NOTE: eccola qua un’altra fic, penso che qualcuno sia contento. Dunque dunque dunque. Guardavo la puntata di ieri sera, quella sul fatidico incontro di Gibbs e Tony (*__* meraviglia) e mi è venuto un colpo perché io penso tipo molti anni fa or sono ho scritto quello che per me era il loro incontro e lo potete leggere in My December. Diciamo che non era proprio il primissimo ma il seguito al loro primo e nella fic facevo intendere che poi le cose erano andate in un certo modo. Un modo che poi si è rivelato vero, se non -mi pare- qualche piccolo dettaglio differente (si parla sempre al di là dello slash ovviamente). Bè, sostanzialmente ho fatto una predizione non da poco e ne sono orgogliosa perché non serve che cambi dicitura alla fic perché in realtà potrebbe essere perfettamente plausibile alla luce di quello che ora si sa è successo. Allora non ho potuto non scrivere il seguito di Momentaneamente -la fic di due settimane fa sulla gelosia di Gibbs e sul fatto che al momento lui e Tony si sono lasciati- e quindi quello di questa puntata. Orgogliosa di tanto bello slash su questi due che di volta in volta aumenta invece che calare, vi presento questa fic che, so bene, necessita di un seguito, quindi state tranquilli, tirerò fuori qualcos’altro. Ringrazio tutti quelli che leggono e commentano. Buona lettura. Baci Akane
Anche qua per ascoltare la canzone basta cliccarci sopra.

NON CEDERE ORA

/ So far away - Aveged Sevendold/

Forse aspettare d’archiviare il caso è un po’ esagerato, ma di certo prima non sarei mai riuscito ad affrontarlo.
Un problema per volta.
Entro in quella che è casa nostra dove so di trovarlo al solito posto, quindi scendo subito le scale e consapevole che lui è là mi sento subito sollevato.
È assurdo, forse. Immagino di sì e per questo non esprimerò mai questo concetto anche se so che lui lo sa.
Che mi basta entrare qua dentro e vederlo a fare sempre le stesse cose per sentirmi meglio, per avere la sensazione di stare a casa.
Al di là del fatto che poi questa fra alti e bassi è comunque sempre stata casa mia perché convivo con lui da un paio d’anni, ormai, ad eccezione di quando torno nel mio appartamento perché litighiamo e ci lasciamo momentaneamente.
Mi sento a casa perché è sempre tutto come lo lascio, come è sempre stato, come so non cambierà mai.
E so anche che è stupido da parte mia pretendere che Gibbs la pianti di fare il capo anche a casa e nella vita privata, che separi lavoro da vita sentimentale, perché per lui va sempre tutto di pari passo, è sempre stato così e sempre sarà. È così che ci siamo messi insieme, dopotutto. Perché anche a lavoro era come se vivessimo insieme e fossimo fidanzati, perché si comportava come il mio uomo e non potevamo più non integrare il tutto fra le lenzuola.
Ma a lungo pesa avere il tuo capo fra le lenzuola e vorresti solo il tuo uomo e basta.
A volte penso di poter fare il miracolo.
Io riesco a separare il Tony agente speciale dell’NCIS ed il Tony fidanzato di Jethro.
Lui no.
Che col tempo abbia imparato a darmi piena fiducia è bello ed è una cosa che è cambiata negli anni, è per questo che comunque spero che un giorno possa smetterla di comandarmi anche a casa, quindi tento coi miei espedienti da giocatore d’azzardo come fidanzarmi con quest’altra agente, EJ, che so che a lui sta profondante sulle scatole.
Bè, non è che le stia sulle scatole per chissà quale enorme difetto insormontabile. Le sta sulle scatole perché sta con me.
Piani e sotterfugi a parte, dopo questa giornata massacrante come faccio a non aver bisogno di casa?
So che al momento ci siamo lasciati e non sto più qua, ma è come se non ci fossimo mai separati davvero. È come se non fosse mai cambiato niente, anche se è vero che ultimamente le cose sono complicate, fra noi.
Non fa una piega quando mi sente arrivare, come sempre, come se fosse normale anche in questo periodo.
Io sorrido appena. Comunque certe cose non possono cambiare, non devono, non andrebbe bene se cambiassero.
