*Eccoci
qua. Continuiamo a seguire momento per momento le mosse di Don e Colby.
Don cerca di capire i tasselli mancanti e di entrare più che piò nella
testa di Max, mentre Colby fa praticamente la stessa cosa a distanza,
aiutato dalle scoperte di Larry. Ormai i risultati arrivano ed il
momento delle ricerche e delle attese è finito. Dal prossimo capitolo
il tempo riprenderà a correre ad una velocità vertiginosa. Buona
lettura. Baci Akane*
33. IL DIFFICILE DI SEPPELLIRE
"Strana
infatuazione sembra abbellire la marea della sera Lo capirò accanto a
te. Tanta immaginazione aiuta il fluire della passione. Lo capirò
accanto a te. Istantanea correlazione disgusta e vomita menzogne. Lo
capirò accanto a te. Ipersaturazione accappona e colora la pelle. Lo
capirò accanto a te. tic - tac"
/Placebo - Without you I'm nothing/
Max si svegliò di soprassalto, come dopo un incubo. La prima cosa che vide furono gli occhi penetranti di Don e si calmò.
Si sollevò poggiando una mano sul suo petto, poi realizzando qualcosa glielo disse guardandolo da vicino:
- Come fai? - Don lo ricambiò accigliato.
- A fare cosa? -
- A stare così calmo. Il tuo
cuore non batteva accelerato. Sei rimasto calmo tutto il tempo, per
questo mi sono addormentato. - Don si strinse nelle spalle.
- È quello che mi chiedono
sempre i miei collaboratori. Tutte le volte che affrontiamo casi
difficili e pericolosi io rimango calmo. Mi dicono che più le cose si
fanno infernali, più io sono distaccato. È una dote che devo avere se
voglio guidare una squadra e risolvere i casi. -
Max si sedette e rimase lì accanto a lui con un sorriso malinconico.
- È per questo che sei un
capo. Ti danno i casi difficili? Beh, ti hanno dato il mio… - Poi, come
se lo ricordasse solo in quel momento, si strofinò il viso girandosi
dall’altra parte per svegliarsi meglio. - Non so cosa fare. -
Asserì come se cambiasse argomento.
Don l’aveva capito, altrimenti l’avrebbe ucciso subito.
- Puoi fare quello che vuoi,
non ti controlla nessuno, giusto? - Don era sicuro che ci dovesse
essere qualcuno nell’ombra, però Max non si decideva mai a parlarne. A
quel punto cominciava a credere che fosse una personalità di Max, non
si manifestavano sempre facilmente.
Max si alzò ed aprì la porta della camera andando nell’altra stanza che faceva sia da salotto, che da cucina che da ingresso.
Andò al lavandino, aprì il rubinetto e si lavò il viso.
- Certo. Se tu ed i tuoi
compagni non mi deste la caccia. Se la società accettasse il fatto che
ho perso il controllo una ventina di volte in dieci anni… quanti sono,
fra l’altro? - Don voleva vomitargli in faccia e ricoprirlo di insulti,
ma doveva mantenere i famosi nervi saldi.
- Troppi perché la società capisca e accetti. - Concluse calmo. Max fece un sorrisino di scherno e alzò le spalle.
- Non posso esattamente fare quello che voglio, non credi? - Don sospirò.
- Ho un po’ di sete e sento
anche freddo, fuori c’è una tempesta che ha tutta l’aria di scatenarsi
per l’intera giornata. Se… mentre decidi cosa fare… ti dispiacerebbe
almeno coprirmi? - Don voleva un po’ testare la capacità di gestire la
situazione da solo di Max. Quanto poteva influenzarlo?
Don riusciva a controllarlo, ad influenzarlo, aveva un grande effetto su di lui. Poteva riuscire a farlo ragionare.
Max si guardò intorno e come
se se ne rendesse di nuovo conto, rabbrividì guardando fuori. La
pioggia imperversava contro quel piccolo rifugio prevalentemente in
legno. Qualcosa che difficilmente poteva reggere ad un uragano. Don si
chiese se il cielo l’avrebbe aiutato.
“Beh, dipende se l’uragano oltre a scardinare la casa, scardina anche me…”
Max comunque si mise una
giacchetta e poi prese una coperta dall’armadio della camera e gliela
mise addosso, coprendo finalmente la sua nudità. Poi, sovra pensiero,
gli prese anche dell’acqua e l’aiutò a bere, era addirittura gentile.
Don capì che sarebbe potuto essere una persona dolce e capì anche come Dylan se ne doveva essere innamorato.
