*Ecco qua un altro capitolo. Daisy e Grant escono di casa la prima mattina insieme, più passano il tempo insieme e più si creano confusioni di varia natura per entrambi. Abbiamo approfondito principalmente Daisy fino ad ora, ma cosa prova Grant nell'essere un esperimento nato in laboratorio sulla base di un altro vissuto prima di lui che ha fatto non pochi danni a chi gli sta intorno? E soprattutto cosa significa essere umani a tutti gli effetti per uno che non ha potuto crescere e svilupparsi da piccolo in modo normale? Ci sono complicati intrecci per entrambi nei loro ragionamenti perchè Grant è lui ma al tempo stesso non lo è. Buona lettura. Baci Akane*

5. ESSERE E NON ESSERE



"Le luci calano, è buio
La giungla è la tua testa
Non può comandare il tuo cuore
Un sentimento è molto più forte di
Un concetto
I tuoi occhi sono spalancati
E in ogni caso la tua anima
Non può essere comprata
La tua mente può vagare"
- Vertigo - U2 -

- Sì, dunque, innanzitutto biancheria intima! Ci serve un bel pacco di boxer, calzini e canotte. - Esordì Daisy alla commessa del negozio sperando di potersi sbrigare.
- Che taglia? - Daisy lo guardò nel panico.
- Che taglia porterai? - Grant si strinse con la sua nuova tipica aria da cucciolo.
- Non sapete che taglia porta? - Chiese perplessa la commessa.
- Beh sa lui è... - Stava per dire ‘appena nato’, ma si mangiò la lingua per fortuna e tagliò corto. - Noi due non siamo una coppia, sono solo una guida, non ho idea di che taglia porti e lui probabilmente è un principino che è sempre stato vestito da qualcuno, lo guardi! Ha mica l’aria di uno che sa cavarsela da solo? Secondo lei che taglia porta? - La donna divertita dalla spiegazione stravagante di Daisy guardò Grant con occhio esperto e poi propose:
- Porterò un po’ di cose in camerino e lui proverà. - Daisy così si accese.
- Ottimo! Allora portiamo anche il resto! - La donna la guardò senza capire.
- Il resto? -
- Sì ha bisogno di tutto! Pantaloni, maglie, camice, tutto insomma! E tanto! Avete scarpe? Anche quelle! - Daisy poi spinse spigliata Grant verso il camerino. - Tesoro, entra lì dentro e spogliati! Ti portiamo un po’ di roba da indossare! - Grant rimase sul ‘tesoro’ tanto quanto la commessa, ma eseguì l’ordine e si infilò dove lei gli aveva ordinato.
- Pensavo non foste una coppia... - Daisy annuì decisa.
- Infatti non lo siamo! -

L’ora successiva Grant la passò a provare di tutto, la parte più problematica furono i boxer, i primi decisamente troppo stretti.
- Allora? Come ti stanno? - Chiese Daisy impaziente da fuori.
- Ecco, non saprei... - Daisy per non perdere tempo guardò e i suoi occhi rimasero incollati alle sue parti basse che praticamente uscivano quasi dai decisamente troppo stretti boxer. Spalancò spontanea la bocca e le luccicarono gli occhi.
- No io... direi piccoli, no? - Grant provò per la prima volta l’imbarazzo e non perché credeva di essere ridicolo, ma per come lei l’aveva guardato. Non era piacevole, ma non era nemmeno brutto. Era solo strano.
Inebriato da questa strana sensazione, cercò di capire se lei lo fissava così perché lo apprezzava o lo trovava ridicolo.
“Prima in bagno ha detto che le piaccio, credo che si tratti di questo... le piaccio ma le ricordo una persona che le ha fatto del male. È un bel dilemma, come faccio a piacerle?”
Se lo chiedeva anche lei ovviamente, ma non potendo trovare risposta si limitò a prendere gusto nel guardare come gli stavano i vestiti.
Ben presto trovarono la taglia giusta, i boxer successivi erano perfetti, né stretti né larghi, calzavano come una seconda pelle ed erano in una favolosa microfibra che mostravano praticamente tutto.
- Beh, direi meraviglioso. Ehm, volevo dire perfetto! Abbiamo trovato la tua taglia! - Disse turbata e trionfante. Grant fece un sorrisino soddisfatto.
