CAPITOLO
VIII:
ESSENZA
Nel
tempo libero, Dean lavorava alla macchina quasi di continuo, era
entusiasta dall'idea di viaggiare per esplorare sé stesso, sentiva
che era la cosa giusta, che sarebbe stato lì che avrebbe trovato le
sue risposte. Dal momento che aveva capito che Castiel non era
pratico in cose umane e non era affidabile, per tutto il tempo che
lui visitava stava in casa, accoglieva la gente, prendeva i soldi.
Inizialmente aveva fatto delle tariffe basse, in quanto era un
esercizio privato. Poi aveva aggiunto le offerte libere. Dal momento
che le persone pensavano di essere miracolate, cosa che poi era
effettivamente vera, erano molto generose, ma soprattutto tornavano
spesso, anche per sciocchezze. Quel che contava era il risultato. Si
guadagnavano da vivere e Castiel si sentiva realizzato.
Dean
era contento per lui.
Visto
che era molto impegnato con la sua attività, il tempo in cui poteva
lavorare all'auto era principalmente tardo pomeriggio e sera, a volte
stava anche gran parte della notte, perchè lasciava che Castiel
andasse nei suoi campi di soccorso per le vittime della guerra ad
aiutare, non gli piaceva dormire solo, quindi se Castiel ci andava,
lui lavorava all'auto.
Stava
venendo su bene, ormai la si poteva dire conclusa.
Era
stato istruito per chiamare Castiel appena avesse sentito o visto
fenomeni strani, per cui anche se andava via, era pronto a tornare al
bisogno. In ogni caso cercava di stare lontano da Dean il meno
possibile.
La
macchina la teneva in garage, al coperto e con a portata tutti gli
attrezzi utili.
La
luce elettrica della lampadina illuminava nel cofano dove Dean era
chinato a fare ciò che per natura sapeva fare senza doverci
riflettere un istante.
Aveva
la chiave a pappagallo in mano e stava stringendo vari bulloni,
quando la luce cominciò a fare contatto, un ronzio si levò e ci fu
un calo evidente di tensione. La prima volta Dean si fermò, ma tornò
subito a lavorare quando smise, la seconda si raddrizzò e la guardò.
Castiel
gli aveva spiegato poco, il necessario.
Tutto
ciò che non era normale e regolare era collegato col sovrannaturale
ed in quel caso lo doveva chiamare, specie se non era nei paraggi.
Dean
cercò di capire se fosse uno di quei casi o se fosse una stupida
lampadina che si stava per fulminare. Quando la luce si regolarizzò
tornò, seppure con attenzione, a lavorare alla macchina. Era
sull'attenti anche se non sapeva bene attento a che cosa. Aveva una
sensazione, il sangue gli ribolliva, le dita erano informicolate e
aveva come una specie di frenesia che l'agitava.
Una
frenesia impossibile da controllare.
Era
il suo istinto?
Dean
se lo stava chiedendo quando sentì chiaramente una presenza alle
spalle e a quel punto, prima ancora di ragionare e aprire lo bocca
per chiamare Castiel, si trovò a brandire il famoso pappagallo in
mano come un'arma e a rivoltarlo contro l'intruso.
Intruso
che deviò il colpo di un soffio.
Lì
a pochi passi da lui c'era un giovane intorno ai trent'anni, sembrava
del tutto normale ed in un primo secondo Dean si chiese se non avesse
sbagliato. Si fermò ed abbassò la guardia il necessario per
ricevere il suo attacco, un attacco ben più letale in quanto andò a
segno.
Il
ragazzo non lo colpì con un pugno, lo scaraventò con un gesto ampio
della mano e finì contro il muro.
Dean
che non era stato toccato rimase stupito di come ci fosse riuscito,
era la prima volta che si ritrovava ad aver a che fare con cose
simili. Per lo meno che ricordasse.
Ma
dentro di sé, mentre il dolore al fianco ed alla spalla lo faceva
ululare di dolore, sentiva che la frenesia era una conferma.
Era
quella la vita di prima.
La
mente ancora reggeva, ma se fosse andato oltre quel dolorino alla
testa, quel ronzio che ora provava, non sarebbe stato sopportabile,
ma lancinante ed atroce.
Non
poté approfondire subito né quella specie di ricordo della sua vita
precedente, né la sensazione perchè gli occhi neri che vide nel
ragazzo gli fecero ricordare le poche parole criptiche di Castiel.
'Hanno
gli occhi neri.'