Mi siedo sulla sedia che gli ho imposto di tenere qua sotto. Prima non aveva un solo posto dove sedersi ed era scomodo passare le serate con lui sulle scale…
Mi siedo e prendo i bicchieri che, sempre per me, ha cominciato a tenere quaggiù qualche tempo fa, prendo la bottiglia di bourbon e come di consueto alla fine delle giornate più dure verso per entrambi, quindi gli do il suo, tintinniamo i bicchieri e beviamo un sorso.
Sta lavorando su un piano di tavolo normale, è molto grande ed è sempre qualcosa a che fare col legno. Almeno si è evoluto e non fa più solo barche. È da un po’ che fa anche altri lavori, credo ristrutturi vari mobili in legno, non mi sono mai soffermato troppo su queste sue cose manuali a parte quando non mi obbliga a dargli una mano.
Bè, a volte le cose evolvono anche se non ce ne rendiamo conto o non ci sforziamo di farle evolvere.
Fra noi tantissime cose si sono evolute in tutto questo tempo, è solo che vorrei che facesse anche quell’ultimo piccolo salto, mentre altre…altre cose devono rimanere assolutamente come sono. Come lui che la sera viene qua sotto a lavorare a qualcosa col legno per scaricare i nervi e dopo giornate particolarmente dure si può bere bourbon insieme.
Torna al suo lavoro manuale in silenzio ed io mi accomodo al di qua del tavolo, mi appoggio sopra come qualche sera fa avevo fatto per litigarci e sospiro.
È ora di parlare, ora di tirare fuori un po’ di cose. Dopo un caso simile è proprio ora…
- Questo caso mi ha fatto venire in mente quando ci siamo conosciuti. - So che ci ha pensato anche lui per tutto il tempo. È stato proprio quando poi ho deciso di lasciare la polizia di Baltimora e venire qua.
Inizialmente ero venuto qua e basta, senza sapere cosa fare e perché. Ero depresso e arrabbiato, mi sentivo tradito dal mio partner corrotto e non sapevo proprio che fare.
Lui mi ha trovato, mi ha raccolto, mi ha tenuto in casa, abbiamo parlato, mi ha fatto capire che lui non era come gli altri a Baltimora che mi avevano deluso e che se volevo lì c’era un posto e poi quando il giorno dopo sono andato da lui in ufficio per ringraziarlo dell’ospitalità senza sapere come fare per entrare effettivamente nella sua vita come mi aveva offerto la sera prima in modo molto contorto, mi ha portato nell’ufficio di collocamento dell’agenzia.
Mi ha ridato tutto, la mia fiducia per la giustizia e la voglia di combattere lo schifo intorno a me.
Mi ha ridato un senso, un obiettivo, una vita.
Non gli devo solo i miei sentimenti, gli devo anche l’uomo che sono. Gli devo tutto veramente e quando glielo dico perché a lavoro faccio qualche cazzata non è tanto per dire, è proprio vero e lui lo sa.
Alzo lo sguardo e l’osservo ammaliato dalle sue mani che continuano a muoversi con un attrezzo di precisione e rimango anche stralunato quando senza smettere di muoversi mi chiede come ha fatto ieri nel pieno del caso.
- Come stai? -Mi ha spiazzato ieri e mi spiazza ora e sono certo che se continuasse mi spiazzerebbe ancora, fortuna che il caso è finito.
Ci siamo lasciati, non è tenuto ad essere così premuroso nei miei confronti e capisco che c’è il contro ma anche il pro, nell’essere fidanzato con lui che è il mio capo. A casa fa il mio capo lo stesso ma a lavoro fa il mio fidanzato.
È davvero un gran casino, per questo ha creato poi la regola numero dodici. Perché le relazioni coi colleghi sono allucinanti.
Mi stringo nelle spalle e sospiro.
- Ho seppellito comunque un amico. - Mormoro. È una cosa complicata e lui lo sa perché l’ha vissuta con me da vicino ed è stato incredibile allora come adesso. È capace di tanta brutalità quanta delicatezza.
