*Eccoci qua! Abbiamo lasciato Daisy in compagnia di un nuovo Grant Ward con il compito di istruirlo e testarlo, lei riluttante decide che è meglio lo faccia lei piuttosto che qualcuno che non sa cosa aspettarsi e magari sprovveduto. Parte così molto prevenuta e arrabbiata, ma basta passare con lui un po' di tempo per capire che le cose sono molto più complicate di quel che pensava e ben presto si rende conto di essere estremamente confusa. Ho deciso di far prendere la piega che leggerete allo Shield al posto di quella presa nella quinta stagione, necessità di copione, in realtà. La mia idea era precisa, perciò ho manovrato le cose a mio piacimento. PS: ho deciso di affidare una canzone ad ogni capitolo, spero di riuscirci, ne ho scelta una anche per il primo. A volte il motivo sarà il titolo, altre il testo ed altre ancora magari la musica e le sonorità. Buona lettura. Baci Akane*

2. ASSESTAMENTO


"Tu dici Che non combatterai Perchè nessuno combatterà per te E Tu pensi Che non ci sia abbastanza Amore E nessuno a cui darlo E Tu sei sicuro Di aver sofferto così a lungo Da non avere nient'altro da perdere Allora Tu dici Che non combatterai Perchè nessuno combatterà per te Tu dici Il peso della responsabilità Ti ha trattenuto dal lasciarti andare E Tu pensi Che la compassione sia un difetto E non lo mostrerai mai E Tu sei sicuro Di esser ferito in un modo Che nessuno saprà mai Ma Qualche giorno Il peso della responsabilità Ti darà la forza di andare Tieni duro Il peso della responsabilità Ti darà la forza di andare"
- Linkin Park - Robot boy -

Cosa rendeva un uomo tale? Carne, sangue ed ossa? Una coscienza autentica, i sentimenti reali e non riprodotti o imitati tramite qualche programma informatico?
Daisy aveva riflettuto molto su questo quando aveva dovuto affrontare l’emergenza androidi e aveva concluso che era il libero arbitrio che rendeva tale un uomo.
La possibilità di scegliere liberamente ciò che fare.
“Ma quando un uomo viene plagiato perché ha qualche difficoltà psicologica di qualche tipo e viene spinto con trucchi vari a fare quel che vuole un altro? Quello non è libero arbitrio, perciò quello non sarebbe più un uomo?”
Grant non aveva detto una parola e nemmeno lei, per tutto il tragitto verso casa avevano fatto scena muta.
Da quando era stata provata l’innocenza dello Shield tramite una serie di indagini approfondite e rese note a tutto il mondo tramite video e documentazioni che tralasciavano il fatto che gli scienziati che avevano dato vita all’androide causa di tutto era parte della loro squadra, lo Shield era stato acclamato come eroe ed aveva ricevuto molti più fondi e fiducia, cosa che andava bene quando c’erano emergenze serie. Ringraziando qualche misterioso Dio supremo, in quel periodo non c’erano minacce serie perciò il loro scopo era come sempre trovare gli inumani sparsi nel mondo, istruirli e proteggerli o, se serviva, contenerli. Lo scopo principale era sempre stato quello, ma dopo le minacce aliene che negli anni si erano rivelate, era evidente la necessità di rinforzarsi a dovere a nome degli umani indifesi.
Non era stupita degli esperimenti, per nulla. Era stupita che invece di creare super uomini programmati solo per obbedire, puntassero sull’uomo.
“Ma di che mi stupisco? Con quel documentario hanno tutti appurato che puntare su delle super macchine è solo un rischio perché prima o poi ti fottono! Non farebbero mai lo stesso errore. Penso che quel che cercano di creare siano degli uomini forti. Non super uomini, uomini forti. È diverso. Uomini come Ward, May o la Vedova Nera. Sono agenti fortissimi in grado di superare minacce aliene ed inumane, ed in quanto uomini li puoi manovrare ed assoggettare senza il rischio che ti superino con qualche raggiro informatico. Il potere fa degenerare, è matematico. Chi ha potere non sempre riesce a rimanere mentalmente stabile, è come una droga che  ti dà alla testa, non è affidabile il super uomo stile Captain America. Con lui hanno avuto fortuna, ma si è ribellato perché non vuole sottostare alle regole del governo, e non gli do torto.
