CAPITOLO II:
IL RISVEGLIO

Le dita scarne, lunghe e nodose, si posero sulla fronte di Dean.
Il giovane, ancora steso nel letto, pareva dormisse.
Castiel in parte rimase a guardare con un'ansia familiare, nel periodo passato con lui l'aveva provata spesso.
L'uomo scavato chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e poi come se fosse una cosa che faceva ogni giorno, si abbandonò alla luce che li avvolse entrambi.
Castiel resse poiché i suoi occhi di angelo vedevano in ogni dove, ma un umano non avrebbe potuto.
Nella luce vide Dean trapassato da quell'energia scintillante, il tutto durò non più di qualche secondo.
Quando si affievolì e lentamente tutto tornò normale, Morte si scostò da Dean ancora apparentemente addormentato, poi in tutta tranquillità, senza il bisogno di vedere l'esito, si girò verso Castiel in piedi accanto a lui.
- Non grattate il muro. - Castiel ebbe solo il tempo di ringraziarlo, l'istante successivo era lì solo.
Chiunque avrebbe cercato di fermato incredulo sul suo operato, Castiel era diverso. Non aveva motivo di dubitare su una creatura sopra le parti che non mentiva mai e che per natura faceva esattamente quel che diceva.
Sapeva che Dean era a posto.
Non sapeva quando avrebbe provato il vero sollievo, in cuor suo sapeva che ora stava bene, però si sedette trattenendo il respiro in un atteggiamento tipicamente umano. Stando con Dean ne aveva imparate di cose, aveva assunto molto delle maniere tipicamente umane, ma naturalmente le viveva sempre a modo suo.
Castiel si sedette su una sedia accanto al letto valutandola una posizione migliore per vegliare su di lui, dopo di questo, congiungendo le mani, vi appoggiò la fronte sopra, mise i gomiti sulle ginocchia, si incurvò verso di lui e chiudendo gli occhi pregò.
Chi o cosa, poi, non gli era chiaro.
Non chiese nulla a nessuno, ma pregò per abitudine e natura.
Pregò che Dean si risvegliasse e che stesse bene, bene in tutti i sensi, bene per sempre.
Pregò che nulla potesse più arrivare a turbarlo. Pregò incessantemente senza alcun nome.
Forse pregò Dean stesso, lo pregò di svegliarsi, di tornare da lui. Lo pregò.
Dopo interminabili minuti di veglia, le mani di Dean si mossero, furono il primo cenno di risveglio.
Castiel, concentrato sul pregare, non lo percepì subito. Le sue energie erano ancora molto deboli.
La prima cosa che sentì, furono le sue dita che deboli si erano spostate di lato fino a raggiungere il bordo del letto e poi il suo ginocchio appoggiato proprio lì vicino.
Quel lieve tocco fece sussultare Castiel che alzò di scatto la testa, aprì le mani e lo guardò trattenendo il respiro. L'aria carica di una speranza viva, speranza che divenne sollievo e poi felicità incontaminata nel vederlo sveglio. Gli occhi aperti, l'aria affaticata, ma comunque sveglio.
Dean era di nuovo lì con lui.
Castiel non aveva mai saputo dimostrare le proprie emozioni, più che altro non era stato mai capace di gestirle. Dean gliele aveva faticosamente portate e tirate fuori, gli aveva dimostrato che anche se era un angelo, di cose da provare e vivere ne aveva.
Però non era mai stato capace di esternarle come si doveva, troppo abituato ad un continuo controllo automatico.
In certi casi però erano state così forti e così potenti da non essere stato in grado di contenerle ed aveva mostrato qualcosa.
Un'espressione sollevata e felice, pur sempre contenuta rispetto a quello che chiunque altro avrebbe dimostrato al suo posto, ma ci fu.
Dean capì che quella persona sicuramente lo conosceva e sicuramente era lì per lui, aveva vegliato su di lui e l'aveva aiutato.
Per cui si sentì istintivamente al sicuro, non provò l'istinto di proteggersi, attaccare anche solo verbalmente e scappare.
Riuscì a rilassarsi e lasciò la mano lì sul letto, poco distante da Castiel ancora col fiato sospeso, ma felice.