- Mi ha spinto ad andarmene dalla polizia e a venire qua, mi ha spinto a non credere in tante cose per poi credere di nuovo grazie a te. È stato diciamo la causa del nostro inizio. Tutto quello che c’è stato dopo nel corso degli anni non ci sarebbe stato se lui non fosse stato corrotto e non mi avesse fatto infuriare al punto da mollare tutto ed andarmene e venire qua da te. Mi ha fatto stare male, mi ha fatto sentire tradito, deluso e depresso ma poi grazie a quello ho trovato un posto, una famiglia, una vita, l’amore. Te. Cosa posso dire? Non sto bene, comunque mi ha forgiato in qualche modo anche se poi sei stato tu a farmi diventare ciò che sono. Anche se mi ha fatto del male, era un mio amico, una persona che ha contato molto per me. -
Alla fine lo sfogo è arrivato, non è stato agitato o infuriato, non ho una vera tensione da sciogliere, sono solo demoralizzato e confuso.
Confuso perché non riesco a capire come devo classificare il mio amico. È morto, aveva cercato di redimersi smascherando il nostro capo che era il pezzo grosso corrotto del dipartimento e nel tentativo è stato ucciso proprio da lui.
Che posso dire?
Che posso pensare?
Mi aveva fatto male all’epoca, mi aveva fatto andar via. Poi ho cambiato vita, voltato pagina, sono andato avanti, diventato un altro, trovato il mio posto, la persona con cui comunque so che passerò il resto della mia vita.
- Penso solo che se avessi avuto il cellulare con me ed avessi preso la sua chiamata e l’avessi rivisto, poi sarebbe ancora vivo. O magari l’avrebbe ucciso lo stesso ma sai come sono fatto, mi sopravvaluto molto. -
Gibbs finalmente mi interrompe e con la sua fermezza di sempre parla come se stessimo insieme e non ci fossimo presi una delle tante pause ed io non stessi con EJ.
- Anche io penso ancora oggi che se fossi andato io con Jen quel maledetto giorno a Los Angeles dove invece c’eravate tu e Ziva, lei sarebbe ancora viva. Ma magari sarebbe morta lo stesso ed io le avrei fatto compagnia. Dopotutto c’era Mike, non potevo certo essere meglio di lui, no? Credo sia un vizio comune sopravvalutarsi. - Non lo dice per deprimermi ulteriormente, lo so, lo fa solo per farmi capire che è come me e che devo piantarla di piangermi addosso.
Sorrido appena ma è un sorriso triste e so che a lui non piacciono.
Come diavolo si affrontano situazioni simili?
Improvvisamente ripenso ai trascorsi di questi giorni e all’ultima discussione avuta proprio su questo tavolo, quindi sempre continuando ad osservarlo questa volta ricambiato, parlo ancora a ruota libera e con calma, con naturalezza.
- Le cose fra noi ultimamente sono proprio incasinate… - Esordisco così e lui con un guizzo di ironia alza il sopracciglio facendomi intendere che dire incasinate è usare un eufemismo, così continuo sempre sullo stesso tono. - sì, lo so che è colpa mia. Non sei tu che vai a letto con un più o meno collega di lavoro per far incazzare il tuo ex che poi corrisponde anche al tuo capo, le cose me le sono incasinate da solo e consapevolmente. Ma non puoi pensare veramente quello che hai detto qualche giorno fa. - Alla fine non siamo riusciti a finire il dialogo perché Abby ci ha interrotti e siccome non riusciva a parlare con Gibbs ha chiamato me sapendo che ero con lui. Anche questo mi ha fatto pensare, ma poi il caso che seguivamo ha preso il sopravvento ed abbiamo dovuto andare oltre e lasciare tutto in sospeso.
Però mi è rimasto qua quel che mi ha detto e lui lo sa.
- Cosa di preciso fra tutto quello che ti ho detto? - Chiede provocatorio mettendo giù l’attrezzo e dedicandosi solo al bere. È una fortuna che questo maledetto tavolo ci separi, penso che non riusciremmo a non toccarci con la sola nostra volontà. Non è una situazione normale, la nostra.
