NOTE:
doveva essere una breve one shot di non più di 5/6 paginette. Avevo
quest’idea per una destiel AU, derivata da un paio di fan video destiel
meravigliosi e da qualche fan art trovata in rete. E così ho scritto.
Ma poi io NON SO cosa significa essere breve. Ed ho fatto 35 pagine! -_-
I protagonisti sono Dean e
Castiel, sono in un universo alternativo dove il sovrannaturale non
esiste ed ho fatto alcuni cambiamenti che vedrete. Il particolare di
questo AU è che Dean si prostituisce spontaneamente e liberamente. E
Castiel lo incontra in quella sua particolare attività dopo una crisi
personale che l’ha portato a perdere la strada. Riusciranno insieme a
ritrovare sé stessi e a rialzarsi? Giuro, doveva essere una one shot
molto hot e molto veloce. E invece ho scritto, articolato, aggiunto,
approfondito. L’ho divisa in due parti. E che dire? Spero che piaccia.
Non so quanto possa essere originale l’idea, ma è quella che mi è
venuta vedendo alcuni video super meravigliosi. E spero che i due
cuccioli siano IC, odio l’OOC ma essendo che li ho traslati in una
realtà diversa dalla loro, non è facile rendere alla perfezione l’IC.
Basta parlare.
Buona lettura. Baci Akane
OCCHI ANIMA CUORE
PARTE PRIMA: NON UNO COME GLI ALTRI
Un amaro sapore mi rimane
in bocca, ma appena esco dalla camera del motel contando i soldi, mi
tengo una banconota in mano e vado alle macchinette delle bibite da cui
prendo una birra in lattina.
La apro e la bevo subito cancellando quel disgustoso sapore del cazzo.
Cosa pensa la gente quando ti viene in bocca? Che sia una crema prelibata?
Sbuffo e con sollievo sento l’amaro più piacevole della birra, ben diverso da quello schifoso di sperma di prima.
Mi giro prendendo fiato dal
lungo sorso e mentre mi rilasso un po’ in quest’aria fresca, mi esce un
rutto esattamente mentre i miei occhi si incrociano con quelli di un
altro uomo.
Praticamente gli rutto in faccia e sto per riderci su con una battuta, quando vedo che però né ride, né si scoccia.
Mi fissa. Serio. Senza battere ciglio.
E mi lascia immediatamente a disagio, tanto che ovviamente forzo la battuta.
- Vuoi un sorso? - Poi penso che
da come mi fissa forse vuole altro, così anche se ho appena concluso
con un cliente, potrei rimontare in sella. Tanto di solito sono attivi
e non gliene fotte un cazzo di farti venire. - Di birra o di
qualcos’altro. - Lascio chiaramente intendere quel che dovrebbe capirsi
subito.
È la zona delle troie froci. Se
sei qua, sai cosa trovi. E questo motel non dico che sia usato solo da
noi puttane, ma anche sì.
Lui continua a fissarmi nella
penombra della notte, le luci dell’edificio alle mie spalle sono poche,
alcune lampeggiano, una lettera della scritta è spenta e fa un ronzio
fastidioso. Mi pare che lui sia carino.
Mi avvicino, non risponde, ma non se ne va.
Un altro sorso, mi fermo davanti a lui, gliela porgo. Lui non la guarda nemmeno.
Lo vedo meglio ed è davvero bello, un bel culo di questi tempi.
Ha due occhi blu intenso che mi
penetrano, ma quel che colpisce è l’intensità del suo sguardo che
scruta dritto dritto nei miei, sfacciato. E quella piega saccente della
sua bocca ben disegnata dentro cui ci metterei volentieri il mio cazzo.
A volte non me ne frega, a volte
non me ne frega proprio nulla. Altre trattengo a stento la voglia di
vomitare. Ma questa notte posso divertirmi, per una volta.
- Potrei anche farti uno sconto
se continui a fissarmi così… l’ultimo che l’ha fatto… mmm… - Faccio
intendere suadente che gli ho fatto un servizio favoloso, ammicco. Lui
a questo punto forse realizza cosa intendevo e si riscuote come se si
svegliasse ora.
Non dice nulla, se ne va e basta.
Peccato, mi sarebbe piaciuto farmi un giro con lui. O su di lui.
Lo rivedo la notte successiva,
al bar vicino alla mia zona. È il solito bar, ci raduniamo qua per non
stare in strada, il proprietario è gay e prima di aprire questo bar del
cazzo ci è passato e sa che a volte questa strada di merda non ha
alternative. Perciò, come dire, ci dà una mano tenendoci qua in cambio
di un giro tranquillo e niente scenate.
