*Ecco
un altro capitolo. Dopo aver seguito le indagini, facciamo un pit stop
per riflettere e approfittiamo per fare un tuffo nel passato, alle
vicende fra fratelli. Cosa sarà successo fra Colby, Don e Charlie che
ha bloccato tanto Don dal farsi avanti con Colby? Adesso lo scopriamo
in un bal flashback! Buona lettura. Baci Akane*
17. LA PAROLE CHE METTONO UN PUNTO
"Le parole amano la violenza
Rompono il silenzio
Irrompono distruggendo
Nel mio piccolo mondo
È doloroso per me
Affondano dritte dentro di me
Non capisci"
- Enjoy the silence - Depeche Mode -
- Don, Tyler Wolf non c’è né a
casa né a lavoro. A casa non c’era nemmeno la sua auto, così la stiamo
facendo tracciare per vedere se… - Don sospirò chiudendo gli occhi
mentre si massaggiava gli occhi con le dita.
- Andate al locale. - Gli disse
il nome e l’indirizzo. - Nel parcheggio. Ieri sera era là, dopo che ha
parlato con noi doveva recuperare la sua auto e andare a casa. Se non
l’ha fatto… - Sapevano cosa significava.
Nikki annuì e chiuse la comunicazione.
Colby, ancora alla guida, guardò Don capendo quale era stata la notizia della loro collega.
- Era scontato, suppongo. - Non che questo lo rendesse meno grave.
- L’avevamo noi, Colby. - Disse
Don senza imprecazioni e gesti di stizza, cercando di domare e gestire
quella rabbia che gli montava dentro. Ormai era bravo in questo. - Era
con noi. - Ripeté soltanto, senza trovare altre argomentazioni per
esprimere meglio come si sentiva. Cosa che non avrebbe fatto davanti
agli altri.
- Lo so, Don. Ma non potevamo
immaginare ancora quale fosse l’obiettivo del killer, stanotte. - Don
lo sapeva e la logica semplice ma vera di Colby, lo aiutava fino ad un
certo punto.
Lasciarono il silenzio fino a che fu di nuovo Colby a ricordargli uno dei casi più sentiti a cui avevano lavorato.
- Ricordi quando Mason rapì
Amita? - Don lo ricordava molto bene, non aveva bisogno di dirlo. -
Erano tutti nel panico, nessuno sapeva cosa stava facendo, cosa doveva
fare, come risolvere la situazione. Non avevamo nulla in mano, solo un
video con i vaneggiamenti di Mason… tu hai sempre mantenuto il sangue
freddo, hai sempre saputo cosa fare, sei sempre stato lucido ed alla
fine l’hai riportata viva. - Colby non aveva bisogno di ricordargli i
casi risolti con successo, per dargli fiducia in sé stesso. Ma secondo
lui a volte serviva lo stesso. Don piegò la testa di lato guardando
fuori dal finestrino, dall’altra parte.
- Ma quella volta avevo Charlie, il loro legame mi ha aiutato molto… - Colby scosse il capo.
- No, Charlie era nel panico,
non riusciva a ragionare. C’è stato un momento preciso in cui Charlie
non riusciva a capire proprio nulla e tu sei rimasto calmo e sapevi
cosa fare, tu lo sapevi. E hai risolto tutto nel migliore dei modi. -
Don ci ripensò.
Ripensò a quel periodo.
Non era da molto, forse, che aveva litigato con Charlie proprio per Colby.
Quando Charlie si era fatto
indietro con Colby rimanendogli solo amico, si era anche messo con
Amita. All’inizio Don non aveva detto niente.
Si era accorto di quel che provava per Colby, vederlo stare con Amita l’aveva visto come una sorta di trofeo di consolazione.
Non aveva detto nulla fino a che non li aveva visti fare sul serio. Quando lei era venuta a vivere con Charlie.
Allora l’aveva affrontato.
Quella volta era stata una di quelle litigate che non si scordano.
Don annuì a Colby respirando
profondamente, poi chiuse gli occhi e appoggiò la testa all’indietro,
nel poggia testa del sedile dell’auto. Per pensare, per estraniarsi un
attimo, consapevole di quello che significava non trovare Tyler.
Colby non lo distrasse.
‘Charlie, cosa diavolo stai
facendo, si può sapere?’ Aveva tuonato quel giorno. La propria voce
rimbombava nella mente. In qualche modo quella litigata significava
qualcosa nella crescita di Don, dopo di quella lui aveva sentito il
bisogno di trovare qualcos’altro, aveva cercato qualcos’altro oltre al
lavoro e al suo solito stile di vita. Ma non l’aveva mai trovato sul
serio, perché cercava solo il coraggio di stare con Colby, nonostante
Charlie.
