*Ecco un altro capitolo. Daisy e Grant arrivano allo Shield ed è ora di mostrare il nuovo Grant alla squadra. Le argomentazioni di Daisy sono legittime e derivano dal suo costante pensarci: una persona è tale per le proprie scelte e le proprie esperienze, se uno non ha ancora scelto e vissuto nulla, non è tecnicamente nessuno, perciò merita un'occasione. Bisogna solo vedere se la vedranno come lei. Buona lettura. Baci Akane*

6. NESSUNO È UNICO EPPURE SÌ




"Come siamo arrivati qui? Quando pensavo di conoscerti così bene  Come siamo arrivati qui? Beh, penso di saperlo La verità si nasconde nei tuoi occhi Ed è in attesa sulla tua lingua Ribolle nel mio sangue, Ma tu pensi che io non riesca a vedere Che tipo di uomo sei,  se sei un uomo davvero Beh, questo lo scoprirò da sola"
/Decode - Paramore/


- È stato bello fare la doccia. - Disse Grant mentre erano in macchina e ripensava alle cose fatte da quando era ‘nato’. Daisy lo guardò stupita senza capire cosa c’entrasse ora quello.
- Sì? - Lui annuì pensieroso.
- E mi piacciono le cose dolci, quando mi hai fatto assaggiare quella torta... wow! - Daisy sorrise divertita.
- Cos’altro ti piace? -
- La televisione la trovo noiosa, ma è piuttosto appagante cucinare! -
Daisy non riusciva a far collimare l’immagine del Grant Ward che aveva lei con quella che stava avendo ora, una persona normale che gli piacevano le torte e cucinare.
- E il profumo che hai addosso? - Chiese lei divertita dal fatto che tutti lo ritenessero strano perché profumava di fragola, uno virile come lui.
- A te piace? - Chiese lui di rimando. Lei sgranò gli occhi fissando la strada.
- A me sì, sono i prodotti che uso io! -
- Allora mi sta bene! - Daisy alzò subito bacchettona il dito.
- Eh no caro, questa non è una risposta! A te piace il tuo profumo? - Insistette.
- Non è male, ma non capisco come mai tutti sorridono quando dicono ‘fragola?’ - Daisy scoppiò a ridere, si stava divertendo molto, capiva che si stava vendicando con la persona sbagliata, ma non le rimaneva che quello!
A lui piacqua la sua risata e rimase ad osservarla.
- Perché la fragola è un profumo dolce, i profumi dolci sono da donna, ma siccome io non ho niente da uomo... - Grant fece una specie di broncio perché non capiva bene.
- E che male c’è nell’avere qualcosa da donna? - Daisy continuò ridendo.
- Niente, assolutamente niente, ma ci sono le convenzioni sociali. Ovvero convinzioni su determinate cose, come che gli uomini devono essere virili o non sono uomini e sei virile se usi profumi da uomo, indossi colori scuri, comunque non rosa, viola o fucsia e se... beh, insomma, se si comportano in determinati modi. Sai... tipo rudi, da stronzi! Un uomo che va con tante donne è virile, una donna è una puttana! Ecco cosa sono le convenzioni sociali! Delle grandi stronzate! Ti piace la fragola? Usa la fragola! -
Grant si era perso nel suo vortice di parole che lo confuse.
- Beh non so non ho provato altri... -
- Ti ho preso dei bagnoschiuma e shampoo normali al pino selvatico, di solito vi piace. -
- E a te? -
- In un uomo è un profumo che adoro! -
- Quindi a te il profumo di fragola addosso a me non ti piace? - Lei ridacchiò ammettendolo:
- Non ti si addice. Però onestamente non avevo altro. - Grant annuì.
- Proverò il pino selvatico. - Lei fece un sorrisino, era sempre più strana quella situazione e lo era ancora di più che le piacesse istruirlo.
- ‘Le donne sono puttane’ cosa significa? - Tornò poi Grant sull’altra parte che non aveva capito, Daisy ormai era arrivata perché la sede dello Shield non era lontana dal bar dove erano stati.
