovarono insieme ricomposti come prima ma nuovi al tempo stesso, che
si sentirono finalmente bene.
Tutto andò a
posto. Al suo posto.
Tutto fu
perfetto in quel momento, il momento dell’orgasmo, quando il piacere fu
massimo e si sentirono al punto da vedersi pur con gli occhi chiusi.
Fu un momento
perfetto.
Finalmente,
dopo tutti quelli che avevano portato rabbia e sofferenza, rimase ciò
che a fatica avevano conquistato.
Ed eccoli lì,
ce l’avevano fatta.
Ora avrebbero
potuto affrontare tutto il resto, qualunque cosa fosse stata.
Quando si
ritrovarono di nuovo stesi l’uno con l’altro per quel secondo che
rimaneva prima che il cellulare di Tony suonasse per lavoro,
abbracciati ed insieme come da tempo non lo erano, si beò di quella
felicità totale che ora avevano nonostante la dolorosa perdita atroce e
quel maledetto caso ancora in sospeso.
Se ne beò e con
gli occhi lucidi capì di avercela fatta ed aver vinto, capì di aver
fatto bene a non cedere, capì cosa aveva appena raggiunto.
Ciò che aveva
sempre desiderato.
- Voglio solo
questo per sempre. Così come siamo ora. - Jethro ancora un po’ stordito
per quella novità interiore appena raggiunta più inconsciamente di quel
che sembrasse, gli baciò la fronte capendo che comunque in ogni caso
anche se strano era giusto così. Per una volta aveva avuto ragione lui.
Per una volta.
Perché se non
si era disposti ad essere ciò che si era prima di ciò che si faceva,
non si poteva raggiungere la vera serenità.
Quello che
aveva trovato quella volta fu il traguardo più bello in assoluto.
- Grazie per
aver insistito. -
Mormorò poi
concependosi senza bisogno di dirsi altro.
Qualunque esito
avesse avuto quella dura indagine, la loro l’avevano appena risolta ed
era sicuramente quello che contava veramente.
FINE