CAPITOLO VI:
RITORNO

Dopo quella volta, le cose in generale andarono meglio, il loro rapporto si quietò, si stabilizzò, Dean si diede pace capendo che Castiel per quanti problemi avesse, era in ogni caso fatto così, strano, atipico, ma con una sua purezza di fondo in qualche modo.
Quello li tranquillizzò in qualche maniera.
In compenso fece capolino il resto, un resto che Castiel sperava di poter tenere sotto controllo pur non avendone proprio idea.
I problemi arrivarono con la conoscenza di nuove persone, arrivarono i primi clienti, persone per lo più con cose urgenti e mediamente gravi che non potevano aspettare l'ospedale a chilometri.
Dai primi che si erano fidati, avevano poi cominciato a fidarsi altri e lentamente si sparse a macchia d'olio la voce che non fosse un ciarlatano ma anzi... che facesse dei veri e propri miracoli.
Castiel non conosceva altri sistemi che quelli e vedendo che Dean non entrava in camera con lui ed il paziente e che quindi non controllava, si era un po' tranquillizzato. Quel che contava per lui era non far sapere a Dean il sistema di guarigione, se lo sapevano gli altri era diverso.
Ad ognuno di loro spiegava che lui agiva a livello interiore, che era più un guaritore che un medico, ma che poteva guarire ogni cosa.
Era la prima volta che veniva lasciato solo a fare una cosa simile, non pensava di fare grossi danni ed anzi, nella sua ingenuità era convinto di agire davvero bene.
Comunque guariva le persone e la cosa lo riempiva di beatitudine, per di più le persone se ne andavano contente, oltre che guarite.
Dean dall'esterno osservava l'andirivieni sempre più sorpreso. Ok che non erano casi inguaribili e gravissimi, ma cose gestibili e fattibili, però andavano davvero via tutti guariti, a posto e pimpanti. Anzi, addirittura felici.
Lo ringraziavano tutti, lo benedivano e dicevano che erano mandati dal Cielo.
Dean non credeva che ci fosse un Cielo, ma si tenne sul vago con le proprie credenze, dopotutto il modo in cui se l'erano cavata e quel che stava succedendo aveva dell'incredibile.
Dopo i primi giorni, si complimentò con Castiel con enorme sorpresa.
- Te lo devo dire, amico! Non pensavo ce l'avresti fatta! Ti vedevo imbranato su tutto ed eri restio a farlo... non capisco perchè! Sei eccezionale! Capisco come hai fatto a guarirmi! -
Castiel per un momento si spaventò dell'idea che avesse capito, non immaginava come, ma se diceva così poteva pensare solo a quello.
- Beh, quello che ho fatto io... - Dean pensando che sminuisse il suo operato, lo fermò deciso.
- No no, guarda che sei stato incredibile e lo sei tutt'ora! Sei fantastico! - Castiel riconobbe la sua parola preferita e fece un sorrisino, Dean si fermò capendo. - Dicevo sempre fantastico? - Ormai aveva capito il funzionamento di Castiel. Questi annuì e lui si mise a ridere. - Fantastico! - Esclamò senza farci caso, poi lo fece e continuò a ridere. Castiel, smarrito, rimase allietato dal suono della sua risata. Era una cosa positiva a prescindere. Quando concluse, Dean si appoggiò con una mano alla sua spalla, poi riprese il discorso tutto contento.
- Non so come fai, hai un dono. Sono contento che ti ho obbligato ad usarlo seriamente, perchè certe cose non vanno sprecate. Nasciamo sapendo fare poche stronzate, se non le facciamo siamo sprecati. È come non vivere, no? - Dean sperava di poter trovare la sua strada in questo senso. Stare lì ad accogliere i pazienti non era per lui anche se trovava appagamento nel vederli andare via felici e guariti.
Voleva sfruttare il proprio dono, ma prima di tutto doveva trovarlo.
Motori, gli aveva detto Castiel, eppure sentiva che c'era altro. Come sempre Castiel non gli aveva ancora detto tutto, sicuramente era legato a questo.
Dean doveva avere un dono particolare che Castiel gli nascondeva, forse era legato a quel che non voleva ricordasse, qualcosa che gli avrebbe fatto molto male.
