*Ecco
un altro capitolo, sono in ritardo ma ho avuto una settimana
impegnativa e poi mi sono messa a scrivere un sacco. Ad ogno modo
torniamo a noi. Seguiamo le indagini, per trovare Don devono capire nel
dettaglio chi era Max e scoprire tutto quello che possono su di lui, il
killer che finalmente ha un nome ed un'identità. Torna in scena Colton
Martin, il cugino di Tyler, l'amico della vittima zero, Dylan, e vera
mira del killer che alla fine si è salvato per miracolo. Cosa sa Colton
di Max? Potrà essere d'aiuto? Buona lettura. Baci Akane*
28. INVECE DI CAVARSELA
"Alcune
leggende sono raccontate Alcune diventano polvere o oro Ma tu mi
ricorderai Ricorderai per secoli E solo un errore È tutto ciò che ci
vorrà Finiremo sui libri di storia mi ricorderai per secoli, [...]
No, non c'è niente di sbagliato in me I ragazzi sono tutti sbagliati, le storie sono concluse [...]
E non
riuscirò a smettere finché tutto il mondo non conoscerà il mio nome
Perché sono nato solo dentro i miei sogni Fino a quando muori per me,
fino a quando c'è una luce, la mia ombra su di te Perché Io sono il
contrario dell'amnesia"
- Fall out Boy - Centuries -
“Non so se sia il caso di fare
una conferenza stampa e avvertire la gente. Se mettiamo in giro la sua
foto chiunque lo vede può segnalarcelo e aiutarci, ma in questo modo
mettiamo fretta al killer, può accelerare i tempi con Don e sbrigarsi.
Finora lui se l’è presa comoda perché sapeva di essere un fantasma,
nessuno conosceva la sua identità, girava per le strade liberamente,
non aveva alcuna fretta d’azione. Se passiamo la sua foto su ogni
canale televisivo può succedere un disastro. Però potrebbe essere
visto. Cosa devo fare? Don non avrebbe dubbi!”
Sospirò coi nervi a fior di
pelle mentre parcheggiava all’ospedale. Aveva parlato con Larry
dicendogli quello che voleva facesse, lui ci aveva pensato un attimo e
aveva detto che pensava di poter fare qualcosa a proposito. La zona
d’azione di Max, ora avevano il vero nome, era specifica, così in base
alle sue esigenze poteva almeno circoscrivere i probabili rifugi ad un
paio, facilitare le loro ricerche.
Max aveva bisogno di una casa,
un posto chiuso che non rischiasse di essere disturbato per caso. Per
cui una casa sfitta, abbandonata ma non in vendita e quindi col rischio
di ricevere clienti in visita. Se non ce n’erano di quel genere, magari
anche un po’ isolate, allora si poteva vedere qualche rifugio, ma c’era
da considerare che il bosco era battuto dalle squadre di ricerca, non
poteva tornare lì e non c’erano chissà quanti boschi in quella zona.
“In emergenza potrebbe anche
andare in qualche magazzino, fattoria, fabbrica in disuso. Comunque con
Don sedato non sarà andato chissà quanto lontano.” La teoria era che
prima di regalare loro il furgone e cominciare la caccia a Tyler,
avesse pianificato almeno due rifugi. Il primo quello dove l’avevano
trovato, dove lui e suo padre erano andati per anni a caccia. Il
secondo un nuovo posto in caso di emergenza. “Ma secondo me è una casa
sfitta, come quella in cui portava Dylan.”
Larry aveva concordato che
avrebbe fatto quello che poteva il più velocemente possibile. Era stato
sorprendentemente calmo nel sapere che Don era stato rapido, seppure
aveva mostrato preoccupazione.
- Colby, credi sia il caso di dirlo a Charlie e Alan? -
Colby venne quasi attraversato da un fulmine quando lo disse.
Non ci aveva nemmeno pensato.