Ci sono troppi rischi per creare super uomini con dei poteri. È più sicuro ed utile intanto creare un esercito di uomini maledettamente forti, quelli che sul campo ti fanno la differenza. Ma sono sicura che dopo che avranno perfezionato questo progetto e creato il loro esercito, arriveranno sicuramente agli super uomini. Hive non è stato di lezione, così come ogni altro inumano ingestibile. Certe volte non si impara mai, ho questa paura.”
Daisy rifletteva spesso su questo senza arrivare a conclusioni precise, ora che aveva una copia di Grant Ward con sé non sapeva a che punto arrivare, ma come al solito non le restava che improvvisare e metabolizzare al meglio che poteva.
“Se mi avessero riprodotto Lincoln come l’avrei presa? Come mi sentirei? Non sarebbe lui, sarebbe una riproduzione, ma non potendo avere l’originale cosa proverei? Cosa farei? Forse è il caso che assimili meglio questa cosa prima di ritrovarmici davvero davanti. Potrebbero usare anche lui come prototipo se dovesse funzionare. Anche se poi lui era un inumano, non un super agente stile Ward e May.”
Daisy era sempre più turbata da quelle eventualità, ma arrivata a casa, quella che le avevano finalmente concesso, scese dall’auto dando per scontato che Grant la seguisse. Quando non sentì la sua presenza dietro si fermò e lo cercò. Era rimasto in macchina e la guardava dal finestrino senza capire cosa dovesse fare. Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
- Oh ti prego, non fare il cucciolo offeso! Non è facile per me gestire questa situazione e la cosa peggiore è che non puoi nemmeno capirlo! - Grant la guardò perplesso senza muoversi, così lei indicò seccata con un gesto stizzito di scendere e lui illuminandosi scese.
- Non sapevo cosa volevi che facessi... - Lei si aggrottò infastidita da quello.
- Non sono il tuo padrone, non sei davvero un cucciolo! -
- E cosa sono? - chiese turbato con lo sguardo di chi voleva fare quella domanda da ore, ma non osava. Daisy fece per rispondere subito ma si fermò realizzando che non ne aveva idea nemmeno lei.
- Sei un esperimento. - Decise di essere sincera e diretta da subito senza indorare la pillola. Forse era per il suo aspetto, quando aveva davanti Grant le veniva voglia di maltrattarlo!
I suoi occhi si agghiacciarono turbandosi ed incupendosi di più, i suoi meravigliosi occhi castani che l’avevano tenuta sveglia così tante volte, se ne pentì subito realizzando che quel breve istante di dolore era autentico e gratuito.
“Non è davvero lui, è più come un gemello. Probabilmente anche il suo carattere sarà diverso!”
- Non sono reale? - Chiese lui con un filo di voce.
- No non... non intendevo questo. Sei vivo a tutti gli effetti, sei un uomo, una persona. La persona che sarai dipenderà solo da te. Sei libero di scegliere da solo, di decidere se... se scendere dalla macchina o rimanere lì! - concluse pentendosi di averlo traumatizzato gratuitamente.
- Ma mi hanno assegnato a te... - Ripeté le parole che aveva sentito anche se non le capiva bene. - Significa che sono un tuo compito, non posso andarmene. Tu devi... addestrarmi? - Cercava di farsi un’idea e lei si incuriosì di come funzionava quella creatura tecnicamente nata da poco anche se adulta e con caratteristiche di un esperto agente. O per lo meno a detta loro.
- No hai ragione, non puoi fare proprio tutto quel che vuoi, ma nemmeno io posso. Tu non l’hai scelto, io sì. Do un servizio al mondo, li proteggo e devo anche farlo alle regole di altri! - Grant si aggrottò senza capire.
