*Eccoci qua! Allora, sinceramente non ricordo se Ward e Skye consumavano nella prima serie, so che hanno avuto diverse cose di coppia, ma ho un vuoto di memoria sul dettaglio così ho deciso di fare come ho scritto qua. Daisy ha portato Grant in un locale per conoscere gente, in particolare ragazze e divertirsi. Ha cominciato col farlo bere un po' e poi l'ha bellamente spinto fra le braccia di una ragazza. Ora lei sta lì in un angolo a guardarlo, ma per quanto potrà soffocare quel che prova e che desidera? E se poi è lui che vuole sperimentare quel che sente profondamente? Buona lettura. Baci Akane*

10. SOLO QUELLO CHE VOGLIO



"E voglio che tu venga
Io non ti lascerò andare
Quindi, se vuoi ballare, balla
Inizia lo spettacolo
Perché voglio che tu sia mio
Sì, voglio che tu sia mia "
- Be mine - Ofenbach -


Come l’originale Ward, sembrava proprio che sapesse come baciare. Daisy strinse le gambe sentendosi accaldata molto più del normale, non era mai andata fino in fondo con lui, chissà com’era a letto, com’era forte e virile nel prenderla, nel possederla. Chissà come ci sapeva fare con la lingua e le sue mani sul suo corpo. Guardò quelle di Grant nel sedere di quella ragazza e provò l’insano istinto di spazzarla via dall’altra parte, eppure l’aveva voluto lei.
Stava gestendo male la cosa, peggio di quel che aveva immaginato.
Forse razionalmente sapeva cos’era meglio e riusciva a farlo, ma dentro di sé voleva prendersi quello che il destino le aveva strappato, anche se era incosciente e privo di senso e non poteva volerlo dopo tutto quello che aveva passato. Non poteva affatto.
“Sono solo una stupida. Questa prova doveva servire a lui a capire quanto è bello essere uomini, però sta facendo capire a me quanto è atroce essere la sua guida. Perché io, perché proprio io? Io che una volta l’ho voluto così tanto da star male, io che sono stata tradita da lui, che ho sofferto un sacco, io che ne ho passate tante con lui in ognuna delle sue versioni. perché io, perché? Non avrei dovuto accettare, sono stata un’incosciente. Mi sono detta che era meglio tenerlo d’occhio proprio perché se ci fosse stato qualche intoppo io me ne sarei accorta ed invece ci sono cascata come una pivella. Il mio passato con l’originale mi annebbia la mente, ma sono riuscita a fare la cosa giusta. Ora lo affiderò a May, lei è l’ideale. O Coulson, ancora meglio. Loro sapranno essere più lucidi di me. Io non posso, quel che è successo, quel che dentro di me ho sempre sperato e desiderato, ora esce fuori come un mitra spianato perché ne ho la possibilità. Ho quella possibilità mai osata. Ed ora è qua e pensavo di non volerlo nemmeno fra secoli, ma più sto con lui e più lo vedo come il Grant Ward che avrei sempre voluto che lui fosse e non riesco a staccarmi da lui. Oh cazzo, non riesco.”
- Perché ti torturi così? - La voce di Yo-Yo la fece  trasalire nelle sue considerazioni brutali. Daisy staccò gli occhi lucidi dai loro corpi in movimento e allacciati, Mac l’abbracciava da dietro. Loro erano una bella coppia, una coppia reale, giusta, senza alcun passato disastroso dietro.
Daisy sorrise sapendo che non serviva mentire e fingere.
- È meglio così. Non avrei dovuto accettare, così mi rendo conto di cosa significa fare da guida proprio a lui. Noi ormai siamo bruciati, non deve succedere, non può succedere nulla. - Yo-Yo, seria, scosse il capo severa e triste al tempo stesso.
- Non vedo proprio perché non dovreste. Non siete più quelle persone e soprattutto lui non lo è. Non c’è assolutamente niente che vi impedisce di fare tutto quel che desiderate. - Daisy sospirò e sorrise.
- Per me invece è un casino ed è meglio evitare di complicarla di più. Quel che significa per me quell’uomo non lo so nemmeno io, perciò è meglio mettere le distanze. - Ma la voce era bassa e tremava mentre lo diceva e gli occhi erano lucidi.
Alla fine Yo-Yo e Mac se ne andarono spinti da una Daisy che voleva solo continuare a torturarsi guardando Grant versione dio del sesso che le ballava davanti baciandosi con un’altra, ma quando tornò con lo sguardo dove erano, non li trovò più e con un pugno allo stomaco che le fece sentire quasi voglia di vomitare, pensò che fossero andati via in un angolo buio od in un bagno a consumare il resto.
