CAPITOLO
II:
IL
RISVEGLIO
Le
dita scarne, lunghe e nodose, si posero sulla fronte di Dean.
Il
giovane, ancora steso nel letto, pareva dormisse.
Castiel
in parte rimase a guardare con un'ansia familiare, nel periodo
passato con lui l'aveva provata spesso.
L'uomo
scavato chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e poi come se
fosse una cosa che faceva ogni giorno, si abbandonò alla luce che li
avvolse entrambi.
Castiel
resse poiché i suoi occhi di angelo vedevano in ogni dove, ma un
umano non avrebbe potuto.
Nella
luce vide Dean trapassato da quell'energia scintillante, il tutto
durò non più di qualche secondo.
Quando
si affievolì e lentamente tutto tornò normale, Morte si scostò da
Dean ancora apparentemente addormentato, poi in tutta tranquillità,
senza il bisogno di vedere l'esito, si girò verso Castiel in piedi
accanto a lui.
-
Non grattate il muro. - Castiel ebbe solo il tempo di ringraziarlo,
l'istante successivo era lì solo.
Chiunque
avrebbe cercato di fermato incredulo sul suo operato, Castiel era
diverso. Non aveva motivo di dubitare su una creatura sopra le parti
che non mentiva mai e che per natura faceva esattamente quel che
diceva.
Sapeva
che Dean era a posto.
Non
sapeva quando avrebbe provato il vero sollievo, in cuor suo sapeva
che ora stava bene, però si sedette trattenendo il respiro in un
atteggiamento tipicamente umano. Stando con Dean ne aveva imparate di
cose, aveva assunto molto delle maniere tipicamente umane, ma
naturalmente le viveva sempre a modo suo.
Castiel
si sedette su una sedia accanto al letto valutandola una posizione
migliore per vegliare su di lui, dopo di questo, congiungendo le
mani, vi appoggiò la fronte sopra, mise i gomiti sulle ginocchia, si
incurvò verso di lui e chiudendo gli occhi pregò.
Chi
o cosa, poi, non gli era chiaro.
Non
chiese nulla a nessuno, ma pregò per abitudine e natura.
Pregò
che Dean si risvegliasse e che stesse bene, bene in tutti i sensi,
bene per sempre.
Pregò
che nulla potesse più arrivare a turbarlo. Pregò incessantemente
senza alcun nome.
Forse
pregò Dean stesso, lo pregò di svegliarsi, di tornare da lui. Lo
pregò.
Dopo
interminabili minuti di veglia, le mani di Dean si mossero, furono il
primo cenno di risveglio.
Castiel,
concentrato sul pregare, non lo percepì subito. Le sue energie erano
ancora molto deboli.
La
prima cosa che sentì, furono le sue dita che deboli si erano
spostate di lato fino a raggiungere il bordo del letto e poi il suo
ginocchio appoggiato proprio lì vicino.
Quel
lieve tocco fece sussultare Castiel che alzò di scatto la testa,
aprì le mani e lo guardò trattenendo il respiro. L'aria carica di
una speranza viva, speranza che divenne sollievo e poi felicità
incontaminata nel vederlo sveglio. Gli occhi aperti, l'aria
affaticata, ma comunque sveglio.
Dean
era di nuovo lì con lui.
Castiel
non aveva mai saputo dimostrare le proprie emozioni, più che altro
non era stato mai capace di gestirle. Dean gliele aveva faticosamente
portate e tirate fuori, gli aveva dimostrato che anche se era un
angelo, di cose da provare e vivere ne aveva.
Però
non era mai stato capace di esternarle come si doveva, troppo
abituato ad un continuo controllo automatico.
In
certi casi però erano state così forti e così potenti da non
essere stato in grado di contenerle ed aveva mostrato qualcosa.
Un'espressione
sollevata e felice, pur sempre contenuta rispetto a quello che
chiunque altro avrebbe dimostrato al suo posto, ma ci fu.
Dean
capì che quella persona sicuramente lo conosceva e sicuramente era
lì per lui, aveva vegliato su di lui e l'aveva aiutato.
Per
cui si sentì istintivamente al sicuro, non provò l'istinto di
proteggersi, attaccare anche solo verbalmente e scappare.
Riuscì
a rilassarsi e lasciò la mano lì sul letto, poco distante da
Castiel ancora col fiato sospeso, ma felice.
