*Ecco
l'ultimo capitolo, ma ci sarà anche l'epilogo, seppure breve lo metterò
la prossima settimana con le note conclusive. Finalmente posso usare un
po' più attivamente il caro Charlie! Mi è dispiaciuto dileguarlo così,
ma originariamente l'idea era di fare un paio di capitoli e mostrare
come se la cavavano Don e Colby senza nessuno intorno. E poi mi è
partita la storia complicata. Mi sono presa bene da Tyler, l'idea
eventuale sarebbe di continuare, ma leggendo il capitolo capirete dove
voglio andare a parare in un eventuale futuro. Che Colby tartassava
tutti quando Don si lasciava con le sue donne era vero, nella serie lo
mostravano sempre in pensiero per la cosa! Basta, per il resto ci
risentiamo nell'epilogo. Buona lettura. Baci Akane*
45. NON SI ESTINGUE, SI TRASFORMA
"Possa Dio benedirti e proteggerti sempre
possano tutti i tuoi desideri diventare realtà
possa tu sempre fare qualcosa per gli altri
e lasciare che gli altri facciano qualcosa per te
possa tu costruire una scala verso le stelle
e salirne ogni gradino
possa tu restare per sempre giovane
Possa tu crescere per essere giusto
possa tu crescere per essere sincero
possa tu conoscere sempre la verità
e vedere le luci che ti circondano
possa tu essere sempre coraggioso
stare eretto e forte
e possa tu restare per sempre giovane
Possano le tue mani essere sempre occupate
possa il tuo piede essere sempre svelto
possa tu avere delle forti fondamenta
quando i venti del cambiamento soffiano
possa il tuo cuore essere sempre gioioso
possa la tua canzone essere sempre cantata
possa tu restare per sempre giovane
per sempre giovane per sempre giovane
possa tu restare per sempre giovane"
- Bob Dylan - Forever Young -
Le parole di Bob Dylan tornarono a risuonare fra le pareti dell’abitazione di casa dei genitori di Dylan.
Una conclusione come un’eco.
Don e Colby si scambiarono uno
sguardo complice nel sentire di nuovo la canzone che ormai avrebbero
associato sia alla loro prima volta, che a quella triste storia
conclusa lì dopo dieci anni di sospensione.
Moltissime persone riunite per commemorare Dylan, il quale finalmente aveva avuto degna sepoltura.
Ognuno aveva detto qualcosa, molte persone si erano fatte avanti per parlare di Dylan e rendergli omaggio.
Poi era arrivato Tyler, dimesso dall’ospedale da poco, ancora pallido e provato. Ma dritto e composto.
Aveva messo su quella canzone
dicendo che era quella preferita da Dylan. Raccontò che i genitori
avevano scelto il nome di loro figlio in onore di Bob Dylan e che
quella era da sempre stata la canzone con la quale era cresciuto. E
Dylan aveva rispecchiato a pieno quei versi, facendoli suoi ed
amandoli.
- Dylan avrebbe voluto questa
canzone, oggi. - Aveva detto poi, prima di farla partire. Aveva
abbassato lo sguardo, gli occhi azzurri così opachi e spenti, i capelli
più ordinati, la barba più corta, l’aspetto migliore dell’ultima volta.
Un bel vestito nero che gli stava d’incanto, come probabilmente anche
una tuta sdrucita.
Infine aveva alzato lo sguardo
su tutti gli invitati davanti a lui, alcuni seduti, altri in piedi. Una
casa piena di gente come non ci si poteva immaginare.
- Perché lui è morto giovane.
E sarà per sempre giovane. Ma oh… quanto avrei voluto vederlo
invecchiare accanto a me. - Pausa significativa, la voce aveva tremato,
gli occhi brillato carichi di dolore. Poi lo sguardo alto al cielo. -
Ciao, Dylan. - Con questo fece un cenno ed una persona fece partire la
canzone dove le parole di Bob Dylan cantavano i migliori auguri che si
potevano fare ad una persona.
Tyler si spostò camminando
piano, non era ancora del tutto rimesso, aveva bisogno di riposo, ma
non avrebbe mai mancato la commemorazione di Dylan.
Il giudice aveva permesso a
Tyler di esserci a patto di essere sorvegliato. Ad offrirsi di farlo
erano stati Don e Colby, i quali poi l’avrebbero accompagnato in
custodia, in attesa dell’udienza preliminare che avrebbe deciso le sue
prime sorti in attesa del processo.
Così si sedette vicino a Don e Colby e ascoltò la canzone Forever Young che dava in qualche modo un po’ di pace.
La macchina scorreva placida e
senza fretta per le vie, verso il tribunale per l’udienza preliminare
di Tyler Wolf dove avrebbero deciso che giornate sarebbero state fino
al processo.