- Allora? Com’è stasera? - Chiedo a Sam, il barista che è anche mio amico, se posso permettermi il lusso di averne uno.
Ne è uscito, lo ammiro. Ha
aperto un’attività. Anche se un’attività di merda. Però ha un bar e non
fa lo stronzo con la sua vecchia vita.
Sam è un bel ragazzo, ci ho provato molte volte ma lui non vuole incasinarsi con una puttana.
- Solito. - Mi risponde dandomi una birra.
La serata è appena iniziata, mi
giro verso il locale rimanendo appoggiato al bancone e guardo un po’ la
gente che gira, alcuni sono miei colleghi, altri clienti in cerca della
scopata giusta.
Qua si trova un po’ di tutto.
Dal gay al trans, dall’attivo, al passivo. Sadomaso, pratiche
alternative, checche, virili, master, di tutto insomma.
Io mi adatto.
Sto cercando qualcuno per stanotte, ma una presenza attira la mia attenzione.
Entra ed è come se si capisse
che non è qua per scopare a pagamento. È un fiore fra i rovi. È
completamente fuori luogo. Non può assolutamente essere qua per scopare
e guarda caso è il tizio di ieri.
Sapevo di averlo colpito, si è
pentito di non aver accettato la scopata e mi ha cercato. Mi avvicino e
lui quando mi vede, si siede in un tavolino. Lo prendo per un invito e
mi siedo con lui senza chiedere.
- Ehi, amico! - Lo saluto
allegro e ironico. Io non sono il frocio effemminato, sono attivo ma
anche passivo all’occorrenza. Però non mi piace fare la femmina.
Insomma, solo il gay virile che scopa per soldi, si adatta un po’ alle
richieste, ma non sono per nulla morbido e diva.
Lui mi guarda con lo stesso maledetto sguardo di ieri sera. Fanculo, non so se lo odio o se mi eccita.
Mi mordo il labbro, non risponde ma mi fissa.
- Si può sapere cosa diavolo hai
da guardare? Se vuoi scopare per me va bene. - sono diretto, mi seccano
queste perdite di tempo e lui non sembra sapere cosa diavolo vuole.
Poi mi viene il dubbio.
- Sarai mica vergine? Forse vuoi
capire se sei gay… in questo caso puoi avere un prezzo di favore. - Lo
dico senza ricordarmi d’avergli detto una cosa simile ieri sera.
- Pensavo d’avere già lo sconto. - E finalmente parla!
La sua voce è bassa, penetrante e roca e maledettamente erotica. Mi scaldo.
Sorrido malizioso.
- Allora avevo ragione, sei
venuto per questo! - Dicendolo gli prendo le mani allacciate sul
tavolo, lui le guarda ma rimane fermo, non si sposta, non ricambia, sta
lì e si fa fare.
Non capisco, è fuori dal mondo, come se non fosse proprio umano. Ha anche modi robotici, quasi.
Che sia un malato di mente?
- Senti, si può sapere che diavolo vuoi? - Lo chiedo dubitando che mi fissi così per scoparmi.
Lui però piega la testa e
continua a fissarmi senza dire nulla, così mi innervosisco e alzando
gli occhi al cielo lo mando a quel paese alzandomi.
- Senti, quando ti decidi
avvertimi, sai dove trovarmi. Nel frattempo… - Alzandomi, mi scontro
con un altro ragazzo e sono lieto di imbattermi in un cliente che non è
per niente indeciso.
Ridendo me ne vado con lui poco dopo, non ci metto molto.
Andando via, gli lancio uno
sguardo. È ancora lì che mi fissa. Dannazione, mi mette a disagio, non
mi mettono mai a disagio. Cazzo. Fanculo.
Scopo infastidito, ma lo soddisfo abbastanza e mi paga senza lamentarsi.
Quando finiamo lui se ne va subito, io mi faccio una doccia veloce. Mi sento sporco. Mi sento sempre sporco quando finisco.
Il solito sapore amaro. Guardo i
soldi che mi ha dato e le macchinette dove c’è solo roba analcolica.
Hanno finito la birra, quando cazzo la riempiono?
Imprecando torno al bar
dall’altra parte della strada. Non è molto tardi, mi riposo un attimo e
poi vedo se riesco a fare qualcos’altro.
Al banco prendo un’altra birra, Sam mi chiede come è andata, io rispondo spavaldo che è andata alla grande.