Questi
gli prese la mano e gli infuse dell'energia con discrezione, senza
luci scintillanti. Un solo semplice tocco e rivoluzionava un corpo.
Dean
provò subito una sensazione fisicamente positiva, rigenerante, ma
ovviamente non fu in grado di associarla a qualcosa di particolare.
Si
sentì scaldare da dentro e quel calore divampare ovunque.
Chiuse
gli occhi, sospirò e quando li riaprì si rese conto di stare molto
meglio.
Confuso,
pensò di essersi addormentato di nuovo e svegliato ore dopo.
Lo
trovò sempre lì con la mano nella sua, Castiel non si era mosso, lo
fissava in attesa, felice ed ansioso al tempo stesso.
Passarono
alcuni secondi prima che Castiel, con la sua voce roca e bassa
parlasse.
-
Ehi... - Dean lo guardò ancora incerto. Stava bene, ma lui gli
teneva ancora la mano e non sapeva cosa dovesse fare. Chiaramente lo
conosceva, chiaramente era preoccupato per lui. Ma la confusione che
albergava in lui, nonostante lo stare fisicamente bene, lo
disorientava.
-
Dean, come ti senti? - Chiese allora Castiel. A quello Dean si
illuminò brevemente.
-
E' questo il mio nome? - A questa semplice domanda, Castiel capì
precisamente le parole di Morte.
Dean
non avrebbe ricordato nulla. Aveva inteso dal momento della
possessione in poi, in realtà si trattava di tutto.
Davvero
di tutto.
Castiel
impallidì per un momento, ma abituato a vivere e soffocare le
proprie emozioni, anche se forti, si riprese subito e senza mostrarsi
agitato e sconvolto come per un momento si era sentito, strinse la
mano, sorrise debolmente ed annuì.
-
Sì, ti chiami Dean... cosa... cosa ricordi? - Chiese allora. Dean
non osava togliere la mano dalla sua anche se pensava dovesse essere
strano. Non ne era certo. Provava sensazioni contrastanti, forti,
illeggibili sul momento.
Ma
se lui l'aveva salvato e vegliato, doveva come minimo avere pazienza.
Dean
scosse turbato e confuso il capo.
-
Niente... - Castiel indagò.
-
Niente come... niente? - Non che fosse molto bravo con le indagini.
Come sempre.
Dean
lo guardò strano ed infatti incerto disse:
-
Sì... come... niente... - Una delle classiche conversazioni dei
due... che però Dean non ricordava.
-
Non sai chi sei, come ti chiami, cosa facevi, cosa è successo,
perchè sei qua... - A quello Castiel attaccò con tutto quello che
poteva non sapere andando nel dettaglio e Dean si innervosì
togliendo la mano dalla sua, si alzò a sedere e si fermò per un
giramento di testa, quindi si sistemò un po' meglio sul letto e lo
guardò seccato.
-
Quanto lo devo ripetere? Niente come niente! - Si sentiva un perfetto
idiota di suo a non ricordare nulla, ma quel tipo ci stava mettendo
molto del suo.
Castiel
sospirò e chiuse gli occhi. Forse era meglio così. Forse in quel
modo avrebbe potuto ricominciare sul serio. Un'altra vita,
completamente fuori da quella vissuta prima, dove aveva perso tutto.
Amici, parenti, famiglia. Tutto.
Persino
sé stesso.
Non
era una storia bella da ricordare.
Aveva
salvato persone, aveva dato il suo. Adesso era ora che facesse una
vita vera, migliore, sicura, serena. Fuori da tutto quello che
l'aveva portato a quel punto.
Castiel
avrebbe dato tutta la sua grazia, se fosse servita, per cancellare
ogni cosa e riportarlo alla sua famiglia, una famiglia mai rovinata
dal sovrannaturale, dai demoni, dalla caccia.
Una
famiglia unita e viva.
Ma
sapeva che il destino non si poteva cambiare ed ora erano lì proprio
per quello.
“No,
non posso cambiare ciò che è stato, ma posso fare in modo che la
storia non si ripeta più in alcun modo. Non ci saranno più
sacrifici intorno a Dean. Mai più.”
Dopo
che li riaprì vide che Dean lo fissava in attesa sempre più
impaziente.
-
Se non parli ti uccido! - Disse spontaneo, morendo dalla curiosità.