Ma se quello era il suo dono, la sua strada, era giusto non percorrerla e rimanere fermo in quella vita vissuta per metà?
Vedendo Castiel totalmente realizzato ed anche notevolmente più positivo di prima, si rese sempre più conto di questo.
Doveva trovare quanto meno delle risposte.
Solo lì sentì il desiderio di trovarle, perchè ormai aveva sistemato Castiel ed il rapporto con lui, per cui non rimaneva che sé stesso. Ci era un po' scappato, ma poteva ammetterlo a quel punto.
Aveva avuto paura. Ne aveva ancora, ma era da codardi scappare da sé stessi, qualunque cosa fosse, doveva affrontarsi. Era una questione d'onore, era un uomo, no?
Dean avrebbe trovato le sue risposte. Ad ogni costo.
Non poteva immaginare che in effetti in questo senso avrebbe ricevuto un aiuto insospettabile, più che altro una spinta.


Dopo che la voce sul miracoloso Castiel si sparse, una persona che guariva con metodi alternativi usando la riattivazione dell'energia -così per lo meno se lo spiegavano i miracolati,- cominciarono ad arrivare casi sempre più complicati e particolari.
Castiel visionava con uno sguardo quello che aveva l'ammalato e lo guariva con facilità senza capire che non poteva esagerare. Predicava la riservatezza, ma aveva paura che presto questo gli si sarebbe ritorto contro. Non voleva attirare l'attenzione delle 'persone' sbagliate.
Gli altri angeli lo lasciavano in pace, però c'erano sempre i demoni che lo volevano tassativamente morto. Lui e Dean erano i ricercati numero uno per i demoni dopo la sconfitta di Lucifero. Là sotto sicuramente c'era il caos.
Quando arrivò quel caso, Dean si mise a ridere in faccia alla persona che era venuta a chiedere l'assistenza di Castiel.
- Che succede? - Chiese questi sentendolo ridere dalla cucina dove era sceso fra una pausa e l'altra. Si affacciò e lo vide con una donna dall'aria estremamente seria e visto che non accennava a muoversi e a cambiare espressione, Dean inghiottì e si sforzò di tornare serio.
- No ecco... questa... questa persona è venuta a chiedere se puoi guarire anche dalle possessioni demoniache. - Lo disse come avrebbe potuto comunicare che c'era un mal di testa da curare.
Ovviamente l'espressione di Dean era tutto un programma, si sforzava di essere serio e professionale, ma moriva dalla voglia di spanciarsi dal ridere per quelle cavolate... come aveva appena fatto.
Castiel impallidì e fu talmente chiaro che Dean si bloccò pensando che ci fosse qualcosa di strano.
- Una possessione demoniaca? - Disse cauto con l'agitazione che si faceva largo nell'angelo sempre fermo e pacato. Che li avessero trovati? In quel caso sarebbero lì, ma non potendo entrare in casa per le protezioni contro angeli e demoni, era ovvio che passassero per altre vie.
Castiel pensò che se era davvero un demone, doveva farlo fuori senza dargli la possibilità di dare conferma ai suoi compagni della loro presenza.
Dean capì che stava elaborando seriamente la questione e la donna capì la stessa cosa, infatti lieta di essere presa sul serio, gli andò davanti cauta e decisa.
- Il prete ha detto che non è un vero caso di possessione demoniaca, ma il maligno si è nascosto quando è arrivato a visitare mio marito. La verità è che non è più lui, è posseduto da qualcosa di crudele ed io non so più come fare, faccio finta di nulla per sopravvivere, ma ho il terrore che mi scopra e mi uccida... - Mano a mano che la donna raccontava, la voce si incrinava sempre più, l'agitazione salì e Dean era in bilico fra il scoppiare a ridere ed il preoccuparsi per la faccia seria di Castiel. Non che di norma fosse ilare, però davvero pareva crederle.
- Quando ha cominciato a manifestare queste stranezze? - Chiese professionale. Lei, contenta di essere davvero creduta, rispose.