Tecnicamente aveva sparato ad
un uomo disarmato che non minacciava la sua vita. Però Don era sicuro
che fra lo stato mentale in cui era stato in quel momento e quello
attuale, dove si presentava ancora fortemente depresso, se la sarebbe
cavata facilmente.
Tyler quando aveva sparato era stato completamente fuori di sé, in uno stato mentale senza controllo.
Poteva essere difeso bene.
Senza aggiungere che comunque Colton se l’era cavata e non era morto.
Colby guidava mentre Don dava
delle raccomandazioni a Tyler. Probabilmente fino al giorno del
processo avrebbe avuto gli arresti domiciliari che si sarebbero sommati
agli ipotetici giorni che avrebbero potuto dargli alla sentenza finale
del processo vero e proprio e, con tutta probabilità, non sarebbero
stati severi dandogli dei mesi già scontati quasi del tutto vista la
lunghezza normale che impiegavano con quei processi.
Dietro, nel sedile posteriore, c’erano Tyler e Charlie uno accanto all’altro.
Charlie si era trattenuto
qualche giorno ed aveva deciso di accompagnare Don e Colby alla
commemorazione, in serata sarebbe ripartito.
Gli avevano raccontato la
storia e tutto il caso nel dettaglio. Charlie aveva ascoltato
impressionato chiedendo se Larry aveva fatto questo o quello.
Dopo il funerale non aveva
detto una parola, aveva ascoltato tutte quelle persone parlare di un
ragazzo dipinto come un fiore fra i rovi ed aveva pensato quello che
tutti probabilmente pensavano in quei casi.
“Se ne vanno sempre i migliori.”
Ma Charlie non poteva essere
banale, quando diceva qualcosa. Così non aveva detto niente, era
rimasto zitto tutto il tempo ad assimilare, colpito dal dolore di Tyler
e dal fatto che proprio lui fosse la causa indiretta della morte della
persona che amava.
Un triste destino. Come si superava una cosa simile? Se l’era chiesto.
Ed alla fine, poco prima di
arrivare a destinazione e consegnare Tyler alle forze dell’ordine del
tribunale e al rispettivo avvocato difensore, Charlie disse:
- Sai, il primo principio
della termodinamica dice che l’energia non si estingue. Si trasforma. -
Disse improvviso a Tyler parlandogli per la prima volta, come se si
conoscessero.
Tyler lo guardò impreparato,
sorpreso. Don si girò a guardarli ma non disse nulla, Colby lanciò uno
sguardo dallo specchietto retrovisore. Gli occhi azzurri di Tyler si
soffermarono su quelli di Charlie al suo fianco.
Attenti. Curiosi che cercavano di capire. Presenti forse per la prima volta, interessati.
E i due uomini davanti a loro, notando la stessa cosa, si sospesero.
- Cosa vuoi dire? - Charlie si
strinse nelle spalle semplicistico, nel suo tipico modo di chi aveva le
idee chiare ma non voleva imporsi.
- Siamo fatti di energia, no?
E l’energia si trasforma, ma non si dissolve. - Tyler sembrò pensarci,
lo osservò come se il resto intorno per un momento non esistesse e si
soffermò sul suo viso, sulla sua persona. Lo guardò, lo notò, lo vide
per la prima volta. Un singolare ragazzo, probabilmente poco più
piccolo di lui, l’aria intelligente eppure comune.
Stava seduto vicino a lui e gli diceva qualcosa su Dylan. Qualcosa di confortevole.
- Dylan è da qualche parte?
Non si è semplicemente dissolto? - Charlie non era pratico di quel
genere di cose, però si sentì di dire qualcosa, colpito dalla sua
storia, dal suo triste destino irreversibile.
- Ciò che esiste, esiste per
sempre. È matematicamente impossibile che qualcosa venga cancellato
completamente. Tutto lascia una traccia. Niente si esaurisce. - Don
sentì un moto d’orgoglio per suo fratello e lì, precisamente lì, quando
vide gli occhi di Tyler tornare alla vita con una flebile piccola luce,
capì quanto gli era mancato.
Sorrise da davanti mentre li
guardava osservarsi persi un po’ uno nell’altro. Poi lanciò uno sguardo
complice a Colby, il quale capì cosa voleva dire.
Tyler non aggiunse nulla. Ascoltò, assimilò, annuì.
La macchina si fermò e Colby
scese insieme a Don, aprì la portiera per farlo scendere e prima di
uscire Tyler guardò Charlie, fece una specie di mezzo sorriso ed annuì.
- Grazie. - Disse solo. Charlie sorrise più convinto.
- Di nulla. - Non aggiunsero altro.