Questi gli prese la mano e gli infuse dell'energia con discrezione, senza luci scintillanti. Un solo semplice tocco e rivoluzionava un corpo.
Dean provò subito una sensazione fisicamente positiva, rigenerante, ma ovviamente non fu in grado di associarla a qualcosa di particolare.
Si sentì scaldare da dentro e quel calore divampare ovunque.
Chiuse gli occhi, sospirò e quando li riaprì si rese conto di stare molto meglio.
Confuso, pensò di essersi addormentato di nuovo e svegliato ore dopo.
Lo trovò sempre lì con la mano nella sua, Castiel non si era mosso, lo fissava in attesa, felice ed ansioso al tempo stesso.
Passarono alcuni secondi prima che Castiel, con la sua voce roca e bassa parlasse.
- Ehi... - Dean lo guardò ancora incerto. Stava bene, ma lui gli teneva ancora la mano e non sapeva cosa dovesse fare. Chiaramente lo conosceva, chiaramente era preoccupato per lui. Ma la confusione che albergava in lui, nonostante lo stare fisicamente bene, lo disorientava.
- Dean, come ti senti? - Chiese allora Castiel. A quello Dean si illuminò brevemente.
- E' questo il mio nome? - A questa semplice domanda, Castiel capì precisamente le parole di Morte.
Dean non avrebbe ricordato nulla. Aveva inteso dal momento della possessione in poi, in realtà si trattava di tutto.
Davvero di tutto.
Castiel impallidì per un momento, ma abituato a vivere e soffocare le proprie emozioni, anche se forti, si riprese subito e senza mostrarsi agitato e sconvolto come per un momento si era sentito, strinse la mano, sorrise debolmente ed annuì.
- Sì, ti chiami Dean... cosa... cosa ricordi? - Chiese allora. Dean non osava togliere la mano dalla sua anche se pensava dovesse essere strano. Non ne era certo. Provava sensazioni contrastanti, forti, illeggibili sul momento.
Ma se lui l'aveva salvato e vegliato, doveva come minimo avere pazienza.
Dean scosse turbato e confuso il capo.
- Niente... - Castiel indagò.
- Niente come... niente? - Non che fosse molto bravo con le indagini. Come sempre.
Dean lo guardò strano ed infatti incerto disse:
- Sì... come... niente... - Una delle classiche conversazioni dei due... che però Dean non ricordava.
- Non sai chi sei, come ti chiami, cosa facevi, cosa è successo, perchè sei qua... - A quello Castiel attaccò con tutto quello che poteva non sapere andando nel dettaglio e Dean si innervosì togliendo la mano dalla sua, si alzò a sedere e si fermò per un giramento di testa, quindi si sistemò un po' meglio sul letto e lo guardò seccato.
- Quanto lo devo ripetere? Niente come niente! - Si sentiva un perfetto idiota di suo a non ricordare nulla, ma quel tipo ci stava mettendo molto del suo.
Castiel sospirò e chiuse gli occhi. Forse era meglio così. Forse in quel modo avrebbe potuto ricominciare sul serio. Un'altra vita, completamente fuori da quella vissuta prima, dove aveva perso tutto. Amici, parenti, famiglia. Tutto.
Persino sé stesso.
Non era una storia bella da ricordare.
Aveva salvato persone, aveva dato il suo. Adesso era ora che facesse una vita vera, migliore, sicura, serena. Fuori da tutto quello che l'aveva portato a quel punto.
Castiel avrebbe dato tutta la sua grazia, se fosse servita, per cancellare ogni cosa e riportarlo alla sua famiglia, una famiglia mai rovinata dal sovrannaturale, dai demoni, dalla caccia.
Una famiglia unita e viva.
Ma sapeva che il destino non si poteva cambiare ed ora erano lì proprio per quello.
No, non posso cambiare ciò che è stato, ma posso fare in modo che la storia non si ripeta più in alcun modo. Non ci saranno più sacrifici intorno a Dean. Mai più.”
Dopo che li riaprì vide che Dean lo fissava in attesa sempre più impaziente.
- Se non parli ti uccido! - Disse spontaneo, morendo dalla curiosità.