- Da qualche settimana, all'inizio pensavo avesse problemi a lavoro o di altro genere, ma indagando per provare ad aiutarlo ho scoperto che aveva lasciato il lavoro senza motivo, che non vedeva più nessuno dei suoi amici e viveva isolato in casa. Quando ho provato a chiedergli cosa succedesse mi ha detto niente, ma è completamente diverso. Sta chiuso nel suo studio e non posso entrare per nessuna ragione, è misterioso e quando provo ad avvicinarmi diventa aggressivo. Una volta mi ha picchiato, da quella mi tengo alla larga e faccio finta di nulla, ma non è lui, mi tratta male, con odio. Si vede dal suo sguardo, dai suoi modi. Non mi parla se non per insultarmi, mi chiama con offese e rompe tutto quello che ha sotto mano se non faccio subito quello che vuole o se mi avvicino. Non posso nemmeno lasciarlo perchè in quel caso mi obbliga a tornare minacciando di andare dalle mie amiche e di farmela pagare. Ed io gli credo perchè quegli occhi... quegli occhi non sono i suoi... non sono umani! A volte nemmeno la voce lo è! È come sovrannaturale! - Castiel rabbrividì e vennero i peli dritti anche a Dean.
Inizialmente era stato scettico pensando che erano un mucchio di cavolate, ma sentendola parlare si era sentito male, gelido ed elettrico al tempo stesso. Un senso di svenimento l'aveva preso ed era rimasto in sé a fatica. Lui sapeva, lui sentiva che era vero. Non se lo poteva spiegare, era un sesto senso. Come quello che gli aveva detto di fidarsi di Castiel.
Sentiva istintivamente che erano cose vere, ma quanto pazzesche erano?
Castiel annuì impassibile e le disse che sarebbe venuto con lei e che l'avrebbe aiutata, lei gli prese le mani e con le lacrime agli occhi lo ringraziò implorando di togliere quella cosa malefica da suo marito.
Castiel, turbato dal fatto di essere stato trovato, si trovò con le spalle al muro. Non aveva scelta.
- Mi aspetti fuori, la raggiungo subito. - Disse pacato mentre continuava a pensare che non aveva scelta e che doveva essere veloce a farlo.
Rimasto solo, Dean lo afferrò per il braccio e lo girò con forza, l'aria stralunata.
- Sei impazzito? Credi a queste stronzate? - Castiel si rese conto che non poteva dirgli che erano tutte cose vere, per cui sospirando disse la prima cosa che gli venne in mente.
- Certo che non sono cose vere, i demoni e le possessioni non esistono. Però se lui è impazzito e lei è vittima di maltrattamenti, va aiutata. - Questo era logico e pienamente da Castiel, pensò Dean in un misto fra il deluso, il contrariato e il sollevato. Non sapeva come doveva sentirsi, sapeva che c'era qualcosa che non andava e quando lo vide uscire con la sua camminata eretta e lenta, Dean lo fermò.
- Aspetta, se quello è pazzo e violento non puoi andare da solo! Dovremmo chiamare la polizia! - Castiel si rivolse contro di lui come se avesse detto un'eresia.
- No, basterò io! - Disse secco. Dean si fermò e lo guardò sorpreso.
- Ma è pericoloso anche per te! Capisco che hai combattuto in guerra e sei abbastanza forte, ma non ti permetterò di farlo da solo! - Così dicendo, Dean uscì senza lasciargli tempo di replica.
In questo non era affatto cambiato.
Castiel sospirò scuotendo il capo.
Non poteva venire anche lui, non poteva vedere. Era assolutamente vietato!
Però ormai era là fuori e sapeva che non l'avrebbe mai convinto a desistere. Non aveva scelta, doveva trovare un diversivo una volta dentro e una volta solo avrebbe potuto uccidere il demone.

La casa era dall'altra parte del paese rispetto alla loro, era un po' isolata e Castiel pensò che fosse meglio così.
Arrivati davanti alla porta d'ingresso, si fermò sospirando, si voltò verso Dean e la donna e disse loro con un tono molto fermo:
- Voi due aspettatemi qua. - La donna non se lo sarebbe fatto ripetere, ma Dean lo fissò come se fosse impazzito.
