NOTE: eccola qua
un’altra fic, penso che qualcuno sia contento. Dunque dunque dunque.
Guardavo la puntata di ieri sera, quella sul fatidico incontro di Gibbs
e Tony (*__* meraviglia) e mi è venuto un colpo perché io penso tipo
molti anni fa or sono ho scritto quello che per me era il loro incontro
e lo potete leggere in My December. Diciamo che non era proprio il
primissimo ma il seguito al loro primo e nella fic facevo intendere che
poi le cose erano andate in un certo modo. Un modo che poi si è
rivelato vero, se non -mi pare- qualche piccolo dettaglio differente
(si parla sempre al di là dello slash ovviamente). Bè, sostanzialmente
ho fatto una predizione non da poco e ne sono orgogliosa perché non
serve che cambi dicitura alla fic perché in realtà potrebbe essere
perfettamente plausibile alla luce di quello che ora si sa è successo.
Allora non ho potuto non scrivere il seguito di Momentaneamente -la fic
di due settimane fa sulla gelosia di Gibbs e sul fatto che al momento
lui e Tony si sono lasciati- e quindi quello di questa puntata. Orgogliosa
di tanto bello slash su questi due che di volta in volta aumenta invece
che calare, vi presento questa fic che, so bene, necessita di un
seguito, quindi state tranquilli, tirerò fuori qualcos’altro. Ringrazio
tutti quelli che leggono e commentano. Buona lettura. Baci Akane
Anche qua per
ascoltare la canzone basta cliccarci sopra.
NON CEDERE ORA
Forse aspettare
d’archiviare il caso è un po’ esagerato, ma di certo prima non sarei
mai riuscito ad affrontarlo.
Un problema per
volta.
Entro in quella
che è casa nostra dove so di trovarlo al solito posto, quindi scendo
subito le scale e consapevole che lui è là mi sento subito sollevato.
È assurdo,
forse. Immagino di sì e per questo non esprimerò mai questo concetto
anche se so che lui lo sa.
Che mi basta
entrare qua dentro e vederlo a fare sempre le stesse cose per sentirmi
meglio, per avere la sensazione di stare a casa.
Al di là del
fatto che poi questa fra alti e bassi è comunque sempre stata casa mia
perché convivo con lui da un paio d’anni, ormai, ad eccezione di quando
torno nel mio appartamento perché litighiamo e ci lasciamo
momentaneamente.
Mi sento a casa
perché è sempre tutto come lo lascio, come è sempre stato, come so non
cambierà mai.
E so anche che
è stupido da parte mia pretendere che Gibbs la pianti di fare il capo
anche a casa e nella vita privata, che separi lavoro da vita
sentimentale, perché per lui va sempre tutto di pari passo, è sempre
stato così e sempre sarà. È così che ci siamo messi insieme, dopotutto.
Perché anche a lavoro era come se vivessimo insieme e fossimo
fidanzati, perché si comportava come il mio uomo e non potevamo più non
integrare il tutto fra le lenzuola.
Ma a lungo pesa
avere il tuo capo fra le lenzuola e vorresti solo il tuo uomo e basta.
A volte penso
di poter fare il miracolo.
Io riesco a
separare il Tony agente speciale dell’NCIS ed il Tony fidanzato di
Jethro.
Lui no.
Che col tempo
abbia imparato a darmi piena fiducia è bello ed è una cosa che è
cambiata negli anni, è per questo che comunque spero che un giorno
possa smetterla di comandarmi anche a casa, quindi tento coi miei
espedienti da giocatore d’azzardo come fidanzarmi con quest’altra
agente, EJ, che so che a lui sta profondante sulle scatole.
Bè, non è che
le stia sulle scatole per chissà quale enorme difetto insormontabile.
Le sta sulle scatole perché sta con me.
Piani e
sotterfugi a parte, dopo questa giornata massacrante come faccio a non
aver bisogno di casa?
So che al
momento ci siamo lasciati e non sto più qua, ma è come se non ci
fossimo mai separati davvero. È come se non fosse mai cambiato niente,
anche se è vero che ultimamente le cose sono complicate, fra noi.
Non fa una
piega quando mi sente arrivare, come sempre, come se fosse normale
anche in questo periodo.
Io sorrido
appena. Comunque certe cose non possono cambiare, non devono, non
andrebbe bene se cambiassero.
