*Ecco
qua un altro capitolo. Una piccola missione per Grant e Daisy che vanno
nella divisione superiore a cercare informazioni sul progetto che hanno
in ballo. Una piccola spiegazione su questo nuovo Shield per poi
ascoltare un'interessante conversazione fra Daisy ed il nuovo dirigente
che parlano di Grant. Proviamo così anche noi, come lei, a capire
meglio questo misterioso e complicato esperimento umano. Buona lettura.
Baci Akane*
13. SCRITTO NEL DNA
"Noi siamo diversi tanto quanto possiamo esserlo
Tuttavia siamo connessi alla perfezione
Un certo tipo di chimica
Che non si può definire facilmente"
- Listen to your heart - Starsailor -
Daisy istruì a sua
volta Grant nel tragitto verso il piano del laboratorio della divisione
superiore a cui loro senza permessi non avevano accesso.
Grant ascoltò tutto, poi pensò che fosse strano non dover ‘far altro che attaccare la cimice vicino al macchinario e basta’.
- Se tu hai bisogno cosa devo fare? - Chiese poi. - Devo attaccarli? - Daisy sbiancò.
- No no no, non fare
niente, niente capito? Io me la cavo da sola! Non farò niente per cui
servano attacchi! - Grant non era convinto, sentiva di dover essere
pronto a qualcosa, ma decise che avrebbe ascoltato il proprio istinto.
L’avevano creato con
quelle sembianze e quelle capacità specifiche, sicuramente era in grado
di affrontare quelle situazioni a pieni voti.
- Ascolta, per noi sei
prezioso, non ti devi esporre. - Ma sapeva che non era vero, per
nessuno di loro quel Grant era prezioso, perché vedevano ancora il
vecchio Ward. Capì lì che lei aveva già cominciato a cancellare quel
Ward a vantaggio di quello nuovo ed un po’ se ne turbò.
Lui la guardò
intensamente per capire se era sincera ed in cosa non concordava e
quando gli occhi di lei fecero uno strano guizzo, capì.
- Non lo sono per loro,
solo per te. - E non era una domanda. In quello, con lei che tratteneva
sconvolta il fiato, le porte dell’ascensore si aprirono e dopo aver
attestato l’autorizzazione provvisoria concessa loro proprio per le
convocazioni dei superiori, la luce che li aveva scansionati da capo a
piedi si illuminò di blu e li fece passare senza immobilizzarli con
qualche congegno creato probabilmente proprio da Fitz.
Si andava in scena.
Il piano della
divisione superiore era suddiviso in laboratori vetrati che
all’occorrenza si potevano oscurare con un magico pulsante.
Le vetrate erano infrangibili e contenitive se attivato il protocollo di emergenza.
L’ufficio del direttore
del nuovo Shield era all’ultimo, lì però c’era quello del dirigente. La
gran parte delle decisioni le prendeva lui approvate dal direttore che
non scendeva mai in campo, il quale invece si occupava dei rapporti
pubblici di qualsiasi genere, da quelli diplomatici, a quelli coi
media, a quelli con la gente di altri enti importanti.
Il dirigente stabiliva
le missioni e le supervisionava se le riteneva ad alto profilo,
altrimenti delegava e assegnava gli incarichi.
Daisy aveva ricevuto il
suo direttamente da lui e da lui era stata convocata, il suo ufficio
era nel piano della divisione superiore.
Teoricamente ogni
decisione doveva essere condivisa e approvata dal direttore, ma
nutrivano dubbi in merito perché era probabile che Kami non
condividesse proprio tutto, specie e considerato che il direttore non
scendeva mai nel loro piano.
Nel resto dei piani c’erano laboratori e basi operative di altre squadre con mansioni specializzate in vari settori.
Quella di Coulson era
una di élite perché erano i più esperti ed anziani ed erano
specializzati in missioni pericolose, le cosiddette codice rosso,
solitamente riguardavano gli inumani più difficili e qualunque cosa
avesse a che fare con gli alieni.
