1. MURO DI CEMENTO ARMATO
"Ti ricordi di quei giorni
in cui fingevo di stare bene,
avevo un sacco di cose da dire
sulla mia pazza vita.
Ora che ho guardato nel vuoto
e ho irritato tanta gente,
devo trovare un compromesso,
un modo migliore di dare.
Perciò non mi sono arreso
ma tutte le mie scelte e la mia buona sorte
sembrano svanite lasciandomi bloccato
in una prigione aperta.
Ora sto cercando di liberarmi,
stabilire uno stato di empatia
trovare il mio vero e intimo io,
sradicare lo scisma."
/Placebo - Bright lights/
I suoi occhi, lui li conosceva bene i suoi occhi.
Quelli non erano occhi di traditore.
Il tormento per Colby, quel giorno, gli aveva salvato la vita.
Da lì, in qualche modo, le cose erano iniziate.
Don si riscosse dopo aver messo giù il telefono con Charlie.
Dall’Inghilterra lui ed Amita erano molto felici.
La domanda scatenante era stata:
- Come stanno gli altri? Colby? -
- Si è abituato presto all’assenza di David. Ed ora è l’agente più anziano nella squadra, il mio braccio destro. Sta bene. -
- Braccio destro Colby. Che flash… - Don aveva capito subito a cosa si era riferito.
- Da traditore a mio vice? - Silenzio. Quel silenzio strano che calava tutte le volte che i due fratelli parlavano di Colby.
- Presunto traditore e… vice consenziente? Da come lo conosco, non mi pare sia molto felice di avere troppe responsabilità. -
Don aveva riso con una strana dolcezza che Charlie, lontano oltre oceano, non aveva potuto vedere, ma solo percepire.
- Non ha fatto domanda di
passare di grado come ha fatto David… però risulta il mio agente più
anziano perciò è comunque il mio vice che gli piaccia o no. - Tipico
ragionamento di Don, aveva pensato Charlie. O così, o così, poca
scelta. Come sempre. Non era cambiato in questo.
- Cosa dice a riguardo? - Aveva chiesto curioso.
- Niente, sai com’è… gli ho
detto se voleva diventare capo squadra un giorno, come David. L’avrei
sostenuto. Gli ho fatto intendere questo. - Charlie aveva alzato un
sopracciglio scettico. - Non con complimenti diretti, ma lui sa, ormai
mi conosce! - A questo il fratello minore aveva riso riconoscendolo. -
Però ha detto che sta bene dove sta, come è ora. Nella mia squadra, a
lavorare con me. L’esperienza nel controspionaggio gli è bastata ed
avanzata. E poi prima ancora in guerra… sai, ne ha passate tante. Dice
che le emozioni avute fino ad ora sono più che sufficienti, non cerca
altre rogne! -
Avevano riso insieme, poi
Charlie gli aveva chiesto cauto, non sapeva mai come fare certi
discorsi con lui. Infatti poi non ne avevano mai fatti sebbene sarebbe
servito più di una volta.
- È felice con te. Sei contento?
- Don aveva trattenuto il fiato, aveva guardato significativo nel vuoto
e si era figurato il viso un po’ insonnolito di Colby al mattino,
appena arrivavano in ufficio.
- Mi mancherebbe se non ci fosse. - Charlie si era quasi sentito male nel sentirlo tanto esposto nei suoi confronti.
Era il meglio che gli aveva
sentito. Don non era famoso per scucirsi, ma con Colby era anche
peggio. Charlie sapeva quanto era significativo quell’uscita. Perché
quando David se ne era andato non aveva esitato ad accompagnarlo e a
fargli gli auguri, e lo conosceva da moltissimi anni.
Anche quando se ne era andato
lui stesso, suo fratello, Don l’aveva incitato. Non che fosse felice di
liberarsi di loro, ma non aveva fatto una piega.
Ed ora, se Colby se ne fosse andato gli sarebbe mancato.
Strabiliante.
