*Ecco
un altro capitolo. Grant per proteggere Daisy si è preso un
proiettile-noce sulla spalla e su altre parti del corpo, la spalla però
è rimasta gravemente ferita e dopo un'operazione improvvisata di
Simmons, si ritrovato con un braccio appeso al collo, immobile. Tempo
di scaldarsi per entrambi, specie per Daisy che comincia a pensare di
non poter più aspettare. So che loro usano intrugli particolari per
guarire, ma la tentazione di lasciare Grant ferito era troppo ghiotta.
Fra l'altro è vero che quando hai una ferita alla spalla ogni più
insignificante movimento è una tortura per quella. Buona lettura. Baci
Akane*
17. I SENTIMENTI NON SI CANCELLANO, SI CONGELANO
"Io – ti guarderò le spalle
Io – ti aiuterò a vedere oltre
Io – ti proteggerò di notte
Io – sto sorridendo accanto a te,
in una lucidità silenziosa"
- Silent lucidity - Queensryche -
Daisy gli tolse la
giacca dalle spalle e l’appese mentre Grant si sfilava da solo le
scarpe ed andava a sedersi sul divano sentendosi passato sotto un TIR
diverse volte. Le smorfie di dolore non le trattenne e si sedette con
una certa cautela perché ogni movimento particolare gli arrecava molto
dolore.
Daisy lo guardò preoccupata:
- Vedrai che farà
effetto subito... dovresti mangiare qualcosa, sei a stomaco vuoto e ti
hanno dato dell’antidolorifico piuttosto forte... - Grant sorrise con
aria di scuse.
- Io non penso di riuscire a mangiare... sto fisicamente a pezzi... -
- Letteralmente... -
Aggiunse lei sorridendo. Sospirò e si avvicinò sedendosi sul tavolino
da soggiorno davanti a lui e gli prese le ginocchia fra le mani
carezzandogliele intima come se fosse la sua ragazza. Quel gesto fatto
senza pensarci e molto spontaneo riscaldò Grant che la guardò
sorridendo caldo.
- Comincio a stare
meglio. - Ma non era per l’antidolorifico. - Come mai il contatto umano
è un anestetico di natura? - Chiese subito diretto senza filtrare.
Daisy realizzò che era merito delle sue mani e fece per ritrarle, ma
poi decise di aiutarlo visto che era colpa sua se era in quelle
condizioni, così si sedette accanto a lui dalla parte più sana, l’altro
braccio legato al busto e appeso al collo per tenere fermissima la
spalla, Simmons in sede gli aveva dato un acceleratore di piastrine che
avrebbe dovuto aiutarlo a guarire più in fretta, nel giro di un giorno
o due si sarebbe rimesso del tutto invece che nel giro di settimane.
Alzò il braccio e
glielo mise intorno alla testa, lui piano piano si spostò di lato e si
appoggiò a lei adagiando la testa contro l’incavo del suo collo. Daisy
gli baciò la fronte e chiuse gli occhi sospirando.
- Non so perché il calore umano è così magico, ma tanto vale goderne dei privilegi, no? -
Grant annuì.
- Grazie. -
- Grazie a te, sapevi
che potevi morire facendo quello che hai fatto? - Chiese poi con calma
Daisy nel silenzio del suo appartamento, la luce accesa, il resto
spento, solo loro due a fissare una televisione chiusa, il rumore
assordante del silenzio a farli pensare meglio.
- Lo sapevo, ma ho pensato che fosse più importante salvare te. Ho pensato... ‘cosa faccio senza di lei?’ -
- Ti avrebbero affidato
a qualcun altro... probabilmente non sarei morta... - Spiegò Daisy
cercando di sminuire la propria importanza.