Era come un tornare
indietro ai fasti del vecchio Shield, quando era riconosciuto dal
governo e agivano al pari di FBI, CIA ed altre agenzie. Solo che il
contro erano i segreti. Coulson e gli altri non sapevano più cosa
succedeva nella divisione superiore, che era quella che contava, e
spesso non aveva idea delle altre missioni in corso.
Questo non significava
che non facesse di tutto per rimanere informato. Non intendeva ricadere
nei vecchi sistemi ed errori, non avrebbe più permesso una decadenza
come quella del primo Shield.
Daisy e Grant varcarono
la soglia e si immisero nel piano della divisione superiore, altrimenti
chiamata ‘La Superiore’, un gruppo di scienziati ingegneri meccanici,
informatici, biochimici e fisici che mettevano insieme le loro menti
per arrivare ad un passo avanti a qualsiasi possibile nemico. Loro
trovavano i piani alternativi alle minacce più pericolose sia in corso
che probabili.
Il progetto che
riguardava Grant era secretato e denominato come Progetto Agente, ma
Daisy sapeva che ben presto se il progetto Agente fosse andato a buon
fine, sarebbero passati al Progetto Esercito, ovvero un esercito di
agenti clonati perfetti e fortissimi. Ma per perfezionare il Progetto
Agente, dovevano trovare un modo di assoggettare gli agenti.
Il Dirigente si
chiamava Kami ed era un uomo di origini asiatiche, Daisy voleva
scommettere che queste origini avessero parecchio influenzato il suo
operato e lo facesse tutt’ora. Era risaputo l’amore per l’evoluzione
degli asiatici, in particolare i Cinesi e i Coreani, ma anche i
Giapponesi non scherzavano.
Si presentava come un
uomo gentile, la fece sedere nel suo ufficio senza oscurare i vetri per
non metterla in allarme, le offrì un thè e dopo qualche convenevole di
poco conto su cui Daisy scherzò tenendo d’occhio Grant in due stanze
più in là, Kami fece la sua domanda.
- Allora, come sono
andate le prime 36 ore? - Domanda apparentemente di poca importanza, lo
sguardo però era serio ed attento. Era un’ottima faccia da poker, ma a
Daisy non importava leggere le sue espressioni cinesi o coreane. Le
importava che i suoi occhi attenti si staccassero qualche secondo da
lei, cosa che sembrava impossibile.
“Come metto la cimice e do un’occhiata a quel che c’è qui dentro?”
Si disse nervosa.
- Bene,
sorprendentemente bene devo dire. - Rispose lei sincera e stupita. Lui
sorrise subito lieto. - Ero terrorizzata dall’aspetto che avevate
scelto, non lo nascondo. - Kami sorrise gentile.
- Ricordo bene, ero in pensiero per il suo stato, ma la vedo più serena. - Daisy si strinse nelle spalle
- Beh vivere con lui mi
mostra le differenze abissali dei due. Voglio dire... so che avete
diciamo clonato Ward, ma il togliergli le sue esperienze e le sue
memorie lo hanno diversificato non totalmente ma quasi, nelle parti più
essenziali, direi. -
- Del tipo? - Kami si fece attento ed interessato e così lei spiegò:
- Non è psicopatico!
Cioè, non sono una psicologa, ma so per certo che il problema di Ward
era l’incapacità di provare dei veri sentimenti per il prossimo, era
stato compromesso dalla famiglia e dall’Hydra. -
- Possiamo definire
quella tipologia di persone come sociopatici... - Spiegò calmo e quasi
divertito Kami per le definizioni di Daisy. Lei sorrise.
- Certo. Però qualunque
problema avesse, ora non sembra esserci. Per averne la certezza e
capire quanto stabile sia devo continuare ad esaminarlo, ma ad una
prima occhiata sembra un altro, mentalmente stabile, senza nessuna
‘patia’ in mezzo e... - Kami sorrise ancora, questa volta anche lieto.
