CAPITOLO VII:
LA VERITA'

Castiel rimase in attesa di capire come l'avrebbe presa, se queste rivelazioni avrebbero avuto esiti negativi per Dean, apprensivo rimase immobile a fissarlo, con insistenza, cercando di capire se fosse la fine o se potesse tirare un respiro di sollievo.
Non osava nemmeno pensare che ora era meglio che sapesse almeno qualcosa. Per ora era solo lì immobile e basta.
Dean non sapeva come doveva prenderla, se non l'avesse visto coi suoi occhi non ci avrebbe mai creduto, però sentiva dentro di sé che era vero, che comunque era quella una parte di ciò che Castiel non gli aveva detto. Sapeva che c'era, ora sapeva che era quella.
Per cui che fosse accettabile o meno, sconvolgente o meno, le cose stavano così.
Se non avesse sentito niente in merito non sarebbe stato facile, ma fu aiutato dal fatto che sentiva d'aver avuto le risposte cercate.
Si appoggiò, si fidava di Castiel, sentiva quell'innato autentico sentimento per lui.
Però la voglia di saperne di più, tutto il resto, lo rendeva impaziente al tempo stesso, profondamente combattuto.
- Cos'altro puoi dirmi? - Chiese poi dopo un po' di silenzio, dopo essere tornati ad appoggiarsi ognuno allo schienale.
Castiel alzò appena le sopracciglia in segno di preghiera.
- Nulla, Dean... non avresti dovuto sapere nulla. Io ho paura che sia troppo... mi è stato detto... -
- Da chi? - Iniziò perentorio e curioso Dean interrompendolo.
- Da chi ti ha guarito la mente... - Castiel rispose paziente.
- E chi era? - Le spalle al muro. L'altro sospirò.
- Uno dei pochi che poteva farlo. Ha detto che non è una soluzione sicura, che se gratti il muro che ha messo fra te e quello che è successo, che ti ha ridotto in quel modo, rischi di tornare allo stato vegetativo! - Castiel non indorò la pillola, ora che poteva parlare con più libertà era normale.
Dean si sentì dolorosamente strappare via per un momento da sé stesso e impallidì.
Una strana sensazione. Lo guardò cercando di tradurla e Castiel si raddrizzò.
- Cosa c'è? - Dean stranito scosse il capo.
- Niente... -
- Dean. - Insistette Castiel sapendo che doveva esserci qualcosa.
- Ho avuto le vertigini... come se mi strappassero via... - Non sapeva descriverla e Castiel non comprese, ma fu sufficiente come avvertimento.
- Ok, ora basta così. Vai a dormire, smettila di pensarci. Non indagare, non fare domande. Vivi questa nuova vita e basta! - Disse Castiel secco e freddo, alzandosi in piedi con la paura che cresceva dentro.
Dean si alzò a sua volta concitato.
- Come posso vivere questa vita se non la sento mia? Non la sentirò mai mia perchè c'è sempre qualcosa che mi manca e sono i miei ricordi! Io faccio queste cose e sento che prima non le facevo e non mi sento realizzato e soddisfatto, capisci? C'è qualcosa che mi manca... non so, non è facile da spiegare... è come se... come se io dovessi trovare il mio senso! Non dico che devo ricordare e sapere tutto... o tornare a fare la vita di prima... però devo trovare qualcosa che mi dia senso, no? Io sono nato per qualcosa, per cosa? Non capisco! -
Castiel sospirò scontento e sconsolato.
- Non è questa la vita che volevi fare? Lontano da quello? - Fu una domanda a sé stesso detta ad alta voce, la domanda di chi si sentiva sempre più smarrito, sapeva che forse stava sbagliando qualcosa ma non sapeva cosa, non aveva idea di come muoversi.
Dean capì il suo smarrimento e si avvicinò prendendolo per le spalle.
- Cas... come posso dirtelo se non so cosa diavolo è 'quello'? - Castiel lo guardò coi suoi occhi blu persi e Dean si dispiacque per quel suo sentimento ora visibile. Era spaventato ed era sicuramente anomalo che lo dimostrasse. - Non mi dispiace fare una vita tranquilla e normale. Penso che... sai, non è che voglio assolutamente la verità e i miei ricordi. Sto bene qua con te ma... non mi sento realizzato. Come posso dirti? Tu ti sentivi meglio combattendo od ora che guarisci le persone? - A quello Castiel capì e si illuminò per poi affievolirsi.
- Ora che guarisco. - Dean annuì.
