*Ecco
qua un altro capitolo. Grant sta sperimentando sempre più cose
dell'essere uomo, doveri, dolori ed ora vediamo un po' di gioie. Ha
ancora la spalla totalmente bloccata e perciò un braccio
inutilizzabile, Daisy è costretta ad aiutarlo per certe cose e quando
quei due si toccano troppo, scatta sempre la scintilla erotica. Saranno
in grado di contenersi ancora a lungo o prima o poi esploderanno? Buona
lettura. Baci Akane*
18. UN’ONDA DIFFICILE DA CONTENERE
"Mi hai sbattuto la porta in faccia
Fai e distruggi Cadi dentro e cadi fuori
Quando mi baci come uno sconosciuto E' lì che siamo in pericolo
Vola intorno al fuoco Dentro e fuori dal desiderio
Devo amarti, devo averti Non voglio lasciarti andare ancora
Quando ti bacio come un’amante è lì che scopriamo Che bruciamo nel fuoco"
- The fire - Papa Roach -
Grant il giorno dopo
stava molto meglio, non sentiva quasi più dolore, però dovendo tenere
comunque il braccio legato al corpo, Daisy dovette aiutarlo a vestirsi.
Si lavò a pezzi usando
una mano sola e si lavò la parte inferiore del corpo e la testa, le
parti libere del busto le lavò con la spugna.
Fu un’operazione
particolarmente lunga per l’attenzione impiegata ed il fatto che lo
facesse con una mano sola, però alla fine ce la fece.
Una volta uscito
vittorioso dalla doccia, si ritrovò a combattere con il telo
dell’asciugamano che non voleva saperne di avvolgersi completamente.
Era come avere un
braccio completamente amputato, non era facile ma appoggiandosi alla
parete riuscì a tenere fermo un lembo sul fianco, avvolgersi l’altro
intorno e poi incastrarli uno sotto l’altro come gli aveva insegnato
Daisy; non fu facile e rischiò di perdere entrambi i lembi in un
attimo, ma poi alla fine ci riuscì.
Avvolto l’asciugamano
alla vita si guardò il viso dove una leggera ombratura iniziava a
vedersi, si chiese se potesse fare a meno di farsi la barba e così
decise di sì. Con una mano si sistemò i capelli bagnati passandoseli
prima con un telo piccolo e poi pettinandoseli in modo ordinato. Si
spruzzò il profumo che gli aveva preso Daisy chiedendosi se le piacesse
o se lo avesse preso perché gli uomini dovevano avere quel profumo, che
fra l’altro a lui piaceva su di sé, e poi la chiamò senza sapere se
dovesse sentirsi imbarazzato o se andasse tutto bene così.
“Non so cosa dovrebbe
esserci che non va... voglio dire, non riesco a vestirmi da solo,
mettermi dei boxer con una mano sola è impensabile...” Non ci aveva
provato ma ne era convinto, così Daisy entrò come un turbine
lamentandosi, aprì l’acqua della doccia ed iniziò a spogliarsi furiosa:
- Grant siamo
tardissimo, dovevamo già essere a lavoro! Quanto diavolo ci hai messo a
lavarti? Esci dannazione, che altrimenti... - era in slip e si stava
togliendo la maglia del pigiama per una doccia veloce, ma si bloccò
vedendolo ancora meravigliosamente nudo avvolto nell’asciugamano
intorno alla vita.
Dimenticò di chiudere la bocca.
- Tu... tu sei ancora
nudo... e non che la cosa mi dispiaccia ma... GRANT SIAMO TARDI
DANNAZIONE! - Grant mortificato e dispiaciuto si grattò la nuca incerto
e la guardò arricciando il naso.
- Scusa, ma non riesco
proprio a vestirmi da solo con una mano, mi devi aiutare, ho fatto
tutto quello che sono riuscito, ma... - Daisy sospirò e alzando gli
occhi al cielo chiuse l’acqua calda della doccia e si avventò su di lui
togliendogli bruscamente il telo dai fianchi, non le dispiacque per
niente e appena vide di nuovo il suo inguine il ritardo andò in secondo
piano.
Grant si sentì scrutato
senza ritegno, come se fosse una sorta di fenomeno raro al centro di
interessi di ogni genere, ma siccome era lei a guardarlo così, gli
piacque. Gli piaceva molto il suo sguardo su di sé, specie se si
zittiva e lo fissava intensamente con quell’aria compiaciuta e...
“Affamata?” Si chiese
se fosse il termine giusto, ma Daisy si accucciò davanti a lui
porgendogli i boxer aperti, e lui infilò prima una gamba e poi l’altra,
così si alzò e glielo sollevò contemporaneamente come avrebbe fatto con
un figlio, peccato che quello non aveva legami di sangue con lei e
soprattutto non era un bambino.