- Bene, ne sono felice.
Era la mia teoria. A volte nasci così, ma il più delle volte sono le
prime esperienze di vita che ci forgiano, lavorando su quelle risolvi
la gran parte dei problemi violenti di una persona. -
- Solo che... vorrei
sapere una cosa, se possibile. - Tentò Daisy. Kami la esortò a chiedere
sembrando disponibile. - In cosa si eguagliano i due Ward, a parte che
le doti e l’aspetto? Voglio dire... è possibile che in qualche modo
siano state passate... come dire, delle reminiscenze del vecchio Ward?
- Kami la guardò sorpreso piegando la testa di lato.
- Le reminiscenze
riguardano la memoria, lui non ne ha, non gliel’abbiamo passata perché
non abbiamo potuto immettere la sua coscienza, abbiamo replicato in
toto il suo organismo, anche la sua massa cerebrale, in modo da
potergli trasmettere esattamente ogni dote e capacità. La parte
relativa alla memoria ed alle esperienze è bianca, intaccata. Tutto
quello che vive nelle prime giornate lo forgerà indelebilmente come
Ward fu forgiato dalla sua famiglia a suo tempo. - Daisy annuì
supponendo una cosa simile, eppure aveva intravisto qualcosa, anche
sentendo Fitz. - Di cosa si tratta? Deve riferire anche le cose che le
sembrano più impossibili o sciocche. - Insistette Kami appoggiando i
gomiti sulla sua pregiata scrivania. Daisy sussultò e si chiese come
spiegarlo, doveva tenere ben lontani i propri sentimenti.
- Come mai sono stata
scelta io? - Chiese ancora. - Ci sono un sacco di agenti più esperti,
anche Coulson stesso era più indicato... - Kami tornò al suo sorriso
serafico.
- Abbiamo studiato
attentamente il caso Ward ed abbiamo notato che la sua ossessione per
te, in tutte le sue forme e modalità, è il risultato di una sorta di
legame, un sentimento. E sappiamo che avevate intrapreso una specie di
relazione quando era allo Shield. Quando è scappato si è portato via
lei, quando era imprigionato voleva parlare solo con lei. Lui è rimasto
colpito da lei, era legato in qualche modo. Perciò abbiamo dedotto che
lei fra tutti fosse quello che conosceva il Ward originale in modo
più... approfondito, direi. Diverso da come un agente può conoscere il
proprio agente. - Daisy aveva immaginato fosse per quello, abbassò lo
sguardo un po’ turbata ed incerta. - Qualcosa non va? Prova ancora
qualcosa per lui? Credevo che gli eventi successivi l’avessero portata
ad odiarlo ed anzi i miei timori erano rivolti alla sua lucidità, ma mi
sembra che ha accettato in fretta la situazione. Ne sono colpito e
contento. - Si affrettò a dire. Daisy si strinse nelle spalle e si
grattò la nuca.
- No no, non provo
niente. Cioè all’inizio volevo ucciderlo, ma poi le differenze sono ben
evidenti e non so, penso di dovergli dare il beneficio del dubbio prima
di uccidere qualcuno. Un essere umano per di più. Penso di dover
accertarmi oltre ogni ragionevole dubbio che lui è compromesso. E per
ora non trovo compromissioni. -
- Ma? - Kami insistette col contatto visivo e lei non lo evase più, così prese un respiro e guardandolo negli occhi, disse:
- Ma percepisco come una sorta di legame innato da parte sua nei miei confronti. - Kami catturò al volo il fra le righe.
- Solo da parte di Ward? - Lei spalancò gli occhi e sussultò.
- Certo! Io per ora
sono sospesa, non provo nulla fino a che non avrò le mie risposte.
Comunque lo chiamiamo Grant, perché Ward era tutt’altra persona.. -
Kami sorrise compiaciuto di quel piccolo test andato a buon fine.