Castiel
fece un sorrisino riconoscendolo. Quello era il suo Dean, almeno
questo non era cambiato.
-
Cosa vuoi sapere? - Chiese raddrizzandosi nella sedia, la posizione
neutra che assumeva solitamente lui.
-
Intanto chi diavolo sei tu?! - Esattamente gli stessi modi di
esprimersi di prima.
Castiel
ci pensò. Per proteggerlo non gli avrebbe mai dovuto dire la verità
su di sé, su quel che era e su quel che c'era nel mondo.
Se
doveva ricominciare e tenerlo lontano da tutto, ma soprattutto non
dovevano grattare il famoso muro, quello era il solo modo.
Lontano
da tutto.
-
Un amico. - Dean annuì.
-
Sì, quello l'avevo capito... - Disse brusco. Castiel sorrise ancora
per i modi alla Dean. - Volevo dire... in particolare! Come ti
chiami, qual è precisamente il nostro passato, il rapporto... -
Castiel inghiottì, provare a spiegare una cosa simile sarebbe stata
molto più difficile del previsto, senza rivelargli i dettagli
sovrannaturali della cosa.
-
Sono Castiel, la nostra è una lunga storia... ci siamo incontrati
per risolvere insieme un gran brutto problema che si è concluso
con... te in pessime condizioni! Ti ho curato, ci hai messo molto a
guarire. Ma ora eccoti qua. -
Dean
annuì.
-
Siamo amici? - Chiese stranito come se qualcosa non gli tornasse.
Castiel piegò la testa di lato senza capire.
-
Sì, perchè? -
Dean
si grattò guardandosi turbato la mano, ripensò alla sensazione
provata quando l'aveva presa.
-
Non so, abbiamo risolto un problema di lunga durata e mi sei stato
vicino per... per quanto tempo? - Castiel annuì calmo.
-
Molto. Mesi. - Stando con lui aveva capito un po' a gestire le bugie
a fin di bene, Dean aveva spesso raccontato delle storie false in
giro per delle buone motivazioni, era ora che ci provasse anche lui.
-
E per mesi mi sei stato qua a curare ed hai aspettato che mi
svegliassi? Sicuro che non siamo, che ne so, amici d'infanzia, per lo
meno? - Castiel non capiva il punto.
-
No, siamo amici. Ci conosciamo da qualche anno, non da sempre. - Dean
continuò a scrutarlo poco convinto, suo malgrado decise che ci
sarebbe tornato dopo.
Non
aveva fame, non se ne capacitava in effetti, se era stato in come per
mesi, come poteva non avere fame e sentirsi tanto bene?
-
Parlami del problema risolto. Cosa è successo? E il mio incidente?
Cosa mi ha ridotto in quello stato? Sono stato in coma per mesi, hai
detto? - Le domande partirono e Castiel si sentì girare la testa,
suo malgrado prese un respiro profondo e si preparò una storia nella
speranza che fosse convincente.
-
Beh ecco... purtroppo – Poi capì che non poteva inventarsi
qualcosa di diverso dalla realtà perchè non ne sapeva abbastanza di
storie umane. Per cui decise di raccontargli una mezza verità
evitando le cose sovrannaturali che gli avrebbero potuto ridare la
memoria. - Hai perso famiglia e amici nel corso della guerra. -
-
C'è stata una guerra? Eravamo in guerra? - Dean proprio non
ricordava, aveva la nebbia, non sapeva nemmeno in che anno erano.
Castiel si disse che quello poteva andare. Ed era una mezza verità.
-
Sì, una lunga guerra nucleare che ha coinvolto molte nazioni e raso
al suolo città e popolazioni intere. Noi... siamo fratelli di
armi... - Castiel cercò il gergo umano che usavano i soldati in
guerra e Dean parve capire.
-
Per cui siamo stati nello stesso plotone, abbiamo combattuto
insieme... e la guerra... la guerra ha coinvolto tutti quelli che
conoscevo? Tutti? - Dean era turbato dal racconto, sentiva
istintivamente che era vero perchè ci stava male, provava angoscia
nell'ascoltarlo, aveva lo stomaco stretto in una morsa ed una voglia
di piangere innata che non sapeva da cosa scaturisse. Non ricordava
nulla, non aveva delle vere motivazioni concrete per piangere, non
c'erano emozioni autentiche però provava voglia di piangere.