- Scordatelo! Vengo con te! - Castiel sospirò, sapeva che avrebbe risposto così.
- Avrai anche perso la memoria, ma sei tale e quale a prima! - Rispose stizzito. Castiel stizzito era un fatto raro che avveniva una volta all'anno.
Dean sorrise tutto orgoglioso di sé, poi strinse il coltello a serramanico che si era portato dietro come arma, l'unica cosa che era riuscito a recuperare. Erano soldati eppure erano completamente sprovvisto di armi.
- Andiamo, sono pronto! - Fece Dean avanzando prima di Castiel che rimase un attimo fermo a guardarlo indeciso su come fare.
Vorrà dire che lo faccio svenire.”
Pensò pragmatico senza perdere tempo in inutili convincimenti che non era in grado di fare.
Una volta dentro, si chiusero la porta alle spalle e Castiel, con la sua camminata lenta e cauta, le braccia lungo i fianchi e l'aria concentrata che si guardava intorno, alzò le proprie percezioni alla ricerca precisa del demone.
Posto che poi di quello si trattasse.
Dean invece aveva subito tirato fuori il coltello e con una sensazione elettrica che cresceva, avanzava guardandosi intorno furtivo ed attento ad attacchi di varia natura.
Si sentiva d'averlo fatto miliardi di volte. Quello nello specifico.
Dean più ne faceva, più si sentiva tornare al vecchio sé stesso e c'era un lato di sé che non voleva, mentre un altro ne era molto entusiasta.
Si sentiva vivo sul serio, però non era convinto di volerlo davvero.
Era molto combattuto e confuso.
Mentre cercava di calmarsi per essere il più lucido e provvidenziale possibile, sentì la temperatura abbassarsi e vide il fiato condensarsi, fu una frazione di secondo, quello successivo stava deviando un colpo da sinistra. L'uomo, spuntato dal nulla, l'avrebbe colto di sorpresa se in qualche modo non se lo fosse aspettato.
Il secondo successivo stava rispondendo all'attacco in un corpo a corpo che aveva poco a che fare con le cose tipiche dell'esercito.
Dean lo sapeva che in quei posti insegnavano a brandire armi e a correre, magari a fare e disinnescare bombe, non certo le arti marziali... o quel che era!
Ma lì c'era di più.
Dean parò un altro colpo e rispose con altrettanta forza.
C'era molto di più in quello che faceva.
Non era solo uno che conosceva certe mosse di combattimento. Conosceva molto altro ed era tutto lì sulla punta della lingua, come se stesse per uscire.
Castiel si voltò e li vide combattere, dalle onde che provenivano dal corpo dell'uomo capì che non era un demone, per cui pensò che erano nel campo di non sua competenza.
Dopo di che impallidì, erano nel campo di competenza di Dean.
Per un momento rimase senza parole a guardarlo tenere testa ad un uomo posseduto da qualche forza sovrannaturale, poi si chiese come fare per districarsi senza provocare qualche danno irreparabile a Dean.
Non poteva usare poteri e comunque non ricordava niente di quel che sapeva prima.
Se la sarebbe dovuta cavare da solo.
Per prima cosa mettiamolo fuori gioco.”
Con questo, Castiel prese un braccio dell'uomo, lo girò verso di sé e lo colpì così forte che lo scaraventò contro il muro crepandolo. Rimase tramortito a terra per un po', il necessario per sentir dire Dean istintivamente:
- Ferro e sale! - Castiel si raggelò mentre si girava verso di lui per capire se si fosse ricordato di tutto.
No, in quel caso non sarebbe cosciente, cadrebbe a terra come un vegetale!”
Si ripeté logico e razionale.
Così non discusse e vedendo che l'uomo si stava per rialzare, Castiel finse di trovare delle catene di ferro con cui legò pratico e veloce l'uomo dimostrando una manualità sorprendente per quel genere di cose.
Dean tirò un respiro di sollievo mentre lo vide finalmente fermo a terra legato come un salame da delle catene magicamente apparse.
O meglio, non le aveva viste apparire magicamente, ma era certo che prima non c'erano state né a portata di mano né nella stanza. Però Castiel le aveva tirare fuori come da un cappello.