- Non intendo dal punto di vista accademico... -
Così Grant sollevò il
capo lentamente a cercare il suo sguardo, i due incrociarono i loro
occhi e rimasero per un momento a guardarsi senza parole, poi aggiunse
piano e penetrante: - Per me sei la persona più importante della mia
breve esistenza, quando ti tocco sto meglio, quando ti guardo, quando
parliamo, se tu ci sei... per me è tutta un’altra cosa... io ho solo
sentito di dover fare tutto quello che potevo per salvarti. Non perché
sei il mio agente supervisore, ma perché sei tu. -
Non poteva aver
sviluppato così tanto le emozioni, l’attaccamento che sentiva
probabilmente aveva a che fare con l’imprinting di cui aveva parlato il
professor Kami, ma ad ogni modo sentirsi dire che era il suo faro nella
notte la emozionò un modo autentico e lei le emozioni le conosceva
bene. Quelle erano potenti ed assopite lì dentro di lei da tempo, in
agguato per poter essere provate di nuovo. Liberate per la persona
giusta. Per il giusto Ward.
“I sentimenti non li
cancelli, li congeli, ma se qualcuno riesce a scioglierli sono di nuovo
lì intatti.” Pensò mentre gli carezzava la guancia con l’altra mano
libera che non gli stava intorno alle spalle. Lui sorrise sollevato di
quel gesto, poi lucidamente e non sotto l’impulso di un istante, Daisy
lo baciò.
Forse era avventato, ma
in fondo era solo un bacio. Non ci sarebbe andata a letto e non
sarebbero diventati una coppia, solo un bacio, si disse. Solo uno.
Perché sentiva di non poterselo tenere per sé.
Grant schiuse le labbra
e accolse la sua lingua, il calore lo invase con un’ondata benefica
mentre chiudeva gli occhi e si abbandonava a lei, a quel bacio, alle
sue labbra morbide ed al suo sapore dolce per la bevanda energetica
bevuta mezz’ora prima.
La strada da percorrere
era ancora molto lunga e prima di potersi lasciare andare ci volevano
secoli, ma Daisy si rese conto di aver cominciato a percorrerla e di
non avere la minima intenzione di fermarsi e cambiarla ora.
Poteva essere
moralmente ed eticamente sbagliato da un qualche punto di vista, ma era
in sé e lucida, ormai, e non aveva scusanti nel dire che lo voleva,
voleva quel Grant proprio perché non era per niente il vecchio Ward ma
al tempo stesso lo era.
“È la sua parte
migliore, la parte che ho amato ed ora è di nuovo qua e voglio
riprendere da dove abbiamo interrotto, solo che prima deve capire cosa
significa essere umani, deve avere tutti gli ingredienti per poter
decidere liberamente e profondamente per sé, non essere spinto
dall’impulso del fatto che io sono la prima persona gentile che ha
conosciuto da quando è nato. Voglio che lui sia sicuro di quel che sta
vivendo, sicuro come lo sono io.”
Daisy così si staccò
dalla sua bocca dopo un tempo interminabile passato a baciarlo e a
perdersi, poi sospirò con gli occhi lucidi e carichi di desiderio,
sciolse il braccio e gli prese la mano sana.
- Adesso che tu lo voglia o no dovrai mangiare qualcosa, perciò vado a cucinare. - Lui così si allarmò subito.
- Cucini tu? - Daisy si aggrottò irrigidendosi.
- Certo, chi dovrebbe farlo? -
- Forse potresti
guardare uno di quei video sulla cucina che mi hai fatto vedere
stamattina... - Daisy ridendo divertita si alzò e scosse la testa.
- Ma tu guarda il
cucciolo che fa la cresta! Stai a cuccia bello! Io sono più grande, so
già cucinare! - Anche se non era proprio vero. Né che tecnicamente era
più grande di Grant, né che sapesse cucinare.
L’espressione allarmata di Grant fu del tutto naturale e quando sentì odore di bruciato chiuse gli occhi rassegnato.
Avrebbe di nuovo mangiato per asporto...
Fino a che si
trattò di mangiare fu tutto a posto, il braccio colpito era il sinistro
e Grant era destro. Quando si parlò di prepararsi per dormire, il
discorso cambiò.
Avendo colpito la
spalla, ogni tipo di movimento gli faceva male. Gli altri colpi
ricevuti attraverso il giubbotto antiproiettile non erano più così
doloranti, ma la spalla non gli dava tregua appena si muoveva o
respirava più forte.
Simmons gli aveva detto
che ci avrebbe messo almeno una notte intera prima che l’intruglio che
gli aveva dato avesse fatto effetto del tutto rimarginando parzialmente
i tessuti lesi, che erano molti per via della dimensione della
noce-pallottola.