-
Sei un demone! - Esclamò quindi alzandosi barcollante in piedi
cercando con la coda dell'occhio qualche altra possibile arma, dopo
che il pappagallo gli era volato di mano nello scontro col muro.
-
Dean Winchester. Il famigerato. L'uomo la cui taglia non ha
praticamente prezzo. Il più ricercato dell'Inferno... a proposito,
grazie per averlo reso un posto ancora più infernale. Per colpa tua
ora c'è un tale caos e tante di quelle lotte interne da far scappare
perfino i demoni stessi. Demoni superiori e cavalieri stanno lottando
rendendo casa nostra invivibile! E tutto grazie a te e a quell'essere
dalle manie di grandezza... - Il demone aveva cominciato a parlare, a
loro piaceva sempre farlo e Dean accolse la mania come un pregio
perchè così gli permetteva di prendere tempo.
Finse
di sapere ciò di cui parlasse, spirito di sopravvivenza, si disse,
mentre cercava un'arma con la consapevolezza innata che qualunque
cosa sarebbe stata del tutto inutile.
Castiel
aveva messo protezioni su tutta la casa, ma non sul garage, tipica
ingenuità sua.
-
Come mi hai trovato? - Disse sforzandosi di non elaborare le
informazioni che gli aveva dato e che Castiel si era guardato bene
dal dirgli.
Intanto
girava cauto, le gambe piegate, pronto ad attaccarlo in un
probabilmente inutile corpo a corpo. Che arma poteva usare?
Per
quanto quelle sarebbero potute essere buone, sapeva che nessuna
sarebbe servita.
Era
un demone, doveva solo chiamare Castiel.
-
Quando ci sono arrivate lamentele perchè qua qualcuno guariva,
abbiamo indagato e guarda un po' che colpaccio che ho fatto?
Nientemeno che Dean Winchester solo soletto... mi chiedo come mai
Michael ti abbia lasciato vivere ed addirittura il potere di guarire.
-
Dean
voleva capire cosa gli stava dicendo, ma sembrava fosse più
importante provare a sopravvivere. In qualche modo sapeva che era
spacciato.
-
Non è certo merito di... di chi? - Si lasciò sfuggire Dean mentre
si ricordava che nella giacca Castiel gli aveva messo una boccetta
d'acqua santa senza preoccuparsi di spiegargli quando usarla e
perchè.
La
logica deduzione arrivò anche grazie al famoso istinto che gli
suggeriva tempestivamente le mosse da fare.
Il
demone però si fermò dal girargli intorno come una pantera in
procinto di attaccare la preda, l'intuizione gli dipinse
immediatamente un sorriso sul viso malefico mentre il divertimento si
faceva strada.
-
Tu... tu non sai cosa ti è successo... hai perso la memoria... forse
non tutta, ma non hai idea di che cosa hai fatto e cosa ti è
successo... - Dean si ricordò le parole tassative ed imploranti di
Castiel.
Non
doveva in alcun modo e per alcun motivo cercare informazioni su sé
stesso e su quel che era successo. Doveva assolutamente starne
lontano, ne andava della sua sanità mentale.
Letteralmente.
Era
stato convincente, specie quando nel provare a sforzarsi, aggrappato
alle cose che Castiel gli aveva detto, si era per un momento sentito
strappare via da sé, per un momento si era sentito quasi catatonico,
era stato malissimo. Una frazione di secondo.
Se
fosse stato così per sempre, allora non doveva ricordare.
-
Castiel mi ha detto il necessario! Ora vedi di farti gli affari tuoi,
non sono qua per offrirti una birra! - Disse con la sua solita ironia
una volta arrivato alla giacca che aveva appoggiato accanto alla
macchina.
Quando
l'altro rise, Dean velocissimo prese la fiaschetta di acqua santa e
gliela spruzzò in faccia proprio mentre gli stava per andare
incontro.
Dopo
di questo gli assestò una serie di colpi di combattimento da vero
esperto, lo sapeva da solo, si sentiva tale ad ogni pugno e calcio.
Sapeva come farlo ed in qualche modo era bello, gli piaceva, gli
faceva sfogare energie in eccesso, frustrazioni.
Anche
se... scappando, nel rendersi conto che non aveva possibilità contro
quell'essere che si rialzava sempre, sentiva che di frustrazioni e
rabbia da sfogare non ce n'erano più molte.
Strinse
le labbra.
Se
fosse stato più arrabbiato magari sarebbe stato più facile, si
disse correndo fuori gridando il nome di Castiel sperando che quello
stupido sistema funzionasse davvero.