Castiel fece un sorrisino riconoscendolo. Quello era il suo Dean, almeno questo non era cambiato.
- Cosa vuoi sapere? - Chiese raddrizzandosi nella sedia, la posizione neutra che assumeva solitamente lui.
- Intanto chi diavolo sei tu?! - Esattamente gli stessi modi di esprimersi di prima.
Castiel ci pensò. Per proteggerlo non gli avrebbe mai dovuto dire la verità su di sé, su quel che era e su quel che c'era nel mondo.
Se doveva ricominciare e tenerlo lontano da tutto, ma soprattutto non dovevano grattare il famoso muro, quello era il solo modo.
Lontano da tutto.
- Un amico. - Dean annuì.
- Sì, quello l'avevo capito... - Disse brusco. Castiel sorrise ancora per i modi alla Dean. - Volevo dire... in particolare! Come ti chiami, qual è precisamente il nostro passato, il rapporto... - Castiel inghiottì, provare a spiegare una cosa simile sarebbe stata molto più difficile del previsto, senza rivelargli i dettagli sovrannaturali della cosa.
- Sono Castiel, la nostra è una lunga storia... ci siamo incontrati per risolvere insieme un gran brutto problema che si è concluso con... te in pessime condizioni! Ti ho curato, ci hai messo molto a guarire. Ma ora eccoti qua. -
Dean annuì.
- Siamo amici? - Chiese stranito come se qualcosa non gli tornasse. Castiel piegò la testa di lato senza capire.
- Sì, perchè? -
Dean si grattò guardandosi turbato la mano, ripensò alla sensazione provata quando l'aveva presa.
- Non so, abbiamo risolto un problema di lunga durata e mi sei stato vicino per... per quanto tempo? - Castiel annuì calmo.
- Molto. Mesi. - Stando con lui aveva capito un po' a gestire le bugie a fin di bene, Dean aveva spesso raccontato delle storie false in giro per delle buone motivazioni, era ora che ci provasse anche lui.
- E per mesi mi sei stato qua a curare ed hai aspettato che mi svegliassi? Sicuro che non siamo, che ne so, amici d'infanzia, per lo meno? - Castiel non capiva il punto.
- No, siamo amici. Ci conosciamo da qualche anno, non da sempre. - Dean continuò a scrutarlo poco convinto, suo malgrado decise che ci sarebbe tornato dopo.
Non aveva fame, non se ne capacitava in effetti, se era stato in come per mesi, come poteva non avere fame e sentirsi tanto bene?
- Parlami del problema risolto. Cosa è successo? E il mio incidente? Cosa mi ha ridotto in quello stato? Sono stato in coma per mesi, hai detto? - Le domande partirono e Castiel si sentì girare la testa, suo malgrado prese un respiro profondo e si preparò una storia nella speranza che fosse convincente.
- Beh ecco... purtroppo – Poi capì che non poteva inventarsi qualcosa di diverso dalla realtà perchè non ne sapeva abbastanza di storie umane. Per cui decise di raccontargli una mezza verità evitando le cose sovrannaturali che gli avrebbero potuto ridare la memoria. - Hai perso famiglia e amici nel corso della guerra. -
- C'è stata una guerra? Eravamo in guerra? - Dean proprio non ricordava, aveva la nebbia, non sapeva nemmeno in che anno erano. Castiel si disse che quello poteva andare. Ed era una mezza verità.
- Sì, una lunga guerra nucleare che ha coinvolto molte nazioni e raso al suolo città e popolazioni intere. Noi... siamo fratelli di armi... - Castiel cercò il gergo umano che usavano i soldati in guerra e Dean parve capire.
- Per cui siamo stati nello stesso plotone, abbiamo combattuto insieme... e la guerra... la guerra ha coinvolto tutti quelli che conoscevo? Tutti? - Dean era turbato dal racconto, sentiva istintivamente che era vero perchè ci stava male, provava angoscia nell'ascoltarlo, aveva lo stomaco stretto in una morsa ed una voglia di piangere innata che non sapeva da cosa scaturisse. Non ricordava nulla, non aveva delle vere motivazioni concrete per piangere, non c'erano emozioni autentiche però provava voglia di piangere.