‘Cosa vuoi dire? Sto lavorando
a…’ Charlie, logicamente, aveva risposto in senso pratico. Don aveva
scosso il capo e si era messo a camminare per il suo ufficio
disordinato.
‘No Charlie! Con Amita! Sapevo
che cercavi una distrazione, una consolazione, vedila come vuoi,
passatempo, forse… ma convivere?’ Charlie si era irrigidito. Ricordava
ogni gesto di suo fratello.
Aveva messo giù il gesso e l’aveva guardato aggrottato.
‘Perché? Pensi sia presto?’ Poi
aveva registrato il resto e si era anche stizzito davvero. ‘Un momento,
distrazione? E da cosa? Io amo Amita, lo sai e…’ Don si era fermato
bruscamente e con un gesto secco del braccio l’aveva zittito tuonano:
‘Avanti, piantala!’ Charlie era
rimasto sorpreso, si era zittito subito e si era anche un po’
spaventato, poi si era ripreso con la sua tipica testardaggine.
‘Di fare cosa Don? Perché tu
stai sempre lì, guardi tutto e non dici mai niente! Ed io cosa dovrei
pensare? Che ti interessa qualcosa?’
Don aveva scosso il capo sospirando spazientito.
‘Lo sai che ci sono e vedo e
capisco! Ti lascio fare quello che credi meglio, ma ora stai andando
fuori dal seminato!’ Era davvero arrabbiato. Charlie aveva fatto un
passo avanti ed aveva aperto le mani davanti a lui.
‘E cosa sarebbe? In che modo convivendo con Amita vado fuori dal seminato?’
Non ne avevano mai parlato, mai.
Avevano entrambi capito molte cose, ma non ne avevano mai dato voce.
Perché quello era il loro rapporto. Gli altri non capivano che fra loro
non c’era mai stata confidenza e prima del loro lavoro insieme all’FBI,
nemmeno si vedevano, quasi.
Lì le cose erano cambiate.
‘Colby.’ L’aveva detto, l’aveva
sputato fuori. Charlie aveva fatto un impercettibile passo indietro e
per Don quello era stato indicativo e si era arrabbiato riprendendo a
camminare per calmarsi, montandosi ancor di più invece.
‘Colby cosa?’ Incertezza, lo
sguardo che iniziava a caricarsi di panico. Don aveva iniziato a
toccarsi il viso, quando lo faceva era davvero arrabbiato.
‘Colby, Charlie. Sai cosa significa!’
‘Beh io invece non lo so, non
capisco cosa c’entri Colby con me ed Amita e se vuoi avere una
conversazione che porti da qualche parte, parla in modo più chiaro!’
Braccia conserte, appoggiato ad un angolino della scrivania, fermo
graniticamente convinto della sua posizione, della sua scelta.
Don si era di nuovo fermato,
l’aveva guardato ed aveva scosso il capo, poi si era deciso sebbene
avesse sempre voluto consapevolmente evitare quel dialogo.
‘Provi qualcosa per lui e sono
sicuro che ti ricambi. Perché diavolo devi rovinare tutto con Amita? Io
capisco se lui non ti ricambia, ma vedo cosa provate uno per l’altro.
Perché è un ragazzo? È per questo che non vuoi andare oltre nel vostro
rapporto? Sappi che lo rimpiangerai! Non si soffocano i propri istinti,
i propri sentimenti. Non si cambia chi sei solo perché così è più
facile!’
E lì Charlie si era arrabbiato,
si era staccato dalla scrivania, gli era andato incontro e l’aveva
puntato col dito avvicinandosi furioso.
‘Facile? Più facile? Parli tu di
soffocare i propri istinti, i sentimenti? Tu che sei il re dei
soffocati? Bene, vuoi parlare chiaramente? Facciamolo. Parliamo anche
di te!’ Don non aveva indietreggiato sebbene fosse rimasto colpito
dalla sua rabbia.
‘No no no, non si parla di me, si parla di te che nascondi la testa sotto la sabbia ed un giorno lo rimpiangerai!’
Charlie aveva scosso ostinato il capo.
‘No, Don! Si parla anche di te!
Cosa aspettavi a dirmi che provi le stesse cose per Colby?’ Silenzio.
Quel silenzio era stato proverbiale perché Don non perdeva mai un colpo
nelle discussioni condotte da lui. Charlie aveva avuto conferma
d’averci visto giusto. Così si era messo a camminare lui gesticolando e
toccandosi di continuo i capelli.