Mi siedo sulla
sedia che gli ho imposto di tenere qua sotto. Prima non aveva un solo
posto dove sedersi ed era scomodo passare le serate con lui sulle scale…
Mi siedo e
prendo i bicchieri che, sempre per me, ha cominciato a tenere quaggiù
qualche tempo fa, prendo la bottiglia di bourbon e come di consueto
alla fine delle giornate più dure verso per entrambi, quindi gli do il
suo, tintinniamo i bicchieri e beviamo un sorso.
Sta lavorando
su un piano di tavolo normale, è molto grande ed è sempre qualcosa a
che fare col legno. Almeno si è evoluto e non fa più solo barche. È da
un po’ che fa anche altri lavori, credo ristrutturi vari mobili in
legno, non mi sono mai soffermato troppo su queste sue cose manuali a
parte quando non mi obbliga a dargli una mano.
Bè, a volte le
cose evolvono anche se non ce ne rendiamo conto o non ci sforziamo di
farle evolvere.
Fra noi
tantissime cose si sono evolute in tutto questo tempo, è solo che
vorrei che facesse anche quell’ultimo piccolo salto, mentre altre…altre
cose devono rimanere assolutamente come sono. Come lui che la sera
viene qua sotto a lavorare a qualcosa col legno per scaricare i nervi e
dopo giornate particolarmente dure si può bere bourbon insieme.
Torna al suo
lavoro manuale in silenzio ed io mi accomodo al di qua del tavolo, mi
appoggio sopra come qualche sera fa avevo fatto per litigarci e sospiro.
È ora di
parlare, ora di tirare fuori un po’ di cose. Dopo un caso simile è
proprio ora…
- Questo caso
mi ha fatto venire in mente quando ci siamo conosciuti. - So che ci ha
pensato anche lui per tutto il tempo. È stato proprio quando poi ho
deciso di lasciare la polizia di Baltimora e venire qua.
Inizialmente
ero venuto qua e basta, senza sapere cosa fare e perché. Ero depresso e
arrabbiato, mi sentivo tradito dal mio partner corrotto e non sapevo
proprio che fare.
Lui mi ha
trovato, mi ha raccolto, mi ha tenuto in casa, abbiamo parlato, mi ha
fatto capire che lui non era come gli altri a Baltimora che mi avevano
deluso e che se volevo lì c’era un posto e poi quando il giorno dopo
sono andato da lui in ufficio per ringraziarlo dell’ospitalità senza
sapere come fare per entrare effettivamente nella sua vita come mi
aveva offerto la sera prima in modo molto contorto, mi ha portato
nell’ufficio di collocamento dell’agenzia.
Mi ha ridato
tutto, la mia fiducia per la giustizia e la voglia di combattere lo
schifo intorno a me.
Mi ha ridato un
senso, un obiettivo, una vita.
Non gli devo
solo i miei sentimenti, gli devo anche l’uomo che sono. Gli devo tutto
veramente e quando glielo dico perché a lavoro faccio qualche cazzata
non è tanto per dire, è proprio vero e lui lo sa.
Alzo lo sguardo
e l’osservo ammaliato dalle sue mani che continuano a muoversi con un
attrezzo di precisione e rimango anche stralunato quando senza smettere
di muoversi mi chiede come ha fatto ieri nel pieno del caso.
- Come stai?
-Mi ha spiazzato ieri e mi spiazza ora e sono certo che se continuasse
mi spiazzerebbe ancora, fortuna che il caso è finito.
Ci siamo
lasciati, non è tenuto ad essere così premuroso nei miei confronti e
capisco che c’è il contro ma anche il pro, nell’essere fidanzato con
lui che è il mio capo. A casa fa il mio capo lo stesso ma a lavoro fa
il mio fidanzato.
È davvero un
gran casino, per questo ha creato poi la regola numero dodici. Perché
le relazioni coi colleghi sono allucinanti.
Mi stringo
nelle spalle e sospiro.
- Ho seppellito
comunque un amico. - Mormoro. È una cosa complicata e lui lo sa perché
l’ha vissuta con me da vicino ed è stato incredibile allora come
adesso. È capace di tanta brutalità quanta delicatezza.