“Ok, le piaccio. Deve essere così! Non le brillerebbero così gli occhi! Ieri era sofferente, ha pianto addirittura, era turbata. Anche ora lo è, ma si capisce che per lo meno quando mi guarda nudo, le piaccio.” E di questo ne era stranamente felice, euforico addirittura. “Che bella sensazione!” Si disse ritrovandosi con un sacco di jeans e pantaloni di vario genere da provare.
- Tu... tutti? - chiese perplesso sbucando dal camerino dove Daisy si era preoccupata di rifilargli tutta quella roba. Lei sorridendo felice come una bambina annuì.
In qualche modo le stava piacendo fargli fare da modello e fare shopping con lui, di solito alle donne piaceva prendere cose per loro, ma evidentemente talvolta avere un modello del genere da vestire poteva essere altrettanto soddisfacente.
Per lo meno era felice, ne era sempre più convinto. Piano piano si abituava a lui, stava funzionando bene, ora. Non si sentiva come un impostore, una cosa oscena, un intruso, qualcuno che non doveva esistere.
Ai primi jeans che gli calzarono a pennello evidenziando perfettamente il fondoschiena sodo e le cosce muscolose, Daisy gli fece abbinare un maglioncino morbido ma non largo, molto caldo. Lui si strinse nelle spalle sentendo la morbidezza di quel materiale e sorrise stranito.
Gli piaceva il cachemire.
- E a chi non piace il cachemire? - rispose lei ironica quando lui le disse che gli piaceva quella stoffa.
- Ok, possiamo prendere tutti modelli simili, ora che sappiamo che questi mi stanno... - Tentò Grant sperando di concludere prima quella tortura. Lei si mise a ridere e si avventò su di lui obbligandolo ad alzare le braccia, lui eseguì senza ribattere e lei gli infilò una cintura allacciandogliela.
- Io questa non riuscirò mai a togliermela, e se devo correre a fare i bisogni? - Daisy rise maliziosa.
- Oh, ti insegno tutto io, non preoccuparti! - Ad un tratto essere un insegnante aveva i suoi vantaggi, Grant si ritrovò totalmente fuori rotta, Daisy stava cambiando personalità. Da concentrata nel controllarsi a ciclone spontaneo senza controllo.
- Adesso... - Disse Daisy infilatasi dentro il camerino mentre gli riapriva la cintura aumentando i contatti fisici da cui prima era scappata. Lui rimase con le braccia lungo i fianchi a fissarla perplesso.
- Vuoi anche spogliarmi tu per fare prima? - Daisy sentendolo si fermò e lo guardò shoccata.
- Cazzo impari davvero in fretta! Quella era ironia, vero? Si vede che c’è una base solida su cui lavorare, hai un sacco di cose innate! Ma è vero che non sapevi come si usava un water? - Lui sollevò gli occhi al cielo esasperato da quell’argomento su cui lei tornava di continuo, non capiva che problema ci fosse ma gli faceva capire che non doveva essere edificante non saper usare un water!
- Ok, scusa... sei anche permaloso come l’originale! - Grant subì una stilettata che non capì subito, quando lo lasciò solo ordinandogli di spogliarsi e provare il resto, lui provò a capire.
- Al vero Grant non piacevano le perdite di tempo, per lui fare shopping era un’assurdità. Penso si vestisse in serie! Prendeva pacchi di roba uguale che nemmeno provava probabilmente. - Continuava Daisy da fuori, quando lui sentì questo capì di cosa si trattava e tirando fuori la mano l’afferrò per il braccio e la trascinò dentro a forza, poi con sguardo ferito e contrariato esordì bloccandola contro lo specchio senza però usare la forza ed il suo corpo. Fra l’altro solo con dei boxer.
- Non sono quello là, ok? Io... penso che questo mi ferisca, sì... credo che questo sia dispiacere, dolore, non so definirlo ma è una brutta sensazione quando mi paragoni a lui in qualche modo e... ed io non so... non sono lui, chiaro? Lui ti ha ferito, giusto? Io non sono lui! Io sono io! Ho il suo corpo, i suoi geni e le sue capacità, ma non sono lui, l’hai detto tu! Perché continui a fare paragoni fra me e lui? - Daisy rimase spiazzata da quella presa di posizione immediata e dalla chiarezza con cui sentiva le proprie emozioni. Era molto più umano di Ward, non ci pioveva proprio!
Grant si accorse che lei lo guardava di nuovo in quel modo, quel modo che sembrava divorarlo, imbarazzata, contrariata e al tempo stesso eccitata e provò cose simili.