Castiel
continuò mortificato.
-
E' proprio così. Abbiamo perso tutto entrambi, sono riuscito a
salvarti e a portarti qua al sicuro. Siamo molto lontani dalla guerra
che comunque è finita, finalmente. Io... - Abbassò lo sguardo
colpevole, la voce divenne un sussurro dispiaciuto, come di chi aveva
miliardi di fantasmi che gli gravavano sulle spalle. - Sei un eroe di
guerra, ma non ci sono né vinti né sconfitti. Abbiamo perso
entrambi tutto ed io volevo solo aiutarti e salvarti. E poi voltare
pagina, ricominciare da capo qua, dove tutto va ancora bene. - Dean
inarcò le sopracciglia confuso.
-
Cosa intendi con qua? Dove siamo? -
-
Nuova Zelanda. - Dean ovviamente sapeva di dover essere americano,
erano quelle cose innate che gli erano rimaste.
-
Così lontano? -
-
La guerra ci ha portati lontano e comunque scordati il mondo per come
lo conoscevi prima... la mappa geografica è cambiata. - Mormorò
ancora a testa bassa, si capiva quanto fosse turbato da questo e Dean
non poteva mettere in dubbio quel che gli diceva, lo stava vivendo
sulla pelle.
-
Bombe atomiche? - Chiese sapendo che poteva intendere solo quello.
Castiel
annuì.
-
Non abbiamo più niente, nessuno di noi... è tutto finito, non
abbiamo nulla... - Castiel pregò che funzionasse, che gli credesse e
che non indagasse.
Dean
si sentiva angosciato da quello che stava sapendo, per cui ci
credeva. Ci credeva anche per l'espressione cupa di Castiel. Era
chiaro quanto male stesse, cercava di implodere tutto in sé, di non
esprimere a pieno, ma era chiaro quanto male stesse.
Annuì
e si avvicinò verso di lui mettendogli una mano sulla spalla,
Castiel rialzò il capo e lo guardò rendendosi conto che era il suo
modo di dirgli coraggio, voltiamo pagina.
-
Ehi, almeno noi ci siamo. Anche se non ho la memoria sto bene, magari
mi tornerà, no? - Castiel fece un sorriso amaro.
-
Credimi, è meglio se non cerchi di riaverla... dimenticare è la
cosa migliore... e ti confesso che vorrei farlo anche io... - Con
questo riabbassò gli occhi non potendo reggere il suo sguardo. Erano
tutte cose vere, ma non complete e si sentiva sporco, però era per
il suo bene. Questo l'aveva imparato da Dean.
Dean
annuì capendolo, strinse la presa e gli mise anche l'altra mano
sull'altra spalla, dopo aver stretto la presa lo chiamò con un 'ehi'
tipicamente suo, Castiel sorpreso da questi modi tanto suoi, lo
guardò speranzoso che ci fosse sempre il suo Dean, lì davanti. In
un certo modo c'era. Ma quanto era il suo Dean se non si ricordava di
loro, del loro specifico passato insieme, di quello che avevano fatto
loro due, di cosa erano?
In
quel momento capì a pieno il significato del non fargli ricordare
nulla. Certo, era per un bene più grande, ma quanto male faceva
privarsi di quei ricordi che li avevano legati e resi quello che
erano?
Non
erano solo amici, aveva capito dopo tanto stare sulla Terra che se
avevano una definizione, non era certo d'amicizia. Però non aveva la
minima idea di quale fosse il termine giusto, non sapeva decifrare le
cose umane da solo, non era arrivato tanto in là ed ormai era solo.
Sapere
sarebbe stato il suo fardello.
-
Tutto bene? - Chiese Dean capendo che non poteva tormentarlo con
particolari scabrosi sul trauma che entrambi avevano subito. Lui non
ricordava nulla, ma Castiel sì. Vedendo la sua espressione smarrita
e la sua sofferenza soffocata, capì che in un certo senso a lui gli
era andata meglio... in un certo senso... se i ricordi dimenticati
erano uno peggio dell'altro, se erano solo morte e sofferenza, a cosa
serviva?
-
Sì... andrà bene con calma... - Disse allora Castiel con un labile
sorriso di cui non era bravo.
Dean
fece altrettanto, il suo era meglio, meno pesi, meno ombre.