- Mi ha spinto
ad andarmene dalla polizia e a venire qua, mi ha spinto a non credere
in tante cose per poi credere di nuovo grazie a te. È stato diciamo la
causa del nostro inizio. Tutto quello che c’è stato dopo nel corso
degli anni non ci sarebbe stato se lui non fosse stato corrotto e non
mi avesse fatto infuriare al punto da mollare tutto ed andarmene e
venire qua da te. Mi ha fatto stare male, mi ha fatto sentire tradito,
deluso e depresso ma poi grazie a quello ho trovato un posto, una
famiglia, una vita, l’amore. Te. Cosa posso dire? Non sto bene,
comunque mi ha forgiato in qualche modo anche se poi sei stato tu a
farmi diventare ciò che sono. Anche se mi ha fatto del male, era un mio
amico, una persona che ha contato molto per me. -
Alla fine lo
sfogo è arrivato, non è stato agitato o infuriato, non ho una vera
tensione da sciogliere, sono solo demoralizzato e confuso.
Confuso perché
non riesco a capire come devo classificare il mio amico. È morto, aveva
cercato di redimersi smascherando il nostro capo che era il pezzo
grosso corrotto del dipartimento e nel tentativo è stato ucciso proprio
da lui.
Che posso dire?
Che posso
pensare?
Mi aveva fatto
male all’epoca, mi aveva fatto andar via. Poi ho cambiato vita, voltato
pagina, sono andato avanti, diventato un altro, trovato il mio posto,
la persona con cui comunque so che passerò il resto della mia vita.
- Penso solo
che se avessi avuto il cellulare con me ed avessi preso la sua chiamata
e l’avessi rivisto, poi sarebbe ancora vivo. O magari l’avrebbe ucciso
lo stesso ma sai come sono fatto, mi sopravvaluto molto. -
Gibbs
finalmente mi interrompe e con la sua fermezza di sempre parla come se
stessimo insieme e non ci fossimo presi una delle tante pause ed io non
stessi con EJ.
- Anche io
penso ancora oggi che se fossi andato io con Jen quel maledetto giorno
a Los Angeles dove invece c’eravate tu e Ziva, lei sarebbe ancora viva.
Ma magari sarebbe morta lo stesso ed io le avrei fatto compagnia.
Dopotutto c’era Mike, non potevo certo essere meglio di lui, no? Credo
sia un vizio comune sopravvalutarsi. - Non lo dice per deprimermi
ulteriormente, lo so, lo fa solo per farmi capire che è come me e che
devo piantarla di piangermi addosso.
Sorrido appena
ma è un sorriso triste e so che a lui non piacciono.
Come diavolo si
affrontano situazioni simili?
Improvvisamente
ripenso ai trascorsi di questi giorni e all’ultima discussione avuta
proprio su questo tavolo, quindi sempre continuando ad osservarlo
questa volta ricambiato, parlo ancora a ruota libera e con calma, con
naturalezza.
- Le cose fra
noi ultimamente sono proprio incasinate… - Esordisco così e lui con un
guizzo di ironia alza il sopracciglio facendomi intendere che dire
incasinate è usare un eufemismo, così continuo sempre sullo stesso
tono. - sì, lo so che è colpa mia. Non sei tu che vai a letto con un
più o meno collega di lavoro per far incazzare il tuo ex che poi
corrisponde anche al tuo capo, le cose me le sono incasinate da solo e
consapevolmente. Ma non puoi pensare veramente quello che hai detto
qualche giorno fa. - Alla fine non siamo riusciti a finire il dialogo
perché Abby ci ha interrotti e siccome non riusciva a parlare con Gibbs
ha chiamato me sapendo che ero con lui. Anche questo mi ha fatto
pensare, ma poi il caso che seguivamo ha preso il sopravvento ed
abbiamo dovuto andare oltre e lasciare tutto in sospeso.
Però mi è
rimasto qua quel che mi ha detto e lui lo sa.
- Cosa di
preciso fra tutto quello che ti ho detto? - Chiede provocatorio
mettendo giù l’attrezzo e dedicandosi solo al bere. È una fortuna che
questo maledetto tavolo ci separi, penso che non riusciremmo a non
toccarci con la sola nostra volontà. Non è una situazione normale, la
nostra.
- Come puoi
pensare che io non riesca a coprirti le spalle e ad essere lucido a
lavoro solo perché sto con un’altra? -
È una scusa
grande come una casa, è geloso e non vuole che stia con qualcun’altra
solo per dargli una lezione e quindi tira in ballo il lavoro. Ma lo sa
che io sono sempre l’agente efficiente di sempre e che gli coprirei le
spalle col mio stesso corpo, se necessario. Lo sa. Lo dice solo per
ferirmi.
