*Eccoci
qua, con un po' di ritardo. Ho lasciato la scena nel punto cardine
dell'indagine che finalmente viene conclusa completamente. Don e Colby
sono in cerda della confessione di Colton che lo incrimini come
complice di Max, il tutto si verifica davanti ad un devastato e ferito
Tyler. Assistiamo al finale della sua storia, la storia di Tyler,
Dylan, Max e Colton. La fic non è ancora conclusa, mancano ancora
alcuni capitoli. Buona lettura. Baci Akane*
40. CONCLUSIONE
"non
vuoi raggiungermi, vero? non sono niente per te dai via le piccole cose e adesso non ci saranno errori gli argini si stanno rompendo
tutto quello che hai sempre voluto era qualcuno che ti ammirasse davvero
ed ora sei metri sotto l'acqua io lo faccio"
/Linkin park - The little things give you away/
- Come facevi ad avere il suo
numero, Max? - Tipica domanda da interrogatorio fra poliziotto e
criminale che doveva provare il coinvolgimento di un altro.
Max guardò Don ricordandosi
che era lì, lo fece anche Tyler, mentre Colton rimaneva fermo, gelido,
rigido. La mente nel panico. In qualche modo loro l’avevano capito ed
ora volevano tirare fuori le prove inconfutabili.
- Me lo ha dato lui! Quando ci
siamo rivisti che faceva le consegne a casa mia. E ci siamo rivisti una
sera mentre volevamo entrambi bere qualcosa e conoscere qualcuno. Ho
visto che aveva un appuntamento con un altro ragazzo ed io ho aspettato
invano uno che non si è mai fatto vivo. Abbiamo capito entrambi che
eravamo gay. Però ci siamo parlati un’altra volta. Quando ha fatto la
consegna il giorno dopo. Eravamo imbarazzati, volevamo capire se uno
dei due ne avrebbe parlato in giro e visto che nessuno poteva venire
allo scoperto, abbiamo deciso che avremmo tenuto uno il segreto
dell’altro. È iniziata così. - Max era nella fase innocua dei ricordi,
Colton però saltò su nervoso.
- Andiamo, tu
farnetichi! Io non sono gay! Tu hai le visioni, ti dico! Io amico tuo?
Sei il rosso, andiamo! Non siamo dello stesso mondo! - Cercava di
ridicolizzarlo per dimostrare che non erano amici, Colton però
cominciava a sudare.
- No, no! TU MI HAI DATO IL
TUO NUMERO, CE LO SIAMO SCAMBIATI! ABBIAMO INIZIATO A PARLARE, SIAMO
DIVENTATI AMICI, SIAMO ANCHE USCITI INSIEME! VOLEVAMO CAPIRE SE
POTEVAMO FIDARCI, CONTROLLARCI! E poi… e poi siamo diventati amici, hai
cominciato a darmi buoni consigli, a preoccuparti per me, a dirmi che
nessuno doveva spaventarmi e dirmi come vivere la mia vita, che i miei
non mi capivano e che non era giusto. Mi hai dato la forza ed il
coraggio di prendere in mano la mia vita, viverla. - Tyler chiuse gli
occhi, ascoltava e non ci credeva e purtroppo se ne convinceva.
Purtroppo, capiva che era vero.
- Colton, abbiamo le prove che
nel tuo numero entravano delle chiamate nel corso di questi anni. Era
un numero sempre diverso, sconosciuto, irrintracciabile. Gli hai
insegnato tu, no? Sei tu che sai come si fanno queste cose. Gli unici
numeri fuori rubrica, sconosciuti. Andiamo, Colton… - Continuò Don per
Max andando fintamente in sua difesa. Max annuì.
- Sì certo! E mi hai anche
detto che secondo te per fare breccia in Tyler dovevo imparare da
Dylan! Perché a Tyler piacevano quelli come lui! E così mi hai
suggerito di uscire con lui! - A Colby dispiaceva quello che stava
passando Tyler, ma era inevitabile. Ed era la verità.