Dopo l’operazione,
l’aveva fasciato e bloccato il braccio contro il busto appendendoglielo
al collo, perciò era come non avere completamente il sinistro, come se
gli fosse stato amputato. La maglia cambiata gliel’avevano messa sopra
coprendogli il braccio, Grant per una notte intera e tutto il giorno
successivo avrebbe dovuto stare così.
Perciò qualsiasi
movimento che non si potesse fare con un solo braccio, era decisamente
un problema e lo era anche alzarsi, abbassarsi, chinarsi, torcersi,
ridere, tossire, starnutire.
Ma Grant aveva di natura un’ottima soglia del dolore o comunque sapeva sopportare molto bene.
- Vieni, ti do una mano
per tutto... - Grant guardò Daisy versione gentile e non imbarazzata,
fino ad ora era stata attenta a non lasciarsi andare troppo a contatti
vari, ma quando poi era successo si era lasciata trasportare molto,
come se fosse un po’ schizofrenica.
Lui la seguì docile, una volta in bagno si guardò intorno e fece mente locale.
- Penso che qua me la
posso cavare, solo se mi slacci i pantaloni, per il resto credo di
riuscire... - Daisy arrossì all’idea, annuì ed eseguì. Le sue dita lo
toccarono veloci e per il meno possibile, ma quando comunque lo fece
per quei centimetri, entrambi sentirono delle forti scariche
elettriche, lei ritirò subito le mani e gli sorrise con aria di scuse.
Si sentiva una pivella ed odiava quella sensazione.
Lo lasciò a sé stesso capendo quanto dura sarebbe stata quella volta eseguire il proprio stesso piano.
“Che poi si tratta solo
di sesso, magari. Un’esperienza che non si può perdere. Non è che la
gente fa sesso solo per amore. Una volta ero così, ma è anche vero che
a volte una bella scopata fine a sé stessa solo per il gusto di farlo,
perché è bello e piacevole, non c’è niente di male. Se entrambi ne sono
consapevoli. A lui servirebbe per capire altre cose della vita e di sé,
a me... beh, magari mi calmerei gli ormoni.
Dovrei sedurlo e
violentarlo?” Mentre ci pensava si cambiava velocemente pronta ad
essere richiamata da lui al bisogno. Comunque doveva aspettare che lui
si rimettesse completamente, si sarebbe data quei due giorni per
decidere se buttarla su una relazione sessuale in attesa di stabilire
la questione sentimenti e poi evolverla, oppure se aspettare
direttamente l’evoluzione definitiva.
Grant si era attaccato
a lei per l’imprinting, non perché davvero sapeva cos’era l’amore.
Forse era attratto da lei sessualmente, anzi, era probabile. Però
dubitava che già potesse provare altro.
Grant era confuso da
lei e da quel che provava, sapeva di volere aumentare il legame fra
loro, il contatto. La sentiva come una necessità fisica prima di tutto,
ogni volta che stabilivano un contatto, si sentiva morire e quando lei
lo interrompeva, lui si sentiva male.
Mentre ci pensava per
l’ennesima volta eseguiva i movimenti con calma ed attenzione con un
solo braccio, cercando di non fare niente di brusco.
Ogni tanto aveva delle
fitte che gli facevano anche girare la testa, così si fermava e
chiudeva gli occhi, respirava a fondo e poi riprendeva.
Si lavò il viso ed i denti e poi uscì decidendo che l’operazione doccia sarebbe stata al mattino.
- Daisy? - Chiamò coi
pantaloni aperti che scendevano sempre più scoprendo le linee inguinali
che erano coperte dai boxer bassi ed aderenti.
Daisy sbucò dalla sua
camera e fissò direttamente le sue parti basse sempre più scoperte.
Quei jeans aperti che scivolavano giù erano la fine del mondo e Grant
capì che lei stava apprezzando ed invece di imbarazzarsi e sentirsi
tipo cavia da laboratorio, fece un sorrisino compiaciuto. Chissà perché
era felice di piacerle ed era chiaro ormai che era così.