Del resto siamo
pari, anche io sto con un’altra solo per ferirlo. Per fargli capire che
si devono separare casa e lavoro.
Se lui a casa
mi comanda come fossimo a lavoro, io a lavoro disobbedisco alle sue
regole come se fossimo a casa e vediamo se gli piace che faccia come
lui!
Gibbs fa
un’espressione strana, ormai riesco a decifrarle tutte ma questa
proprio no e mi secco non poco alzandomi dalla sedia.
- Sei tu che ti
sei messo con una tua collega per dare una lezione a me. Io sono il tuo
compagno ma anche il tuo capo. Non sono io che ho cominciato a
mescolare i due mondi che mi accusi di non riuscire a separare. -
Dannazione, ma
perché in un modo o nell’altro quando parliamo e discutiamo su punti di
vista diversi riesce sempre ad avere ragione?
Cos’è che non
va in me?
Riesce sempre a
rigirare la situazione come vuole, in ogni caso quello che sbaglia sono
sempre io!
Sbuffo
insofferente e comincio a camminare per lo scantinato, sono nervoso ed
ho voglia di non so nemmeno io che cosa. Forse solo di piantarla con
questa stupida battaglia fra noi due.
Ma non sono
ancora sicuro di poterla far finire.
Non ne sono
proprio sicuro, dannazione, ma lui mi offusca sempre. Ha questo potere
di mandarmi in palla, di incasinarmi tutto!
- Perché tu non
separi questi due mondi e lo vedi cosa succede se li mescoliamo? Lo
vedi? Un casino dopo l’altro. Tutto si ripercuote sul lavoro, poi.
Questo lo dici tu, comunque, non io. Me lo hai detto l’altro giorno.
Pensi che io non sia lucido quando faccio questi giochetti che
riguardano la nostra vita privata e che non sia efficiente in campo. Io
non potrei mai e dico mai non vedere di te, voltarti le spalle,
lasciare che ti succeda qualcosa. Io sarò sempre il tuo sostegno
primario in ogni campo, però ci sono certi campi che bisogna separare.
Tu non puoi essere a casa come sei a lavoro. Mi sta bene che là mi
tratti come il tuo sottoposto testa calda da mettere in riga ma non mi
sta bene che io lo sia anche a casa, che cerchi di rimodellarmi a tuo
piacere e che mi comandi. Che mi dai gli scappellotti anche quando dico
qua qualcosa che non ti va! Non siamo a lavoro, è diverso, qua stiamo
insieme ed il rapporto deve essere diverso, non può essere uguale. Io
amo la fiducia cieca che riponi in me, ti giuro, ma casa è casa e
lavoro è lavoro! -
Forse mi sono
agitato troppo ed ho parlato un po’ più nervoso di quel che pensavo, ma
avvicinarmi a lui non è stata decisamente una grande idea visto che ora
ci guardiamo da vicino, lui ancora seduto ed io in piedi accanto a lui.
Una mano sul tavolo ed una sventolata davanti al suo viso come fossi
isterico.
Innervosito da
questa infatti me la prende e me l’abbassa, odia quando gli puntano
diti contro e cose simili, ma non mi fa male e la scintilla scatta come
sempre. È sistematico, praticamente.
I brividi ci
percorrono ogni maledetta volta che ci tocchiamo per qualche motivo e
poi succede sempre.
Sempre, se si
può ovviamente. Ecco perché quando litighiamo e ci lasciamo per un
po’cerco di evitare i contatti con lui.
- Sei tu che
stai gestendo questo dannato gioco. Se lo porti avanti è solo perché a
te sta bene. Io voglio solo che tu sia il mio agente migliore sul campo
e se ti perdi in stupidaggini per la tua vita sentimentale la cosa mi
fa arrabbiare, ma non obbligo nessuno a far niente, nonostante a te non
sembri! - Parla con un tono basso e minaccioso, è seriamente arrabbiato
e penso che non mi prende a pugni solo per miracolo.
Però il sangue
mi va di nuovo alla testa e non riesco a controllarmi, a volte mi
succede e mi sento tanto Jethro in quei casi che non so proprio
spiegarmi come sia possibile!