- E' così per me. Mi sta bene questa vita, ma è nel dettaglio che non sono convinto. Sto qua e faccio cosa? Il tuo assistente? Mi costruisco una macchina? Sento che posso fare di più, che c'è di più per me. Non voglio riavere i miei ricordi se mi possono far impazzire dal dolore, ma voglio trovare la mia 'cosa'. -
Castiel capiva molto bene, era chiaro quel che diceva, ora. Dopo la sua domanda era stato come illuminato.
Dean era fatto per aiutare gli altri. La caccia era solo un mezzo col quale lo faceva, quello che gli avevano insegnato ed obbligato a fare e quello faceva. Sapeva che potendo fare altro, l'avrebbe fatto.
Però era anche vero che a Dean piaceva aiutare gli altri ed era questo ciò per cui era destinato!
Però c'erano tanti modi per farlo.
Castiel gli mise una mano sul braccio, poi con un tono pacato e rassicurante, o per lo meno provando a farlo e risultando appena appena più morbido del solito, disse:
- Troverai la tua 'cosa'. Penso di sapere di che si tratta, ma devo elaborare un sistema sicuro e adatto... dammi tempo. - Dean si sentì meglio a quelle parole e a quel contatto. Infatti sospirò e annuì rischiarando un po' la sua espressione tormentata.
Quando aveva combattuto si era sentito vivo, gli era piaciuto ma al tempo stesso una parte di sé l'aveva rifiutato, gli aveva gridato di scappare e darci un taglio. Però l'istinto del cacciatore era stato troppo forte ed era rimasto.
Però c'era qualcosa in quello, qualcosa che andava bene ed era legato al momento preciso in cui avevano dato pace a quello spirito tormentato.
L'unica cosa che aveva ora, era Castiel. Si fidava di lui, se lo ripeteva nella speranza che gli desse quel che gli mancava.

In camera, rimase attaccato a lui con uno strano senso di smarrimento sempre più crescente. Le domande vorticarono in lui inevitabilmente impedendogli di dormire e solo dopo che Castiel lo baciò, si sentì trascinare in un sonno senza sogni, ma riposante.
L'effetto del potere di Castiel. Solitamente lo usava con le dita, con lui gli piaceva farlo con le labbra, lo trovava curiosamente appagante.
Rimasto da solo a vegliare su Dean, anche quella notte non si mosse pensando a come fare. Ora una parte di verità la sapeva, doveva aiutarlo a sentirsi davvero felice e se l'unico sistema era soddisfare il suo bisogno di aiutare gli altri, doveva trovare un modo alternativo alla caccia.
Poi realizzò che quello era anche il proprio modo di sentirsi felice.
Quando andava laddove serviva ed aiutava, guariva, dava pace interiore, lui stava bene.
In effetti volevano la stessa cosa. Questo tranquillizzò Castiel: avrebbe atteso ancora un po' di tempo per testare la fase d'assestamento di Dean, se ora che sapeva quelle cose ci sarebbero state conseguenze o meno. Poi sarebbero partiti.
Era la cosa giusta.

Il giorno dopo riprese tutto regolarmente, le visite, le guarigioni, Dean che truffava la gente che pensava di essere miracolata ed invece gli faceva credere di essersi auto miracolata da sola tramite Castiel, la macchina che veniva su sempre più simile all'Impala...
A Castiel non dispiaceva quella vita, specie ora che Dean sapeva chi era e che quindi non doveva diventare matto a fingersi umano con risultati pessimi.
Sperava che si trovasse bene in quella nuova vita, ma al tempo stesso aveva paura che la voce che ci fosse un guaritore girasse troppo ed arrivasse a persone sbagliate.
Forse riprendere a viaggiare e muoversi di continuo alla ricerca di persone da aiutare, era la cosa migliore.
Però pensava che Dean volesse installarsi in un posto fisso, fare radici, una vita normale... ma chiaramente se non si sentiva completo e realizzato c'era poco da fare. Dean voleva quella vita, ma non riusciva a farla, nemmeno senza la memoria.
Quando vide l'auto che stava costruendo, estremamente simile a quella di prima, sospirò scuotendo pensieroso la testa.
Dean era steso sul tappeto con le rotelle e entrava ed usciva da sotto l'auto trafficando con degli attrezzi.
Castiel aveva finito con le 'visite' giornaliere e lo stava osservando cercando ancora di districarsi dal suo complicato intreccio emotivo e mentale.
Era difficile prima, ora era impossibile.
- Cass, passami la chiave 7. - Disse Dean da sotto la macchina.
Castiel si guardò intorno cercando di capire quale fosse la chiave 7, visto che non gliela dava il ragazzo uscì seccato e guardandolo torvo se la prese da solo.
