*Ecco
il nuovo capitolo. Siamo concentrati completamente sul caso, Don e
Colby tornano in ufficio ed è ora di parlare con gli altri di ciò che
hanno scoperto e mettere insieme i pezzi. Ci sono importanti passi in
avanti grazie anche a Larry. Larry usa formule matematiche e toerie
astrofisiche, però non conoscendole non ho potuto spiegare come arriva
alle sue conclusioni. Sappiate che usa i suoi soliti metodi. Buona
lettura. Baci Akane*
14. IL VERO OBIETTIVO
"Sono stato preso
Nel mezzo di un attacco di fulmini (tuono)
di un attacco di fulmini
Mi sono guardato attorno
E sapevo che non c'era modo di tornare indietro (tuono)
La mia mente correva
E ho pensato a cosa potevo fare (tuono"
- AC/DC - Thunderstruck -
- Non avevo potuto notarlo
perché mancavano molti dati, per questo quando mi avevi chiesto qualche
tempo fa di dare un’occhiata a queste tappe non avevo visto lo schema.
Ma appena ho avuto tutte le vittime e la cronologia di morte precisa,
ho potuto vederlo subito. - Esordì Larry appena vide Don e Colby
entrare nell’ufficio del briefing che usavano come base operativa per
l’indagine.
Larry era già lì da un po’ che fremeva per dire ciò che aveva scoperto quella notte.
Quando anche Nikky e Liz entrarono, Larry appese la mappa su cui aveva lavorato.
C’erano dei punti, dei numeri e dei segni rossi.
- Mancavano le vittime più
indicative per capirlo! - Ripeté. - Perché lui negli anni ha esposto
solo quelle che voleva, non tutte. Perché? Lo sapete, voi? - Ma Larry
non li lasciò finire, preso dalla sua scoperta che l’aveva tenuto
sveglio tutta la notte. - Perché quelle nascoste sono quelle che
l’avvicinavano di più al punto che per lui conta sopra ogni cosa e non
voleva che chi gli dava la caccia, lo notasse. Adesso però abbiamo
tutto e possiamo vederlo. Possiamo vedere quello che nascondeva. - Don
cominciava a perdere la pazienza come anche gli altri membri della
squadra, così Colby con il mento appoggiato sulla mano e seduto ad una
scrivania in attesa del colpo di scena, chiese:
- A momenti mi taglio le vene. - Larry non capì il sarcasmo, infatti lo guardò preoccupato:
- Oh, non è necessario arrivare a tanto. Se ti può essere d’aiuto io… -
- Larry, cosa hai scoperto?! - Tuonò Don impaziente riportandolo all’indagine.
Larry si riscosse e congiungendo le mani al petto annuì orgoglioso.
- Ecco. - Poi si spostò dalla
lavagna e dalla mappa e lasciò che guardassero. - Dovreste vederlo
anche voi, adesso. In rosso sono le vittime che ha esposto, in blu
quelle che ha nascosto. E sono tutte numerate. - I punti erano
collegati da una linea che passava dalla prima all’ultima vittima.
Il disegno formava una specie di stella a più punte al cui centro c’era Los Angeles con la prima vittima, Dylan Cherry.
- Ha fatto tutto il giro del
Paese, girando intorno a Los Angeles, da cui era partito, per poi
tornarci ora. Ha finito il suo tour nazionale? - Azzardò Nikky di primo
acchito. Larry piegò la testa di lato in un ‘ni’.
- Sì, ma non solo… io ho notato anche un’altra cosa… - Che notò subito Don.
- Tornava sempre a Los Angeles.
- Disse alzandosi ed avvicinandosi alla mappa, l’aria di chi aveva
appena avuto una visione. Gli altri lo guardarono interdetti, ma lui
sembrava molto deciso.
- Come fai a dirlo? - Chiese Liz.
Don indicò le vittime in blu, quelle nascoste, di cui ora avevano solo le parti del corpo.
- Queste sono tutte nei pressi
di Los Angeles. Un paio di miglia e poteva tornare qua. Ci tornava
ciclicamente. Dopo un po’ che stava in giro a fare quello che voleva,
sentiva il bisogno di tornare. - Vedendo la mappa con quell’ottica
appariva tutto chiaro. Larry annuì trionfante. Era proprio quello che
aveva notato lui.
- Il punto è perché. Tornava e nascondeva le tracce dei suoi avvicinamenti tanto da non esporre le vittime. - Disse Colby.
- Uccideva perché ne sentiva la
necessità, ma era sufficientemente lucido da sapere che non doveva
esporre il corpo perché altrimenti avrebbero capito. - Fece eco Liz.