‘Sai c’è questa teoria
matematica. Io mi tormentavo, ero sicuro che ci fosse qualcosa nel tuo
comportamento che dovessi capire, qualcosa che mi bloccava dal farmi
avanti con Colby! Ed allora ho applicato questa teoria a te, per non
rischiare di fare un casino con te. Ed indovina cosa è venuto fuori? Tu
provi le stesse cose che provo io per Colby. Ma sai qual è il punto?’
Don non aveva detto nulla, rigido e fermo, i pugni stretti lungo i
fianchi e la voglia di cancellare tutto. Charlie si era fermato e aveva
di nuovo parlato davanti a lui, fissandolo dritto negli occhi. ‘Colby
non è indifferente a te. Per questo non ha senso che mi faccia avanti,
che viva questa cosa. Tu ci sei, Don. E sei mio fratello. Ed io non
potrei mai, MAI, ferirti! E quello che mi fa arrabbiare è che tu sai
ciò che provi per lui, ma vuoi farti da parte e ti infuri se io faccio
la stessa cosa.’ Don aveva scosso la testa, ma con poca convinzione,
preso alla sprovvista per il fatto che fosse scoperto.
‘Non è così, non hai capito niente!’ Chiaramente Charlie si era messo a ridere.
‘Don quante volte ho sbagliato un calcolo?’
‘Questi sono sentimenti, non puoi applicare…’
‘Posso farlo invece! Perché funziona con tutto! E l’hai visto miliardi di volte!’
Don aveva sospirato esasperato,
si era zittito ed aveva pensato, Charlie aveva aspettato una risposta
valida che non era arrivata, così si era calmato e con un tono più
dolce si era messo davanti al suo sguardo di nuovo, ma non con fare
battagliero. E finalmente aveva spiegato.
‘Fra me e Colby c’era una certa
intesa, mi piaceva molto. Moltissimo. Però lui era sempre frenato da
qualcosa. Volevo chiederti consiglio, ma ovviamente non è facile
confidarsi con te specie perché beh… non l’ho mai fatto!’ Don si era
leccato le labbra, lo fece nel presente, mentre ricordava. ‘Cercavo di
capire cosa dirti, quando, come… ed ho realizzato. Colby ti guardava in
un modo che… che non guardava me così. Con me era rilassato, divertito,
stava bene. Penso che… sia sé stesso con me. Non si sente giudicato, io
non l’ho mai fatto. Si è confidato molte volte, con molte cose.’ Aveva
ammesso. ‘Però cercava di non parlare di te. Parlava di tutto, ma non
di te. Una volta gliel’ho chiesto io. Sai cosa mi ha detto?’ Gli occhi
di Don si erano concentrati su quelli di Charlie, il suo cuore si era
messo a battere folle. ‘Il giorno in cui capirò Don, sarò la persona
più felice del mondo. Disse così. Allora ho pensato. Capire te era
sempre stato difficile anche per me. Ma c’era una cosa di cui entrambi
non venivamo a capo. Quello che pensavi di lui, cosa provavi, perché
facevi quello che facevi con lui.’ Don si era stretto nelle spalle
difensivo.
‘Beh, cosa faccio?’
Charlie aveva sospirato consapevole che non se ne rendeva nemmeno conto.
‘Hai riguardi per lui, Don. Non
ne hai per nessuno della tua squadra. Ma con lui… non lo sgridi mai,
non litighi mai con lui, non lo riprendi più da quando è tornato in
squadra dopo quel casino della spia… e al contrario gli chiedi le cose,
non gliele ordini come fai con tutti. Come se fossero dei favori che
lui può fare per te. Hai… hai un atteggiamento del tutto diverso. Però
non gli hai mai detto niente, mai un discorso, mai mezza parola che gli
facesse capire cosa pensavi, cosa volevi da lui, cosa… ‘ la voce si era
incrinata. ‘cosa provavi per lui.’
Don aveva sospirato di nuovo, calmo, placato. Il senso di colpa, la rivelazione dalla sua voce. Lo shock stesso.
‘Questa teoria matematica
applicata a te ci ha permesso di capire perché ti comportavi in modo
tanto contraddittorio con lui, solo con lui. Io l’ho fatta perché Colby
ne era tormentato. E poi perché ho iniziato ad avere questa intuizione,
osservandoti. E il risultato è questo.’ Don aveva scosso il capo, ma
Charlie gli aveva messo le mani sulle spalle, con decisione e fermezza.
‘Sì, Don. È così. Forse non vuoi accettarlo, però è così. Nemmeno te ne
rendi conto.’