- E' questa la chiave 7! - Esclamò sventolandogliela da terra. Castiel la guardò concentrato e si rischiarò il necessario per dire che aveva capito.
Il ragazzo tornò sotto l'auto a trafficare come prima e Castiel rimase lì, ripensò a quando gli aveva chiesto la chiave e chiese:
- Come hai fatto a sapere che ero qua? Sono sempre silenzioso... - Dean, da sotto, ridacchiò.
- Quando ci sei c'è una specie di folata di vento caldo. - Castiel non disse nulla per un po' ma rimase lì ad osservarlo lavorare con sicurezza, sapeva molto bene quello che faceva.
- Senti Dean... - Fece dopo un po' sempre pensieroso.
- Mmm? -
- Ti piace fare la macchina? -
- Mi piacerà ancora di più guidarla... - Rispose schietto.
- Era quello che sospettavo... - Pensò ad alta voce Castiel. A questo Dean uscì e si mise a sedere, l'angelo ancora in piedi davanti a lui ad osservarlo nella sua posa neutra.
Ormai aveva imparato a conoscerlo, sapeva che quando diceva qualcosa non era mai tanto per fare, lui non conversava, lui diceva cose specifiche.
- Avanti. - Disse infatti perentorio.
- Avanti cosa? - Chiese Castiel. Dean sospirò.
- Dammi una birra e siediti con me. - Aveva presto imparato i benefici di avere un compagno angelo.
Inizialmente ci era rimasto un po' frastornato, ma il tempo di dire a colazione 'mi piacerebbe un doppio hamburger con tanto bacon e tanto formaggio' ed aveva compreso cosa significava. L'hamburger che gli aveva dato era davvero buonissimo.
Castiel fece comparire una birra, la consegnò a Dean e senza chiedere si sedette con lui, a terra in attesa.
Dean sorseggiò la birra trovandola buona e appagante, l'accostamento del costruire la macchina al berla era davvero vincente, si disse.
- A cosa pensi in questi giorni? Io ci ho messo un po' ad abituarmi alla novità, ma non va poi così male... però ti vedo più strano del solito... -
Castiel era poco sorpreso che se ne fosse accorto, così come che glielo chiedesse.
Per come erano messi, uno accanto all'altro, non si guardavano, avevano gli occhi persi davanti a loro, alla macchina in costruzione.
- Sto riflettendo... - Disse vago.
- L'avevo capito ed è questo che mi preoccupa perchè mi pare che ogni volta che pensi tu fai danni... - Aveva questa sotto specie di ricordo, anche se non si poteva definire tale. Castiel girò la testa per guardarlo attento e Dean ricambiò con un ghigno. - Non ricordo, penso avrei mal di testa e che starei male, no? Sono solo le mie sensazioni... cose che so dentro di me... - Castiel annuì e tornò a guardare la macchina.
- La stai facendo uguale a quella che avevi prima, quella che adoravi... - Gli rivelò.
Dean sorrise fiero.
- Ho proprio buon gusto! - Si complimentò da solo.
Castiel non aveva ancora compreso l'ironia, per cui non commentò e rimase in attesa, Dean dopo poco riprese a parlare pseudo seriamente.
- Allora, a cosa pensi? -
L'angelo, come sempre quando lui gli faceva delle domande, rispondeva sinceramente ed era bello poterlo fare.
- A come fare per aiutarti a realizzarti. - era nuovo di quell'esperienza, se si trattava di eseguire ordini o seguire qualcuno era un conto, ma se era lui che doveva prendere le decisioni era diverso. Provava a prendere in considerazioni tutte le variabili, le possibilità, le conseguenze e cercava di valutare, ma non era facile decidere e capire lo stesso. Lui era un angelo e lì si trattava di indirizzare un umano. Indirizzarlo verso dove? La sua nuova strada... ma quale doveva essere questa nuova strada?
Se doveva seguire il libero arbitrio, doveva essere Dean a scegliere, ma se non aveva memoria di prima, se non si conosceva, come poteva decidere?
Del resto non poteva fargli ricordare. Era impossibile.
- E che opzioni ci sono? - Aveva sentore che essendo così introverso e silenzioso, fosse meglio farlo parlare, che esprimesse i suoi pensieri ad alta voce.
- Rimanere qua e continuare così, ma in questo caso rischiamo di attirare l'attenzione delle persone sbagliate, potremmo attirare guai se ci stabilissimo in un posto fisso a fare quel che ci fa sentire bene. -
- Perchè guarisci e la voce si sparge? - Chiese Dean intuendo il punto. Castiel annuì.