Ancora col fiatone e l'adrenalina a mille che lo faceva tremare per quel che aveva fatto, e per le violente botte prese che gli avevano provocato lividi e tagli in viso, guardò Castiel tornare con del sale. Beh, anche lì era stata una cosa simile alle catene.
Era andato in cucina ed era tornato il secondo dopo senza aver perso tempo a cercarlo. Come fosse stato lì in bella mostra.
Castiel non sapeva bene cosa doveva farci col sale, erano cose che avevano sempre fatto Dean e Sam, per cui lo guardò con il barattolo in mano sospirando incerto, mentre a terra l'uomo legato si dimenava cercando di liberarsi.
- Cosa dobbiamo fare col sale? - Chiese infatti istintivamente senza ricordarsi che, teoricamente, Dean non avrebbe dovuto saperlo.
Ed infatti era così, lo guardò stralunato.
- E che ne so io? - Disse come se Castiel avesse detto un'eresia.
- Sei tu che hai detto ferro e sale! -
- E tu sapevi cosa intendevo con ferro e lo hai legato! A proposito. Perchè ha funzionato? Con la forza che aveva... - Dean ora cominciava a riempirsi di domande e Castiel temeva di non poter rispondere, per quanto potesse saperne, e non era poi molto, non poteva dirgli nulla.
Però non era capace di mentire. Omettere delle verità e manipolarla era un conto, inventarsi storie era un altro.
- Non lo so, tu come lo sapevi? - Cercò di prendere tempo, ma non era bravo in quel genere di cose e Dean lo puntò col dito facendosi agguerrito.
- Ehi, non rigirarti la frittata! Sono io quello che non ricorda e che agisce d'istinto! Chiaramente in qualche modo sapevo che andava fatto! Tu però... mi vuoi dire cosa mi nascondi? Perchè è chiaro che mi nascondi qualcosa! - Castiel sospirò sempre più in difficoltà ed ora lo dimostrava leggermente di più di prima, ma Dean non poteva mollare.
- Dean, non chiedere... - Lo implorò allora decidendo di fare l'unica cosa che si sentiva di fare, ovvero dire una specie di verità. - Non posso dirtelo. Ho paura che se ricordi certe cose di prima, poi ricordi quelle che possono spezzarti la mente. L'amnesia è una difesa della tua mente, non sforzare le cose. - Dean sospirò insofferente scrollando testa e spalle, voltandosi dall'altra parte per calmarsi.
- L'ho capito, ma cazzo, tu non sai cosa significa non ricordare ed avere istinti così specifici che ti riempiono di domande! So fare cose che... non sono da semplice soldato! E quello cos'è? Come fa ad essere così forte un pazzo figlio di puttana? - Dean sentiva proprio che c'era qualcosa in più e che era lì a portata di mano. Andava in giro per la stanza come un'anima in pena cercando di calmarsi, caricandosi ulteriormente. La testa gli batteva sempre più incessante.
Castiel lo guardava sconsolato.
- Dean... devi fidarti di me. Io cerco di proteggerti. Io so cos'è meglio per te. - Dean non lo metteva in dubbio, ma la frustrazione non era facile da digerire, specie per uno come lui.
Il nervoso rimase lì, ma decise di metterlo brevemente da parte per poi ritirarlo in caso fuori dopo.
- Mi fido, Cas. Lo sai. Però... però io sento... -
- Se avete finito col quadretto romantico, vorrei farvi notare che tenermi legato così non è una soluzione. Non me ne andrò solo perchè me lo chiedete gentilmente e la violenza non mi fa effetto! -
Dean voleva concentrarsi anche su altri fatti strani, come la forza sovrumana di Castiel ed il modo in cui tirava fuori le cose troppo velocemente.
E poi andiamo, aveva detto 'ferro' ed aveva tirato fuori una catena con cui l'aveva legato ed immobilizzato.
Però si concentrò sulle parole di quello che per lui era un pazzo troppo forte.
- Non pensavamo di chiederti di andartene. La nostra idea era consegnarti alla polizia, visto che sei un maledetto figlio di puttana che picchia la moglie e che ci ha anche aggredito! - Castiel sospirò mentre l'altro rideva.