La sua fragilità era il suo
fascino, non era bello d’aspetto, era goffo, impacciato ed insicuro, ma
quella fragilità e quella dolcezza potevano colpire.
Perché poi li uccideva? Trovavano dietro tutto questo qualcosa di negativo e di brutto, qualcosa di difficile da convivere.
La sua instabilità mentale prima o poi veniva a galla.
“Lì qualcuno ne ha
approfittato, lo ha manovrato trovando in lui un’opportunità. Qualcuno
che aveva degli scopi precisi ma che non voleva sporcarsi le mani. E se
fosse uno che lo gestisce senza mai alzare un dito? Da lontano,
telefonicamente… ma chi poteva all’epoca avere l’interesse di
manovrarlo per fargli fare qualcosa che lui desiderava ma che non aveva
il coraggio di fare? Chi e cosa poteva volere? Ragiona, Don. Max ha
cominciato con Dylan. La storia non è ancora sviscerata, ci deve essere
qualcosa che ti è sfuggito.”
Poi, come se il fulmine che era arrivato non molto distante da lì, l’avesse illuminato, Don realizzò.
- Hai rinunciato presto a
Tyler. - Don parlava con una calma ed una gentilezza concilianti, Max
era ancora influenzabile, non era preso da alcun raptus, ci si poteva
ragionare.
Max sentendo quel nome si
rivoltò di scatto e Don pensò d’aver tirato troppo la corda. Poi però
l’altro cominciò a strofinare la testa contro la spalla, di lato, in un
tic nevrotico.
- Beh, mi ha colpito il suo
amore per Dylan… io non avevo capito quanto si amassero… dopo tutti
questi anni Tyler lo amava ancora… doveva averlo superato, sembrava
fosse andato oltre, che fosse pronto per un’altra storia, ma… -
- Ma comunque amava un altro,
non te. La storia non era perfetta. Perché non ucciderlo? Ne avevi
l’occasione quando ti abbiamo interrotto. Avevi il coltello contro la
sua gola, lui era appeso al contrario. In quel modo si sarebbe
dissanguato in un attimo. Tu però poi hai spostato il coltello e l’hai
solo pugnalato di lato… hai cercato il polmone, hai riprodotto la mia
ferita? Ti avevo colpito? Hai spostato su di me le tue mire? Sei
passato da Tyler a me? Ma perché rinunciare a seppellire Tyler? Tu li
seppellisci, giusto? Le storie non decollano, non funzionano e quindi
li seppellisci. Si seppelliscono le storie che non funzionano, non si
può andare avanti col passato ancora vivo che ti ancora al suolo. - Don
aveva capito molto bene la filosofia di Max e se l’aveva capita lui,
qualcun altro in passato, agli inizi di quella storia, poteva averlo
capito.
Un fratello? Un cugino? Era
figlio unico, ma poteva esserci lo stesso qualche parete nascosto, un
figlio illegittimo segreto… Don cercava delle possibilità plausibili
mentre Max rimaneva colpito da quanto ancora Don lo capisse.
- Certo che si seppelliscono.
Però Tyler… - Max esitò… guardò oltre il letto su cui era Don e fu come
se vedesse attraverso uno schermo le immagini di un videoregistratore
che si riavvolgeva mostrando quello che era successo in passato. -
Tyler non era mai stata la mia storia. Seppellisco le mie storie
fallite. Ma lui era la storia fallita di qualcun altro… - Don
sentì il campanello. Ecco di nuovo l’indizio, la conferma che c’era
qualcun altro. Tyler era la mira di un altro, aveva manovrato Max e gli
aveva fatto fare quel che voleva. Ma chi era?
Max abbassò gli occhi e mise giù il bicchiere con cui aveva dato da bere a Don.
Dolore nella sua voce.
- L’ho amato molto, ma fra noi
non c’è mai stato nulla. Mi sono approcciato a lui nel modo sbagliato.
L’ho preso prima di dargli la possibilità di innamorarsi di me, prima
di vivere la storia che avevo aspettato e desiderato da anni. Mi ero
preparato per lui, modellato per lui… ma poi quando l’ho visto, quando
mi ha riconosciuto al parcheggio… non ho potuto fare come avevo
progettato. Non ho potuto conquistarlo. Non abbiamo potuto provare la
nostra storia. Se sarebbe fallita l’avrei seppellito, ma ero sicuro che
sarebbe andata bene. Invece no. - Don non capiva, gli sfuggiva un
dettaglio.