- Perché lo fai? - Lei sorrise, era una delle conversazioni avute fra loro quando lui l’addestrava, un deja-vu le venne alla mente. Quando lei pensava che lui fosse buono.
- Perché salvare la gente è la sola cosa che mi fa sentire viva e felice. Certo a volte il prezzo è alto e non sempre riesco, però non smetterò mai di provare e di fare del mio meglio. Le regole a volte sono stressanti, ma è un piccolo prezzo da pagare per poter fare ciò che senti dentro. -
Lui scosse il capo confuso a quel punto.
- Io non so cosa voglio fare, la mia mente è una lavagna bianca, non so nemmeno cosa mi piace, figurati cosa voglio... ma mi pare di capire che non ho scelta. Devo fare quello che mi dirai tu. - Daisy non sapeva come mettergliela giù, sospirò in difficoltà decidendo di andarci piano e tornarci successivamente. Gli mise una mano sul braccio, impacciata ed esitante. Le faceva strano toccarlo così, come se fosse un amico.
- Lo impareremo insieme. Sei stato creato in laboratorio, non te lo voglio nascondere. Ed il tuo compito è diventare un agente, un giorno, ma per ora sei solo in prova. -
- In prova? In prova come agente o come umano? - Lei si morse il labbro e guardò di lato. Imparava in fretta, se non altro era sveglio come l’originale.
- Entrambi. Prima di tutto come umano, sei umano, ma vogliamo tutti capire che tipo di umano sei, non c’è niente di male, no? E poi vedere se stai bene, se ci sono conseguenze a quel che ti hanno fatto. Poi, se dopo l’addestramento ti piacerà, potrai diventare un agente. -
- Potrò scegliere? -
- Sei umano, è questa la differenza fra uomo e macchina. - Ma sapeva che lui non aveva quella scelta e lui glielo lesse negli occhi fin troppo espressivi.
- Non penso che potrò scegliere. Se mi hanno creato c’era uno scopo e penso sia diventare agente. Forse... forse il mio scopo è questo... aiutare gli altri come fai tu. - Lei voleva dire quello che sapeva era giusto, ma non ci sarebbe mai riuscita così distogliendo la sguardo disse semplicemente la verità:
- Nessuno può essere obbligato a fare ciò che non vuole, non è giusto. Andiamo per gradi. Tu sei costruito sulla base di un grande agente che ha fatto le scelte sbagliate per colpa di esperienze brutte. Ora hai una seconda occasione, io penso che tu debba concentrarti solo su questo. Non su cosa devi o dovresti, ma su cosa ti viene spontaneo. Se i cervelloni hanno ragione, la tua naturale inclinazione è aiutare gli altri, diventare un agente. -
Non era proprio corretto perché l’originale Grant Ward era stato trasformato in agente da Garrett. Un agente dell’Hydra, ma comunque agente speciale. Ed era molto forte, ma non per doti naturali, bensì per doti inculcate da un altro. Dire che la sua natura era diventare un agente fortissimo non era proprio vero, ma erano lì per sperare lo fosse.
“Perciò io sarò il suo Garrett buono!”
Concluse lei rassegnandosi a quel ruolo, poi con un sorrisino strano si voltò e gli fece strada verso casa, la sua prima vera casa.
Dopotutto poter plasmare uno come lui non era male, era piuttosto stimolante.
“Sempre ammesso che alla fine la sua reale natura non fosse proprio l’inclinazione al male...” Ma doveva ricordare che nel Framework lui era buono e non erano programmi prestabiliti, erano conseguenze di rimpianti rimossi. Se Ward avesse detto di sì alla persona giusta, sarebbe diventato una splendida persona.
Daisy ora aveva bisogno di credere in questo, forse perché non avevo davvero scelta e dovendolo fare era il caso di prendere il meglio da quel che gli stava capitando, come faceva sempre.