Forse gli echi non avevano fine perché si propagavano non nello spazio, ma nel tempo.
Scendendo Tyler si sentì
meglio nel pensare che l’eco di Dylan non avrebbe mai avuto fine. Si
fermò, tese l’orecchio chiudendo gli occhi e nella mente la sua risata
risuonò, la sua voce squillante che lo prendeva in giro lo esortò a
darsi da fare che si annoiava.
Tyler prese respiro e riaprì gli occhi con uno strano sorriso.
La storia dopotutto non era
finita, perché una storia non finiva mai sul serio. Si trasformava. E
adesso la doveva portare avanti.
- Hai fatto un cosa molto
bella prima. - Disse Don dopo che furono risaliti in auto, silenziosi.
Charlie, da dietro guardò la nuca di suo fratello che voleva parlare di
cose serie e profonde senza mostrargli la sua faccia.
Tipico suo.
- Quando ho parlato della
termodinamica? Sarebbe la prima volta che associ ‘bello’ a qualcosa di
matematica! - Colby rise mentre Don lo ignorava bellamente tornando al
suo complimento.
- Tyler lo ha apprezzato. Mi ha chiesto chi eri e se quando tornavi avrebbe potuto parlare ancora con te. - Colby ridacchiò.
- Evidentemente non è così emotivamente finito! - Scherzò su, Charlie arrossì capendo a cosa alludeva.
- Io non penso che intendesse quello… - Bofonchiò imbarazzato per essere stato associato ad un così bell’uomo.
- Sicuramente non ci provava,
Charlie, però se ha la forza di interessarsi a qualcos’altro, a
qualcun’altro, per qualunque motivo sia, è una cosa molto positiva. -
spiegò paziente Colby mentre Don concordava fra sé e sé.
- Non eri tenuto a dire nulla,
sono felice che l’hai fatto. Credo che la tua frase l’abbia aiutato più
di qualunque altro discorso sentito oggi. - Concluse Don che non voleva
soffermarsi troppo su dei complimenti fatti al fratello.
Charlie arrossì ancora e guardò fuori evadendo sguardi da specchietti retrovisori e simili.
- Ti ha colpito anche lui? - Chiese Colby curioso, conoscendolo bene.
Charlie si strinse nelle spalle.
- È possibile che uno
così non colpisca qualcuno? - Poi si corresse con un’ondata di vergogna
incomprensibile. - Voglio dire, ha una storia davvero straziante,
eppure… -
- Tanti hanno storie
strazianti, quanti ne hai conosciuti in tanti anni con me? - Don non
mollava, era versione mastino ed ora si era anche girato a metà per
guardarlo. Colby attento al discorso. Charlie a disagio che cercava di
non scambiare lo sguardo con nessuno.
- Beh, ma lui… - Ma Charlie improvvisamente non sapeva più cosa dire.
- Colpisce. Non uno come lui.
Di begli uomini ce ne sono. Ma c’è qualcosa in lui che colpisce. Ha
colpito Max Carver, ha colpito Colton Martin, ha colpito noi ed un
sacco di ragazzi e uomini che sono entrati nella sua vita. Ha qualcosa.
- Concluse Colby sempre paziente e quasi dolce. A volte sapeva essere
ironico e sferzante, ma in certi casi, in certi momenti, era sereno e
pacifico ed era ancor più bello parlare con lui.
Charlie si sentiva ancora avvampare, ma era vero quel che dicevano. Era rimasto colpito da lui, da qualcosa di lui.
- Sì, credo sia così… - Decise di non approfondire e i due davanti lo lasciarono in pace.
- Forse è la forza con cui
vive sé stesso a trecentosessanta gradi, senza abbassare mai la testa,
senza esitare, senza nascondere un briciolo di sé. Non si tiene niente
per sé. E la storia che mi avete raccontato, quel che mi avete detto di
lui… beh, mostra questo di lui. Là al funerale ha avuto una forza
inumana. Essere la causa della morte della persona che hai sempre
amato… come si va avanti? Eppure lui era là davanti a mille persone a
guardarle uno ad uno negli occhi, nonostante in molti sapessero che lui
c’entrava con la morte di Dylan. Lui era là, con la scorta per essere
portato in tribunale e forse anche in carcere, magari. -
Don e Colby ascoltarono
l’approfondimento che poi Charlie fece e sorridendo appena appena senza
farsi vedere, si guardarono fugaci.
- Uscirà presto, vedrai che
per lui alla fine andrà bene. Avrà il finale migliore considerate le
circostanze e gli eventi. - concluse Don il quale di questo ne era
stranamente sicuro.
- Lo spero. - Aggiunse Colby.