Erano brividi quelli che l’attraversavano. Istintivamente gli piaceva, istintivamente si fidava di lei ed istintivamente voleva farla felice e proteggerla. Il resto non lo sapeva.
Si mosse con mezzo passo all’indietro per lasciarla respirare, notando che tratteneva il fiato e non si era mossa, rimasta con le braccia larghe. Alzò le mani in segno di scusa.
- Non volevo essere aggressivo. - Lei rise.
- Quello non era aggressivo! Comunque apprezzo la chiarezza, hai fatto bene a dirmi cosa ti turba. Voglio che lo fai sempre. Non lo faccio intenzionalmente, è che per me è sconvolgente fare quello che faccio con te. Devo solo abituarmi. Capisco perfettamente che tu non sei lui, credimi. Ma il tuo aspetto mi... è come se mi rendesse schizofrenica! Non è facile. Ma scusa, non... cercherò di non pensare ad alta voce. - Lui annuì e sorrise con un misto di aria di scuse e di gratitudine, poi prese i pantaloni diversi dai jeans appesi dietro la testa di Daisy e li indossò con lei dentro a guardare ogni sua mossa, ogni muscolo che si muoveva mentre lui sollevava un arto e si vestiva.
Il suo cuore in gola e quel desiderio completamente contrastante.
- Tu mi ripeti che sono vivo, sono una persona a tutti gli effetti e devo fare quello che voglio... - Disse poi lui mentre cercava di capire come si metteva quella specie di maglia aperta sul davanti. Lei si mise a ridere prendendola dalle sue mani e gliela fece indossare nel modo giusto, poi si occupò dei bottoni che gli allacciò tornando ad avvicinarsi, mostrando che non aveva paura o timore, che piano piano lo stava superando.
- Sì... è vero... -
- E cosa succede se io voglio fare qualcosa che è... diciamo fuori copione? - Daisy si aggrottò rimanendo concentrata sui bottoni, mentre lui invece fissava insistentemente occhi centimetro del suo viso di nuovo così meravigliosamente vicino.
- Del tipo che non vuoi essere un agente? - Lui scosse il capo, poi alzò le spalle.
- Anche... se non mi va di fare quello per cui sono stato... beh, creato? - Lei alzò le spalle seria.
- Sono sicura che ti piacerà, ce l’hai nel sangue, non è possibile il contrario! - Lei sembrava molto sicura e per lui non era un problema fare l’agente se era quella la sua vocazione.
Quello che lo turbava erano quegli istinti profondi che provava quando la sfiorava, quando lei lo toccava, quando l’aria fra loro si riduceva in quel modo.
Istinti che non capiva come gestire e dove lo potevano portare, ma che quando ieri sera li aveva seguiti, lei lo aveva fermato.
- E se voglio fare qualcosa che penso non ti piacerebbe o che non sono sicuro vada bene? - Daisy finì di allacciare gli ultimi bottoni e gli prese i polsini allacciando anche quelli, a quel punto lo guardò negli occhi.
- Di cosa si tratta? Devi provare tutto quel che senti di voler fare, a meno che non si tratti di rivelare chi sei davvero o fare del male in qualche modo a qualcuno... - Lui le prese il viso fra le mani togliendole il fiato, lo fece con fermezza e delicatezza al tempo stesso.
- Per esempio se volessi avvicinarmi ancora di più a te, toccarti di più? - non sapeva cosa c’era di più di quei tocchi, di quelle carezze, ma sapeva che doveva esserci qualcosa, il proprio corpo non mentiva. Ogni volta che la toccava si sentiva reagire nel profondo.
Daisy tratteneva il fiato e serrò le labbra.
- Quello che senti è l’istinto tipico maschile davanti ad una bella donna. Io ti piaccio in quanto donna, non in quanto io. Non sono io! Proverai questo desiderio con ogni bella donna, a volte avrai più voglie di altre. Siccome sei un uomo e non un bambino, questi istinti sono quasi primari per voi ed è normale, ma non... -
- Istinti? - Chiese lui confuso senza lasciarla, lei aveva le braccia lungo i fianchi.
- Istinti sessuali. Baci, abbracci, carezze, sesso. - Spiegò col cuore e la voglia alle stelle. Per lei era diverso, sentiva un enorme desiderio ma perché quello era un uomo che aveva fortemente desiderato a suo tempo ed ora che lui sembrava esattamente come lei aveva sempre sognato che fosse, trattenersi non era facile.