Grant la seguì in casa rimanendo fermo all’ingresso mentre lei si toglieva la giacca e le armi mettendole in sicurezza, lui non fece nulla, rimase vestito con lo zainetto in mano e l’aria di nuovo da cucciolo confuso e spaurito. Lei provò un fortissimo istinto di ridere che trattenne con un’aria sadica.
“Forse invece sono stuzzicata dal poter plasmare lui nello specifico, con tutto quello che mi ha fatto... poter far di lui tutto ciò che voglio è un bel potere ed una bella soddisfazione. Sempre ammesso che qualcosa non vada storto e visto che si tratta di Grant Ward in qualche modo è meglio che stia attenta.”
Gli prese lo zainetto e lo mise giù in una sedia, poi gli indicò la giacca.
- Toglila. - Lui lo fece nel modo che gli veniva più logico e si tolse anche le scarpe sempre secondo le direttive di Daisy.
- Come ti devo chiamare? - Chiese poi lui prima di seguirla.
Lei si accorse che non gli aveva ancora detto come si chiamava.
- Daisy. Tu sei Grant. Secondo me possiamo chiamarci per nome. -
- E come dovremmo chiamarci altrimenti? - Chiese senza capire. A volte aveva modi da robot, altri da bambino o cucciolo. Sperava che arrivasse anche a quelli da uomo prima che si stufasse.
- Niente, di norma ci si chiama per cognome, ma visto che dovremo vivere a stretto contatto e che sarò il tuo AS, Agente Supervisore, chiamami per nome. - Anche se forse era meglio dargli un altro nome e fingere fosse davvero il suo gemello buono.
“Dovrei dirgli che il soggetto originale su cui è stato costruito è un sociopatico assassino che mi ha fatto tanto di quel male da non saperlo nemmeno più elencare?” Si girò a vedere se la seguiva nella camera secondaria che non aveva ancora avuto tempo di affittare. Aveva l’intenzione di avere una coinquilina, ora ne aveva uno.
“E a che pro dirgli chi era prima? Meno sa e meglio è, ci sono più possibilità di avere un Ward il più vero possibile.”
- Questa è la tua camera, per ora non hai nulla, ma domani mattina faremo un giro a comprarti un po’ di cose. Per il momento... beh, io sto morendo di fame! Scopriamo che gusti hai! - Vedendola un po’ più rilassata di prima, lui sorrise grato e a questo lei si sentì una perfetta idiota nell’incantarsi.
“Il suo sorriso è anche più bello di quando fingeva di sorridere! Forse perché questo è originale e non è macchiato da nulla!”

- Ti hanno creato senza impiantarti ricordi di sorta, sei un adulto con la mente di un bambino. Ciò significa che non sei stupido come un bambino, ma hai zero ricordi, perciò zero esperienze! Sono le esperienze che stabiliscono la persona, che ti spingono ad essere buono o cattivo! -
Grant ascoltava tutto quello che lei diceva come se parlasse della Bibbia, mentre preparava uno dei pochi piatti che era capace di preparare, carne ed insalata. Non avendo direttive stava seduto in attesa ed osservava ogni suo gesto memorizzando. Quella era l’operazione ‘cena’.
La vedeva prendere una cosa da un cassetto e lasciarla in un posto che poi avrebbe cercato impazzita non ricordandosi dove era. E la vedeva far cadere un sacco di cose che poi raccoglieva ed utilizzava come niente fosse. La vedeva anche sporcare ovunque.
Dunque la cena consisteva in una gran confusione, ma forse alla fine qualcosa sarebbe stato commestibile.
Da quello che aveva capito, quando si aveva fame si mangiava e se era sera si parlava di cena.
La fame era un bisogno impellente dell’uomo.
Stava imparando molte cose.