- Un pivello scoprirà i piaceri del sesso, stanotte! - Si disse fingendo di essere più allegra di quello che era, ma proprio a quel punto una bottiglia fresca di birra si appoggiò alla sua fronte accaldata facendola trasalire. Daisy guardò e vide Grant appoggiarsi al suo tavolino con un’altra bottiglia per sé, Daisy prese l’altra sorpresa e lo guardò perplessa.
- Che ci fai qua? - Chiese senza capire. - Dov’è lei? Avete già fatto tutto? - Grant si strinse con aria semplice nelle spalle.
- Non so cosa intendi con tutto, ma ad un certo punto mi ha detto se andavamo da qualche parte a fare il resto ed io le ho chiesto cos’era il resto e così si è messa a ridere. - Daisy avrebbe riso a sua volta immaginando la scena, ma riuscì solo chiedere:
- E lei? -
- Ha detto ‘il pacchetto completo’, ma io ho detto che ero a posto e volevo tornare da te. - Daisy sbiancò sentendolo, lui sorrise e bevve la birra che gli avevano dato quando era andato a chiedere qualunque cosa di fresco e dissetante. Ovviamente gli avevano dato due birre.
Daisy ancora non ci credeva, sapeva di doversi sentire contrariata, ma invece si sentiva stupidamente felice.
- Non dovevi pensare a me, io volevo che tu sperimentassi tutto... dovresti farlo, sai, è molto bello. Quello che voleva fare con te era il sesso, sai, ne abbiamo parlato. Per voi uomini è praticamente una necessità fisica! - Grant sorrise imbarazzato risultando anche dolce ed erotico al tempo stesso.
- Penso di capire cosa intendi con necessità fisica. - Disse lui dando un’occhiata in basso. Daisy arrossì e si irrigidì rimanendo di nuovo senza parole. Era eccitato, aveva un’erezione. - Però vorrei ballare con te. - Quando lo disse il suo sguardo era diretto e serio, magnetico, ipnotico. Come l’originale. Daisy rimase senza parole e si morse il labbro. Non era per niente una grande idea. Oh, no.
Lo sapeva in tanti modi, eppure alla fine bevve la birra tutto d’un fiato e lui fece altrettanto, poi aprì la mano verso di lui, lui la prese ed insieme tornarono in pista.
Dopo che lei gli ebbe insegnato a ruttare per effetto inevitabile della birra, i due si misero vicini uno davanti all’altro e si misero a ballare insieme.
La musica sempre forte, sempre ritmata che li trasportava, lui ormai che aveva più o meno capito la cosa del ballare e che non lo trovava poi così malvagio. E lei, lei davanti a lui che lo faceva in quel modo magico. O forse non era magico il suo modo di ballare, ma lo era lei. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e il calore era di nuovo soffocante, come soffocante era la voglia di toccarla.
Ricordò la descrizione di Mac e pensò nettamente: “Desiderio.”
E così decise di seguire gli ordini di Daisy quando gli diceva di fare esattamente quello che voleva fare.
Così lo fece. Le mise le mani sui fianchi e si avvicinò a lei toccandola col bacino come prima la ragazza aveva fatto con lui. Sentire il suo corpo morbido contro il proprio gli portò l’eccitazione alle stelle e lei la sentì limpidamente, ma invece di staccarsi e smettere, contro ogni logica, gli mise le braccia al collo e si spinse ancora meglio contro di lui godendosi quell’erezione. Nascose il viso contro il suo collo sudato e si fece trasportare dalla musica chiudendo gli occhi, poteva immaginare di essere tornata indietro a quando stava con il Ward che amava e che le aveva fatto perdere la testa, che aveva assaggiato e mai avuto.
Immaginò di essere lì senza tutti i problemi che erano seguiti, di essere lì con un sincero Ward che era lì per lei, che la voleva, l’amava. Con cui provarci e lasciarsi andare.
Quando lui girò la testa alla ricerca della sua bocca, lei non fu in grado di respingerlo e nemmeno si ricordò di doverlo fare per qualche regola sensata.
Accettò la sua bocca morbida, la sua lingua che sapeva di birra e le sue mani che dai fianchi scivolavano sui suoi glutei e le piacque. Le piacque quel gesto possessivo e seducente, le piacque essere desiderata da lui, le piacque essere sua.
Le lingue allacciate non volevano più saperne di staccarsi, le labbra che si intrecciavano, le bocche che si fondevano e le braccia strette al suo collo forte. Il suo sapore, la sua bocca, la sua lingua e le sue mani decise addosso che la cercavano e la volevano, come la voleva il resto del suo corpo. Come la sentiva bene la sua erezione contro di sé, semplicemente sconvolgente. Non lo trovava volgare o inappropriato, le piaceva e si schiacciava contro di lui per sentirlo di più. Ne voleva ancora. Ne voleva di più.