Così
i due rimasero agganciati uno all'altro, vicini, con la speranza di
poter ricominciare e tornare alla vita. Una vita forse più felice di
prima.
A
Castiel non restava che sperarlo ardentemente.
Dean
non aveva voluto insistere nel sapere i dettagli della propria vita
di prima, aveva visto Castiel molto provato dal racconto, per cui
aveva deciso di lasciar perdere e di tornarci con calma in un secondo
momento, quando l'avrebbe sentito più sereno.
Non
aveva idea di che cosa avesse passato lui mentre aspettava che si
risvegliasse, probabilmente così solo era stato peggio di lui
occupato a combattere per farcela.
Aveva
innate in sé certe conoscenze, non era come un neonato adulto.
Sapeva come si facevano le cose, sapeva in generale la storia del
mondo, la geografia, le cose che un adulto medio era portato a
sapere.
Sapeva
che per vivere si mangiava e che per mangiare o si lavorava o si
andava a caccia... a quel punto, esplorando la casa in cui erano
andati a vivere, si rese conto di quanto desolatamente vuota fosse.
Aveva
deciso di tornare sui particolari del proprio passato e del passato
del mondo che non ricordava, quando Castiel fosse stato più disposto
al dialogo, cosa che al momento non sembrava essere.
Però
più si guardava intorno e più si rendeva conto che qualcosa non
andava.
Dopo
l'ennesimo mistero, sbottò e si rivolse a Castiel che stava seduto a
fare probabilmente il nulla più totale.
-
Cas! Ma di cosa ti sei nutrito in questi mesi? È tutto vuoto qua...
e ci sono le ragnatele, per cui è sempre stato così! - Caetiel,
sentendosi chiamare alla sua vecchia maniera, lo guardò di scatto
con la speranza che si ricordasse qualcosa, poi alla speranza
sopraggiunse l'ansia. Era indeciso su cosa fosse meglio, che
ricordasse o no? Nel caso ricordasse, sicuramente non poteva
ricordare tutto o quello avrebbe significato 'grattare il muro'. Per
cui magari andava bene ricordasse qualcosa, ma non tutto. Le cose
meno gravi, magari? Quelle meno dolorose?
E
quali erano? Castiel arrivò a chiedersi tutto questo mentre guardava
Dean aggirarsi per il rifugio come un'anima in pena.
-
Allora? - Poi si rese conto dello sguardo stranito di Castiel, più
stranito del solito. - Che c'è? - Chiese infatti abbassando il tono.
Castiel
si riscosse capendo che non l'aveva fatto apposta.
-
Mi... mi hai chiamato Cas... - Disse piano. Dean inarcò impaziente
le sopracciglia.
-
Sì... e? - Gli sembrava poco per sorprendersi. Per quanto quella
dovesse essere una faccia sorpresa!
-
E lo facevi prima. Era il tuo modo personale di chiamarmi. - Dean
rimase colpito, si fermò a pensarci e piegò la testa di lato non
sapendo come interpretare la cosa.
-
Immagino sia normale... prima o poi mi verranno spontanee le mie cose
tipiche... predisposizioni, peculiarità... forse ricorderò tutto,
un giorno... - Castiel rimase incerto su cosa fosse meglio e nel
mentre, Dean sospirando tornò a chiedere cosa avesse mangiato.
-
Andavi in paese? Qua manca tutto... persino le cose per lavarsi... -
Castiel
stava per dire che a lui non serviva niente di tutto quello, ma si
rese conto che se doveva preservarlo da quel lato della vita, non gli
poteva dire che era un angelo e che non necessitava di mangiare e
lavarsi e dormire.
In
un istante si rese conto che sarebbe stato molto più duro del
previsto.
-
Ecco... sì, andavo in paese... chiedevo... -
Disse
vago sapendo che tecnicamente servivano i soldi per comprare da
mangiare. Quello nel periodo passato sulla Terra l'aveva più o meno
imparato!
-
Beh, immagino che non abbiamo soldi... dovremo lavorare, nel
frattempo possiamo provare a procurarci cibo da soli, c'è un bosco
proprio qua dietro... - Disse affacciandosi alla finestra sul retro.
Dall'altra parte invece si andava verso il villaggio, un posto molto
tranquillo con poche persone.
-
Da soli? - Chiese incerto Castiel.