Castiel continuò mortificato.
- E' proprio così. Abbiamo perso tutto entrambi, sono riuscito a salvarti e a portarti qua al sicuro. Siamo molto lontani dalla guerra che comunque è finita, finalmente. Io... - Abbassò lo sguardo colpevole, la voce divenne un sussurro dispiaciuto, come di chi aveva miliardi di fantasmi che gli gravavano sulle spalle. - Sei un eroe di guerra, ma non ci sono né vinti né sconfitti. Abbiamo perso entrambi tutto ed io volevo solo aiutarti e salvarti. E poi voltare pagina, ricominciare da capo qua, dove tutto va ancora bene. - Dean inarcò le sopracciglia confuso.
- Cosa intendi con qua? Dove siamo? -
- Nuova Zelanda. - Dean ovviamente sapeva di dover essere americano, erano quelle cose innate che gli erano rimaste.
- Così lontano? -
- La guerra ci ha portati lontano e comunque scordati il mondo per come lo conoscevi prima... la mappa geografica è cambiata. - Mormorò ancora a testa bassa, si capiva quanto fosse turbato da questo e Dean non poteva mettere in dubbio quel che gli diceva, lo stava vivendo sulla pelle.
- Bombe atomiche? - Chiese sapendo che poteva intendere solo quello.
Castiel annuì.
- Non abbiamo più niente, nessuno di noi... è tutto finito, non abbiamo nulla... - Castiel pregò che funzionasse, che gli credesse e che non indagasse.
Dean si sentiva angosciato da quello che stava sapendo, per cui ci credeva. Ci credeva anche per l'espressione cupa di Castiel. Era chiaro quanto male stesse, cercava di implodere tutto in sé, di non esprimere a pieno, ma era chiaro quanto male stesse.
Annuì e si avvicinò verso di lui mettendogli una mano sulla spalla, Castiel rialzò il capo e lo guardò rendendosi conto che era il suo modo di dirgli coraggio, voltiamo pagina.
- Ehi, almeno noi ci siamo. Anche se non ho la memoria sto bene, magari mi tornerà, no? - Castiel fece un sorriso amaro.
- Credimi, è meglio se non cerchi di riaverla... dimenticare è la cosa migliore... e ti confesso che vorrei farlo anche io... - Con questo riabbassò gli occhi non potendo reggere il suo sguardo. Erano tutte cose vere, ma non complete e si sentiva sporco, però era per il suo bene. Questo l'aveva imparato da Dean.
Dean annuì capendolo, strinse la presa e gli mise anche l'altra mano sull'altra spalla, dopo aver stretto la presa lo chiamò con un 'ehi' tipicamente suo, Castiel sorpreso da questi modi tanto suoi, lo guardò speranzoso che ci fosse sempre il suo Dean, lì davanti. In un certo modo c'era. Ma quanto era il suo Dean se non si ricordava di loro, del loro specifico passato insieme, di quello che avevano fatto loro due, di cosa erano?
In quel momento capì a pieno il significato del non fargli ricordare nulla. Certo, era per un bene più grande, ma quanto male faceva privarsi di quei ricordi che li avevano legati e resi quello che erano?
Non erano solo amici, aveva capito dopo tanto stare sulla Terra che se avevano una definizione, non era certo d'amicizia. Però non aveva la minima idea di quale fosse il termine giusto, non sapeva decifrare le cose umane da solo, non era arrivato tanto in là ed ormai era solo.
Sapere sarebbe stato il suo fardello.
- Tutto bene? - Chiese Dean capendo che non poteva tormentarlo con particolari scabrosi sul trauma che entrambi avevano subito. Lui non ricordava nulla, ma Castiel sì. Vedendo la sua espressione smarrita e la sua sofferenza soffocata, capì che in un certo senso a lui gli era andata meglio... in un certo senso... se i ricordi dimenticati erano uno peggio dell'altro, se erano solo morte e sofferenza, a cosa serviva?
- Sì... andrà bene con calma... - Disse allora Castiel con un labile sorriso di cui non era bravo.
Dean fece altrettanto, il suo era meglio, meno pesi, meno ombre.