Quella era la loro seconda occasione, la seconda occasione perfetta.

Forse fu grazie al cambio di musica, ma Daisy alla fine di quel ballo riuscì a tornare in sé e si staccò bruscamente da lui ritrovandosi senza fiato e accaldata da morire. Per non dire sull’orlo di un’esplosione atomica.
Lui la guardò spaesato con ancora le sue forme morbide addosso e la voglia di riprenderla, ma lei sventolò le mani in segno di stop e sgattaiolò via dalla pista, zigzagando fra la gente che riprendeva il ballo sulla canzone successiva.
Grant, spaesato, la inseguì senza sapere cosa fare e cosa fosse successo, evidentemente aveva sbagliato qualcosa, ma non capiva bene. Gli era sembrato fosse tutto perfetto, che lo volessero entrambi, che piacesse anche a lei.
Riuscì ad afferrarle il polso mentre lei recuperava le loro maglie e si dirigeva al guardaroba per le giacche, in quel corridoio meno affollato e caotico dove la musica era meno forte e le luci erano normali, Grant la tirò e chiese turbato:
- Ho sbagliato qualcosa? Ho fatto qualcosa male? Pensavo che si facesse così quando ci si desidera, mi sembrava che... - Lei scoppiò a ridere isterica e sfilò il polso, ma lui non glielo permise ed usando la sua forza la trattenne.
- No no, tu non hai sbagliato niente. Lo sai fare perfettamente... come sempre impari tutto maledettamente in fretta quello che non sai già fare. - Rispose lei sinceramente, ancora visibilmente scossa ed incapace di mascherare le proprie emozioni. Lui ammorbidì lo sguardo tornando all’aria da cucciolo smarrito e preoccupato che la demoliva. Era riuscita ad odiare l’originale Ward perché poi era stato incapace di provare e dimostrare sentimenti, ma lui invece li sapeva esprimere eccome. Questo rafforzava la teoria che una persona si forma completamente in base ai vissuti.
Scivolò con la mano giù dal polso fino ad intrecciare le dita alle sue e dolcemente chiese:
- Cosa c’è che non va? Non era bello? - Daisy chiuse gli occhi cercando di gestire quelle emozioni sconvolgenti che la stavano facendo impazzire, non aveva la minima idea di come fare e nemmeno di cosa fare.
- Troppo bello ed io non so se sia una buona idea perché ho un passato con il Ward originale ed oltretutto fai parte di un progetto dello Shield, saresti la mia missione. Ci sono così tante motivazioni per cui non dovrei... ed io... io non so nemmeno se ora lo voglio per riprendermi quello che il destino crudele mi ha tolto anni fa, quando amavo lui e poi mi ha tradito e ferito e tutto si è rovinato. Non sono lucida, non riesco ad essere lucida, sono confusa! - Esclamò Daisy nel suo fiume di parole travolgendolo. Lui si irrigidì capendo che poteva essere un sentimento riflesso della persona che lui era stato prima, anzi che era il suo originale.
- Non pensi che tutto quello che provi sia specifico per me? - Daisy sapeva di dargli un brutto colpo, ma non poteva mentire ed aveva giurato di essere sincera con lui proprio perché era un esperimento scientifico.
- Purtroppo ho paura di sì. Che quello che sto provando sia per il vecchio Ward, l’altro. Anche se ho finito per odiarlo con tutta me stessa e tu sei la versione migliore, la versione da sogno che ho sempre desiderato fosse lui. Però io... a volte non riesco a separare i due Ward. So che tu non sei lui, ma al tempo stesso mi sembra come di vivere la storia che volevo con lui prima che tutto si rovinasse. Non... non è il caso proseguire prima che io capisca esattamente cosa sto facendo, perché, cosa voglio e cosa provo. - Lo disse più ferma e decisa, guardandolo dritto negli occhi ma sentitamente dispiaciuta. Capiva che lui non era davvero lui e non centrava con tutto quello, non si era nemmeno auto creato. Come poteva vivere la vita di qualcun altro? Come potevano pretendere che lui lo facesse solo perché era stato creato così?
- Non avremmo mai dovuto dirti che derivi da qualcuno di esistito. - Asserì poi Daisy schietta sfilando sicura la mano, lui gliela lasciò mentre shoccato e ferito accusava il colpo, capendo che quel che lei provava non era per lui molto probabilmente.