Ora come gli diceva che non potevano perchè era posseduto da una forza sovrannaturale?
- Davvero? Davvero non sai che fare? Mi attacchi in quel modo, sai che contro di noi serve il ferro ed il sale, ma non sai che darmi alla polizia è inutile e che potrei benissimo uscire da questo qui e andare dove voglio? Non sai come neutralizzarmi sul serio? - Secondo l'uomo era impossibile e per Dean parlava arabo, era proprio sconnesso.
- In effetti hai ragione, - disse infatti alienato. - Penso che per te sia più indicato il manicomio! - Castiel sospirò, doveva farlo svenire, ma non sapeva comunque cosa fare di lui e come ucciderlo, non era nemmeno certo su cosa fosse di preciso a possederlo. Sapeva solo che non era un demone. Doveva solo sperare che l'istinto di Dean gli desse un'altra mano.
- Tu hai qualcosa che non va, amico! - Disse l'uomo.
- Ah io?! E tu? - A Dean questo fece ridere molto, tanto che si voltò verso Castiel sempre ridendo e lo indicò. - L'hai sentito? Io ho qualcosa che non va! -
Castiel aveva captato che poteva andarsene e possedere altri, per cui il ferro lo fermava, ma non lo neutralizzava.
- Perchè non te ne vai se puoi? Perchè resti lì? - Chiese non avendo scelta che ignorare Dean.
- Che fai, lo assecondi, ora? - Castiel finse di non sentirlo e l'uomo si concentrò su di lui.
- E tu? Tu non sei umano... tu cosa sei? - Castiel strinse le labbra contrariato e scuotendo la testa non trovò altra scelta che far svenire Dean con un tocco del dito sulla fronte. Dean, che stava per dirgli quale delle tante follie aveva, si sentì tagliare i fili improvvisamente e svenire.
Castiel, rimasto solo con l'uomo, tentò l'ultima strada rimasta.
Sapeva quanto fosse inutile andare da altri angeli a chiedere aiuto sulla questione e non conosceva altri cacciatori che potessero aiutarlo.
- Cosa sei? O meglio... chi? - Chiese all'uomo.
- Prima tu e poi io... - Castiel sospirò guardando ancora Dean svenuto.
- Sono un angelo. Cosa sei? Non sei un demone... -
L'uomo, o quel che v'era dentro, sentendolo si sentì gelare ed intimorito dal fatto che fosse un angelo che poteva qualunque cosa contro qualunque creatura, pensò di provare a cavarsela con l'astuzia. Dopotutto sembrava uno sprovveduto.
- Sono il figlio di questi due! - Disse subito. Castiel si fermò cercando di capire se mentisse. Con Dean aveva capito come si distinguevano le menzogne dalle bugie, poi guardò il sale, se ne versò una mangiata nella mano e gliela mise in bocca. Questo fece gridare di dolore l'uomo che tornò dopo che si fu ripreso.
- Se menti so come fare... - Disse cercando di imitare Dean in quei casi. Non era fantasioso e sadico come lui, ma se la cavava. La voce dell'altro, così come la sua espressione, si fecero seriamente spaventati e Castiel percepì la sua paura al posto della rabbia di prima.
- No no giuro che non mento! - Disse subito implorante. - Sono loro figlio! Mi ha ucciso questo bastardo ed ora voglio vendicarmi. Anche lei sapeva e non faceva nulla. Pensavano fossi posseduto dal diavolo e mi tenevano segregato in cantina, legato, e mi torturavano per spingere il diavolo ad andarsene. Però sono morto! Ora lei pensa che il diavolo da me sia passato a lui, ma siccome lui è forte non osa rivoltarsi contro, non riesce ad imprigionarlo e torturarlo come faceva con me! Io non voglio niente altro... solo vendicarmi di loro! Quando sarò soddisfatto li ucciderò e troverò pace andandomene! - Castiel capì che era vero, però per sicurezza chiuse gli occhi, si concentrò e frugò nella mente della donna, ancora fuori casa, in cerca del suo passato che lesse e vide subito, inorridito riaprì gli occhi e sospirò.