-
Sì... ci sarà pur qualcosa di commestibile... qualche vegetale,
degli animali... - Castiel non sapeva come si faceva, per cui decise
di lasciarlo fare, ma Dean trovava ancora strano che non avesse fame,
sembrava disinteressato alla cosa...
-
Ma Cas... hai fame? - Castiel alzò le spalle, l'aria indifferente.
Trovava la cosa sempre più difficoltosa.
-
Chiedevi in paese... per cui ti conosceranno, gli hai detto chi
siamo, eroi di guerra? - Castiel annuì senza immaginare che si stava
scavando la fossa.
-
Bene allora... andiamo a fare gli eroi insieme... l'idea di cercare
cibo da solo mi sembra stupida se posso avere cibo gratis, no? -
Castiel non capì la sua logica, ma prima di realizzare che in paese
non lo conosceva nessuno, si stavano avviando insieme.
-
Allora... che cosa facevo prima della guerra? - Chiese Dean curioso
di sapere qualcosa su di sé. Castiel lo guardò confuso. - Sì se
dobbiamo lavorare per procurarci le cose che ci servono, devo sapere
cosa so fare! - Era anche piuttosto ovvio. Castiel guardò da
un'altra parte stralunato, voleva evaporare immediatamente, lo stava
mettendo sotto torchio e non sapeva proprio come uscirne senza dirgli
tutta la verità. Era la prima volta che mentiva così spudoratamente
a Dean.
-
Allora, ti avrò sicuramente detto cosa facevo! - Castiel si allargò
il colletto della camicia trovandolo soffocante.
-
Non so... combattevamo e basta... - Fortunatamente non rischiava di
andare all'inferno per qualche bugia!
-
Ma dai, ti avrò parlato di me, di cosa mi piaceva... - Castiel a
quello si illuminò come un bambino convinto d'aver trovato la
soluzione.
-
Ti piacevano le macchine! - Dean si illuminò a sua volta.
-
Macchine? Ero un meccanico? - Chiese speranzoso. Castiel non ne aveva
idea, gli disse un 'sì' di cuore sperando che quella cosa la sapesse
fare e Dean si sentì euforico per la prima conquista su sé stesso,
interiormente sentiva che era giusto. O che per lo meno le macchine
gli piacevano.
-
Che macchina avevo, te l'ho mai detto? -
-
Una vecchia... - Disse Castiel non avendo idea di che modello fosse.
-
Vecchia?! - Chiese Dean deluso. - Ero un meccanico, mi piacevano le
macchine e ne avevo una vecchia? - Castiel si strinse nelle spalle in
difficoltà... stava sudando!
-
Non lo so Dean, non era recente... ci tenevi molto, però, ne parlavi
sempre! - Dean provò a capire.
-
Forse era d'epoca... - L'altro si strinse nelle spalle.
-
Non me ne intendo... - Disse scusandosi. Dean scosse la testa.
-
Non preoccuparti amico... tu cosa facevi? - Castiel si mise a tossire
cercando di prendere tempo, quello era anche peggio!
Dean
in attesa lo fissava per capire che problema ci fosse, perchè non ne
parlasse...
-
Cas? Eri disoccupato? - Castiel non aveva idea di che cosa volesse
dire, però annuì sperando che fosse una cosa che andava bene.
-
Quindi non lavoravi... ti sei arruolato per questo? - Annuì ancora.
- Beh, perchè ti vergogni? Non c'è niente di male nel servire il
paese, no? - Castiel a quel punto piegò la testa di lato scettico.
-
Non la pensavi così prima... -
-
Ah no? E perchè mi sono arruolato? - Castiel provò a fare come
prima dicendo la verità senza andare nel dettaglio.
-
Perchè era una cosa di famiglia... anche tuo padre e tuo fratello lo
erano... - Dean annuì capendo, in qualche modo sentiva che erano
cose vere quelle che gli diceva.
-
E non mi piaceva? - Castiel sospirò sempre mantenendosi composto,
per quanto potesse esserlo nel mentirgli... o comunque nel
rigirarselo a quel modo!
-
Non saprei, a volte ti piaceva, altre volevi fare un'altra vita...
una vita normale... -
Dean
abbassò lo sguardo provando ad immaginare sé stesso a che fare con
l'arruolamento. Non aveva idea di come l'avesse potuta prendere.