- Le donne non sono puttane! Le puttane è un termine volgare e dispregiativo per chiamare le prostituite. È un lavoro. Chi vende il proprio corpo per sesso. A volte non hai scelta e devi farlo, magari ti obbligano o sei per strada e nei guai ed hai bisogno di soldi e lo fai. Non vanno giudicate. E se lo fanno per scelta ancora meglio. Il punto è che il mondo disprezza le prostitute e dire che una donna che ha tanti uomini è puttana equivale ad insultarla. Ma se un uomo ha tante donne beh è solo un uomo! La società ha le sue idee e magari a volte sono ok, ma spesso sono sbagliate. Voglio che ti fai un’idea tua di tutto, che non vada dietro a niente e nessuno, né alla massa, né a me, né ai capi supremi di questo posto! -
Grant rimase ad ascoltarla assorto ed attento, bevendo tutte le parole che sparava al secondo, ed erano tante.
Annuì un po’ stordito, poi guardò fuori dal finestrino per capire dove erano e riconobbe il posto di ieri, anche se alla luce del giorno era diverso.
Un enorme stemma dello Shield primeggiava in centro all’edificio che non era coperto e nascosto perché ormai era un’agenzia apprezzata oltre che riconosciuta.
Dopo la trasparenza dimostrata e la condivisione dei dettagli dell’ultima emergenza, la gente aveva capito che erano l’unico parafulmine per l’umanità. Gli Avengers facevano un ottimo lavoro, ma non si poteva pensare che bastassero anche perché spesso venivano impiegati solo per emergenze estremamente gravi. Per il resto lo Shield era la sola cosa che li proteggeva nel quotidiano.
Grant si oscurò vedendosi di nuovo lì, lei gli prese istintivamente la mano.
- Non sono qua per consegnarti a loro. Sei qua per l’addestramento. Andrà tutto bene. -
- E se dovesse andare storto? Se qualcosa in me non funzionasse come vogliono loro, se l’esperimento fallisce? Che ne sarà di me? - Chiese lui preoccupato e cupo stringendo istintivamente e con piacere la sua mano. Lei sorrise incoraggiante e tranquilla.
- Niente, non succederà niente, lavoreranno meglio sul prossimo prototipo probabilmente. Ormai tu sei un essere umano a tutti gli effetti, non una macchina da disattivare, e sono un organo governativo sotto il telescopio mondiale. Tutti guardano ogni loro mossa. E poi io non permetterei mai che ti facciano alcun male. Tu non hai colpe. -
- Anche se sono come quel Grant che dicevi? - Lei si incupì un momento e cercò di ritrarre la mano ricordandoselo. Quando se ne dimenticava per qualche ragione, ecco che lui glielo ricordava. Lui trattenne la sua mano.
- Non sei lui. Hai il suo aspetto e le sue capacità e personalità, ma tu sei tu. Le scelte che farai da ora determineranno chi sei. Tu non sei lui, sei fatto su di lui, ma non sei lui, chiaro? Oggi qualcuno non capirà bene questo e ti tratterà male e con ostilità, ma capiranno perché sono tutti molto intelligenti. Non hai colpa di nulla. Sei stato creato così. Sei diverso dagli altri, è vero, ma diverso non è brutto o sbagliato. - Grant si sentì sollevato da questo e sospirando sorrise dolcemente, più sicuro di prima e felice che lei fosse dalla sua parte.
- Io per ora mi posso fidare solo di te. -
- Perché hai conosciuto solo me... -
- Sì però sono nelle tue mani. Completamente... - Daisy leggeva il suo tormento di fondo nel sapere di non essere come gli altri, non voleva che questo gli pesasse e lo influenzasse sulla persona che doveva diventare.
Era convinta che avendo la guida giusta e gli insegnamenti giusti, Grant sarebbe diventato una splendida persona.
“Nessuno nasce cattivo. Nasci pazzo al massimo, sociopatico. Ma non cattivo!”
Stava solo da stabilire se Grant alla fine fosse sociopatico oppure solo manovrato nella maniera sbagliata.