Così i due rimasero agganciati uno all'altro, vicini, con la speranza di poter ricominciare e tornare alla vita. Una vita forse più felice di prima.
A Castiel non restava che sperarlo ardentemente.


Dean non aveva voluto insistere nel sapere i dettagli della propria vita di prima, aveva visto Castiel molto provato dal racconto, per cui aveva deciso di lasciar perdere e di tornarci con calma in un secondo momento, quando l'avrebbe sentito più sereno.
Non aveva idea di che cosa avesse passato lui mentre aspettava che si risvegliasse, probabilmente così solo era stato peggio di lui occupato a combattere per farcela.
Aveva innate in sé certe conoscenze, non era come un neonato adulto. Sapeva come si facevano le cose, sapeva in generale la storia del mondo, la geografia, le cose che un adulto medio era portato a sapere.
Sapeva che per vivere si mangiava e che per mangiare o si lavorava o si andava a caccia... a quel punto, esplorando la casa in cui erano andati a vivere, si rese conto di quanto desolatamente vuota fosse.
Aveva deciso di tornare sui particolari del proprio passato e del passato del mondo che non ricordava, quando Castiel fosse stato più disposto al dialogo, cosa che al momento non sembrava essere.
Però più si guardava intorno e più si rendeva conto che qualcosa non andava.
Dopo l'ennesimo mistero, sbottò e si rivolse a Castiel che stava seduto a fare probabilmente il nulla più totale.
- Cas! Ma di cosa ti sei nutrito in questi mesi? È tutto vuoto qua... e ci sono le ragnatele, per cui è sempre stato così! - Caetiel, sentendosi chiamare alla sua vecchia maniera, lo guardò di scatto con la speranza che si ricordasse qualcosa, poi alla speranza sopraggiunse l'ansia. Era indeciso su cosa fosse meglio, che ricordasse o no? Nel caso ricordasse, sicuramente non poteva ricordare tutto o quello avrebbe significato 'grattare il muro'. Per cui magari andava bene ricordasse qualcosa, ma non tutto. Le cose meno gravi, magari? Quelle meno dolorose?
E quali erano? Castiel arrivò a chiedersi tutto questo mentre guardava Dean aggirarsi per il rifugio come un'anima in pena.
- Allora? - Poi si rese conto dello sguardo stranito di Castiel, più stranito del solito. - Che c'è? - Chiese infatti abbassando il tono.
Castiel si riscosse capendo che non l'aveva fatto apposta.
- Mi... mi hai chiamato Cas... - Disse piano. Dean inarcò impaziente le sopracciglia.
- Sì... e? - Gli sembrava poco per sorprendersi. Per quanto quella dovesse essere una faccia sorpresa!
- E lo facevi prima. Era il tuo modo personale di chiamarmi. - Dean rimase colpito, si fermò a pensarci e piegò la testa di lato non sapendo come interpretare la cosa.
- Immagino sia normale... prima o poi mi verranno spontanee le mie cose tipiche... predisposizioni, peculiarità... forse ricorderò tutto, un giorno... - Castiel rimase incerto su cosa fosse meglio e nel mentre, Dean sospirando tornò a chiedere cosa avesse mangiato.
- Andavi in paese? Qua manca tutto... persino le cose per lavarsi... -
Castiel stava per dire che a lui non serviva niente di tutto quello, ma si rese conto che se doveva preservarlo da quel lato della vita, non gli poteva dire che era un angelo e che non necessitava di mangiare e lavarsi e dormire.
In un istante si rese conto che sarebbe stato molto più duro del previsto.
- Ecco... sì, andavo in paese... chiedevo... -
Disse vago sapendo che tecnicamente servivano i soldi per comprare da mangiare. Quello nel periodo passato sulla Terra l'aveva più o meno imparato!
- Beh, immagino che non abbiamo soldi... dovremo lavorare, nel frattempo possiamo provare a procurarci cibo da soli, c'è un bosco proprio qua dietro... - Disse affacciandosi alla finestra sul retro. Dall'altra parte invece si andava verso il villaggio, un posto molto tranquillo con poche persone.
- Da soli? - Chiese incerto Castiel.