Charlie aveva chiuso gli occhi e
fatto un’espressione strana, poi come se fosse ancora un po’ troppo
difficile, più del previsto, aveva detto:
- Non c’è niente che ti frena, lo sai vero? Solo tu freni te stesso. - Sibillino, enigmatico. Eppure Don aveva capito.
Non avevano mai parlato apertamente di Colby, se non in un’occasione sola.
Indimenticabile.
Però poi non più mezza parola e
come se non bastasse si erano entrambi ritirati dal gioco nei suoi
confronti, testardamente avevano fatto a gara a chi si metteva meno in
piazza con lui.
Però aveva vinto Charlie visto che aveva addirittura sposato Amita e se ne era andato dagli Stati Uniti.
Non era in grado di parlarne
ancora con Don, era lui a mettere un muro tutte le volte che ci
provava. Non poteva dirgli quanto volesse che la smettesse di pensare a
lui, che lui stava bene.
Però era riuscito a cambiare
vita, ad andare oltre, a farla finita. E Don ora aveva capito. Eppure…
eppure era ancora fermo lì, a quel rapporto platonico, così delicato,
così particolare. Mai consumato, seppure voluto.
“Da me, solo da me. Non da Colby. O avrebbe fatto qualcosa!”
Questo l’aveva sempre frenato.
Don non poteva accettare un rifiuto e poi continuare a vederlo ogni
giorno, lavorarci fianco a fianco. Non poteva.
Perciò non intendeva rischiare di rovinare tutto.
- Non freno niente, è libero di agire come preferisce. - Rispose finalmente invece di cambiare argomento.
- Pensi che sia facile agire
come si preferisce nei tuoi confronti? Sei un muro di cemento armato,
Don! Non lasci spiragli. Devi… devi aiutarlo a capirti! - E ovviamente
era la cosa più difficile di tutte.
Don pensò a Robin, avevano deciso di sposarsi, non parlavano ancora di date.
Robin era sempre stata la sola
donna con cui Don aveva pensato di poter costruirsi un futuro, come
Amita lo era stata per Charlie.
Eppure c’era un peso che bloccava Don dal prendere il volo come aveva fatto il fratello.
Tale peso si chiamava Colby. Più precisamente, si chiamava sentimento.
Forse dopotutto non poteva lasciar perdere.
Charlie ci era riuscito, Don pensava di poter gestire tutto, ma magari si sopravvalutava.
“Prendersi per la stessa persona. Cose che solo agli Epps succedono!”
Charlie non l’aveva detto, era tabù. Più di così non parlavano dell’argomento.
- Mi chiedo come diavolo sono
finito così. - Si vedeva in una pozzanghera ferma senza sbocchi. Non
era in grado di uscirne in nessun modo.
Non riusciva ad amare abbastanza
Robin per dimenticare Colby, come aveva fatto Charlie che aveva deciso
di farsi da parte una volta realizzato che anche Don provava le stesse
cose per lo stesso ragazzo.
Don aveva negato fino all’esplosione atomica, circa. E Charlie aveva detto una sola cosa. Ed una era stata per sempre.
‘Non toccherò mai Colby, perciò sei libero di agire.’
Non per un senso di inferiorità
o perché pensava di dovergli qualcosa. Semplicemente amava troppo Don
per fargli quello. Tutto lì. Amava più Don che Colby. Amita l’aveva
aiutato, Don lentamente ne aveva preso atto, però anche dopo che era
partito non era riuscito a sbloccarsi. Charlie era la prima volta che
trovava il coraggio di accennarlo ancora.
- Non lo sai? - Rispose poi
Charlie con un sorriso particolare, percepito a distanza. - Hai passato
un sacco di giorni a riguardarti i suoi filmati quando lo credevamo una
spia. Eri ossessionato da lui. È stato lì che ho capito. E penso che
anche tu, abbia capito. -
Prima di quel momento Charlie
era estremamente attratto da Colby, aveva perso di gran lunga la testa
per lui e Colby non sembrava poi tanto indifferente a lui. Qualcosa
c’era stato, in realtà.