“L’ambiente familiare in cui è cresciuto era atroce, quello che gli è capitato da piccolo era atroce, quello che gli è capitato dopo ancora di più. Un agente dell’Hydra con quelle idee malate ti inculca tutte quelle stronzate... come fai a non diventare uno stronzo anche tu? Lui non ha mai creduto a quelle cose, credeva a Garrett e poi quando lo ha perso non è passato seriamente dalla parte dell’Hydra. Si, si è alleato per vari motivi, ma è diverso. Non ha esitato a tradirli e usarli quando gli serviva. Dopo Garrett lui... è andato alla deriva alla ricerca di uno scopo, un posto. Ovunque andava faceva terra bruciata perché il modo in cui è cresciuto l’aveva compromesso irrimediabilmente. Ma ora non ha nulla, nulla di nulla. Solo le sue doti incredibili. E, probabilmente, un carattere forte, capace di una dolcezza sorprendenti. Chi lo sa...”
Ubriaca dei desideri che l’avevano fatta soffrire tanto, lo guardò sorpresa non sapendo dove stava andando e cosa stava facendo.
Capiva che era su un sentiero pericoloso, ma ritirò la mano e scese incerta dall’auto.
“Non so cosa fare, ma tanto lo farò comunque perciò è inutile pensarci!”
Grant la seguì fuori, una volta avviati a piedi verso la sede iniziò a spiegargli dettagli pratici dell’organizzazione, chi erano, cosa facevano, perché. Gli aveva già parlato un po’ della squadra e delle missioni, non gli aveva ancora detto che era un’inumana ma tutto aveva il suo tempo.
Grant assorbiva ogni informazione come se avesse fame e bisogno di sapere, trovava campo fertile.
Quando superarono i controlli all’ingresso perché lui era già stato inserito nel sistema, si ritrovarono nell’ascensore verso il piano della sua squadra.
- Non prenderla sul personale ed abbi pazienza! E lascia parlare me! Non fare niente, ok? Loro ti vedranno come il nemico che era il tuo originale, ma ricorda. Quello non sei tu, ok? -
- Perché non usare altre sembianze ma lui? -
- Devono agire su una base già esistente, su un DNA reale e non creato... - Spiegò Daisy mentre i piani salivano velocemente.
- Sì, ma perché proprio lui che è stato un vostro nemico? - Chiese paziente. Lei si strinse nelle spalle.
- È uno degli agenti più forti mai avuti sia nello Shield che nell’Hydra. Forte e dotato in assoluto. Come te ne abbiamo e abbiamo avuti pochi. -
- Se fallisco ne ricreano un altro sempre così? - Lei lo guardò spalancando gli occhi terrorizzata all’idea di dover lavorare di nuovo con un altro Ward ed anzi di avere un esercito uguale.
- Oddio un esercito di Ward! Spero di no! È grottesco ed inutile! Io... non so, spero di no! -
Non sapeva i dettagli di quella macchina usata, ma avrebbe chiesto a Fitz. Un esercito di Ward era inquietante anche per lei!
L’ascensore si fermò, le porte si aprirono e lei trattenne Grant un momento.
- Sai, l’uomo vive per essere unico ed eccezionale, è quello che tutti vogliamo, la nostra natura ci porta a questo. C’è chi diventa eccezionale aiutando gli altri e chi invece schiacciandoli. Però ciò che vogliamo è questo, perché questo ci rende felici. -
- Perciò viviamo per essere felici. - Riassunse lui con la sua innata capacità di comprensione e sintassi. Lei sorrise ed annuì.
- Però stai per dimostrare che l’unicità è stata spazzata via dalla scienza, da una tecnologia impossibile eppure... beh, reale! -
Grant non sapeva come prendere quell’informazione se non come un ‘stai attento che ti odieranno più di quel che pensi’.
- Sono un rivoluzionario? - Lei ridacchiò ed uscì per prima, lui la seguì immettendosi nel corridoio del piano.
- Una specie. I rivoluzionari ribaltano le sorti del mondo, tu... tu offri delle nuove leggi umane, diciamo. Siamo tutti rimpiazzabili! Ma cosa ci rende unici, in realtà? Cosa fa di noi... noi? - Lui si fermò per ascoltare questa risposta, il cuore improvvisamente velocissimo come se la risposta fosse essenziale. Lei prima di entrare nella sala riunioni e ricognizioni, si fermò e lo guardò dando la risposta a cui era giunta: - Le nostre memorie, i nostri vissuti, le nostre scelte passate ci rendono unici. Tu non solo non hai fatto niente perché sei nato ieri, ma non hai nemmeno i ricordi del tuo originale. Perciò no, non sei lui. Lui non era unico perché ci sei tu, ma tu sei un altro lui, non sei lui, capito? Perché non hai fatto le sue esperienze, non hai fatto le sue scelte e non hai le sue memorie ed i suoi sentimenti. Tu hai i tuoi e farai le tue scelte e determinerai te stesso e sarai unico anche tu. -
- Le mie scelte mi renderanno unico. - Lei sorrise.