L’imbarazzo salì in
entrambi, anche se Grant ancora non capiva bene in cosa consisteva
quella strana sensazione misto fra piacere e disagio.
Ogni volta che le sue
dita lo sfioravano sulle cosce, lui sussultava e si sentiva bruciare,
per quando i boxer furono tirati completamente su, lui aveva già il
principio di un erezione e si notava abbastanza.
Lo sguardo di Daisy
indugiò sullo spettacolo e una volta che il contatto fu totalmente
interrotto, i loro occhi tornarono a guardarsi, rimasero in silenzio ed
in quell’atmosfera elettrica e calda improvvisamente diversa da prima,
Grant infilò la mano sotto i boxer, si prese il proprio membro che
stentava a rimanere calmo e se lo sistemò di lato in modo che non gli
desse fastidio scendendo di lato. Lo fece guardandola, senza sapere il
motivo, ma non fu totalmente in grado di staccarle gli occhi dai suoi e
lei si leccò le labbra. Guardò cosa faceva ed avvampò, trattenne
il fiato, poi lui sfilò la mano e l’abbandonò lungo il fianco in attesa
del resto. Lei così si riscosse e a fatica lo vestì invece di svestirlo
e saltargli addosso.
- Come mai non dici
nulla? - Disse lei cercando di spezzare quella tensione erotica da
paura, prese la canottiera intima nera in tinta con i boxer aderenti
che aveva piacevolmente faticato a tirare su bene, la sollevò davanti a
lui e la scartò capendo che non gli sarebbe stata sopra il braccio
bloccato, così passò ai calzini, indicò col mento il water e gli disse
di sedersi.
Lui eseguì ligio.
- Non so cosa dire, sei tu quella che di solito parla... - Daisy rise alleggerendosi un po’.
- Stiamo facendo
qualcosa di imbarazzante... - Grant piegò il capo di lato guardandola
accucciata di nuovo davanti a lui ad infilargli i calzini ai suoi
piedi.
- In che modo è imbarazzante? - Lei si strinse nelle spalle, non sapeva spiegarlo bene, tossicchiò e cercò di dire qualcosa.
- Beh, è imbarazzante
perché di solito fra uomo e donna certe azioni così intime sono segno
di un rapporto personale... - Si stava incartando ed infatti...
- Azioni intime? Vestirmi è un’azione intima? - Lei annuì esitando e balbettando.
- È... è un po’ come svestirsi... c-cioè svestirsi è sicuramente più intimo... i-insomma, se io spoglio te. -
- Come ieri sera? - Sospirò stanca.
- Sì... e vestirsi è un
po’ la stessa cosa, perché presuppone dei contatti che vanno al di là
di un rapporto che dovrebbe essere solo professionale. Fra colleghi non
ci si comporta così, non ci si tocca, non ci si spoglia o veste e non
ci si guarda nudi... - Disse lei parlando più del necessario per
scaricare la tensione.
- Quindi noi non abbiamo un rapporto professionale ma personale... - Imparava in fretta.
Infilati i calzini gli
fece infilare le gambe dei pantaloni, aveva scelto un tipo di tela coi
tasconi, più comodi dei jeans, altrimenti sarebbe stato impossibile
metterglieli. Dopo che ebbe tirato su tutte le gambe sui polpacci, gli
disse di alzarsi e glieli alzò fino alla vita. Si ritrovarono in piedi
uno davanti all’altro, lei solo la maglia larga e gli slip, lui al
contrario a torso nudo.
Le dita di Daisy
scivolarono davanti per allacciargli i pantaloni, poi gli alzò la zip,
gli sfiorò il pacco ancora eccitato, per fortuna non in erezione
completa altrimenti sarebbe stato a dir poco impossibile.
- Siamo personali noi
due? L’imbarazzo è quando due hanno un rapporto personale? - Lei scosse
il capo capendo che si era messa in una strada senza uscita. Tolse le
mani dalla sua vita finalmente coperta e lo guardò.
- Quello che stiamo
provando ora è alchimia, erotismo, desiderio. Ci piacciamo tutti e due,
sia fisicamente che... oltre... - Non sapeva spiegarlo bene nemmeno lei
in che modo si piacevano, era solo chiaro che era così. - E quando
succede, vorresti solo approfondire oltre, toccarci di più. Come avevi
detto quella sera mentre ballavamo. -
- Sarà sempre così fra
noi? Ogni volta che ci sfioriamo o tocchiamo proveremo sempre questo
desiderio? - Daisy sospirò e si strinse nelle spalle confusa prendendo
la felpa comoda con la cerniera, gliela infilò nel braccio sano poi
gliela mise sopra la parte lesa e bloccata, infine gli allacciò la zip,
la manica vuota pendeva a lato.