- Capito che la sua motivazione, la sua ossessione, è qua a Los Angeles. - Concluse Don in linea finalmente con gli altri.
- Ma di cosa si tratta? Dylan Cherry l’ha ucciso, se è partito tutto con lui… -
Larry scosse il capo stringendosi nelle spalle, bloccando Nikky.
- Sicuri che sia lui il suo
obiettivo di sempre? Se fosse stato così si sarebbe allontanato il più
possibile da Los Angeles, invece per quanto si allontanava, poi si
riavvicinava. Addirittura tornava qua di nascosto. L’ha pensata bene,
nascondeva le tracce che potevano aiutare gli agenti a capirlo, a
prenderlo. -
- Non voleva essere fermato. Non
ha mai voluto essere fermato. Ma al tempo stesso gli piaceva esporre le
sue… opere! - Disse Liz scettica. Gli altri annuirono seguendo la
logica in merito a quello, ma fu Larry a spiegare questo:
- Un artista soddisfatto delle
proprie opere sente il bisogno di esporle, di mostrarle al mondo e
condividerle. Vuole vedere le reazioni dei visitatori, se piacciono… -
Don annuì sapendo che aveva ragione.
- Però nascondere la sua
ossessione per Los Angeles era così importante che ha nascosto delle
opere! - Precisò Nikky. Larry annuì, anche quello era ovvio ormai. -
Perché? -
- Perché non era Dylan Cherry la
sua ossessione. È iniziata con lui ma… ne aveva un’altra. Che non ha
mai avuto il coraggio di soddisfare. - Rispose Colby pensando all’unica
naturale conclusione alla luce di quei fatti.
- Adesso si sente pronto. Per
questo ha consegnato il furgone e quel che aveva raccolto dalle altre
vittime. - Concluse Don senza staccare gli occhi da Los Angeles, nella
mappa, e dal nome di Dylan Cherry. Come se quel campanello che ogni
tanto sentiva, che il suo istinto suonava, ora facesse un’opera lirica
al completo.
Risuonava nella sua testa qualcosa, qualcosa di importante. C’erano vicini. Erano molto vicini.
Eppure cosa mancava?
Senza alcun risultato, Don si riscosse e passò al resto dell’indagine:
- Voi? Cosa avete trovato? -
Chiese a Liz e Nikky per lasciare il gran colpo alla fine. Dopotutto
lui aveva fatto il passo più grande degli altri.
- Beh, abbiamo studiato meglio le vittime e scavato di più nel privato. - Disse Liz.
- Sono tutti gay, la cosa che
cambia da uno all’altro è la personalità, la tipologia… - Disse Nikky
che stava come sempre per essere indelicata. Liz così la precedette e
parlò al suo posto:
- Inizialmente sono ragazzi
dolci, che si nota subito che sono gay. Sono molto effemminati. -
Spiegò lanciando uno sguardo a Nikky la quale il giorno prima aveva
usato il termine ‘sono le donne’ riferito alla passività nel ruolo di
coppia.
Don annuì.
- Poi? - Chiese.
- Poi piano piano nel tempo
cambia. Diventano prima ragazzi che si intuisce essere gay, ma che non
lo mostrano. Personalità più varie, magari introversi… -
- Non ruoli fissi. - Disse Nikky
fremendo per spiegare in modo più spiccio di cosa si trattava. Liz la
fissò male. - Che c’è. Mica ho detto mezzi maschi mezzi femmine! - Liz
scosse il capo mentre Colby rideva e Larry spiegava il termine
corretto.
- Categorizzi un etero? - Chiese
a bruciapelo. Colby e Don lo guardarono brevemente interessati. -
Perché devi categorizzare un omosessuale? - Chiese con la sua calma
placida. Nikki si strinse nelle spalle senza saper cosa dire.
- Ma i ruoli ci sono. Nell’etero
uomo o donna, nei gay attivo o passivo. - Poi sospirando spazientita
aggiunse sbrigativa: - Comunque quello che vogliamo dire è che
all’inizio eran assolutamente passivi, poi sono diventati misti,
ragazzi che non avevano il ruolo definito. Ed alla fine erano solo
attivi. Gli ultimi hanno personalità molto di spicco. Sono popolari
nella comunità gay, hanno avuto molti partners, sono i più ambiti,
carismatici, che ci sanno fare ed hanno molti che li corteggiano. -
Ed ecco che ora il campanello di Don divenne un concerto heavy metal, quelle cose rumorose che ascoltava Charlie.
Com’era quella canzone?
Thuderstuck degli AC/DC?