- E poi tutti abbiamo dei sosia da qualche parte nel mondo, nessuno è davvero unico, pensa ai gemelli omozigoti! -
- Gemelli omozigoti? - Grant si era di nuovo perso nei suoi pensieri veloci e logorroici, ma in quello aprì la porta e invece di rispondere allargò le braccia, alzò le mani e con aria seria e decisa annunciò:
- Ragazzi, voglio che mi promettete di non muovervi, vi giuro che va tutto bene! - Ma appena lo disse tutti i presenti già arrivati si girarono e la guardarono e dopo guardarono Grant. Ed ovviamente tutte le armi vennero sollevate verso di loro.

Come da lei previsto, nessuno la prese bene, ma il primo ragionevole fu Fitz che capì quasi subito cosa era successo, May per sicurezza voleva comunque ucciderlo, ma alla fine l’aveva convinta a non farlo dicendo qualcosa del tipo ‘passaci un’ora insieme, ti accorgerai che non è decisamente lui anche se ha il suo aspetto e le sue capacità!’.
Alla fine rimasero con l’idea di testarlo a dovere sotto ogni punto di vista e solo dopo di decidere cosa fare di lui, anche se poi in realtà non avevano capacità decisionale riguardo un progetto dei loro superiori.
Per prima cosa bisognava valutare attentamente la situazione, poi avrebbero agito di conseguenza.
Il fatto che Daisy dicesse che non era il vero Ward e che lo assicurasse, giocò in favore di Grant il quale per tutto il tempo aveva avuto un irrefrenabile impulso di disarmare tutti e difendersi. Non aveva la minima idea di come farlo né di esserne capace, ma il suo corpo scalpitava e quindi capì che di cose che sapeva fare dovevano essercene molte.
Tuttavia avendo promesso a Daisy di rimanere fermo, lui era rimasto immobile con la pistola di May puntata alla tempia.

- Se fosse davvero un Ward con le sue capacità ma senza la sua corruzione sarebbe una specie di dono del destino... - Disse Daisy mentre guardava un preoccupato e perplesso Grant andare con FitzSimmons per i vari test.
Phil e May la guardarono contrariati, lei così si spiegò meglio avendo avuto più tempo per metabolizzare la questione.
- I nostri vissuti, le nostre scelte, le nostre memorie ci rendono chi siamo. Lui non ha vissuti e memorie e non ha ancora fatto scelte. È una lavagna vuota e noi la dobbiamo riempire come fece a suo tempo Garrett con lui. Abbiamo la possibilità di creare il Ward del Framework, di correggerlo, di renderlo l’agente e l’uomo che avrebbe dovuto o potuto essere. Il potenziale di Ward lo conosciamo tutti e gli scienziati pazzi hanno ricreato tutto quello che lui era nel massimo della sua carriera, solo limitandosi a togliergli memorie ed esperienze. Se... se non ci sono intoppi di alcun tipo e tutto questo è reale e funziona sul serio... per me questo è un dono del destino! - Asserì convinta Daisy incrociando le braccia al petto. Phil mostrò tutta la sua perplessità, May non mostrò niente: era ancora dura come un robot, anche se ora era quella vera.
Mac si strinse nelle spalle.
- Beh, direi che è meglio andare passo per passo e vedere come procede. Abbiamo brutte esperienze con certi progetti ed esperimenti... - Con Mac si ragionava meglio perché non aveva avuto a che fare con l’originale Ward che li aveva traditi, l’aveva conosciuto già marcio. Phil concordò e May sbuffò andandosene.
- Andiamo passo per passo prima di definirlo dono... - Daisy fece un sorrisino e si strinse nelle spalle.
- Non chiedo altro. - Ed improvvisamente si rese conto che iniziava a tenerci.