Era
la prima volta che provava. La corsa fu drasticamente arrestata dal
demone che era subito comparso davanti a lui, Dean ci sbatté contro
e cadde a terra, lo guardò nella notte, poche luci gli permettevano
di vederlo.
Lui,
i suoi occhi neri e l'aria lugubre anche se tecnicamente dalle
sembianze umane.
Eppure
quella paura strisciante, quel rifiuto interiore. Non voleva più
quelle cose, Dean nel provarlo ne ebbe la certezza.
Non
era assolutamente quella la vita che voleva.
Combattimenti,
corse folli e rischi.
Aveva
come un rifiuto.
Invece
di alzarsi e combattere ancora come forse una parte di sé gli diceva
di fare, l'altra, quella stufa marcia, lo lasciò a terra
rannicchiato a coprirsi il viso con le braccia.
Solo
quello.
Poi
la folata di vento caldo e tutto si fermò quasi istantaneamente. Un
rumore sordo, qualcuno che volava a qualche metro di distanza. Quando
Dean scostò le braccia, lo fece in tempo per vedere Castiel chinarsi
sul demone e schiacciargli il palmo sulla fronte. Da questi scaturì
una luce accecante, Dean chiuse gli occhi. L'istante successivo il
corpo del demone era svenuto.
Castiel
si alzò ed andò da lui con una certa fretta, l'ansia nella voce
sempre pacata.
-
Dean come stai? - Chiese sconvolgendo Dean se non altro per il tono
poco da lui.
Annuì
e si rilassò nella posizione lì a terra.
-
Bene... mi ha solo scaraventato a terra un paio di volte, ma sto
bene. Ha una forza micidiale. Lo hai addormentato? - Chiese non
avendo idea di che cosa gli avesse fatto.
Castiel
si tranquillizzò, tornò nella sua posa neutra e si girò a guardare
l'altro essere inerme.
-
No, l'ho esorcizzato. Ora lì c'è solo la persona che il demone
possedeva. Dean, - Fece poi con lo stesso tono piatto, ma guardandolo
con risolutezza e severo. - Dobbiamo andarcene subito. I demoni ci
hanno trovato. - Dean provò l'istinto di chiedergli di più, ma si
fermò.
Non
ne voleva sapere nulla, davvero.
Dopo
aver assaggiato, dopo essersi sentito in quel modo, non ne voleva
sapere nulla, voleva fare altro, starne lontano.
Castiel
lo alzò mentre lui annuiva svelto.
-
La macchina è praticamente pronta, serve solo una lucidata ed il
pieno. Poi la dobbiamo caricare col necessario e... - Non aveva
nemmeno finito di parlare che erano in macchina con tutto pronto e
perfetto. La macchina lucidata e col pieno, caricata del necessario
per il viaggio, e soprattutto carica di loro due.
Dean
alla guida.
Rimase
tramortito per un istante, a quella cosa non si era ancora abituato,
si sentiva girare la testa e questo gli riportava alla mente quasi
dei ricordi. Il mal di testa, il malessere, il ronzio. Castiel lo
guardò preoccupato in attesa.
-
Dean? -
-
Cas... - Fece allora Dean poco dopo, quando si sentì meglio. - se
vuoi che il famoso muro non crolli come quello di Berlino, devi
evitare certe cose, ok? Ogni volta che lo fai mi sento... non so,
come investito da dei ricordi! Mi fa star male! Se dici che certe
cose mi farebbero crollare, tu non puoi usare sempre tutti i poteri
con me. - Castiel lo stava guardando corrucciato cercando di capire
il senso finale del suo discorso e Dean, sospirando spazientito,
disse: - niente teletrasporto, ok? Guarigione ed infusi energetici
vanno più che bene... anche... anche quella cosa che fai quando mi
tocchi e mi sento leggero... - Castiel fece un piccolo vago sorrisino
sornione contento che qualcosa di quel che faceva gli piacesse.
-
Ok. - Disse solo. - Partiamo, adesso. - Dean annuì sempre pronto ad
una qualche replica che non avvenne, anche Castiel era pronto alla
stessa cosa, ma si limitarono a partire e basta, in silenzio
reciproco. Ognuno perso nel proprio mondo.
Castiel
era sorpreso che Dean non gli chiedesse approfondimenti e
spiegazioni, che accettasse tutto così senza discutere. Di solito lo
faceva, ma evidentemente era arrivato davvero ad un livello tale che
si era stufato di tutto ed il nuovo Dean aveva lasciato indietro,
buttando via, tutto quel che l'aveva stufato, logorato ed angosciato.