Poi era successo quel disastro
con il doppio gioco, Colby era quasi morto e Don l’aveva salvato
mettendo in dubbio ogni cosa, decidendo di aiutarlo comunque. E Charlie
aveva realizzato. Anche da come, dopo il periodo in ospedale di Colby,
Don aveva avuto mille attenzioni per lui, cosa che non aveva mai avuto
per anima viva.
“Gli piaceva, forse non se ne
rendeva conto nemmeno lui, ancora, ma Don era già nel mondo di Colby in
quel momento. Ci ha messo molto a realizzarlo e ad ammetterlo, una
litigata con me, però ce l’ha fatta. Peccato che sia tanto testardo in
tutto e non abbia voluto comunque fare un solo passo proprio perché non
volevo farlo nemmeno io. E dopo quella volta fra me e Colby, il
risultato sono stati mesi, anni passivi passati a guardarci tutti e tre
senza muovere un passo in nessuna direzione, provarci. Colby? Ammetto
che non so cosa prova ora come ora, ma già solo il fatto che non
intenda muoversi dal fianco di Don è emblematico. Spero che questi due
idioti si decidano, dopo la fatica che ho fatto per farmi un’altra
vita, per loro, per mio fratello, se loro si privano della loro li
uccido!”
Charlie alla fine lo salutò
lasciandolo alle sue elucubrazioni e Don si era immerso in quel
periodo, in quei filmati conosciuti a memoria. Negli occhi di Colby.
Erano stati i suoi occhi a
fargli capire che c’era qualcosa che non andava. Era come una recita
preparata ed imparata molto, ma molto bene. Ma lui aveva visto il Colby
autentico, ne era certo, non aveva dubbi. E quello di quei filmati non
lo era. Al contrario, sembrava più come se fremesse per essere capito,
per essere visto dietro la maschera.
Era davvero quella la sensazione avuta.
Lui conosceva il vero Colby, non poteva essersi sbagliato fino a quel punto.
Da quel momento in poi qualcosa in lui era cambiato. Davvero.
Ma sempre da quel momento in poi
aveva capito che anche Charlie provava qualcosa per lui. Così comunque
aveva fatto finta di nulla soffocando tutto, fingendo di non vedere.
Era più facile.
Ci era riuscito bene, fino a che
Charlie si era stufato ed aveva deciso di mettere fine a quel tira e
molla fra fratelli con un conteso che non muoveva un passo in nessuna
direzione.
Colby forse non provava nulla o forse era indeciso fra i due, però il punto erano loro due.
Don e Charlie dovevano decidersi. Chi prendere, chi lasciare?
Alla fine sembravano aver
lasciato entrambi, ma poi solo Charlie si era sposato e se ne era
andato a lavorare in Inghilterra. Don era rimasto proprio lì, con lui,
come sempre. E Colby non aveva fatto cenno di muoversi.
“Colby ha scelto di rimanere con
Don più di una volta. Anche dopo quel casino della doppia spia, risolto
le cose ha avuto la possibilità di scegliere la divisione preferita.
Colby ha scelto di restare con Don e Don lo ha aiutato a rimanere. Per
essere uno che non dà nemmeno uno scappellotto di incitamento, quella è
stata una carezza enorme. E lui è rimasto lì con lui. Ancora. Come fa
mio fratello a non vederlo?” Questo era quello che aveva visto Charlie.
E poi il modo in cui Don teneva da conto Colby, l’attenzione che aveva
tutte le volte con lui, la grande pazienza, addirittura la delicatezza
che non aveva con nessuno.
Poteva essere chiuso e seccato e
sgarbato e duro con tutti, ma non con Colby. Con lui parlava, spiegava,
chiedeva, proponeva. Non imponeva. Non ordinava. Non diceva.
Aveva tutto un altro approccio.
Paritario. Completamente
paritario. Sconvolgente oltre ogni limite, trattandosi di Don che non
metteva sul proprio piano nessuno. Non perché si credesse troppo
superiore, come era il caso Charlie con la matematica, per esempio. Ma
perché non riusciva a lasciar avvicinare nessuno a sé stesso.