- Ma lo sto
facendo per farti capire una cosa importante che voglio che ti entri in
quella testa dura, dannazione! Non ti parlerei mai così a lavoro ma qua
sì perché non sei il mio capo, qua, ed invece questo non ti entra in
testa e ti inalberi come un’idiota! Anche ora che ti sto dicendo questo
mi stai fissando come se volessi uccidermi! Ma lo capisci che siamo
fidanzati e che è diverso dall’essere colleghi? - Nel parlare mi è
scattata l’altra mano di nuovo per aria e sempre con un nervoso alle
stelle l’ho agitata. È esattamente qua che lui me la prende e alzandosi
in piedi per farmi smettere questi atteggiamenti che ritiene mancanze
di rispetto -esattamente il punto in cui voglio arrivare- mi rigira in
modo da imprigionarmi fra lui ed il tavolo, mi ci appoggia sopra e
rimane a pochi centimetri dal mio viso a fissarmi male e minaccioso. Se
potesse mi sparerebbe ma sa che sarebbe troppo fuori luogo.
Io allora
continuo a provocarlo perché no, non mi fa paura. Mi fa paura a lavoro,
mi fa paura nella gran parte delle cose che fa però non qua, quando
siamo uno il compagno dell’altro. Non mi fa paura qua e lui deve capire
questa linea netta di separazione. Gli sta sulle palle questa
differenza ma deve capire che è giusta e che va bene!
- Avanti, cos’è
che non ti piace di quello che ho detto? Gli insulti poco velati che ti
ho fatto? Che ho ragione e tu lo sai? Cos’è che ti da fastidio? Su! -Lo
provoco consapevole che è come uno squalo bianco in procinto di
attaccare e quando lui attacca è la fine per chiunque ed anche se
questo fa parte del suo carattere e non posso pretendere che lo cambi,
a me non interessa. Mi sta bene che rimanga così, lo amo anche per
questo suo essere così estremo. Però non mi sta bene che pensi che io
gli manco di rispetto quando lo tratto alla mia pari in queste mura. Lì
non mi sta bene, dannazione!
È esattamente a
questo punto che mi molla dopo uno scatto indomabile, si allontana ed
io questo non lo accetto perché lo fa per non esagerare e non gridarmi
di tutto, perché ha paura di passare un limite e dire cose che forse
non pensa. Mi fa infuriare. Mi fa infuriare quando pensa di non poter
lasciarsi andare come vuole quando siamo soli.
Quando pensa di
aver bisogno di trattenersi.
- Jethro,
dannazione! - Ringhio arrabbiato, quindi muovo un passo verso di lui e
lo prendo per il braccio, quindi lo giro verso di me e tenendolo lo
scuoto dopo aver perso il controllo. - Avanti, dimmi quello che vuoi,
fammi quello che vuoi. Siamo qua per essere chi siamo veramente al di
là di quello che facciamo. Non tenerti sempre le cose dentro perché
pensi che tu sei speciale e non puoi fare sempre tutto quello che ti
passa per la testa! Fallo e basta! -
Forse gli ho
detto la cosa giusta o quella sbagliata, penso dipenda dai punti di
vista, ma a questo mi si avvicina in un ulteriore scatto e quando mi
riprende di nuovo per le braccia e mi rischiaccia sul tavolo che
vacilla per un attimo, avvicina tanto il suo viso che per un momento
penso mi baci, ma poi si ferma, mi fissa come se volesse demolirmi e
poi dice concitato ed infuriato a sua volta:
- Sai cosa
voglio? Sai cosa voglio veramente? Voglio che la pianti di tirare la
corda perché prima o poi si romperà, ecco cosa voglio! Perché io ti amo
e ti voglio e non cambierà in nessun modo ma quello che sono sopra ogni
cosa è un agente federale e che ti piaccia o no è questo che sono e se
non riesci più a vivere con l’agente perché vuoi solo l’uomo che sono,
allora non vuoi veramente me! -
Vorrei
spaccargli la faccia, giuro che lo farei se non mi tenesse così forte
contro il tavolo e non mi stesse con tanta forza sopra. Perché sta
dicendo tante di quelle stronzate che merita solo un pugno!