Dean
si sentiva proprio così.
Provare
sulla pelle qualcosa della vecchia vita gli aveva fatto sentire
quanto non la volesse davvero, quanto fosse stufo.
Per
cui voleva starne alla larga e per farlo doveva accettare di buon
grado quel che Castiel gli poteva dire, ma soprattutto quel che non
gli diceva. Doveva accettare i suoi metodi.
Sicuramente
sarebbe stato meglio della vita di prima, lo sentiva.
Non
voleva ridursi a combattere ancora con demoni e cose simili. E
soprattutto non ne voleva sapere nulla.
Anche
quello che gli aveva detto quell'essere su un certo Michael,
possessioni, distruzioni di inferno... qualunque cosa significasse
non aveva importanza.
Lui
aveva avuto un ruolo determinante in quella guerra che Castiel gli
aveva grossolanamente spiegato come angeli contro demoni. Niente di
più e niente di meno.
Lo
sapeva che lui era stato fondamentale, gli stava bene, non gli
importava altro.
Non
voleva sapere altro.
Chiunque
fosse questo Michael.
Fu
così, nel silenzio di una notte qualsiasi, che Dean e Castiel
partirono alla volta di quella che potevano definire una nuova vera
seconda vita.
Quella
fino a quel momento era stato un interludio, un prologo. Quello di
ora era il vero primo capitolo del secondo libro.
Non
importava com'era stato il primo.
Importava
che ora ce la stavano facendo.
Era
lì alla guida di quella sua macchina costruita con tanto orgoglio e
soddisfazione.
Anche
quello era stato come col demone.
Aveva
sentito, alla stessa maniera con Castiel, che fare macchine era
davvero una cosa che gli piaceva molto. Ma ora, guidarla, viaggiare
nella notte... beh, era ancora meglio che costruirla.
Il
sorriso che si formò nel sentire l'adrenalina scorrergli in corpo e
quella strana incomprensibile felicità, fu sconcertante per Castiel
che, nel notarlo, gli chiese cosa avesse.
Dean
sospirò e scosse il capo soddisfatto e contento, quasi al settimo
cielo.
-
Niente. È solo che era questo che mi piaceva tanto fare. Guidare.
Viaggiare. Non importa per dove. Questo mi piaceva. Combattere esseri
no. Ma viaggiare sì. - Castiel era più sollevato nel saperlo, se
non proprio felice.
-
E riguardo al non avere una casa fissa? Pensavo che lo volessi
proprio perchè non ne avevi mai avuta una... - Dean annuì, si
strinse nelle spalle.
-
Ci sono tanti tipi di case. Uno pensa di volere una cosa, ma poi
quando la prova si rende conto che non era proprio come pensava, come
voleva. E così finisce che... beh, rivaluti tutto. Cambi.
L'importante è non accontentarsi mai, no? Se non si è felici
bisogna sistemare le cose! - Castiel era contento di sentirlo parlare
così, era un Dean molto positivo e maturo, era piacevolissimo
stargli accanto e mano a mano che stavano insieme, aveva la certezza
che in qualche modo tutto quello gli avesse giovato.
Senza
quella specie di spinta non avrebbe mai potuto conquistare
quell'agognata condizione che anelava da molto.
Castiel
glielo aveva letto spesso dentro.
Una
vita in pace.
Quella
era la sua vita in pace, se la stava costruendo, ma senza tutto
quello che era successo, senza una memoria obbligatoriamente persa,
sarebbe stato impossibile arrivarci.
Il
prezzo era stato alto, altissimo. Sicuramente tornando indietro
avrebbe fatto di tutto per cambiare e non farglielo pagare.
Sam,
Bobby e tutte le persone morte non erano valse la pena.
Però
se da quell'orrore ne poteva cavare fuori qualcosa di buono, beh, la
felicità di Dean e la sua pace erano quella cosa. Castiel ora ne era
certo.
-
Che hai tu ora? - Chiese Dean guardandolo mentre guidava per le
strade deserte e notturne.
Castiel
si strinse nelle spalle e rispose semplicemente.
-
Sono contento che hai la tua pace. Per me era la cosa più
importante. -
-
E le tue cose da angelo? - Chiese Dean sapendone comunque poco.