Max non avrebbe mollato, era
lì per quello. Per scoprire le carte. Per capire perché Colton si era
sempre comportato così. Tanti buoni consigli senza mai sporcarsi le
mani? Perché tutti quei buoni consigli?
- Andiamo, che interesse avrei
avuto a fare una cosa del genere? - Tentò arrabbiato Colton, si capiva
nella sua voce che si stava bruciando da solo. Il suo castello si stava
sgretolando. - E poi ricevo chiamate da molte persone! Non
tutti sono numeri rintracciabili! Non significa che sia lui! -
- Adesso ti ha chiamato lui per dirti di venire qua! -
- Certo, ma è la prima volta!
Non l’ho mai sentito prima! Forse in realtà mirava a me! Mi ha rubato
lui il furgone! - Colton non sapeva più cosa dire e Max aveva dalla sua
la semplice verità.
- Me l’hai dato tu quel
furgone! Me l’hai regalato in segno di amicizia dicendo che dovevo
vivere la mia vita come meglio credevo, e mi hai detto che quando le
cose sarebbero andate male, non dovevo lasciare traccia del mio
passaggio. Mi hai detto tu di controllare le videocamere in giro,
scegliere posti nascosti, se possibile rifugi nei boschi, di stare
attento a non farmi schedare, di non lasciare tracce elettroniche, mai
il mio nome da nessuna parte… e mi hai detto anche che quando una
storia finiva, dovevo chiudere definitivamente, senza lasciare prova
del mio passaggio nella vita di nessuno. Cancellarsi a vicenda. -
Parole che in una mente instabile potevano assumere significati
pericolosi.
Colton smise di rispondere, conscio che non sapeva cosa dire, che orma stava finendo tutto. Che forse era già finita.
Tyler non ce la faceva più, i muscoli tesi, i pugni chiusi, la mascella contratta, gli occhi serrati.
- Cosa ti ha detto di Dylan,
cosa ti ha detto la prima volta, dopo che sei andato via con lui? -
Chiese Don piano ma sicuro. Anche lui come Tyler aveva una brutta cera,
ma non poteva mollare. Ormai stava finendo.
- Gli ho chiesto quando potevo
essere pronto per Tyler. E Colton mi ha detto che non lo ero ancora. E
così gli ho detto che però non amavo Dylan, che avevo imparato tutto
quello che potevo, ma non funzionava. Non lo amavo. E lui mi diceva che
voleva tornare a casa, che quella vacanza non poteva durare per sempre.
E così Colton mi ha detto che non si poteva tornare indietro, ormai. Di
andare alla prossima storia, cercare qualcun altro con cui stare, da
cui imparare per essere degno di Tyler, per piacergli un giorno. -
- E tu che gli hai detto? -
- Che volevo lasciarlo. Se
voleva tornare a casa, andava bene. Non capivo perché Colton mi avesse
convinto a portare via Dylan con me nel mio viaggiare per trovare me
stesso. -
- E Colton quando hai detto che volevi lasciarlo tornare a casa? -
Tyler aprì gli occhi attento a
quella risposta. Max la diede convinto che fosse una conversazione come
un’altra. Un tono irreale, quasi. Insensibile.
- Ha detto che quando ci si
lascia lo si fa per sempre, altrimenti non si va avanti. Si deve
cancellare le proprie tracce dalla vita degli altri. E si deve
cancellare chi si lascia indietro. E Dylan, se lo volevo lasciare
indietro, lo dovevo cancellare. -
- Ti ha convinto lui ad
ucciderlo? - Chiese Don fissandolo negli occhi dall’ultimo gradino,
quasi. Colby al suo fianco, senza l’ordine di sparare non poteva farlo,
ma Max non sembrava più un pericolo per nessuno, ormai la situazione
era nelle mani di Don. Anche gli altri ne erano convinti.