- Mi occuperò io di loro. Avranno la giusta punizione. Perderanno la loro mente. - Disse Castiel con fermezza ed una certa imponenza che fece trattenere il fiato all'uomo. - Ora ti farò andare oltre. - prima che glielo chiedesse, annuì calmo. - Ne ho il potere. - Era una delle cose che gli angeli potevano fare, ma che per interessi d'altro genere, evitavano.
L'uomo a quel punto lo guardò in bilico fra la voglia di gridare per continuare la sua vendetta, e quella di lasciarsi andare.
In qualche modo si sentiva stanco, la rabbia era tanta e divorante, l'odio l'aveva reso potente ed in grado di possedere gli altri, però avere lì quella creatura dall'energia pura, gli aveva messo dentro un'immagine inattesa.
Una specie di redenzione.
Forse un po' di pace.
Castiel non perse altro tempo e mettendogli il palmo sulla fronte sprigionò la sua luce accecante che uscì da occhi e bocca aperta protesa in un urlo senza voce.
In quell'istante, proprio in quello, Dean aprì gli occhi. In tempo per vedere Castiel fare una cosa che in passato gli aveva visto spesso.
Quando la luce svanì, l'uomo era privo di sensi, ma vivo. L'istante successivo Castiel gli stava toccando la fronte con indice e medio, egli parve colpito da qualcosa di invisibile, come una scarica elettrica.
Dean non aveva idea di che cosa gli avesse fatto, stava per chiederglielo quando lo vide sparire proprio davanti ai suoi occhi in un vento caldo; si gelò immobile, il fiato sospeso, le forze sparite.
Come era possibile?
Quando Castiel tornò, aveva con sé la donna. I due riapparvero allo stesso modo.
Castiel adagiò la donna sul divano e liberò l'uomo lasciandolo privo di sensi nella sedia.
Dopo di che, solo a quel punto si girò verso Dean e prima di toccarlo si fermò vedendo che aveva gli occhi aperti.
Castiel si sentì morire, invaso da una sgradevole ed orribile ondata di paura. La paura che fosse finita, che l'avesse visto e che ora la sua mente si spezzasse, di averlo portato lui stesso alla follia. Aveva cercato di proteggerlo, ma come sempre nel cercare di fare le cose giuste, sbagliava.
Rimase immobile davanti al suo sguardo shockato e pieno di domande, pallido ed incredulo.
- Cas... cosa... cosa sei? - Chiese.
Aveva visto abbastanza, Castiel lo capì. A quel punto si chiese cosa fare, cosa dirgli. Per un momento fugace ricordò le parole di Morte. Qualche ricordo l'avrebbe retto, ma non tutto.
Quello era una delle cose che poteva dirgli?
Che potesse o no, non aveva scelta.
L'aveva visto.
Fu così che prendendolo per il braccio sparì con lui facendolo riapparire con sé a casa loro. Dean rimase tramortito per un po' mentre si riprendeva dal malessere fisico che comportava il teletrasporto.
Castiel provò a capire cosa potesse dirgli, ma non era da lui inventare storie, non lo era mai stato ed a quel punto che cosa poteva inventare?
L'aveva visto usare i suoi poteri.
Sospirando, quando vide Dean tornare abbastanza in sé da poter capire, seduto di fronte a lui al solito divano, congiunse le mani, si piegò in avanti appoggiando i gomiti alle ginocchia e guardando in basso, incapace di reggere lo sguardo, disse piano con la sua tipica voce ferma, roca, penetrante. Colpevole.
Disse lo stretto indispensabile in modo semplice e diretto, senza troppi giri di parole che non sarebbero mai stati da lui.
- La verità è che sono un angelo, Dean. E capirai che non te l'ho detto perchè volevo farti vivere una vita normale lontano da... da tutto quello che vivevi prima. - Ovviamente a quel punto avrebbe anche dovuto approfondire, visto che così apriva troppe domande. Dean lo fissò stralunato, ricordandosi che quel che aveva visto lasciava poco spazio ai 'sei matto' che gli venivano spontanei. I poteri luminescenti li aveva usati eccome, davanti ai suoi occhi, e l'aveva anche teletrasportato.