- Ci sono dei nemici da cui ci nascondiamo, entità malvagie che ci cercano e che sono attratte da chi fa il bene... - Spiegò pratico Castiel.
- Però tu sei un angelo, stai bene se guarisci, ti senti realizzato, no? - Castiel dovette annuire e lo fece guardandolo con un'espressione rilassata, rasserenata. Dean ci vide la luce in quegli occhi blu che spesso erano oscurati da dubbi e domande.
- Lo sono. La mia natura è aiutare e lo faccio al meglio guarendo. - Dean ormai l'aveva capito. Rimase incatenato al suo sguardo, alla sua espressione particolarmente da 'angelo'.
- Dovremmo muoverci? Potremmo viaggiare, fermarci qua e là per un po' e poi ripartire. Senza fissarci in un posto, ma senza diventare matti a fare flipper. Così continui a fare quello che ti piace e lo facciamo in modo sicuro, no? - Era una cosa che gli veniva naturale. A dei problemi, tirare fuori soluzioni. Quelle migliori possibili, quelle che solo lui in quanto umano poteva trovare.
Castiel lo guardò meravigliato per quanto perfetta fosse quella soluzione.
- Pensavo fossi stufo di viaggiare, lo facevi sempre, non avevi una casa e sembrava ti mancasse una... - Dean non ne aveva idea ma ogni volta rispondeva spontaneamente, senza rifletterci, a seconda di quel che sentiva dentro.
- Suppongo che quel che credevo di volere non era ciò che volevo davvero... - Castiel continuò a guardarlo senza capire e così con un sorrisino aggiunse più diretto: - Pensare di volere una cosa è un conto, che poi sia davvero quella ciò che si vuole è un'altra. Bisogna provare le cose, no? Solo se le provi sai se è così o no. Prima viaggiavo e non ero contento? Beh, ora sto fermo ma non lo sono lo stesso... qualcosa mi manca e sto cominciando a pensare che non siano i ricordi o le persone... e nemmeno proprio la vita di prima. Quanto qualcosa... solo qualcosa... non tutto... dei dettagli... c'erano... - Dean strinse gli occhi e guardò a metà fra Castiel, concentrato su di lui e sulle sue parole, e oltre lui.
Cercava di catturare quel che gli si agitava, quella sensazione, quel lampo che premeva per uscire e che era lì, sulla punta della lingua.
- C'erano delle cose, di quel che facevo, che mi mancano. Che mi piacevano. Non penso volessi buttare via tutto... volevo solo un po' di pace... ed ora ce l'ho. - Con questo tornò a spostare gli occhi su quelli di Castiel catturato dalle sue parole, cercando di capire. Forse c'era, forse era proprio come aveva sospettato.
Castiel si fece sfuggire una di quelle rare espressioni intenerite e dolci che sorprese Dean e rimase in lui senza la voglia di spostarsi e fare altro.
- Sono contento che la senti, la pace. Te la meriti. Ho fatto di tutto per dartela e se penso che sia meglio viaggiare, è perchè so che la manterresti meglio, con maggior sicurezza. - Dean annuì e a quel punto si avvicinò a lui sempre rimanendo seduto a terra, appoggiò il braccio al suo in un unico gesto che per loro era d'affetto. Per i loro canoni.
- Piano piano sento che queste cose incredibili che mi hai detto e mostrato, sono quelle con cui avevo a che fare prima, le sento familiari, per questo sono tranquillo ed accetto tutto. Però sento la mancanza delle cose che mi piacevano. -
Castiel a quel punto si concentrò sul suo sguardo leggendoci dentro, intuendo che c'era ancora qualcosa che non gli diceva, come sempre. Dean aveva quella mania innata, nascondere certe cose.
Quando tradusse quel che vedeva, lo disse senza freni.
- Ti mancano anche le persone. Dici che stai bene così e non ti mancano le persone di prima, ma è solo per non farmi sentire in obbligo di fare qualcosa che non posso. - Dean distolse immediatamente lo sguardo e lo posò davanti a sé, colto in fallo imprecò fra sé e sé e contrasse la mascella stringendosi le mani l'un l'altra.
Castiel sospirò e gli mise il braccio intorno alle spalle cingendolo delicatamente per aiutarlo a dargli sollievo, almeno un po'.
Dean si sentì come di consueto leggero e fece un sorrisino imbarazzato.