- Sì, mi ha convinto lui. -
- Un momento, se da ‘cancella
le tracce ed elimina chi lasci indietro’ tu hai capito ‘uccidi’ sono
cazzi tuoi, io parlavo in senso figurato. Quando chiudi una storia deve
essere per sempre, non cambiare idea dopo. Intendevo questo! Sei tu che
hai capito di uccidere! - E già la prima mossa, il primo piede. Tyler
tornò a guardarlo, le lacrime congelate sulle guance, la bocca in una
piega schifata, il panico e qualcosa di illeggibile, difficile da
interpretare.
Max spalancò gli occhi
incredulo e tornò a perdere il controllo, come poi l’aveva appena perso
Colton che aveva appena ammesso di essere stato suo consigliere.
Don e Colby non fiatavano.
- SI PERÒ POI MI HAI DETTO CHE
SAPEVO COME SI FACEVA PERCHÉ SONO UN BRAVO CACCIATORE, CHE POTEVO USARE
LE TECNICHE DI CACCIA SENZA LASCIARE TRACCIA DI ME. SCEGLIERE BENE IL
POSTO, CONTROLLARE DI NON ESSERE VISTO E SE ERO TROPPO VICINO A LOS
ANGELES, DI NASCONDERE BENE IL CORPO! MI HAI PROPRIO DETTO QUESTE COSE!
IO POI HO PRESO UN PEZZO DI LORO PER RENDERLI UGUALI A ME! - E non
c’era un senso logico in quello, qualcosa di condivisibile,
giustificabile. Non c’era, in quella follia macabra che per Max aveva
perfettamente senso.
In quell’istante si vide tutto il suo insano mondo interiore. Da quel burrone ormai si era buttato da un pezzo.
Colton si stava preparando all’ultima giustificazione, all’ultima negazione, all’ultimo ‘hai frainteso’.
Ma a quel punto la voce di Tyler si sentì roca e bassa, spezzata. Impressionante.
- Perché? -
Colton lo guardò scuotendo il capo.
- Io non gli ho mai detto quelle cose! Gli ho dato dei consigli che lui ha frainteso, ha travisato! Io non… -
- PERCHÉ?! - Il ruggito di
Tyler si sentì nonostante non fosse in buone condizioni, ma lo shock di
quel che stava vivendo gli permetteva di tirare fuori cose impensabili,
energie che non avrebbe mai potuto avere.
Quando i suoi occhi colmi di
odio e disprezzo si posarono su di lui, quando Tyler guardò Colton nel
modo in cui aveva sempre sperato non lo guardasse mai, per Colton finì
la lotta.
Aveva perso. Non l’avrebbe mai
amato. Ormai aveva perso davvero tutto. Anche il suo mondo, la sua vita
era finita. La fatica per costruire ciò che aveva, finito per colpa di
uno spostato che aveva manipolato, senza assicurarsi che non usasse mai
il cervello da solo. Ed in effetti il cervello non l’aveva mai usato da
solo, perché era stato rigirato da Don e Colby.
Così Colton guardò Tyler e con
lo sguardo carico di un dolore spento, di chi non vedeva più la propria
vita da lì in poi, disse arrendendosi.
- Perché ti ho sempre amato.
Ho capito di essere gay perché ti desideravo. E poi ti amavo. Ma tu non
mi hai mai considerato perché ero troppo normale. O forse perché non
ero Dylan. Ed ho iniziato ad odiarlo, odiarlo ed odiarlo. Sicuramente
senza di lui ti saresti accorto di me, ne ero certo. Io non volevo che
lo uccidesse. Speravo che quei due si innamorassero e girassero il
mondo felici insieme. I suoi genitori meritavano di morire, erano dei
pezzi di merda, gli hanno rovinato la vita, l’hanno reso il mostro che
è. Io gli ho solo dato la forza di liberarsi da quelle bestie! -
Nessuno poteva dissentire su questo. Max ammutolito nel sentirgli
finalmente dire tutto, ogni verità tanto agognata. Finalmente stava
finendo tutto. Finalmente la sua storia la poteva concludere. Abbassò
il coltello rimanendo vicino a Tyler, ma senza essere più una minaccia.