- No, Charlie no… è lontano, si
preoccuperebbe e basta, non potrebbe fare nulla da lontano. - Larry
convenne con lui però rese noto che una volta che l’avrebbe saputo, e
prima o poi sarebbe successo, si sarebbe arrabbiato molto nel non
saperlo subito.
Colby gli diede ragione.
- Ok, ok… glielo dico io. Ad entrambi. -
Chiaramente le priorità erano
avere un’idea di cosa avesse in testa Max e l’unico che poteva aiutarlo
ora era Tyler che ci aveva parlato per ultimo.
Prima di chiudere Larry gli
disse che aveva qualcosa sulle sculture, ma che voleva parlargliene con
cura e mostrargli delle cose.
- È importante, potrebbe servirmi saperlo subito? - Chiese Colby spiccio. Larry disse che dipendeva.
- Serve per entrare nella sua testa, non sono indizi per trovare Don, perciò vedi tu se… -
Colby si ricordò degli insegnamenti di Don, del suo metodo di trovare i peggiori psicopatici.
Entrare nelle loro teste era l’unico modo per trovarli e arrivare a loro. L’unico.
- Devo parlare con Tyler, poi
passo da Alan e parlo con Charlie e vengo da te. - Larry disse che
sicuramente per quella volta avrebbe avuto novità anche sul possibile
rifugio attuale.
Colby lo sperava vivamente.
Appena Colton sentì il nome si illuminò.
- Dannazione, dalla foto di ieri
era irriconoscibile, eppure mi risuonava qualcosa! Questa è decisamente
più d’aiuto! - La foto mostrata da Nikki al cugino di Tyler era di
dieci anni prima, seguita da quella dell’annuario scolastico, poiché
voleva sapere se si ricordava di lui anche a scuola.
- Max Carver, la famiglia
Carver! L’incendio, la tragedia! Non era lontano dal nostro quartiere,
non si è parlato d’altro! Poco dopo Dylan è sparito e mio cugino ha
cominciato a crollare! - Disse Colton fissando le tre foto che ora gli
stavano davanti. Nikki lo guardava impaziente di sapere qualcosa di
utile, anche se non capiva come poteva esserlo sapere una storia
vecchia di così tanto tempo.
Colton si strofinò il viso e cercò di fare mente locale stringendo gli occhi.
- Erano miei clienti. Anche il
furto del mio furgone è venuto dopo l’incendio… - Aggiunse mettendo
insieme tutti i tasselli. - All’epoca mi sembrava solo un gigantesco
karma negativo, sai quelle cose che dici ‘ma che periodo di merda! E
l’anno deve ancora finire!’ Sai, cose che dici, ma non ci pensi. Non le
colleghi. Come puoi? - Nikki sospirò mentre scalpitava preoccupata per
Don, voleva setacciare tutte le case abbandonate del quartiere invece
era lì a parlare con lui per capire cosa?
- Ti ricordi che eri a scuola con lui? - Colton guardò la foto del liceo e assottigliò lo sguardo concentrandosi.
- Sì, sì… però non era popolare,
era fra gli sfigati. Eravamo di gruppi completamente diversi… - Nikki
piegò la testa, non faticava a credere che lui, bruttino anche da
ragazzo, fosse fra gli sfigati, quelli presi di mira. Ma non poteva
immaginare in che gruppo fosse lui che invece faceva di tutto per
apparire come il normale ragazzo della porta accanto, che non si faceva
notare né per il bene né per il male.
- E tu in che gruppo eri? - Colton sorrise ricordando quel periodo.
- Non con quello di mio cugino… -
- Lui era fra i più popolari… - Disse Nikki sicura.
Colton annuì sorridendo.
- Dylan era il suo migliore
amico perciò era con lui, anche se quello popolare e voluto era Tyler,
Dylan ci sapeva stare… come posso dire? Tyler era la star, lui era
l’amico della star. Popolare perché lo era Tyler. - Nikki aveva il
quadro abbastanza chiaro.
- Ma tu? - Colton si strinse nelle spalle.