- Come puoi pensare che io non riesca a coprirti le spalle e ad essere lucido a lavoro solo perché sto con un’altra? -
È una scusa grande come una casa, è geloso e non vuole che stia con qualcun’altra solo per dargli una lezione e quindi tira in ballo il lavoro. Ma lo sa che io sono sempre l’agente efficiente di sempre e che gli coprirei le spalle col mio stesso corpo, se necessario. Lo sa. Lo dice solo per ferirmi.
Del resto siamo pari, anche io sto con un’altra solo per ferirlo. Per fargli capire che si devono separare casa e lavoro.
Se lui a casa mi comanda come fossimo a lavoro, io a lavoro disobbedisco alle sue regole come se fossimo a casa e vediamo se gli piace che faccia come lui!
Gibbs fa un’espressione strana, ormai riesco a decifrarle tutte ma questa proprio no e mi secco non poco alzandomi dalla sedia.
- Sei tu che ti sei messo con una tua collega per dare una lezione a me. Io sono il tuo compagno ma anche il tuo capo. Non sono io che ho cominciato a mescolare i due mondi che mi accusi di non riuscire a separare. -
Dannazione, ma perché in un modo o nell’altro quando parliamo e discutiamo su punti di vista diversi riesce sempre ad avere ragione?
Cos’è che non va in me?
Riesce sempre a rigirare la situazione come vuole, in ogni caso quello che sbaglia sono sempre io!
Sbuffo insofferente e comincio a camminare per lo scantinato, sono nervoso ed ho voglia di non so nemmeno io che cosa. Forse solo di piantarla con questa stupida battaglia fra noi due.
Ma non sono ancora sicuro di poterla far finire.
Non ne sono proprio sicuro, dannazione, ma lui mi offusca sempre. Ha questo potere di mandarmi in palla, di incasinarmi tutto!
- Perché tu non separi questi due mondi e lo vedi cosa succede se li mescoliamo? Lo vedi? Un casino dopo l’altro. Tutto si ripercuote sul lavoro, poi. Questo lo dici tu, comunque, non io. Me lo hai detto l’altro giorno. Pensi che io non sia lucido quando faccio questi giochetti che riguardano la nostra vita privata e che non sia efficiente in campo. Io non potrei mai e dico mai non vedere di te, voltarti le spalle, lasciare che ti succeda qualcosa. Io sarò sempre il tuo sostegno primario in ogni campo, però ci sono certi campi che bisogna separare. Tu non puoi essere a casa come sei a lavoro. Mi sta bene che là mi tratti come il tuo sottoposto testa calda da mettere in riga ma non mi sta bene che io lo sia anche a casa, che cerchi di rimodellarmi a tuo piacere e che mi comandi. Che mi dai gli scappellotti anche quando dico qua qualcosa che non ti va! Non siamo a lavoro, è diverso, qua stiamo insieme ed il rapporto deve essere diverso, non può essere uguale. Io amo la fiducia cieca che riponi in me, ti giuro, ma casa è casa e lavoro è lavoro! -
Forse mi sono agitato troppo ed ho parlato un po’ più nervoso di quel che pensavo, ma avvicinarmi a lui non è stata decisamente una grande idea visto che ora ci guardiamo da vicino, lui ancora seduto ed io in piedi accanto a lui. Una mano sul tavolo ed una sventolata davanti al suo viso come fossi isterico.
Innervosito da questa infatti me la prende e me l’abbassa, odia quando gli puntano diti contro e cose simili, ma non mi fa male e la scintilla scatta come sempre. È sistematico, praticamente.
I brividi ci percorrono ogni maledetta volta che ci tocchiamo per qualche motivo e poi succede sempre.
Sempre, se si può ovviamente. Ecco perché quando litighiamo e ci lasciamo per un po’cerco di evitare i contatti con lui.
- Sei tu che stai gestendo questo dannato gioco. Se lo porti avanti è solo perché a te sta bene. Io voglio solo che tu sia il mio agente migliore sul campo e se ti perdi in stupidaggini per la tua vita sentimentale la cosa mi fa arrabbiare, ma non obbligo nessuno a far niente, nonostante a te non sembri! - Parla con un tono basso e minaccioso, è seriamente arrabbiato e penso che non mi prende a pugni solo per miracolo.
Però il sangue mi va di nuovo alla testa e non riesco a controllarmi, a volte mi succede e mi sento tanto Jethro in quei casi che non so proprio spiegarmi come sia possibile!