Era una situazione complessa. Molto complessa. Troppo per cedere precipitosamente, per togliersi qualche assurdo sfizio.
- Ma non si tratta di me, si tratta del fatto che sono una donna attraente. È diverso. - Lui non ne era convinto, ma dal fatto che lei non ricambiasse il suo tocco capì che non poteva andare oltre. Non sapeva nemmeno come andarci, perciò si fermò capendo che era meglio così.
Lei sorrise grata per quel gesto iniziando a fidarsi sempre più, gli aprì i bottoni dei pantaloni e lui si tese spalancando gli occhi mentre il calore tornava a partire prepotente proprio dalle parti basse.
- Che... che fai? - Lei ridacchiò.
- Stai a cuccia tigre... ti sistemo la camicia! - Così dicendo gliela mise sotto i pantaloni ammiccando, quando glieli richiuse e lo lasciò uscendo dal camerino dentro cui erano rimasti per tutto quel tempo, per guardarlo bene da lontano, Grant sentì l’elettricità interrompersi, ma qualcosa in lui era rimasto. Una voglia insoddisfatta sempre più grande e chiara. Non sapeva se aveva ragione lei e si trattava solo di ‘istinti sessuali maschili normali’, ma era felice se lei sorrideva per lui o se lei lo toccava in qualche modo. Il resto era nebuloso, ma visto che gli aveva detto di seguire la sua volontà in modo naturale, non poteva che seguire lei.

Fu la più grande tortura della sua breve vita e non era nemmeno sicuro che quando la gente gli diceva che profumava di fragola fosse un complimento, non capiva cosa ci fosse di male nel profumare di fragola.
C’erano come delle reminiscenze, cose che sapeva fare perché sì e si ritrovava a farle nel momento in cui serviva, mentre altre no, non gli dicevano niente.
Pensò che siccome era il primo prototipo, non avessero fatto un lavoro perfetto ed accettò il fatto di non saper fare certe cose, non era un grosso problema in realtà visto che aveva una guida così in gamba.
Dopo la tortura vestiti che lasciarono in macchina, si fermarono ad una caffetteria vicino al lavoro. Grant fissava tutti quelli che incontrava per capire tutto quello che poteva, affamato di conoscenza e di sensazioni.
Quando aveva parlato con quella commessa non aveva provato nulla, ma lì dentro quel profumo di cibo lo allietava.
Ogni cosa che toccava, assaggiava od odorava gli trasmetteva qualcosa di bello o brutto, a volte indifferente, ma provava, provava sempre molte cose ed era bello. Una continua scoperta.
Eppure quello che provava quando Daisy lo sfiorava o toccava, non la provava con nessuna.
Quando la cameriera portò loro il caffè, lui la trattenne per un braccio seguendo un impulso per provare la teoria di Daisy.
La riteneva una bella ragazza, doveva esserlo visto come era ben sistemata, una pettinatura alla moda, viso truccato, delle belle curve in una divisa poco severa ed uno splendido sorriso. Sicuramente una bella donna, come bella riteneva lo fosse la commessa del negozio di vestiti.
La ragazza si fermò sorpresa e gli chiese cosa gli servisse, lui sentì l’istinto di sorridere ma non di fare altro. Dentro di sé fu tutto regolare. Provò ulteriormente a carezzarle la guancia con le nocche, lei si incantò come se si perdesse e Daisy inarcò le sopracciglia incredula di quel che stava vedendo.
Infastidita, addirittura.
- Scusi, aveva qualcosa sulla guancia... - Rispose prontamente inventandosi qualcosa. Non aveva idea di che cosa aveva appena fatto, l’aveva solo fatto.
Istinto primordiale.
Daisy rimase shoccata e senza parole i modi del vero Ward erano tutti lì.
Lei se ne andò sognante ringraziandolo e si toccò la guancia per tutto il giorno.
- Hai... hai appena flirtato con una donna! - Esclamò Daisy soffermandosi sull’apparenza. Lui la guardò poco convinto.