- Già… - Fece poi Charlie che
sperava di non parlarne più per non finire per dire che quando tornava
dall’Inghilterra avrebbe avuto piacere anche lui a rivederlo. Forse era
sciocco. Così si aggrappò a qualcos’altro e sputò fuori il grande rospo
che, chiaramente, cercavano accuratamente di evitare.
- Allora, Don. Glielo
hai detto? - Chiese Charlie improvviso cambiando tono. Don e Colby si
guardarono senza capire, spaesati.
- Cosa? - La macchina
proseguiva spedita, le tempistiche per prendere l’aereo e tornare in
Inghilterra erano perfette, il tramonto accendeva il paesaggio di un
meraviglioso colore arancione.
- Di Robin! - Colby fissò svelto Don.
- Cosa hai fatto? - Don chiuse gli occhi odiando Charlie come quando vivevano insieme.
- Niente, per ora. -
- È quello che vuole fare, il
punto. - Puntualizzò allegramente Charlie, voleva mostrare ad entrambi
che era felice per loro, che non dovevano avere riguardi.
- Cosa vuoi fare? - Don sospirò seccato strofinandosi occhi e bocca come quando era stressato.
- Volevo dirtelo dopo che l’avevo fatto, perché chiaramente in questi casi si dicono tante cose, ma servono i fatti. -
- Sì, ma nel tuo caso se ci
sono parole è matematico che ci siano anche fatti! - Precisò Charlie
col tono da maestro tipico suo.
- Ha ragione. - Commentò ironico Colby.
- Come sempre. - Corresse Charlie.
- Non allargarti. - Ribatté Colby.
- Insomma, voglio lasciare
Robin definitivamente una volta per tutte e penso che anche lei lo
sappia, per questo ha preso le distanze. - Colby sentì un’enorme gioia
improvvisa.
- Era ora! - Commentò. Don lo
guardò sorpreso mentre Charlie rideva. - Beh, tu vieni preso di mira da
uno psicopatico e le dici che è meglio se non si vedono per non
metterla in pericolo e lei approfitta per andarsene dall’altra parte
del pese per ‘un caso importante’ e poi addirittura quando vieni rapito
dice che non può venire perché ha questo quello e quell’altro ma di
tenerla informata… andiamo! Ma vi siete sentiti almeno? - Colby si era
acceso e Don lo guardava sorpreso, non si era mai intromesso molto.
- Se te lo stai chiedendo,
ogni volta che tu e Robin vi lasciavate, Colby faceva una testa enorme
a tutti su come stessi e se qualcuno poteva consolarti! - Quando
Charlie lo disse Colby tirò l’acqua dietro di sé per ammonirlo visto
che parlava troppo, Don rimase sorpreso a fissarlo senza credere a quel
suo lato impiccione ed emotivo.
- Ok, basta così. - Tagliò
corto Colby. - Comunque sono contento se vi lasciate. Cioè non sono
ipocrita, lo sai. - Don e Charlie risero insieme e fu un bel coro che
coinvolse anche Colby, alla fine.
- A parte quando fai la spia
ed il doppio gioco! - Disse sferzante Don. Charlie fischiò ridendo
ancora per l’accoltellata mancina, correggendolo:
- Tecnicamente triplo! - Colby ignorò Charlie e guardò seccato Don.
- Ti brucia solo che non te ne sei mai accorto in due anni! -
- Certo che è per questo! - rispose subito lui.
I tre andarono avanti a
parlare e scherzare dicendo delle verità fra le battute. Una normale
conversazione fra amici, dove due stavano insieme e l’altro era una
sorta di testimone di nozze.
La vita andava avanti, le storie si evolvevano, i sentimenti cambiavano.
Le strade si diramavano, ma non si fermavano.
- L’ho sentita, ha detto che ha finito e sta tornando e che deve parlarmi, è molto importante. -
- Se viene fuori che è incinta, guai! - Tuonò Colby.
- Andiamo, quante probabilità
ci sono che proprio quando una storia finisce, arrivi un bambino? -
Chiese Don per minimizzare il ‘pericolo’.
- Beh, le probabilità sono
piuttosto alte, in realtà, perché… - Charlie cominciò a parlare di
numeri e statistiche e a quel punto Colby aprì la radio mettendo a
tutto volume un CD che aveva su. E visto che era la sua macchina,
finalmente scoprirono anche cosa piaceva a lui.
E One Love di Bob Marley fece il suo ingresso flemmatico, a ritmo lento e conciliante, ma trionfante al tempo stesso.
La macchina sfrecciò fra le
risa per la canzone che era partita per caso, una canzone che parlava
proprio di relazioni, in mezzo ad un tramonto infuocato, verso un aereo
da prendere per separarsi nuovamente da Charlie, ma solo
momentaneamente.