-
Forse la facevo per non deludere mio padre, ma non mi piaceva... -
Castiel pensò che fosse una buona spiegazione, tutto sommato.
-
Né a te né a tuo fratello. Lui però è stato proprio obbligato,
mentre tu... beh, tuo padre ti ha cresciuto in quel modo... - Dean
annuì ancora capendo bene quel che gli diceva.
-
Ero stato un po' plagiato? -
Castiel
si strinse nelle spalle.
-
Penso si possa dire così. -
-
E mio fratello come si chiamava? -
-
Sam... -
-
Sam... - Ripeté pensieroso... una sensazione familiare scaturì da
dentro, a quel nome. Nostalgia e tristezza. Gli occhi gli bruciarono
e gli venne una voglia smisurata di piangere. - Mi manca... - Disse
sorpreso più a sé stesso che a Castiel, questi lo guardò sorpreso
e spaventato al contempo. Non doveva ricordare, in realtà. Una fitta
alla testa lo interruppe, si premette la mano sulla fronte e fece una
smorfia, poi quando il dolore si quietò, disse: - Credo... - Disse
Dean giustificandosi con un sorrisino imbarazzato. - Non lo so, provo
sensazioni mentre mi dici queste cose... in certi casi reagisco in
modo proprio innato... come se sapessi che è vero... - Castiel
sospirò in modo misterioso, probabilmente non poteva fare nulla. Non
poteva certo non dirgli nulla e nemmeno lasciarlo a sé stesso per
evitarlo e non rispondere alle sue domande.
-
Amavi molto la tua famiglia, per quel che mi hai detto. -
-
Conoscevi Sam? - Castiel annuì con gran tristezza e Dean lo notò
incuriosito. Anche lui provava la stessa cosa riguardo Sam, lo trovò
in qualche modo strano.
-
Era una persona fragile e forte insieme. Era con noi, però io facevo
più coppia con te. Lui a volte andava per conto suo. Parlavate molto
di vostro padre, morto in un'altra guerra. Lo facevate per la sua
memoria. - Sperava che quel riassunto delle loro vite andasse bene e
sperava non gli chiedesse altro. Di fatto non aveva mentito, non
aveva specificato il tipo di guerra e battaglie. Quel genere di cose
in effetti gli angeli lo facevano di continuo, manovravano la verità
senza mentire, per ottenere quel che volevano.
Dean
stava caricando un'altra domanda, molto turbato da quel che sentiva
in merito, quando arrivarono in paese. Era anche peggio, si disse
Castiel tornando a starci male.
Non
poteva continuare così. Si sentiva sporco a rigirarselo a quel modo,
ma poi si ricordava cosa sarebbe successo se gli avesse detto la
verità e andava avanti sperando di non sbagliare.
-
Bene, dove andavi di preciso? - Castiel si strinse nelle spalle con
aria stralunata.
-
Mah... un po' qua, un po' là... - Dean lo guardò male.
-
Ehi amico... si capisce lontano un miglio che stai mentendo! -
Castiel abbassò lo sguardo mortificato in modo molto spontaneo e
Dean capì che c'era qualcosa che non andava.
-
Mica rubavi! - Castiel pensò che anche quello era mentire, ma era
meglio che cercare di convincere degli sconosciuti a dire che lo
avevano aiutato quando non era per nulla così.
-
Ecco io... - Non disse nulla, Dean pensò che fosse mortificato
perchè era vero che rubava e non volle infierire, doveva essere
stato in una brutta situazione per arrivare a fare una cosa simile.
Così
gli mise una mano sulla spalla, abbassò la testa per riuscire a
guardarlo in viso e con un tono brusco che voleva aiutarlo a metterci
una pietra sopra e ad andare oltre, disse:
-
Dai, non fa nulla... eri messo male, non sapevi come fare... -
Castiel annuì.
Fare
finta di essere umano era più dura del previsto.
-
Adesso andiamo a procurarci il cibo in modo normale! - l'angelo
inarcò le sopracciglia. - Chiedendolo! - Disse entrando in
un'osteria.
Castiel
sospirò sentendosi male con sé stesso. Non ne era capace, doveva
trovare una soluzione, ma quale?
Non
poteva lasciarlo solo e non poteva dirgli la verità. Prima o poi
l'avrebbe scoperto. Sicuramente. Non era bravo in quel genere di
cose!