Don impallidì e si girò
immediatamente verso Colby il quale parve avere la stessa illuminazione
dall’alto, poi Don prese il proprio telefono ed indicò a Colby di
aggiornarli.
- È Tyler Wolf! - Esclamò. - Era
lui! Era sempre stato lui! - Uscendo aggiunse: - Provo a chiamarlo,
spero non sia tardi! - Gli altri tre rimasti inebetiti senza capire,
guardarono Colby che al momento odiava Don per aver lasciato a lui la
patata bollente della spiegazione della loro nottata.
- Cercavamo Tyler Wolf. -
- E chi è ora Tyler Wolf? -
- Don ha parlato con l’agente
responsabile del caso di scomparsa di Dylan Cherry. Disse che aveva
sempre avuto l’impressione che il migliore amico, Tyler Wolf, sapesse
qualcosa. Così lo cercavamo. Sempre l’agente, ora capitano, ci ha detto
che Dylan conobbe un ragazzo in un certo locale, una notte. Capelli
rossi, bruttino. - Spiegò Colby paziente cercando di essere chiaro per
non ripetere: - Dopo Dylan cambiò, non si fece più vedere, non voleva
mostrare il proprio nuovo compagno e cose così. Dopo un po’ sparì senza
lasciare traccia. -
- Cercavate Tyler in questo locale invece che a casa sua? -
- Era sera ormai. Si trattava o
di cercarlo oggi o di provare in quel locale. Non si è mai trasferito,
pensavamo fosse un’ottima occasione. Con il killer di nuovo nella sua
zona natale abbiamo pensato potesse fare una ricognizione nel locale
dove è iniziato tutto. Se avevamo fortuna potevamo incontrare Tyler o
il killer. -
- Sempre che il killer non sia Tyler! - Esclamò Nikki bruscamente. Colby scosse il capo.
- Don è stato abbordato da un tale. - Gli altri lo guardarono convinto fosse un lapsus.
- Avvicinato volevi dire… - Colby rise divertito ed imbarazzato.
- Abbordato. Era un locale gay. - Tutti e tre spalancarono le bocche ed ecco la voglia di nascondersi.
- Avete finto di essere una
coppia gay? - Chiaramente l’unico sistema per non essere rifiutati nel
caso volessero parlare con qualcuno del famoso caso. Se vai in un posto
alla ricerca di un killer, non fai capire che sei un agente.
Colby si strinse nelle spalle, si grattò la nuca e volendo sparire sotto terra, tossì tornando al racconto.
- Abbiamo solo nascosto la
nostra identità, se qualcuno ha pensato qualcosa non è colpa nostra! -
Chiuse frettolosamente tralasciando le parti salienti dei baci e delle
palpate.
- Ok, chi lo ha abbordato? - Chiese Nikki curiosa.
- Un tale. Capelli rossi, bruttino, un po’ in carne. Aria un po’ strana. Sai, a pelle noti qualcosa. - Spiegò Colby.
- Sì ma non è indicativo… sai quanti… -
- Senza due dita, mignolo e
anulare destri. - Silenzio. - Aveva il complesso delle dita mancanti,
ha detto che non è perfetto, ha cominciato a sclerare dicendo che ora
che non era perfetto Don non gli avrebbe lasciato il numero. Ha
dimostrato qualcosa di molto specifico. - Ancora silenzio. - E così Don
è riuscito a calmarlo e a scambiarsi il numero con lui. - Alzata di
spalle. - Puro istinto. - Come sempre.
Gli altri sospirarono rendendosi conto di aver avuto il fiato sospeso.
- E poi? -
- E poi abbiamo trovato Tyler
Wolf, ci ha raccontato una storia interessante. Poco prima che Dylan
sparisse, lo seguì e vide chi era questo misterioso fidanzato. Capelli
rossi, brutto, grassoccio. Senza due dita. - E questo fu come uno
sparo. Uno di quelli che rimbomba e lascia l’eco per un po’. -
Purtroppo quello che pensava fosse il suo indirizzo si rivelò una casa
sfitta da molti anni, non collegabile a lui. Non avendo tracce e piste
pensò che non fosse utile l’informazione. Oltretutto c’era una promessa
a Dylan di mezzo e cose un po’ complesse, ma la parte interessante è
questa. Tyler risponde esattamente al profilo delle ultime vittime.
Protagonista, bello, attivo, che piace, che sa di piacere, spicca.
Esattamente il profilo delle ultime vittime. E lui è sempre rimasto qui
a Los Angeles. -
Davvero, ora, non serviva più aggiungere nulla. I brividi li percorsero mentre il silenzio fu l’unica cosa abbastanza sensata.