- Trova un legame
innato, diceva... - Riprese il discorso. Daisy tornò a giocherellare
con la tazza di thé che aveva in mano ed annuì.
- È come se fossi il suo faro. -
- Non avendo memorie ed
esperienze, la prima che gli è capitata di vivere sul serio l’ha
segnato, è come se avesse avuto l’imprinting con lei. - Spiegò in modo
semplice Kami, Daisy pensò che potesse essere proprio così.
- Non è possibile
perciò che qualcosa del vecchio Ward sia rimasto al di là delle doti
fisiche? - Tornò ad insistere Daisy mentre si scambiava a distanza uno
sguardo preoccupato con Grant il quale la osservava mentre, nudo, lo
visitavano centimetro per centimetro.
Kami la tranquillizzò.
- Nella maniera più
assoluta. A meno che il destino di una persona non sia inciso nei geni
e che questo si trasmetta col DNA. C’è una teoria che sostiene questo.
Ognuno di noi ha dei destini e questi sono scritti nel nostro genoma.
Possiamo cambiare vite e perdere la memoria, ma torneremo sempre sugli
stessi passi in un modo o nell’altro. Pensa di essere stata destinata a
Ward? - Poi si corresse. - Grant? - Daisy si strinse nelle spalle
insicura guardando in alto senza sapere bene cosa dire.
- Forse. Chi lo sa?
Penso che lo scoprirò vivendo! Il fatto che, come dice lei, in ogni
fase e versione di Ward lui ricade sempre su di me... beh, mi fa
pensare. So che la donna con cui ha fatto coppia per un periodo, una
volta ‘libero’, aveva la capacità di cambiare aspetto e per un periodo
lei è stata me per compiacere Grant. Per lo meno questo mi ha detto
lei. Io non so se... - Kami sorrise.
- Sono anche le
informazioni in nostro possesso. - Asserì calmo. - Per questo abbiamo
pensato che lei fosse la più adatta. Sicuramente se c’è una falla o
delle correzioni da fare per renderlo ‘perfetto’ lei è la sola a
potercele dare. -
Daisy annuì, su questo
ormai era convinta anche lei. Ora doveva solo trovare il modo di sapere
quali erano i loro progetti a lungo termine.
Stava per passare alla
fase due della missione, non sapendo comunque come fare, quando un
rumore dalla stanza più in là attirò la loro attenzione.
Daisy e Kami saltarono
su in piedi e vedendo che si trattava di Grant fecero entrambi per
accorrere, ma Kami la fermò subito intimandola di aspettare lì.
“Merda!” Pensò Daisy in
ansia e frustrata, ma mentre l’agitazione saliva realizzò di essere
finalmente sola e capì. “Oh ma guarda il cucciolo! Impara in fretta!
Poi lo ammazzo, ma ha già capito che serviva un diversivo! “
Daisy decise di non
perdere tempo e di sperare che quel Ward 2.0 fosse in gamba quanto il
primo nelle missioni sotto copertura, così piazzò subito una cimice in
un punto strategico dietro la scrivania dove la microcamera potesse
filmare anche quel che lui faceva al computer o scriveva sul tavolo,
oltre che quel che diceva e con chi parlava. Poi aprì i cassetti e
cercò di dare un’occhiata a cartellone e fogli alla portata.
Decise saggiamente di
non toccare il suo computer immaginando che non sarebbe di certo stato
accessibile così facilmente e velocemente, mentre cercava qualcosa
teneva d’occhio il laboratorio per evitare di essere notata a
curiosare.
Stava per rinunciare
convinta che non ci fosse niente di utile lì, quando un verbale
dell’ordine del giorno per un consiglio che si sarebbe tenuto
probabilmente in giornata saltò ai suoi occhi e lesse:
- Fase 1: Progetto Agente
- Fase 2: Progetto Cloni
- Fase 3: Progetto Esercito
A Daisy questo bastò
per capire che le supposizioni erano corrette, poi decise di non tirare
la corda e si mise semplicemente ferma in attesa che Kami tornasse.