- Perciò l’hai preso perché ti ha riconosciuto. -
- Ero nel panico, ho capito
che il mio piano pensato da una vita era andato a puttane e che mi
aveva riconosciuto e dovevo fare qualcosa. Così l’ho preso. Ma poi non
sapevo come fare… non sapevo… io non volevo ucciderlo… non era la mia
storia da seppellire, capisci? Non volevo… ho iniziato a pensare a come
rendergli omaggio, non avevo scelta che farlo fuori comunque… ormai era
andato, no? Non potevo lasciarlo libero. Però al momento di ucciderlo,
quando mi hai trovato… non ci sono riuscito… - Don cercò il suo sguardo
da steso, Max lo evitava perché se ne vergognava.
- Perché? Max, perché non sei
riuscito ad ucciderlo lo stesso? - Max si strinse nelle spalle ed alla
fine quando lo guardò negli occhi non riuscì a non dirglielo.
- Era un peccato, uno spreco.
Ormai l’avevate trovato. Avevate trovato me… dovevo ucciderlo per
cancellare le tracce dietro di me, lui poteva aiutarvi ad
identificarmi, a catturarmi. Dovevo ucciderlo per questo. Ma ormai mi
avevate trovato. Perché ucciderlo? Non era la mia storia fallita, non
era mai stata la mia storia in assoluto, mai… e voi mi avevate trovato.
Non potevo, non volevo ucciderlo. Tyler è… beh, anche se non mio… così
meraviglioso… -
Don sorrise, sforzandosi di
apparire dolce e comprensivo. Non era facile, ma aveva un quadro
completo. O quasi. Max arrossì e si asciugò una lacrima fugace.
- Io sono una tua storia
fallita, no? Dovresti seppellirmi per andare avanti alla prossima
storia, per liberarti del passato che ti ancora al terreno. - Max
sospirò e lo guardò sussultando spaventato.
- Lo so che dovrei. Però non è
facile, sai? Tu non sai come andavano le cose… non è che uccidevo
subito! Non è che appena il mio ragazzo mi scaricava io lo ammazzavo e
tic e tac lo mettevo in posa per ringraziarlo di quel che mi aveva
dato, anche se per poco. - Don era impressionato da come la sua mente
fosse in bilico, a volte era lucido e presente, altre mutava la realtà
deformandola senza rendersene conto. Fare delle sculture coi loro corpi
per Max era ringraziarli per la storia. Ucciderli era andare oltre,
superare la delusione amorosa.
- Ci mettevi tanto? -
Max si strinse nelle spalle dispiaciuto.
- Ti è mai capitato di
chiudere una relazione? - Don annuì. - Ed è stato facile? Veloce?
Indolore? - Scosse il capo. - Per cui lo sai come funziona. -
“Peccato che io per andare
oltre non ammazzo. Chi diavolo l’ha iniziato a questo sistema? Chi gli
ha fatto capire che era un metodo che funzionava, che si poteva fare?
Prima gli hanno inculcato l’idea che bisogna uccidere per chiudere
veramente le storie, poi gli hanno insegnato che bisogna coprire le
tracce perché altrimenti ti mettono in prigione. E Max si è fatto fare
tutto.”
- Max, chi ti ha suggerito che
uccidere era l’unico modo per chiudere coi fallimenti del passato? -
Chiese dolcemente e piano Don, il suo tono penetrante, un sussurro
conciliante, gli occhi due centri gravitazionali che risucchiavano il
mondo.
Max lo guardava e non riusciva
a togliergli gli occhi dai suoi. Voleva ma era come impossibilitato.
Ormai Don si stava sostituendo al primo controllore con risultati
eccezionali. Rimaneva da vedere se poteva convincerlo a costituirsi.
Quello poteva essere difficile, specie se il primo implicato si faceva
avanti per non perdere la sua gallina dalle uova d’oro.
“Qualcuno che all’epoca aveva
mire su Tyler. Non ha mai avuto storie fisse, dopo Dylan è rimasto
solo, è passato da uno all’altro. Nessuno ha beneficiato della
sparizione di Dylan… chi può essere?”
Don aveva la sensazione di
averlo conosciuto, come se il campanello gli fosse risuonato nel
momento in cui l’aveva incontrato. Ma ora quel campanello era rotto.
Max guardò Don, sospirò, poi
si alzò in piedi andando alla finestra non coperta da assi, guardò
l’inferno che si riversava dal cielo alla terra, gli alberi intorno
tutti piegati, molti rami cadevano sul tetto, la casa scricchiolava,
sembrava estremamente instabile. Le tavole da surf facevano un rumore
continuo.