- Non sarebbe cambiata la tua confusione ed il tuo vietarti di lasciarti andare... - Disse lui ragionevole e logico seguendola verso il guardaroba sorvegliato, non era convinto ma cercava di capire, di usare il cervello ed ora la testa gli suggeriva quello. Lei sorrise con aria di scuse.
- Sei sempre il più sensato! Facevamo una grande coppia. - Poi si accorse di aver di nuovo sovrapposto i due Ward e si coprì la faccia mentre aspettava che le consegnassero i due giacconi. - Scusa. - Asserì poi. - Lo vedi? Non riesco a scindere. Mi piaci proprio perché sei ben diverso da lui, lui lo odiavo quando ho scoperto chi era. E tu sei un altro, radicalmente un altro, per questo riesci a piacermi così tanto. Però al tempo stesso è come se mi dicessi che... che sei lui, solo corretto. Ma sei lui. Dentro di me me lo dico. Sto impazzendo! - Concluse lei non riuscendo nemmeno a guardarlo. Grant a sua volta non poteva chinare lo sguardo su di lei, rimaneva al suo fianco in attesa, ma si stava sentendo sempre peggio. Voleva sparire, scomparire, scappare lontano da lì e chiudersi in un posto dove niente e nessuno lo poteva vedere mentre soffriva. e non sapeva che male c’era nello stare di merda e nel farsi vedere dagli altri, ma non voleva che lo sapessero.
Trattenne ripetutamente il fiato e tese i muscoli rigido, gli occhi gli bruciavano, aveva un’infinita voglia di piangere ma rimase lì stoico e zitto ad ascoltare i suoi lamenti, le sue scuse e le sue parole. Lei riusciva ad esprimere tutto così bene senza paura, come faceva? Come si riusciva?
- Grant? Perché non dici più niente? Dovresti parlare, dire quel che senti, che provi, che pensi... non tenerlo dentro che è peggio, poi stai solo più male. - Grant rimase in un ostinato mutismo e lei sospirando insofferente gli consegnò il giaccone uscendo dal locale. Era come l’originale, i tratti caratteriali di base erano i suoi, non si poteva di certo dire il contrario.
Lo lasciò al suo silenzio per tutto il tempo della strada di ritorno, non sapendo come gestirlo da lì in poi. L’aveva illuso e gli aveva permesso di provare cose che non avrebbe dovuto, ora doveva rimediare.
Quando arrivarono in casa si tolsero scarpe e giacca, il silenzio era enorme e pesante, come una sorta di mostro che si ingigantiva sempre di più. Lei non lo poteva gestire. Non Ward, ma il silenzio. Quel silenzio pesante.
“Ho sbagliato io, ma non ne deve risentire lui. Volevo che diventasse un uomo equilibrato, non posso fare di peggio di quel che suo fratello e Garrett gli hanno fatto.”
A quel punto Daisy guardò la sua schiena mentre si dirigeva verso la camera e decise di seguirlo e provare a rimediare, ma non aveva nemmeno idea di come potesse fare.
Quando lui la vide gli prese un colpo e la guardò sorpreso.
- Ho bisogno di stare solo e riflettere. - Disse cortese. Daisy si sedette nel suo letto rimanendo vestita, guardandolo decisa.
- Rifletti con me. Puoi anche insultarmi, anzi dovresti. È una situazione incasinata, non dovevo accettare di essere io il tuo agente guida proprio per il passato complicato che avevo con te, loro l’hanno fatto proprio per questo, perché se c’è una che può garantire che tu sei a posto o meno quella sono io. Però mi ha messo in crisi. Comunque è un problema mio, tu non devi farti coinvolgere da questo! -
Grant sospirò insofferente guardando in alto mentre cercava la pazienza di non essere brusco, si sfilò la maglia per cambiarsi e lei rimase di nuovo ferma ad osservarlo in difficoltà, di nuovo quello sguardo, notò lui. Lo sguardo di chi lo desiderava.
- Ma tu non desideri me. Non provi niente per me. Lo provi per lui. - Daisy saltò sul posto al suo essere così diretto.
- So che non sei lui, non esiste che tu sei lui. - Grant sospirò ancora più alterato aprendosi i jeans. Non era un problema suo il farsi guardare nudo da lei, era un problema di lei. Daisy andò a fuoco di nuovo e si concentrò sul suo viso. Anche peggio visto lo sguardo tormentato e da cucciolo le provocava sempre più problemi.
- Questo lo dici alla tua testa, ma al tuo cuore dici l’opposto. - Daisy chiuse gli occhi cercando di concentrarsi mentre lui ora era in boxer.
- È questo che provo. Tu cosa provi? -