Don non voleva intervenisse nessuno per finire la confessione. Il
silenzio intorno era quasi religioso.
Colton continuò con gli occhi
pieni di lacrime nel liberarsi di quel mostro che aveva lui dentro di
sé e che aveva controllato a modo suo riversando ogni desiderio su Max,
facendo fare a lui tutto quel che avrebbe sempre voluto fare.
Addirittura uccidere Tyler, ad un certo punto, nella sua disperazione
per il non poterlo mai avere.
L’aveva usato per potergli far fare quello che lui non riusciva a fare.
Ed ora era lì e stava gettando una maschera tenuta faticosamente su per tanto tempo.
- Però ho odiato ed invidiato
Dylan così tanto, da volerlo lontano da te in tutti i modi e quando lui
ha parlato di farlo tornare qua da te io… io non ci ho visto più. Non
potevo sopportarvi ancora insieme dopo tutti quegli anni che vi avevo
visti. Non potevo. E così ho deciso di fare quel passo e farglielo
fare. O così, o sarei impazzito. Mi dispiace, Tyler. Ma è vero. ho
fatto di tutto per farglielo fare. Per fargli uccidere Dylan. - E
dopotutto, liberarsi era anche bello, alla fine.
Finché non ci si toglieva quel
peso, non si capiva perché era bello. Anzi, non si capiva d’averlo. Si
poteva vivere una vita intera schiacciati senza accorgersene fino a che
non ci si toglieva quel peso.
Per Colton fu la fine. Una meravigliosa fine.
Il silenzio fu liberatore.
- Colton Martin e Max Carver,
vi dichiaro in arresto per multipli omicidi e per complicità. Avete
diritto a stare… - Don aveva dato a Colby il permesso di incriminarli e
arrestarli, stesso ordine di farsi avanti anche agli altri per
prenderli e portarli via.
Colby così mise via la
pistola, prese le manette e mentre Nikki arrivava per prendere Colton,
lui afferrava subito Max prendendogli il coltello.
Il resto fu veloce, molto più
veloce di quel che chiunque avrebbe potuto immaginare. Si pensa che il
pensiero sia la cosa più veloce. A volte è il dolore, la disperazione
che esplode dopo che si arriva al culmine massimo oltre al quale non si
torna più indietro. Il punto di rottura. Lì dove chiunque può fare
qualunque cosa. Anche uccidere.
E lì in quel caos di agenti
che si muovevano e di uno che prendeva l’altro, Tyler preda del dolore,
con lo sguardo pieno di odio e lacrime e male, si girò verso Max ancora
vicino a lui, all’altezza dei suoi occhi disperati comparve la pistola
alla sua cintura presa per emergenza. L’afferrò e prima che qualcuno
riuscisse anche solo a vederlo, prima che Don completasse il ‘Tyler,
no’ e che Nikki arrivasse a prendere Colton, Tyler puntò la pistola
contro suo cugino e senza dire nulla, senza gridare, senza esitare,
sparò in pieno petto. Lo sparo risuonò, gli agenti accorsero con le
pistole, Nikki fu la prima, Don non riuscì a muovere più un passo,
Colby istintivamente, con Max in manette, lo tirò in parte.
Colton cadde per terra, Tyler
rimase a fissare i suoi occhi aperti dallo shock. Occhi che si
trovarono. Quelli di Tyler piangevano silenziosi con l’odio e il dolore
vivi e quella passione che Colton stesso aveva sempre amato.
Perché non aveva grigi. Aveva
solo bianchi e neri. E non usava mai una gomma per cancellare le
imperfezioni. A lui, le sue imperfezioni, piacevano molto.
Colton scivolò via amandolo
anche in quel momento, per quel gesto, per quella reazione e per quegli
occhi bellissimi pieni di trasparenti lacrime silenziose.
“Max aveva ragione, lui è già un’opera d’arte! Non andava sistemato!”