- Secondo me è giusto che tu sappia cosa sei, ma è ancora più giusto che tu sia spontaneo nel vivere, così che tu possa diventare un autentico te stesso, senza nessuna influenza! -
- Tu non mi influenzi addestrandomi come uomo e come agente? - Daisy odiava l’intelligenza innata di Grant Ward e la irritava non per le domande azzeccate che la mettevano in difficoltà, bensì per il fatto che quell’intelligenza innata Ward l’avesse a suo tempo messa a disposizione del male.
“Quanto posso credere che sia stato plagiato sul serio? Quanto ci cambiano le persone che incontriamo?”
Poi realizzò che la risposta la sapeva molto bene.
“Coulson mi ha cambiato radicalmente. Se non fosse per lui non solo non mi sarei mai risvegliata come inumana, ma non avrei mai salvato tutta la gente che ho salvato. Certo, non avrei nemmeno fatto tutto il male che ho fatto quando non ero in me. Però devo dire che il bene che ho fatto supera il male. Se non fosse per lui ora sarei solo un hacker che cerca di fare qualche inutile rivoluzione senza ottenere nulla. Forse sarei anche in prigione!”
- Cercherò più che altro di tirare fuori la tua reale natura e farti usare al meglio ogni tua dote e tutto il tuo potenziale, perché è una cosa che tutti dovrebbero poter fare, da soli o aiutati da qualcuno. È successo a me e sono contenta che mi sia capitato. -
- Tu lo fai con me perché te lo hanno ordinato. - Daisy sollevò seccata lo sguardo chiudendo il fornello della griglia su cui aveva cotto le due fettine di carne di manzo e sbuffò.
- Certo, però a prescindere da tutto è giusto che tutti abbiano questa opportunità. Io ti offro questo! Perché... perché invece di polemizzare su tutto non accetti il fatto che ti aiuterò e che sono una brava persona? -
- Come si determina il bravo dal non bravo? - Daisy scrollò le spalle esasperata e seccata mise nei piatti e li posò a tavola insieme all’insalata, con gesti bruschi ed aria davvero scocciata.
- Andiamo per gradi, ti va? - Grant capì che aveva esagerato anche se non capiva in cosa, così si zittì e la fissò per capire come si mangiava quel pezzo marrone che aveva un gran buon profumo e gli stuzzicava effettivamente l’appetito.
La vide tagliarla a pazzi e mangiarla vorace, così pensò che si mangiasse così e la imitò, vedendolo lei scoppiò a ridere cambiando subito modalità.
- Mangia con calma, te la gusterai meglio! Non devi imitarmi, non sono un grande esempio nel quotidiano! Se... se pensi che sia così che si cucina ti sbagli! Io... davvero sono la più sbagliata, in effetti, per questo... -
- Per cosa? -
- Per insegnare come si vive! - Lui fece un sorrisino spontaneo a questa sua ammissione buffa.
- È davvero così difficile? - Lei rise di gusto.
- Vivere no, insegnare credimi... non è una passeggiata! - Era strano avere a che fare con lui come se non fosse lui, nella sua mente le cose si stavano sovrapponendo e confondendo, ma al tempo stesso cominciava a distinguere i due Grant Ward come due esseri distinti.
“Ed in realtà è proprio così... sono due persone diverse. Ma non so come dovrei prenderla io a livello personale, come dovrei viverla... dopotutto quando lo credevo buono lo amavo molto. Poi quando mi ha tradito l’ho odiato, sempre molto. Ora dopo il Framework non dico che l’ho perdonato, ma ho sviluppato questo rimpianto che non pensavo di avere. Il rimpianto che nessuno ha potuto salvarlo, che se qualcuno l’avesse fatto sarebbe diventato il mio uomo, era destinato a me. Chi lo sa...”
Decise di smettere di parlare di quelle cose e passò ad altro, come a spiegargli questioni su come funzionava attualmente il mondo in senso lato, chi era lo Shield e cosa faceva. Parlò anche della squadra e si guardò bene dal nominare il vecchio Grant Ward. Di cose da raccontargli, dopotutto, ne aveva trovate eccome, del resto non era una che rimaneva facilmente senza parole.