- Sì... ci sarà pur qualcosa di commestibile... qualche vegetale, degli animali... - Castiel non sapeva come si faceva, per cui decise di lasciarlo fare, ma Dean trovava ancora strano che non avesse fame, sembrava disinteressato alla cosa...
- Ma Cas... hai fame? - Castiel alzò le spalle, l'aria indifferente. Trovava la cosa sempre più difficoltosa.
- Chiedevi in paese... per cui ti conosceranno, gli hai detto chi siamo, eroi di guerra? - Castiel annuì senza immaginare che si stava scavando la fossa.
- Bene allora... andiamo a fare gli eroi insieme... l'idea di cercare cibo da solo mi sembra stupida se posso avere cibo gratis, no? - Castiel non capì la sua logica, ma prima di realizzare che in paese non lo conosceva nessuno, si stavano avviando insieme.
- Allora... che cosa facevo prima della guerra? - Chiese Dean curioso di sapere qualcosa su di sé. Castiel lo guardò confuso. - Sì se dobbiamo lavorare per procurarci le cose che ci servono, devo sapere cosa so fare! - Era anche piuttosto ovvio. Castiel guardò da un'altra parte stralunato, voleva evaporare immediatamente, lo stava mettendo sotto torchio e non sapeva proprio come uscirne senza dirgli tutta la verità. Era la prima volta che mentiva così spudoratamente a Dean.
- Allora, ti avrò sicuramente detto cosa facevo! - Castiel si allargò il colletto della camicia trovandolo soffocante.
- Non so... combattevamo e basta... - Fortunatamente non rischiava di andare all'inferno per qualche bugia!
- Ma dai, ti avrò parlato di me, di cosa mi piaceva... - Castiel a quello si illuminò come un bambino convinto d'aver trovato la soluzione.
- Ti piacevano le macchine! - Dean si illuminò a sua volta.
- Macchine? Ero un meccanico? - Chiese speranzoso. Castiel non ne aveva idea, gli disse un 'sì' di cuore sperando che quella cosa la sapesse fare e Dean si sentì euforico per la prima conquista su sé stesso, interiormente sentiva che era giusto. O che per lo meno le macchine gli piacevano.
- Che macchina avevo, te l'ho mai detto? -
- Una vecchia... - Disse Castiel non avendo idea di che modello fosse.
- Vecchia?! - Chiese Dean deluso. - Ero un meccanico, mi piacevano le macchine e ne avevo una vecchia? - Castiel si strinse nelle spalle in difficoltà... stava sudando!
- Non lo so Dean, non era recente... ci tenevi molto, però, ne parlavi sempre! - Dean provò a capire.
- Forse era d'epoca... - L'altro si strinse nelle spalle.
- Non me ne intendo... - Disse scusandosi. Dean scosse la testa.
- Non preoccuparti amico... tu cosa facevi? - Castiel si mise a tossire cercando di prendere tempo, quello era anche peggio!
Dean in attesa lo fissava per capire che problema ci fosse, perchè non ne parlasse...
- Cas? Eri disoccupato? - Castiel non aveva idea di che cosa volesse dire, però annuì sperando che fosse una cosa che andava bene.
- Quindi non lavoravi... ti sei arruolato per questo? - Annuì ancora. - Beh, perchè ti vergogni? Non c'è niente di male nel servire il paese, no? - Castiel a quel punto piegò la testa di lato scettico.
- Non la pensavi così prima... -
- Ah no? E perchè mi sono arruolato? - Castiel provò a fare come prima dicendo la verità senza andare nel dettaglio.
- Perchè era una cosa di famiglia... anche tuo padre e tuo fratello lo erano... - Dean annuì capendo, in qualche modo sentiva che erano cose vere quelle che gli diceva.
- E non mi piaceva? - Castiel sospirò sempre mantenendosi composto, per quanto potesse esserlo nel mentirgli... o comunque nel rigirarselo a quel modo!
- Non saprei, a volte ti piaceva, altre volevi fare un'altra vita... una vita normale... -
Dean abbassò lo sguardo provando ad immaginare sé stesso a che fare con l'arruolamento. Non aveva idea di come l'avesse potuta prendere.