Alzò lo sguardo
rimanendo vicino a lui, era una tortura, un’autentica tortura fare
tutto quello, sfiorarlo ma non toccarlo davvero. Toccarlo ma non
carezzarlo davvero.
Per lui non era meglio,
lei lo toccava e lo sfiorava e quando lo faceva in punti erogeni era
anche peggio, ma poi lei toglieva le mani e non lo accontentava.
Desiderava solo con tutto sé stesso di essere toccato per bene, in modo
approfondito, che andasse oltre quel piccolo assaggio.
Lo voleva con tutto sé
stesso e, con tutto sé stesso, voleva vedere il resto del suo corpo,
come qualche volta era capitato di intravedere.
- Perché quando ci si
piace si prova il desiderio di vedersi nudi? - Chiese lui con voce roca
e bassa. Lei aveva finito di vestirlo, doveva cacciarlo e farsi una
doccia veloce, magari gelida.
Però i suoi piedi non
muovevano mezzo passo indietro ed era sicura che fossero non tardi, ma
sull’orlo del licenziamento. Eppure i suoi piedi rimanevano lì, i suoi
occhi inchiodati a quelli di lui, il respiro era corto, eccitata. Se
l’avesse toccata si sarebbe bagnata, lo sentiva. Ogni particella del
suo corpo lo desiderava, desiderava essere toccata da lui, era un
bisogno fisico.
- Desideri vedermi
nuda? - Lui capiva che non era un invito ma solo un studiarlo e
metterlo alla prova, ma sapendo che lui piaceva a lei almeno tanto
quanto lei piaceva a lui, decise di prendere le cose nelle sue mani e
seguire il suo indomabile istinto che scalpitava ogni volta che si
trovava davanti a lei.
Come se la memoria
genetica gli dicesse che lei doveva essere sua, che una volta lo era
stata ma in modo incompleto e che ora non poteva sbagliare. Non era una
memoria della testa, era un istinto recondito innato. Come se il
destino fosse scritto nel DNA ed ora parlasse, anzi gridasse.
Le prese la parte bassa della maglia e gliela sfilò via oltre le braccia che lei alzò ipnotizzata senza accorgersene.
Rimase nuda davanti a
lui, i seni generosi liberi dalla stoffa, la sua pelle liscia, i
capezzoli duri. Lui si leccò le labbra e sempre seguendo quell’istinto,
la prese per i fianchi, risalì leggero la vita e arrivò ai seni, glieli
prese fra le dita, strinse senza esagerare e le dita afferrarono i
capezzoli, se li rigirò fra indice e pollice e poi li lasciò
carezzandoli ripetutamente coi polpastrelli, come se fosse un seduta
ipnotica e non potesse smettere.
Lei non respirava più,
aveva la bocca aperta e si sentiva morire. Appena le sue mani si
impossessarono in quel modo erotico e sensuale di lei, l’eccitazione
esplose fra le sue gambe, si morse il labbro per poi chiudere gli occhi
e abbandonare la testa all’indietro a quella sensazione che aveva
desiderato enormemente.
Non poteva farci nulla,
lo voleva e basta, lo spinse febbrile sul water per farlo sedere ed una
volta lì gli prese il viso fra le mani, si guardarono in quel modo
intenso e carico di desiderio, lui confuso per quelle emozioni
sconvolgenti che provava, poi gli fermò il volto davanti ad uno dei
suoi seni, scivolò col pollice sul suo labbro e premendo glielo aprì.
- Usa la bocca... - Mormorò Daisy sensuale, lui non si sarebbe di certo opposto.
Accostò le labbra sul
suo capezzolo duro che aveva appena toccato, tirò fuori la lingua e lo
leccò. Poi chiuse gli occhi e glielo avvolse succhiandolo con
trasporto, delicato e deciso, ma non violento. Sembrava se lo stesse
godendo, gustando, provava ogni singolo gesto e sensazione, le viveva e
le faceva sue.
Daisy gli prese poi le
mani e gliele spostò dietro dalla vita al sedere regalandogli un’altra
esperienza degna di essere vissuta.
Avere le sue mani e la
sua bocca addosso era il desiderio sia della giovane ed innocente Daisy
che di quella più navigata e tormentata di ora, quella che appena
l’aveva visto ed aveva capito che in quel Grant non c’era niente del
vecchio Ward se non il suo splendido corpo, era andata in tilt.
Le sue mani, la sua
bocca, la sua lingua, lui che l’assaggiava e la toccava e lei che
riusciva a venire senza toccarsi da sola o che lo facesse lui. Bastava
così, bastava quello.
La testa all’indietro, gli occhi chiusi e la bocca schiusa in respiri profondi, le proprie mani sulla sua testa a tenerlo a sé.