- Ho bisogno di
cambiarmi, ma quello da solo non riesco... - Lei annuì pronta a quello
e ben contenta lo seguì nella sua camera dove preparò il pigiama. Grant
quando si svegliava metteva via tutto, piegava e rifaceva il letto
copiando le condizioni che aveva trovato la prima volta. Era un
‘replicante’ perfetto, si disse. Ed era umano al cento percento. Un
robot era programmato per eseguire, per imparare, per saper fare certe
cose e per riuscire. Ma un umano no, un umano o lo sapeva fare o no e
Grant per imparare era eccezionale.
- Sei un uomo da sposare, ti rifai il letto, lasci la tazza del water come la trovi... -
- La tazza del water? - Chiese lui senza capire.
- Sì, la tazza, gli uomini la alzano... -
- Pensavo che ci si
sedesse su quel cerchio di plastica, la prima volta mi hai detto di
fare così... - E solo a quel punto lei si ricordò che gli aveva
insegnato a fare pipì seduto, così scoppiò a ridere.
- Hai ragione, scusa.
Qualcuno fa la pipì in piedi e lascia il cerchio alzato, ma è
fastidioso da morire! - Grant voleva approfondire la questione pipì in
piedi, come si poteva fare? Non schizzava tutto in giro?
Però quando lei gli mise le mani letteralmente addosso iniziando a spogliarlo, il cervello si spense così come ogni domanda.
Improvvisamente farsi
spogliare da lei era splendido, i brividi iniziarono a ricoprirlo
completamente partendo dalla nuca fino ad espandersi nel resto del
corpo, quando lei si abbassò per togliergli il resto dei jeans, le sue
mani scivolarono lente e sensuali sulle sue cosce, questo fece reagire
il suo membro che iniziò ad eccitarsi e a premere contro la stoffa dei
boxer. Lì, davanti ai suoi occhi, Daisy assistette ad un certo
spettacolo e mordendosi le labbra si chiese seriamente se potesse
saltare i due giorni di recupero fisico e possederlo subito.
Alla fine mentre alzava
prima un piede e poi l’altro per sfilarsi i jeans, lo sentì lamentarsi
e vide che il dolore provato per quel piccolo semplice movimento da un
piede all’altro, l’aveva fatto soffrire e l’amichetto fra le gambe calò
subito.
“Impossibile ora, non sarebbe del tutto abile al gioco...”
Si ricordò. Così lasciò
i pantaloni su una sedia e lo guardò nudo con addosso solo i boxer, gli
aveva tolto anche la canottiera e una volta in sede gli avevano messo
solo la maglia.
Adesso era praticamente nudo.
La fasciatura era
massiccia e rigida sulla spalla e meno grossa sul braccio che era
esercitata solo per tenerglielo piegato contro il busto. Era davvero
importante che stesse immobile.
Lo guardò con un sorrisino colpevole.
- Davvero, mi dispiace che tu abbia già sperimentato questo... - Lui sorrise alzando la spalla sana.
- In poco tempo ho
sperimentato già molto... dici che più sperimento e meglio è, no? Sono
le esperienze a renderci umani... - Lei annuì e tornò al suo compito di
madre, imponendosi di non accarezzarlo più come aveva fatto prima per
approfittare spudoratamente di lui.
“Eppure il fatto che
sia così ingenuo mi dà alla testa... non vedo l’ora di saltargli
addosso!” Si disse imponendosi di non toccarlo più del necessario.
Le sue mani non
collaborarono molto, in realtà, visto che mettendogli i pantaloni tornò
ad abusare di lui carezzandogli le cosce fino vicino all’inguine che
tornò a tendersi ed eccitarsi. Si morse ancora la bocca e si alzò
guardandolo maliziosa e vogliosa, la stessa voglia era nei suoi occhi,
solo più confusa.
Daisy scrollò le spalle
e gli suggerì di dormire senza la maglia per non sentirsi un salame
visto che un braccio non lo poteva infilare. Lui annuì senza capire
bene il senso della sua frase, ma ovviamente si limitò a fidarsi di
lei. Una volta datagli la buonanotte con una carezza di troppo sulla
guancia, Daisy uscì e si maledì.
“Così non torturo solo lui, ma anche me!”
Quella sera, la sua
mano avrebbe sfogato un po’ di istinti, ma non su Grant, bensì su di
sé. Era ora di metodi alternativi altrimenti gli sarebbe saltata
addosso di notte!