- Ma lo sto facendo per farti capire una cosa importante che voglio che ti entri in quella testa dura, dannazione! Non ti parlerei mai così a lavoro ma qua sì perché non sei il mio capo, qua, ed invece questo non ti entra in testa e ti inalberi come un’idiota! Anche ora che ti sto dicendo questo mi stai fissando come se volessi uccidermi! Ma lo capisci che siamo fidanzati e che è diverso dall’essere colleghi? - Nel parlare mi è scattata l’altra mano di nuovo per aria e sempre con un nervoso alle stelle l’ho agitata. È esattamente qua che lui me la prende e alzandosi in piedi per farmi smettere questi atteggiamenti che ritiene mancanze di rispetto -esattamente il punto in cui voglio arrivare- mi rigira in modo da imprigionarmi fra lui ed il tavolo, mi ci appoggia sopra e rimane a pochi centimetri dal mio viso a fissarmi male e minaccioso. Se potesse mi sparerebbe ma sa che sarebbe troppo fuori luogo.
Io allora continuo a provocarlo perché no, non mi fa paura. Mi fa paura a lavoro, mi fa paura nella gran parte delle cose che fa però non qua, quando siamo uno il compagno dell’altro. Non mi fa paura qua e lui deve capire questa linea netta di separazione. Gli sta sulle palle questa differenza ma deve capire che è giusta e che va bene!
- Avanti, cos’è che non ti piace di quello che ho detto? Gli insulti poco velati che ti ho fatto? Che ho ragione e tu lo sai? Cos’è che ti da fastidio? Su! -Lo provoco consapevole che è come uno squalo bianco in procinto di attaccare e quando lui attacca è la fine per chiunque ed anche se questo fa parte del suo carattere e non posso pretendere che lo cambi, a me non interessa. Mi sta bene che rimanga così, lo amo anche per questo suo essere così estremo. Però non mi sta bene che pensi che io gli manco di rispetto quando lo tratto alla mia pari in queste mura. Lì non mi sta bene, dannazione!
È esattamente a questo punto che mi molla dopo uno scatto indomabile, si allontana ed io questo non lo accetto perché lo fa per non esagerare e non gridarmi di tutto, perché ha paura di passare un limite e dire cose che forse non pensa. Mi fa infuriare. Mi fa infuriare quando pensa di non poter lasciarsi andare come vuole quando siamo soli.
Quando pensa di aver bisogno di trattenersi.
- Jethro, dannazione! - Ringhio arrabbiato, quindi muovo un passo verso di lui e lo prendo per il braccio, quindi lo giro verso di me e tenendolo lo scuoto dopo aver perso il controllo. - Avanti, dimmi quello che vuoi, fammi quello che vuoi. Siamo qua per essere chi siamo veramente al di là di quello che facciamo. Non tenerti sempre le cose dentro perché pensi che tu sei speciale e non puoi fare sempre tutto quello che ti passa per la testa! Fallo e basta! -
Forse gli ho detto la cosa giusta o quella sbagliata, penso dipenda dai punti di vista, ma a questo mi si avvicina in un ulteriore scatto e quando mi riprende di nuovo per le braccia e mi rischiaccia sul tavolo che vacilla per un attimo, avvicina tanto il suo viso che per un momento penso mi baci, ma poi si ferma, mi fissa come se volesse demolirmi e poi dice concitato ed infuriato a sua volta:
- Sai cosa voglio? Sai cosa voglio veramente? Voglio che la pianti di tirare la corda perché prima o poi si romperà, ecco cosa voglio! Perché io ti amo e ti voglio e non cambierà in nessun modo ma quello che sono sopra ogni cosa è un agente federale e che ti piaccia o no è questo che sono e se non riesci più a vivere con l’agente perché vuoi solo l’uomo che sono, allora non vuoi veramente me! -
Vorrei spaccargli la faccia, giuro che lo farei se non mi tenesse così forte contro il tavolo e non mi stesse con tanta forza sopra. Perché sta dicendo tante di quelle stronzate che merita solo un pugno!