Don aveva preso le mani di Charlie e le aveva strette per dare forza alla sua risposta testarda.
‘Anche se così fosse il punto è cosa prova Colby! Lui prova qualcosa per te.’
‘Forse. E forse lo prova anche
per te. Ed io non posso condividere la persona che un giorno posso
amare con mio fratello. Voglio che chi mi ama, ami solo me. Scusa se
sono così egoista, ma non intendo scendere a patti.’ Charlie aveva
sfilato le sue mani, aveva fatto un passo indietro e con uno sguardo
sicuro, deciso e sereno, un’aria un po’ di scuse, aveva continuato. ‘Mi
piace Amita, sto bene con lei, è diversa da Colby, ha le idee chiare,
ama solo me, è brillante, è dolce. Posso amarla anche io. Davvero. Sto
voltando pagina. Mi ci vuole un po’, però questa decisione non la
cambierò mai.’
Don aveva provato ad avanzare per fermarlo.
‘Charlie, questo lo rimpiangerai
un giorno… ‘ Ma Charlie aveva di nuovo scosso la testa e sorriso con
un’aria un po’ nostalgica, ma sicura.
‘Forse. Però se mi accontentassi
mi farei divorare dai dubbi. Ed i dubbi uccidono i rapporti, cambiano
le persone. Io non voglio cambiare e rovinare il mio rapporto con te o
con Colby.’
Don non aveva più saputo cosa
ribattere. Era rimasto proverbialmente zitto, fermo, distante ad un
metro da lui che cercava di sorridere più convincente.
‘Non toccherò mai Colby, perciò sei libero di agire.’
E con questo aveva chiuso il discorso.
Charlie si era sposato, quel
caso aveva aiutato a fargli capire quanto amasse Amita e che aveva
superato la questione di Colby. Però quando si era presentata
l’occasione di andare via da Los Angeles per un anno di lavoro in
Inghilterra, l’aveva colta al volo.
Consolidare la nuova vita, il nuovo Charlie.
Don tornò alla realtà mentre l’auto si fermava all’FBI.
Avevano percorso tutto il viaggio di ritorno nel silenzio più totale. Quasi la norma, per Don.
Colby non aveva detto nulla.
Arrivati lì, il telefono suonò e Don rispose consapevole di quello che avrebbe sentito.
La voce di Nikki comunicò quello che già sapeva.
- L’auto di Tyler Wolf è ancora
nel parcheggio del locale. Nessuna traccia. A lavoro non ha avvertito
nessuno. Visto il caso ho pensato di aspettare a chiedere alla
famiglia… - Don annuì demoralizzato, consapevole che sarebbe andata
così.
- Ok… no, ci pensiamo io e Colby. Testimoni e videocamere? - chiese Don da prassi.
- No, niente sorveglianza nel
parcheggio, solo davanti alle porte di ingresso... - un campanello
suonò in lui mentre Nikki rispondeva. - E comunque non c'era nessuno, i
proprietari hanno detto d'aver chiuso verso le tre, tre e mezza, e nel
parcheggio c'era solo quella macchina li, ma non ha visto nessuno. - la
seconda parte passò inosservata, perché Don aveva appena realizzato un
dettaglio importante.
- Videocamere all'ingresso dici? -
- Sì… Ti interessano? -
- Sì. Fatti dare i nastri di
ieri sera. Poi preleva l'auto, portala all'FBI e falla controllare,
vedi se trovano qualcosa di utile. -
- Del tipo? -
- Non lo so, se c'è la troveranno! - rispose sbrigativo Don seguendo come sempre il suo istinto.
- Ok, ricevuto. - concluse Nikki.
- Ah, e vi spedisco una lista,
dovete controllarla. Sono i clienti del proprietario del furgone rosso.
Uno di questi è il nostro killer. - Aggiunse guardando il foglio che
aveva ancora in mano con la serie di nomi e indirizzi.
- Va bene. - Disse lei chiudendo la comunicazione.
Proprio in quello, mentre Colby
aveva capito cosa era successo e cosa dovevano fare e dunque rimetteva
in moto l’auto, un sms arrivò a Don insieme ad una notifica
dell’applicazione collegata al computer dell’FBI. Don, preso alla
sprovvista, vide che la notifica segnalava che il telefono di Jason era
stato acceso, mentre passò di corsa all’sms col cuore che tornava in
gola insieme all’adrenalina che gli diede una scarica che lo stordì per
un momento.
‘Speravo mi scrivessi tu, sono felice che l’hai fatto. Buongiorno Don.’