- So che fai del tuo meglio per rendermi felice e sereno. E so che i morti non resuscitano. Se li ricordassi starei peggio, è meglio non ricordare in questo caso. Saprei perchè mi mancano tanto... e mi mancano già solo così... -
Castiel si sentiva fortemente dispiaciuto, non sapeva come fare per alleviare quel suo stato, sapeva che era impossibile, che non poteva fare nulla.
Non disse nulla, perchè quando non sapeva cosa dire, molto spesso in effetti, non si sforzava di parlare lo stesso.
- Non ti parlo di loro anche per questo. Più cose sapresti, più staresti male. - Spiegò dopo un po'. Dean annuì.
- Lo so. - Mormorò. Si girò a guardarlo, il suo braccio ancora intorno alle spalle a dargli sollievo interiore, ora in effetti stava meglio e sapendo che era grazie a lui, sorrise e lo baciò.
- Va bene così. - Disse. Castiel si perse a baciarlo, le sensazioni che gli trasmetteva erano uniche, non erano ultraterrene, ma nemmeno terrene, non avevano una collocazione precisa. Erano solo la cosa più bella mai provata, la serenità e la pace infinita gli davano conferma che era veramente giusta quell'unione.
Si sciolsero rimanendo seduti vicini e tornarono a guardare la macchina.
- Cosa pensi che possano essere quelle cose che mi mancano? Lo sai? - Chiese Dean provandoci. Castiel fece la sua solita aria di scuse molto spontanea.
- Scusa... non ne ho idea. Non so cosa di quel che facevi prima, ti manca. Io penso che c'entri con l'aiutare. Ti piaceva aiutare gli altri, solo che lo facevi con un mezzo che ti logorava e ti faceva soffrire. - Dean ascoltò ed assorbì ogni cosa.
- E che altro facevo? -
- Viaggiavi tanto in macchina. - Disse Castiel non sapendo che altro dire.
Dean sospirò e si alzò stiracchiandosi, l'altro lo seguì con lo sguardo.
- Beh, a questo punto lo scoprirò vivendo e provando! - Ma nel dirlo si sentì una strana gioia dentro, l'idea di viaggiare e sperimentare era improvvisamente allettante e non solo. Anche davvero entusiasmante!
Castiel lo percepì e si rasserenò guardandolo curioso.
- Sei contento? - Dean si voltò, rimanendo in piedi, quindi sorrise con sincerità ed una luce rischiarante nel volto.
- Sì! - Fece sorpreso a sua volta. - E' come quando ho sentito che c'era qualcosa fra noi... o quando i tuoi poteri erano veri e non trucchi... sono cose che so istintivamente che sono vere. - Castiel annuì senza sorridere, ma rimase sereno, senza ombre, leggero all'idea che Dean sapesse da solo, dentro di sé, cosa fosse meglio, cosa volesse. Non lo sapeva con precisione, ma piano piano si stava indirizzando, piano piano arrivava a tutto.
Ora aveva la certezza che stavano percorrendo la via giusta, una via calma, senza fretta, con cautela, ma al tempo stesso fiducia uno nell'altro, in quel che Dean sentiva, in quel che Castiel pensava. Fiducia in quel che provavano.
Quel modo di vivere era per entrambi, ma soprattutto per Castiel, completamente nuovo ed inizialmente l'aveva trovato difficoltoso, ma era bello, era particolarmente bello. A modo suo lo era. E poi poteva guarire senza dover combattere o fare cose discutibili, eseguire ordini contro l'umanità e sé stesso.
Vivere i propri sentimenti, sentimenti molto umani, ma al tempo stesso puri, innocenti.
Poter stare con Dean, aiutarlo, renderlo felice giorno dopo giorno, briciola dopo briciola.
Dopo le rispettive riflessioni, Dean batté le mani con entusiasmo.
- Bene, allora... prima la finisco e prima si parte! - Fece riferendosi alla macchina che carezzò come fosse sua figlia. Castiel, nel riconoscere il gesto tipico che Dean riservava sempre all'Impala, si sentì anche meglio. Non sorrise, ma fece un vago cenno con le labbra che il compagno non vide.
Dean era sempre lì con lui e presto sarebbe stato felice come non era mai riuscito ad essere, non completamente.
Sentiva che ci sarebbe riuscito, che quella era una seconda occasione, una preziosa seconda occasione. Non l'avrebbero sprecata, avevano dato tanto, troppo per sprecarla.
Se da quell'inferno ne sarebbe potuto uscire qualcosa di buono, non era certo una pseudo pace fra paradiso ed inferno e bene e male, ma solo questo. Una nuova vita così come la volevano.
Prima l'aveva sperato, ora sapeva che era davvero possibile.