- Anche io ti amo e voglio te. E voglio te, non mi importa chi tu sia, un agente federale oppure un uomo o chi diavolo vuoi essere! Non è questo il punto, ma non lo capisci? Il punto è il rapporto, il modo in cui ci relazioniamo fra di noi! È questo che non va! Perché mi commuove la fiducia assoluta che abbiamo uno nell’altro ed è un sentimento talmente forte quello che ci lega che niente, niente, potrà mai spegnerlo, nemmeno queste litigate e queste stupidaggini di ora. E non voglio che tu metta in discussione un solo istante questo punto, Jethro. Perché io voglio te e basta, non mi importa chi tu sia. Sii chi diavolo vuoi ma sii mio! È sul modo di rapportarci che dobbiamo lavorare, non sul sentimento o su ciò che vogliamo! -
Forse dico le cose giuste e forse ora le capisce, ma la sua risposta arriva col bacio che mi dà che mi toglie il fiato. Forse che aveva messo in discussione ciò che io provassi per lui o chi io volessi… ma come poteva pensarlo? Come, dopo quello che abbiamo passato ed il punto in cui siamo arrivati?
Ricambio il suo bacio nel giro di un istante, è qualcosa di veloce e frenetico, mi toglie il respiro e mi fa girare la testa. Mi aggrappo a lui e lui continua a tenermi a sé come se avesse paura che io scappi. Risalgo con le mani sul suo viso, lo afferro e lo stringo in modo da fargli capire che lo voglio e basta e non esistono se e ma, lo voglio punto e basta.
Ed in questo punto sento che non riusciamo ad andare a capo ma almeno a capirci. A capirci sì. E possiamo cominciare un paragrafo nuova di questo capitolo assurdo.
So che non intende smuoversi ancora dalla sua posizione perché con lui le cose non sono mai facili, ma almeno ora ha capito perché sto facendo tutto questo.
L’eccitazione e la frenesia salgono, è quella famosa scintilla che scatta quando ci tocchiamo, specie se in casi così accesi.
Non riusciamo a fermarci, cresce tutto a dismisura fino a che non perdiamo il controllo ed ecco che andremmo al di là, perdendoci altrove, in noi stessi, cancellando tutto.
Ma per lui poi non cambierebbe nulla e tutto tornerebbe come prima. Questa volta è importante che lui capisca quello che sto dicendo.
È importante, dannazione.
Cercando di riprendere il controllo di me e imponendolo follemente su di lui che non accetta mai che qualcuno gestisca qualcosa che lo riguarda, rallento il ritmo fino a che, con fatica, non lo separo dalla mia bocca. Lui si lamenta e rimaniamo attaccati l’uno all’altro, fronte contro fronte, i respiri confusi, i corpi accaldati che vogliono altro, le sue mani che mi tengono a sé.
Io che sto morendo e che ci rimarrei tanto volentieri.
Ma sono cresciuto, sono cambiato, mi sono evoluto e l’ha fatto anche lui, quindi anche il nostro rapporto deve fare un ulteriore passo in avanti, è giusto che sia così.
Dobbiamo.
Continuo a tenere il suo viso fra le mani e non mi muovo di un millimetro, nemmeno apro gli occhi.
Respiro e cerco le parole in me, poi apro bocca sperando che qualunque cosa esca vada bene.
- Tu però non ti piegherai ancora ed io non sono disposto a farlo, perché sarebbe come sempre e non voglio buttare tutta la fatica che ho fatto fin’ora per arrivare a questo punto. Per me è veramente importante che tu lo capisca, Jethro. - Non riesco a dire altro perché trovo questo momento perfetto per andare su in camera e fare l’amore ma so che sarebbe la cosa più sbagliata, quindi a meno che io non voglia veramente buttare via tutto, ora devo andarmene.
Ed è la cosa più difficile che io abbia mai fatto, ma con un sospiro doloroso lo spingo e con fermezza solo apparente sguscio via in silenzio, mentre lui mi fissa allucinato ed incredulo.
Salgo le scale e me ne vado mentre io stesso non credo d’averlo fatto veramente.
Eppure chiudo la porta dietro di me ed esco.
Perché per quanto doloroso sia so che è giusto e che va bene così, quindi lo faccio.
So che ne varrà la pena. Lo so. Ne sono certo.
Così come so che ci riuscirò.

FINE