Per cui che fosse qualcosa era assodato. Un angelo od altro contava poco. Non era umano.
Quello apriva miliardi di altri quesiti che si formavano uno dietro l'altro in Dean, mentre arrivava la sensazione istintiva che quello fosse vero e che fosse il famoso mistero che gli nascondeva. Ormai c'era, si diceva. Era quello ciò che non gli aveva detto. Era proprio quello.
- E... e quelli cos'erano? Che vita facevo prima? Cosa c'entra con te che sei un angelo? - Castiel non gli poteva dire tutto, decise di limitarsi il più possibile e visto che in passato aveva sempre fatto così, lo trovò piuttosto facile.
- In passato avevi molto a che fare con cose sovrannaturali, mi hai incontrato così. Io ero una di quelle cose sovrannaturali in cui ti sei imbattuto nella tua vita. Non chiedermi delle altre, Dean. Sono queste le cose che non devi ricordare. Sono queste i tuoi incubi. Devi fidarti di me. So che ti ho nascosto qualcosa di molto importante, ma l'ho fatto per il tuo bene. - Dean rimase ad ascoltare le sue parole rielaborandole.
Che fosse degno di fiducia era vero, l'aveva salvato, aveva fatto tanto per lui. Ma quante cose gli aveva nascosto? Su quanto gli aveva mentito?
Certo, per tenerlo lontano da quel 'mondo' di cui parlava, dai suoi presunti incubi.
- Sono queste cose che ti hanno ridotto così. -
- E la guerra? Era una palla? - Castiel alzò gli occhi e li puntò penetranti in Dean, questi si sentì trapassato da parte a parte, immobilizzato. Capì subito che quello era vero.
- C'era la guerra ed è lì che hai perso tutto. Non ti ho mentito, solo non ti ho detto tutti i dettagli. Non chiederli, ti prego Dean. Non posso dirtelo. Se tu ricordassi cadresti in uno stato che ti farebbe male, così male che non torneresti più. - Dean capiva, ma era ancora frastornato dalle improvvise verità per nulla indorate che aveva saputo. Castiel non sapeva dare le notizie e lui non aveva idea di come dovesse sentirsi, cosa dovesse provare.
Sapeva solo che era vero, lo sentiva dentro. Quegli occhi... quella persona lì davanti a lui, per quanto non la conoscesse, era chiaro che non sapeva mentire. Era chiaro per il modo in cui gli aveva detto tutto. Per il modo in cui ora non gli diceva il resto.
Sospirò e si strofinò il viso appoggiando la schiena al divano su cui sedeva, scosse il capo e si morse le labbra non avendo idea di cosa dire e come comportarsi.
C'erano moltissime cose che sentiva di dover sapere, però Castiel di certo non si sarebbe scucito. Era convinto di doverlo proteggere e se c'era una cosa sufficientemente chiara, era quella. Per Castiel la priorità assoluta era proteggerlo. Qualunque cosa fosse stato fra loro.
Qualunque... e a quel punto era lecito chiedersi di preciso cosa.
- Cas, cosa c'era davvero fra noi? - Castiel si avvicinò a lui mettendosi più in punta sul divano, gli mise le mani sulle sue ed in silenzio gli trasmise la serenità che ora gli stava mancando, gli tolse la pressione schiacciante, la paura, le angosce. Lo fece sentire leggero col suo potere fino a fargli sentire dentro quanto quel che provava per lui fosse autentico. Quell'amore, quella voglia di proteggerlo, quella connessione.
- Non so definirlo, Dean. È una connessione profonda. Non so che nome abbia, ma è vero. Per me tu sei la persona più importante. Lentamente sei diventato tutto, la mia guida, la mia verità, ciò per cui io mi sono ribellato. Tu per me sei tutto. - Dean non avrebbe potuto discuterlo, gli vennero gli occhi lucidi mentre, piano piano, davvero quella leggerezza si faceva strada insieme a qualcosa di caldo, molto caldo ed estremamente dolce.
Puro.
Innocente.
Quelli erano i sentimenti di Castiel.
Solo così Dean si calmò ed accettò tutto quanto. Solo così.