Vide che parlava con
dei sottoposti del laboratorio e Grant seduto su un lettino accanto a
loro ascoltava fingendo di essere perso in un altro mondo.
Poco dopo Kami tornò da lei con un sorriso di circostanza e delle scuse per il disguido.
- Tutto bene? È successo qualcosa con Grant? Mi ha preoccupata l’emergenza... - Kami sorrise ancora.
- Tutto perfettamente,
l’agente Ward aveva delle domande a cui il laboratorio non era in grado
di rispondere, non ottenendo risposte Ward si è innervosito ed ha avuto
una piccola crisi di nervi, ma ora è tutto rientrato nella normalità. È
il minimo che abbia domande e che si innervosisca, una crisi di nervi
era in previsione. Anche più di una. Ed era in previsione anche di
peggio, abbiamo fatto un calcolo di rischi e probabilità piuttosto
vasto. - Daisy era preoccupata e non lo nascose. E lo era sul serio.
- Cosa gli avete dato?
L’avete sedato? - Kami alzò la mano in segno di calma, rimanevano in
piedi nel suo ufficio a distanza di sicurezza, come se Kami non volesse
stare troppo vicino all’agente Jonhson.
- Niente di tutto ciò,
gli ho dato le risposte che voleva. Vorrei evitare di contaminare il
suo organismo con sostanze chimiche se possibile, per capire se del
progetto originale c’è qualche difetto ed in quel caso di cosa si
tratta. -
- Potrebbe rispondere
male alle sostanze chimiche? Il suo organismo potrebbe avere difetti,
anomalie? - chiese Daisy sempre più ansiosa mentre cercava di ricordare
che FitzSimmons avevano detto che era in perfetta salute e stava bene.
Kami sorrise quasi intenerito come un padre che vede una figlia
innamorarsi, solo che lui non era di certo suo padre.
- Speriamo di no, ma è
per questo che è in fase di rodaggio e che lo stiamo esaminando. Se
nota qualcosa che l’allarma non esiti a chiamarci. - Daisy annuì
pensando che gli aveva fatto bere dell’alcool in modo anche piuttosto
incosciente.
“Beh, ha tenuto molto
bene però... si è probabilmente lasciato più andare a quelli che erano
i suoi istinti verso di me, o verso le donne in generale, ma credo che
comunque non si sia nemmeno ubriacato davvero.”
Ed anche in questo le ricordò il vecchio Ward.
- Ok, la ringrazio. Se
non c’è altro io andrei. - Kami annuì e tirando su il telefono avvertì
il laboratorio di restituire Ward.
Quando i due si
riunirono si scambiarono degli sguardi molto significativi, entrambi
felici di rivedersi sani e salvi e che, a quanto pareva, la piccola
missione era andata a buon fine.
Prima di ritrovarsi al
sicuro nell’ascensore, non dissero nulla, ma appena le porte si
chiusero Daisy si girò di scatto verso Grant e lo esaminò con cura
prendendogli il viso fra le mani, per controllare se gli avevano messo
qualche diavoleria addosso, per esempio nelle iridi o nelle orecchie.
- Tutto bene? Ti hanno
fatto qualcosa? Ti hanno messo niente? Non mi fido di quelli! Sapevano
che FitzSimmons ti avrebbero controllato la prima volta e non hanno
messo nulla, ma magari ora l’hanno fatto perché tanto non
ricontrolleranno di nuovo! - Grant rimase divertito a farsi guardare
anche nelle narici e nella bocca in modo alquanto invasivo, quando lei
fu soddisfatta lui disse ridacchiando:
- Che io sappia non mi
hanno messo niente di inappropriato in posti strani. - Daisy sospirò e
lo lasciò capendo di essere stata forse un po’ troppo esagerata ed
apprensiva.