-
Continuerò a farle, ma non sarai mai secondo a quelle. Sei troppo
importante. - Castiel arrivava a dirgli le cose più belle e profonde
come fossero di poco conto e normali. Dean si sentì investito da
qualcosa di caldo e forte, dentro di sé. Gli occhi gli bruciarono ed
inghiottì, mentre Castiel si girava a guardarlo sorpreso perchè non
capiva come mai fosse tanto emozionato.
Anche
Dean lo guardò ed in quel secondo in cui gli occhi si intrecciarono,
ebbero conferma dei reciproci sentimenti.
Poi
tornò a guardare la strada e poco dopo, quando fu meno commosso,
disse più tranquillo e fintamente spaccone.
-
Ad ogni modo... - Fece. - questo si definisce 'amore'. - Castiel lo
guardò senza capire. - Dici che non sai definire quello che provi,
ma me lo descrivi. Ecco, sappi che la definizione, il termine è
'essere innamorati', 'amarsi', 'stare insieme'. - Lo disse in più
modi senza vergognarsi molto, solo un po', ma la sua espressione
ebete valeva la pena. Castiel si appuntò la lezione appresa ed annuì
serio.
-
Amarsi. - Dean annuì ridacchiando.
-
Già... -
-
Allora era questo il tipo d'amore umano. Quello per cui tanti fanno
pazzie ed alcuni angeli addirittura cadono. - Beh, lui era fra
quelli, poi. Ma Dean non glielo fece notare. Era una delle poche cose
che gli aveva accennato di sé. Si era scostato dagli altri angeli
per seguire lui. Quello era cadere per amore.
-
Ti piace? - Chiese fintamente alla leggera.
Castiel
ovviamente rispose più serio che mai.
-
Vale ogni pena. - Questo fu molto più di qualunque altro discorso
romantico. Castiel non lo era, non lo sarebbe mai stato. Nemmeno
Dean. Non erano nemmeno molto fisici. O meglio Dean sì, ma Castiel
no. Per cui sarebbe sempre stato un rapporto particolare, tutto loro,
tutto diverso da quello degli altri.
Un
rapporto stretto, forte, una connessione indissolubile, eterna,
imprescindibile, inscalfibile.
Qualcosa
per cui valeva ogni pena.
Anche
se ora, finalmente, di pene non ce n'erano più molte.
Dean
sospirò e per togliersi da quella specie di imbarazzo, accese la
radio, scorse le stazioni fino a trovarne una con della musica che,
sempre ad istinto, gli piaceva molto.
Castiel
sorrise sornione e Dean capì.
-
Era la musica che mi piaceva? - L'angelo annuì senza dire nulla. -
Che gusti fantastici che ho! - Si complimentò poi con sé stesso col
suo solito modo, Castiel si rilassò sentendolo contento, convinto,
elettrizzato.
Lo
era davvero.
Mano
a mano che provava e scopriva ciò che gli piaceva o non gli piaceva.
Non
sapeva cosa gli sarebbe potuto piacere, aveva provato una serie di
cose, alcune erano andate male, altre bene.
Però
sapeva che era sulla giusta strada.
Si
sentiva di tradire una parte importantissima di sé nell'accettare
quei ricordi mancanti, nel non voler ricordare le persone e le cose
'di prima'. Però aveva quell'occasione di essere felice. Piano
piano, forse, avrebbe ricordato, piano piano avrebbe accettato. O
forse no.
Forse
non era giusto così. Forse era deplorevole. Forse non era da lui.
Ma
il desiderio di pace, di essere felice e sereno erano tali che ormai
era impossibile opporsi a quello. Una volta che lo provava, lo era.
Altre
cose avrebbe provato, altre le avrebbe rifiutate, altre le avrebbe
accettate. Avrebbe fatto la sua vita, una vita che gli sarebbe
piaciuta, una vita che meritava perchè aveva dato fin troppo ed era
giusto così, ora.
Viverla
a modo suo.
Poteva
essere strano come un paesaggio notturno che scorreva intorno a lui,
una macchina di vecchia annata, un'autostrada dritta, una compagnia
importante accanto, una nuova meta sconosciuta da trovare e la musica
rock... era strano come tutto questo potesse bastargli per farlo
sentire finalmente bene.
Le
campane di Hells Bells degli ACDC accompagnarono Dean, la chitarra lo
fece sorridere e la voce del cantante lo vide addirittura cantare una
canzone che dentro di sé conosceva ancora.
Lì,
sull'autostrada ed il mondo che scorreva nella notte.
La
sua vita, le sue scoperte, le scoperte di sé, lo attendevano.
Anzi,
li attendevano.
Sarebbe
andato tutto bene in qualche modo.
FINE