- Io ero fra quelli normali. Un
po’ secchione, ma non nerd o sfigato… facevo il mio, mi impegnavo,
riuscivo abbastanza bene nelle cose, avevo il mio gruppo di amici.
Eravamo normali, non spiccavamo, ma nemmeno eravamo mira di qualcuno. -
Nikki ebbe una sorta di illuminazione mentre si faceva il film di
quegli anni di liceo dove probabilmente tutto era iniziato in qualche
modo. In quel periodo il padre aveva abusato di lui, come appariva a
scuola Max?
- Dylan si capiva che era gay,
ma Tyler? - Colton alzò ancora le spalle cercando di mitigare la cosa,
come se ormai non fosse più un problema.
- Tyler a quell’epoca non lo
sembrava, però visto che Dylan era mira di tutti, lui prima ha iniziato
a litigare per difenderlo. Faceva anche a botte, non si tirava
indietro. Era un piantagrane quando ci si metteva. -
- Poi? -
- Poi si è dichiarato anche lui.
Lo ha detto davanti a tutti in un’assemblea studentesca. Era anche
rappresentante degli studenti chiaramente. Piaceva. Faceva a botte, ma
piaceva. - Nikki rimase colpita.
- E da lì? - Colton rise.
- Da lì è stato ancora più
popolare! Lui li sfidava tutti, capisce? Ad insultarlo, a
perseguitarlo. Prendersela con Dylan che faceva un po’ la checca ed era
fragile e non sapeva rispondere era facile. Tyler era capitano della
squadra di baseball. Aveva un lancio ed una battuta micidiali. Era
eccellente in tutto. Sfidare lui significava suicidarsi. E lui li
sfidava a farlo. Per questo cominciarono ad ammirarlo ancora di più.
Anche io lo ammiro molto per come ha affrontato la sua omosessualità.
In molti si nascondevano, specie in quel periodo. Lui no. - Nikki ora
lo vedeva bene, il film. E vedeva un po’ di invidia insieme a
quell’ammirazione.
- Max era preso di mira da tutti. Era solo? Aveva qualche amicizia? - Colton scosse il capo.
- Nessuno. Non riusciva a legare. -
- E si capiva che era gay? - Colton ora col senno di poi poteva dire che c’erano stati segnali, ma niente di indicativo.
- In tanti anni non ho mai
sospettato, però non mi sono mai fermato a guardarlo. Non era preso di
mira per quello, come Dylan. Lui era preso di mira… - Colton sembrò
pensarci, doveva ricordarselo perché non ne aveva nemmeno più idea. - I
capelli! - Nikki piegò la testa di nuovo aggrottandosi, mentre sentiva
un campanello nella mente, simile a quelli che sentiva Don quando
parlava con un testimone.
- I capelli? - Colton annuì energico, sicuro di sé dopo averlo ricordato meglio.
- Sì, sì… erano i capelli! I
rossi erano tutti presi di mira, poi lui era un po’ tondo, bruttino,
chiuso, timido, non ci sapeva fare, non sapeva rispondere, era goffo…
penso andasse anche male negli studi, non saprei. Però lo deridevano.
Avevano un coro, aspetta, com’era? - Colton cercò di ricordarlo con
fatica. - Non era una canzone, era una specie di gioco. ‘Toc Toc’ e
cominciavano a circondarlo. Poi faceva un altro ‘Chi è?’ e sempre
avvicinandolo in gruppo ‘sono il lupo mangia frutta!’ e un altro ‘che
frutta vuoi?’ Poi sparavano qualche frutto dicendo che non c’era, poi
arrivavano ad un qualunque tipo di frutto rosso e lì poi ripetevano
‘rosso?’ ‘sì rosso!’ e cominciavano a spintonarlo e picchiarlo. - Nikki
rimase inorridita e schifata di quel gioco, sapendo che il bullismo era
da sempre la peggior piaga. Colton notò che era inorridita e si strinse
nelle spalle dispiaciuto. - Io non partecipavo. -
- Ma non lo aiutavi! - Colton si
strinse ancora nelle spalle cercando di giustificarsi con
un’espressione politicamente corretta.