- Vorrei trovare un modo per
rimediare a tutto, vorrei averti incontrato prima. Ma ora le cose
stanno così ed io non riesco… non riesco a seppellirti ed andare oltre,
anche se mi hai ingannato facendo finta di essere interessato a me solo
per prendermi. -
Don cercò di capire l’ora,
mentre lui parlava di spalle. Aveva una profonda lotta interiore che
non si sarebbe risolta facilmente e presto, però sperava che Colby
fosse vicino. Ormai era sicuro che c’era qualcuno e non era una seconda
personalità. Qualcuno che l’aveva manovrato c’era. Lui, da solo, non si
sarebbe mai trasformato in un killer. Solo se qualcuno l’avesse
manovrato avrebbe potuto. E qualcuno, dannazione, l’aveva manovrato!
- Quindi mi stai dicendo che
Max conosceva le vittime, ci usciva insieme, avevano una relazione… che
poi degenerava… e poi al momento di lasciarsi lui li uccideva. Solo che
era dispiaciuto dal farlo, come se fosse costretto, perciò dopo che li
uccideva si scusava con loro creando quelle sculture coi loro corpi… -
Larry annuì congiungendo le mani sotto il mento, l’aria presa dal
riassunto conciso di Colby. Aveva una gran capacità di sintesi che gli
aveva da sempre invidiato.
- Per cui in base alla
personalità del fidanzato di turno, lui sceglieva la scultura. Sono
statue famose che rappresentano sempre qualcuno di particolare, una
storia… e queste statue si adattano ognuna alla persona scelta per
rappresentarle. Capisci? - Colby annuì sorpreso e shoccato insieme.
- Ogni vittima è scolpita su
una statua specifica, non è fatto a caso. Si basa sulla personalità che
si adatta all’opera d’arte scelta. - Larry annuì felice che Colby
avesse capito. - Ok, e questo in che modo mi aiuta? -
- Beh, intanto ci dice che ha
un rimorso. Non uccide per raptus o rabbia, uccide perché deve, nella
sua testa, ma cerca di scusarsi dandogli, dal suo punto di vista, una
dignità nella morte. - A quel punto Colby capì il ragionamento
filosofico di Larry.
- È costretto, è manovrato, è
convinto da qualcuno. Lavora con qualcuno, qualcuno lo gestisce, forse
dalla distanza, non ci sono prove che abbia viaggiato con un altro nel
suo furgone. Però qualcuno c’è! - Larry annuì ancora trionfante che la
sua deduzione potesse in qualche modo aiutarlo.
- Possiamo anche desumere che
non ci metta poco come pensavamo. Da che li incontra a che li uccide
per lui possono volerci giorni e settimane, perché prima li conosce,
prova ad avere una storia con loro e quando questa fallisce qualcuno lo
convince ad uccidere, liberarsi della persona. E così deve trovare la
forza di uccidere, trova un compromesso scolpendoli, per lui è un
regalo, un ringraziamento, uno scusarsi. - Larry era bravo a tradurre
certi comportamenti macabri, Colby si inserì con lui preso da quella
teoria molto più che plausibile.
- Per cui ci mette tempo. Deve
trovare la scultura adatta, il coraggio di… beh, chiudere una storia…
non è facile lasciarsi con qualcuno, non è veloce. Non uccide per
rabbia, ma perché secondo lui deve, ma non è facile… - Larry annuì
ancora.
- Anche se trovi lui e lo fermi… non fermi la mente. - Colby annuì.
- Devo catturarlo, non ucciderlo. Sebbene la voglia di torcergli il collo sarà forte… - Larry non poteva certo biasimarlo.
- E con questo, passiamo al
mio computer che lampeggia con un tempismo perfetto… ha finito la
ricerca con l’algoritmo per trovare i probabili posti in base ai
fattori che abbiamo inserito. Vediamo dove si potrebbe nascondere il
nostro Max… - A quello, Colby saltò subito in piedi e si chinò alle
spalle di Larry che guardava nel suo portatile il risultato della
ricerca automatica. Sperava di avere qualcosa, sperava di averlo
davvero, perché per quanto ci potesse mettere a trovare la forza di
liberarsi di qualcuno, Don era comunque uno che l’aveva ferito. Poteva
aver accelerato i tempi perché per lui invece che un amore finito male,
poteva provare rabbia ed odio per l’inganno.
Aveva abusato fin troppo del tempo. Adesso era ora di correre. Di trovare e di correre. Senza fermarsi più un secondo.