- Forse la facevo per non deludere mio padre, ma non mi piaceva... - Castiel pensò che fosse una buona spiegazione, tutto sommato.
- Né a te né a tuo fratello. Lui però è stato proprio obbligato, mentre tu... beh, tuo padre ti ha cresciuto in quel modo... - Dean annuì ancora capendo bene quel che gli diceva.
- Ero stato un po' plagiato? -
Castiel si strinse nelle spalle.
- Penso si possa dire così. -
- E mio fratello come si chiamava? -
- Sam... -
- Sam... - Ripeté pensieroso... una sensazione familiare scaturì da dentro, a quel nome. Nostalgia e tristezza. Gli occhi gli bruciarono e gli venne una voglia smisurata di piangere. - Mi manca... - Disse sorpreso più a sé stesso che a Castiel, questi lo guardò sorpreso e spaventato al contempo. Non doveva ricordare, in realtà. Una fitta alla testa lo interruppe, si premette la mano sulla fronte e fece una smorfia, poi quando il dolore si quietò, disse: - Credo... - Disse Dean giustificandosi con un sorrisino imbarazzato. - Non lo so, provo sensazioni mentre mi dici queste cose... in certi casi reagisco in modo proprio innato... come se sapessi che è vero... - Castiel sospirò in modo misterioso, probabilmente non poteva fare nulla. Non poteva certo non dirgli nulla e nemmeno lasciarlo a sé stesso per evitarlo e non rispondere alle sue domande.
- Amavi molto la tua famiglia, per quel che mi hai detto. -
- Conoscevi Sam? - Castiel annuì con gran tristezza e Dean lo notò incuriosito. Anche lui provava la stessa cosa riguardo Sam, lo trovò in qualche modo strano.
- Era una persona fragile e forte insieme. Era con noi, però io facevo più coppia con te. Lui a volte andava per conto suo. Parlavate molto di vostro padre, morto in un'altra guerra. Lo facevate per la sua memoria. - Sperava che quel riassunto delle loro vite andasse bene e sperava non gli chiedesse altro. Di fatto non aveva mentito, non aveva specificato il tipo di guerra e battaglie. Quel genere di cose in effetti gli angeli lo facevano di continuo, manovravano la verità senza mentire, per ottenere quel che volevano.
Dean stava caricando un'altra domanda, molto turbato da quel che sentiva in merito, quando arrivarono in paese. Era anche peggio, si disse Castiel tornando a starci male.
Non poteva continuare così. Si sentiva sporco a rigirarselo a quel modo, ma poi si ricordava cosa sarebbe successo se gli avesse detto la verità e andava avanti sperando di non sbagliare.
- Bene, dove andavi di preciso? - Castiel si strinse nelle spalle con aria stralunata.
- Mah... un po' qua, un po' là... - Dean lo guardò male.
- Ehi amico... si capisce lontano un miglio che stai mentendo! - Castiel abbassò lo sguardo mortificato in modo molto spontaneo e Dean capì che c'era qualcosa che non andava.
- Mica rubavi! - Castiel pensò che anche quello era mentire, ma era meglio che cercare di convincere degli sconosciuti a dire che lo avevano aiutato quando non era per nulla così.
- Ecco io... - Non disse nulla, Dean pensò che fosse mortificato perchè era vero che rubava e non volle infierire, doveva essere stato in una brutta situazione per arrivare a fare una cosa simile.
Così gli mise una mano sulla spalla, abbassò la testa per riuscire a guardarlo in viso e con un tono brusco che voleva aiutarlo a metterci una pietra sopra e ad andare oltre, disse:
- Dai, non fa nulla... eri messo male, non sapevi come fare... - Castiel annuì.
Fare finta di essere umano era più dura del previsto.
- Adesso andiamo a procurarci il cibo in modo normale! - l'angelo inarcò le sopracciglia. - Chiedendolo! - Disse entrando in un'osteria.
Castiel sospirò sentendosi male con sé stesso. Non ne era capace, doveva trovare una soluzione, ma quale?
Non poteva lasciarlo solo e non poteva dirgli la verità. Prima o poi l'avrebbe scoperto. Sicuramente. Non era bravo in quel genere di cose!