- Al liceo cerchi di cavartela.
È così per tutti. Ognuno usa un proprio sistema. C’è chi diventa
popolare, chi diventa l’amico di quello popolare, chi diventa il bullo.
E c’è chi si fa gli affari propri. Non vado fiero, ma come me ce
n’erano molti. -
- Sì, troppi. - Concluse secca e
brusca Nikki avendo il quadro che le serviva, voleva comunicarlo subito
a Colby, ma aggiunse un’altra domanda. - Ti ricordi qualcosa quando
andavi a consegnare nella sua fattoria? - Colton lieto di cambiare
periodo cercò di ricordare.
- Beh, niente di speciale.
Riceveva quasi sempre lui e firmava. Lo salutavo, mi aiutava a tirare
giù tutto e niente, me ne andavo. Non si parlava nemmeno. -
- Guardava il tuo furgone? - Colton voleva dire di sì sapendo che era lui il ladro, ma non poteva.
- Non lo notavo. -
- Certe cose non cambiano nemmeno con l’età, vero? - Disse Nikki acida.
Colton arrossì con un gesto estremamente femminile, a disagio.
- Le dita? Quelle almeno le
avrai notate. A scuola c’erano e da adulto no! - Replicò Nikki
volendosi sbrigare, non gli piaceva Colton. Perché aveva passato la sua
vita a cavarsela, come aveva detto. A sembrare qualcun altro. quello
normale, quello comune. Quello in gamba. Etero. Amichevole. A posto.
Eppure era gay, ignorava il prossimo e si faceva i fatti propri. Era
meschino. Non era come voleva apparire. Era solo superficiale.
“Ma per quanto disgustoso non
penso arriverebbe ad essere complice di uno così sotto la media come
Max.” Pensò Nikki avendolo inquadrato subito. “A che pro? Non lo
aiuterebbe ad apparire migliore di quel che è allearsi con lui.
Oltretutto è sempre rimasto qua.”
- Sì quelle le ho notate. Ma non gli ho chiesto di certo che gli è successo. Ho fatto… -
- Finta di niente! - Concluse
lei sarcastica, avendo capito che tipo era. Si alzò sospirando seccata
mentre lui si dispiaceva per la brutta figura che stava facendo.
- Mi dispiace, forse il mio modo di fare non è altruista, ma che avrei potuto fare? Bisogna stare a galla… -
- A costo di non buttare un
salvagente a chi annega? - Nikki stava andandosene, ma non le mandava a
dire, non l’aveva mai fatto ed ormai aveva ottenuto tutto quello che
poteva da lui. Colton la seguì a disagio per il modo in cui ora lo
vedeva e replicò polemico.
- Ma che avrei potuto fare,
vedendo le due dita che mancavano? Non sapevo niente di lui, non
eravamo in rapporti, come potevo pensare che dietro ci fossero dei
maltrattamenti o chissà cosa? -
Nikki lo zittì con un gesto secco della mano, sull’uscio di casa.
- Oh, per le dita no di certo.
Ma sai, forse se a scuola invece di guardare quel simpatico giochino
che facevano con quel rosso e magari ridertela sollevato di non essere
tu al suo posto, se invece di cercare di sopravvivere e di cavartela,
avresti dato una mano… non lo so, come sarebbe andata? I giornali li
hai letti, no? Quello che ha fatto è stato ben descritto. Trai le tue
conclusioni. - Con questo Nikki uscì arrabbiata senza salutare.
Di certo non aveva torto e per
esperienza sapeva come nascevano i killer. Lei e tutti quelli che
facevano il suo lavoro lo sapevano fin troppo bene come nascevano gli
assassini, i criminali.
Ed ogni volta l’origine non cambiava mai. Ogni volta.
“Se solo ci si spalleggiasse di più invece di pensare a cavarsela e basta…”
Mettendo in moto, chiamò Colby per aggiornarlo.