- Davvero? Io credevo di aver fatto una prova, concluso il test ho trovato una scappatoia. -
- Ma non aveva niente nella guancia! - Insistette Daisy. - Volevi toccarla! Ti piacciono le donne, il tuo corpo di uomo adulto pieno di testosterone vuole sfogare gli istinti, ti troveremo una donna esperta con cui sfogarli. - Grant voleva approfondire quell’aspetto, ma si concentrò sul resto, era più importante puntualizzare una cosa:
- Io volevo capire se quel che hai detto era vero. Se mi piacciono tutte le donne, se per tutte le belle donne io voglio fare come voglio fare con te. - Daisy si dimenticò di nuovo di chiudere la bocca e la tenne aperta, sempre più shoccata.
- E? -
- E non è come dici tu. Non mi importava niente di toccare quella donna! Non ho provato nulla! Però ha una pelle liscia ed un buon profumo e ritengo che quegli occhi azzurri siano affascinanti, non trovi? - Daisy raddrizzò la mascella e si riscosse mentre dentro di sé era un misto di compiacimento e fastidio che non nascose per nulla bene, lui li notò ma non seppe tradurli bene. - Ho detto qualcosa di inappropriato? Hai detto di dire solo a te tutto quel che penso. - Daisy annuì e provò a tornare professionale. Non era brava a fare la referente.
- Sì sì certo! È tutto ok, fai bene a dirmelo. Beh, dei test innocenti sono più che giusti. Hai... - Poi se ne rese conto col secondo treno. - Hai inventato una bugia per tirarti fuori da un casino! Ti eri messo in un potenziale guaio. Un piccolo guaio, ma pur sempre guaio. Ed hai istintivamente inventato un sotterfugio, hai detto una cosa non vera per salvarti. Hai capito che non potevi dire che stavi provando a toccare una donna per vedere cosa succede, e... -
- Certo, mi hai detto di non rivelare a nessuno chi sono, così dovevo inventare qualcosa. Mi è venuto spontaneo... - Daisy pensò di nuovo che i suoi geni non mentivano, in qualche modo lui era effettivamente Ward, ma senza il suo vissuto, il dolore causato e... beh, anche quello provato, in effetti.
“Se solo nessuno l’avesse trasformato in uno psicopatico...” Pensò lei. Lui le sorrise vedendola pensierosa e di nuovo turbata nei suoi pensieri.
- Ho fatto bene? - Chiese.
- Sì, sì... è esattamente così che si deve fare... è tutto ok, non preoccuparti. Sei dotato. Hai molte qualità, alcune non le conosco nemmeno io. Le scopriremo insieme! - Evitò con cura di catalizzare l’attenzione sul piccolo dettaglio che lui non provava gli stessi istinti per le altre. - Sarà interessante vedere come reagirai a May! - Lui così si fece attento.
- Perché? - Daisy stava per dirgli che con lei aveva avuto una relazione sessuale precedentemente, ma si corresse e scosse la testa con un sorrisino divertito.
- Te lo spiego dopo, non posso dirtelo prima altrimenti che test sarebbe? - Lei odiava mentire invece, perciò decise che non avrebbe omesso o raggirato nessuno. Magari avrebbe rivelato le cose giuste al momento giusto cercando di non ferire nessuno, ma non voleva omettere per sempre.
“Era una situazione circoscritta a quel che hanno vissuto loro due, uno scambio fisico di sfoghi, niente di chimico od emotivo. Credo che in qualche modo lui provasse qualcosa per me, qualcosa che somigliava all’amore, anche se non penso che compromesso come era potesse provare davvero qualcosa ormai. Però può essere che quel qualcosa a livello sessuale scatti ancora.” Ed evitò con cura di dirsi che era felice che non provasse istinti sessuali verso tutte ma che per ora fosse solo verso di lei.
“È presto per innamorarsi, che ne sa un neonato dell’amore? Vive emozioni da adulto a tutti gli effetti, ma non lo è completamente. Certi sentimenti sono troppo complessi per essere provati in modo così semplice. Sono la prima persona gentile e gradevole che ha incontrato, lo sto guidando, istruendo, aiutando. E cerco di non trattarlo come una cavia, un esperimento. Anche se sono sincera con lui e credo apprezzi questo. Chissà cosa prova nel sapere di non essere un umano come gli altri, di essere nato in un altro modo, di essere stato creato per uno scopo. Mi chiedo se essere agente mentre conosce la gentilezza, non sia più quel che vuole fare di natura. Lui è stato plagiato per esserlo, ma... ma ora io non voglio plagiarlo.”
Lui non era Ward, ma al tempo stesso lo era. Districarsi da quella situazione psicologica probabilmente sarebbe stato impossibile.