- Bene. Quando hai
usato quel diversivo mi hai fatto venire un colpo, pensavo ti fossi
sentito male... non devi rifarlo, chiaro? Se non abbiamo concordato
nulla, non devi improvvisare! - Daisy poi lo sgridò sempre agitata per
quanto rischiato, Grant la guardò calmo.
- Ma ho fatto bene? Sei riuscita a guardare? - Lei annuì.
- Però è rischioso se non sei addestrato. -
- Non hanno
sospettato... ed in più hanno risposto a qualche domanda... - Daisy
così tornò curiosa su quello, mentre l’ascensore scendeva i piani fino
al loro.
- E cosa hai chiesto? - Grant si strinse nelle spalle sminuendo la cosa.
- Questioni che potrebbero interessare solo a me... - Daisy lo guardò torva.
- Sono il tuo AS, devo sapere. - Lui fece un piccolo broncio ma si decise a parlare:
- Se posso innamorarmi
e provare i sentimenti e le emozioni come gli altri, se posso fare
tutte le scelte che ritengo di voler fare... se addirittura potrei
avere la vita che hanno gli altri, un giorno. sposarmi, fare figli,
andare in vacanza, diventare un cuoco! - Daisy sorrise intenerita e
divertita all’idea di Grant cuoco, lui si imbarazzò e guardò da
un’altra parte. - Cose che interessano solo a me, appunto. - e lì lei
si rattristì. Sapeva che per avere ‘una vita normale come tutti’ lui
avrebbe dovuto andarsene da lì e lasciare lo Shield. Non era una
questione di essere un esperimento, ma di far parte dello Shield. Era
quello che condizionava la vita e lei lo sapeva bene.
- Cosa ti hanno detto? -
- Che sono una persona
a tutti gli effetti e non sono un prigioniero. Provo le cose come gli
altri, posso innamorarmi e soffrire ed arrabbiarmi, anche se le
risposte definitive le devo trovare da solo perché non hanno mai creato
una persona in laboratorio prima d’ora. - Daisy annuì. - E poi hanno
detto che mi hanno creato per dar vita ad un agente perfetto e forte
dello Shield, perciò ci sono delle scelte che si aspettano da me e che
sperano io faccia, ma che non possono obbligarmi e costringermi a fare
nulla. - Daisy sospirò seccata mentre le porte si aprivano lasciandoli
nel loro piano.
- È una risposta
ipocrita e comoda per ingraziarti. Perché tutti sappiamo che se
sceglierai di lavorare per loro, bene. Altrimenti prenderanno
provvedimenti. Lo sappiamo, è inutile che fanno i santarellini per
differenziarsi dall’Hydra! Siamo già come loro e la cosa non mi piace
per niente! - Grant che era stato istruito sulla storia sia dello
Shield che dei vari nemici, non seppe proprio cosa dire, così Daisy
concluse prendendogli il braccio prima di raggiungere gli altri in
attesa. Lo fermò e si fece guardare, poi col famoso dito alzato,
asserì: - Non permetterò mai che ti succeda nulla. Se vorrai andartene
ti aiuterò a sparire. Non ti faranno mai quello che vogliono! - Grant
annuì e sorrise grato e dolcemente, quel bel sorriso la faceva
sobbalzare ogni volta che lo riceveva ed era simile a quello che ogni
tanto il vecchio Ward le aveva dato prima che venisse allo scoperto. A
volte ci pensava e vedeva un fondo di sincerità in certi momenti
insieme, in certe confidenze, in certi sentimenti mostrati. Ma non
voleva illudersi che alla fine in quel Ward ci fosse stato anche solo
un briciolo di positivo.
“È pur vero che lui è
sempre stato ossessionato ed in fissa con me, qualcosa da parte sua
doveva esserci stata comunque.” Sospirò varcando la soglia del
laboratorio di FitzSimmons. “Quanti rimpianti avremo sempre.”