- Anche io ti
amo e voglio te. E voglio te, non mi importa chi tu sia, un agente
federale oppure un uomo o chi diavolo vuoi essere! Non è questo il
punto, ma non lo capisci? Il punto è il rapporto, il modo in cui ci
relazioniamo fra di noi! È questo che non va! Perché mi commuove la
fiducia assoluta che abbiamo uno nell’altro ed è un sentimento talmente
forte quello che ci lega che niente, niente, potrà mai spegnerlo,
nemmeno queste litigate e queste stupidaggini di ora. E non voglio che
tu metta in discussione un solo istante questo punto, Jethro. Perché io
voglio te e basta, non mi importa chi tu sia. Sii chi diavolo vuoi ma
sii mio! È sul modo di rapportarci che dobbiamo lavorare, non sul
sentimento o su ciò che vogliamo! -
Forse dico le
cose giuste e forse ora le capisce, ma la sua risposta arriva col bacio
che mi dà che mi toglie il fiato. Forse che aveva messo in discussione
ciò che io provassi per lui o chi io volessi… ma come poteva pensarlo?
Come, dopo quello che abbiamo passato ed il punto in cui siamo arrivati?
Ricambio il suo
bacio nel giro di un istante, è qualcosa di veloce e frenetico, mi
toglie il respiro e mi fa girare la testa. Mi aggrappo a lui e lui
continua a tenermi a sé come se avesse paura che io scappi. Risalgo con
le mani sul suo viso, lo afferro e lo stringo in modo da fargli capire
che lo voglio e basta e non esistono se e ma, lo voglio punto e basta.
Ed in questo
punto sento che non riusciamo ad andare a capo ma almeno a capirci. A
capirci sì. E possiamo cominciare un paragrafo nuova di questo capitolo
assurdo.
So che non
intende smuoversi ancora dalla sua posizione perché con lui le cose non
sono mai facili, ma almeno ora ha capito perché sto facendo tutto
questo.
L’eccitazione e
la frenesia salgono, è quella famosa scintilla che scatta quando ci
tocchiamo, specie se in casi così accesi.
Non riusciamo a
fermarci, cresce tutto a dismisura fino a che non perdiamo il controllo
ed ecco che andremmo al di là, perdendoci altrove, in noi stessi,
cancellando tutto.
Ma per lui poi
non cambierebbe nulla e tutto tornerebbe come prima. Questa volta è
importante che lui capisca quello che sto dicendo.
È importante,
dannazione.
Cercando di
riprendere il controllo di me e imponendolo follemente su di lui che
non accetta mai che qualcuno gestisca qualcosa che lo riguarda,
rallento il ritmo fino a che, con fatica, non lo separo dalla mia
bocca. Lui si lamenta e rimaniamo attaccati l’uno all’altro, fronte
contro fronte, i respiri confusi, i corpi accaldati che vogliono altro,
le sue mani che mi tengono a sé.
Io che sto
morendo e che ci rimarrei tanto volentieri.
Ma sono
cresciuto, sono cambiato, mi sono evoluto e l’ha fatto anche lui,
quindi anche il nostro rapporto deve fare un ulteriore passo in avanti,
è giusto che sia così.
Dobbiamo.
Continuo a
tenere il suo viso fra le mani e non mi muovo di un millimetro, nemmeno
apro gli occhi.
Respiro e cerco
le parole in me, poi apro bocca sperando che qualunque cosa esca vada
bene.
- Tu però non
ti piegherai ancora ed io non sono disposto a farlo, perché sarebbe
come sempre e non voglio buttare tutta la fatica che ho fatto fin’ora
per arrivare a questo punto. Per me è veramente importante che tu lo
capisca, Jethro. - Non riesco a dire altro perché trovo questo momento
perfetto per andare su in camera e fare l’amore ma so che sarebbe la
cosa più sbagliata, quindi a meno che io non voglia veramente buttare
via tutto, ora devo andarmene.
Ed è la cosa
più difficile che io abbia mai fatto, ma con un sospiro doloroso lo
spingo e con fermezza solo apparente sguscio via in silenzio, mentre
lui mi fissa allucinato ed incredulo.
Salgo le scale
e me ne vado mentre io stesso non credo d’averlo fatto veramente.
Eppure chiudo
la porta dietro di me ed esco.
Perché per
quanto doloroso sia so che è giusto e che va bene così, quindi lo
faccio.
So che ne varrà
la pena. Lo so. Ne sono certo.
Così come so
che ci riuscirò.
FINE