Voleva andare oltre,
voleva dirgli di toccarsi anche lui e tirarsi fuori l’erezione, ma
sentì febbrile e distante il cellulare nell’altra stanza. Cercò di
tenerlo fuori da quel momento perfetto, ma il fatto che continuasse a
suonare la disturbò fino a che la ragione tornò nel suo cervello
offuscato dal piacere e dal desiderio. Si ricordò che erano tardi e che
dovevano per forza andare ed imprecando si forzò e si sfilò dalle sue
mani e dalla sua bocca che rimase sorpreso e spaesato di quel brusco
cambio di idea.
- Dobbiamo andare. Sul
serio. Ed io mi infilo sotto la doccia fredda altrimenti non ne esco
viva. - Quando Grant perplesso si alzò in piedi, sentì le proprie gambe
molli ed esitò, poi si guardò in basso e vide una evidente
protuberanza.
- Fa... fa quasi male? - Chiese insicuro di quello che stava sentendo, tanta era l’eccitazione.
Troppa.
Daisy ridacchiò.
- Ti ci vorrebbe a te
la doccia fredda ora! - Così dicendo si infilò nel box della doccia, si
tolse gli slip e aprendo l’acqua fredda si lavò veloce calmando gli
ormoni che la stavano facendo impazzire. Dopo un urlo di shock, tornò a
parlare con un Grant perplesso.
- Sopravviverai! Dopo
un po’ ti calmerai. Di solito sbattere in qualche spigolo vi aiuta... -
Grant guardò corrugato lo spigolo del mobile del bagno non capendo come
si potesse sbattere di proposito, poi lei continuò:
- Oppure pensare a
qualcosa di osceno ed orribile... dovrebbe fare da deterrente... -
Grant provò ad immaginare qualcosa del genere ma non gli venne nulla.
- Ci sono alternative
meno traumatiche o complicate? - Daisy rise chiudendo il rubinetto,
prese l’asciugamano che prima aveva usato Grant e si asciugò dentro il
box per evitare di peggiorargli la situazione, poi uscì coperta, i
capelli legati, un sorriso divertito ed ironico sulla bocca:
- Un bel lavoro di
mano! - Grant la guardò corrugato ancora senza capire, alzò la mano
sana. - Una sega! Te lo tiri fuori e te lo strofini fino a che non
esplodi nel piacere. Quell’esplosione bagnata si chiama orgasmo, è
l’apice del piacere fisico! Quello che hai ora è il principio, si
chiama erezione. È l’espressione del piacere. Le donne si bagnano
direttamente, agli uomini viene duro fino a che non sfogano tutto
altrimenti muoiono e soffrono! - Grant si aggrottò preoccupato e lei
ridendo di gusto sfilò verso la camera per completare la vestizione
veloce. Lui la seguì fuori per continuare il discorso, ma lei gli
chiuse la porta sulla faccia continuando a gridare dall’altra parte:
- Sono tutte cose molto piacevoli, sperimenterai tutto! -
- Con te? - Chiese
Grant capendo che essere uomini aveva molti vantaggi e non solo
svantaggi. Dolori, delusioni e sofferenze sia emotive che fisiche erano
solo una parte. Poteva esserci altro, molto altro.
- Frena! - Con questo
Daisy aprì la porta facendolo quasi cadere poichè appoggiato con la
schiena, lei era già vestita, sorprendentemente veloce. I due si
guardarono. - Le cose devono venire, non si stabiliscono. E comunque
non potremmo. Tecnicamente secondo le regole dello Shield io e te non
potremmo avere alcun rapporto di questo genere. Io sono il tuo
supervisore, tu sei uno dei progetti dei sommi capi. Sicuramente non
posso portarmi a letto la mia missione. - Grant spalancò gli occhi.
- Portarti a letto?! -
Per lui era praticamente arabo. Lei scrollò le spalle e gli disse di
mettersi le scarpe mentre lei faceva altrettanto, muovendosi in fretta
e furia.
- Insomma, il punto è
questo. Teoricamente io e te non possiamo fare queste cose, perciò la
cosa importante è che non ne parli con nessuno e mai e cerchi di
mascherarlo e nasconderlo in tutti i modi. -
- Ma lo faremo
comunque? - Anche se ancora non aveva afferrato tutto bene, aveva
capito che era comunque quella cosa piacevole che voleva.
Daisy rise.
- Se succederà lo
faremo, ma è tassativo che non si venga a sapere, ok? - Grant annuì
mentre lei gli allacciava le scarpe accucciata davanti a lui poichè con
una mano lui non poteva. Lui tornò a sentirsi strano, annuì rigido e
sorrise in un misto fra il felice ed il concentrato.
Avrebbe ricordato tutto, ma sperava davvero che lei poi non si tirasse più indietro.
Ora voleva tuto il pacchetto, qualunque cosa fosse questo pacchetto.
Di lei voleva ogni singola cosa.