- Il tuo amico non si è mosso da
quando te ne sei andato. - Dice poi indicando con gli occhi dietro di
me. - E ti fissa ancora. - Aggiunge piano. Sorpreso, mi giro e lo vedo
lì. Non ci credo!
- Ma chi diavolo è? - Chiedo curioso.
Sam si stringe nelle spalle senza averne idea.
- Mai visto, è la prima volta. -
- Ma ha preso o detto qualcosa?
- Sam dice che ha preso solo dell’acqua tutta la sera ed un caffè. E
così in pratica non ha preso nulla. Però non potendo mandarlo via
perché non ha detto e fatto niente, lo ha lasciato lì.
- Credo che lo hai colpito,
guardava tutti quelli che entravano, quando sei tornato non ti ha
staccato gli occhi di dosso. - Sam mi spiega tutto ed io rimango
colpito, inquieto e al tempo stesso intrigato.
Lo guardo oltre la mia spalla, vede che lo guardo, ma non distoglie.
- Beh, prima non ha detto nulla,
solo che ricordava lo sconto che gli avevo promesso ieri. Ha una bella
voce a proposito. - Sam ridacchia annuendo e per come mi conosce,
questo sguardo la dice lunga su quello che pensa. - Ehi, non mi
interessa. Non cercherei qua qualcuno che mi piace! - Dico schietto.
Sam alza le mani e fa la faccia d’angelo.
- Comunque non so chi sia. Non è andato con nessuno. - Con questo sbuffo, lo fisso un po’ e poi scuoto la testa.
- Se vuole qualcosa da me, che si faccia avanti. - Faccio così per il resto della serata. Lo ignoro pur sapendo che mi scruta.
Quando finisco col secondo
cliente è tardi, il locale è quasi vuoto, lui è ancora là, ma io scuoto
la testa di nuovo e me ne vado senza dire nulla. Col suo sguardo
penetrante ed inquietante che mi osserve.
Mi ha scelto. Ma per cosa?
Si facesse avanti…
La sera dopo è di nuovo lì e di
nuovo non si fa avanti. È venuto prima di me, sperava di rivedermi. Non
mi stacca gli occhi di dosso. Adesso mi sono rotto il cazzo. Stasera
non andrà via senza dirmi cosa diavolo vuole.
Comincio come mio solito, una
birra, un cliente. Non succede nulla, ma la serata è la solita, in
media almeno due a notte me ne escono, poi solitamente vado a dormire.
Questa sera, vedendo che lui è
rimasto di nuovo lì tutto il tempo a fissarmi, come se fosse il mio
fottuto pappone del cazzo che non ho, faccio finta di andarmene a casa,
saluto Sam e vado.
Poi mi fermo fuori, dietro l’angolo del bar e aspetto.
Poco dopo lui esce, come
immaginavo. Infastidito mi faccio avanti, mi sta cercando? Che me ne
frega. Lo afferro e lo tiro verso la mia vecchia Impala. Lo schiaccio
contro e lo blocco col mio corpo forte.
Il parcheggio è di lato al bar, non davanti, non dà sulla strada e a quest’ora è mezzo vuoto. Ma soprattutto è al buio.
Lo spingo sulla portiera del
passeggero e lo blocco, poi lo guardo tenendolo fermo. Le mani sul
colletto del suo impermeabile da maniaco. Che gusto nel vestire!
- Adesso mi dici cosa vuoi da
me. Oppure ti picchio così forte che non avrai più voglia di fissarmi!
- Gli do la scelta di parlare, di solito picchio e basta.
Lui è sorpreso della mai
reazione, i suoi occhi fottutamente blu mi fissano, la sua bocca resta
serrata e così lascio che le mani passino dalla sua giacca lunga, alla
cintura dei suoi pantaloni.
- Magari ti aiuto a capire. - Perché non lo picchio e basta?
È un bel tipo, ma non più di altri.
Ma lui mi ha fissato come nessuno ha fatto.
E mi lascia a disagio, un
maledetto fottuto disagio. È impossibile che le mie mani si fermino.
Gli apro i pantaloni e lui continua a fissarmi, le mani abbandonate
contro l’auto, non mi respinge, non parla.
- Forse sei timido, vuoi capire
se sei gay? Non sai da dove iniziare? - La bocca sulla sua guancia,
lenta si sposta verso l’orecchio. Prendo il suo lobo fra i denti e poi
la mia mano trova la via del suo inguine. Glielo sto per afferrare da
sotto i pantaloni ed i boxer, quando parla, finalmente.
- Perché lo fai? - E questa è una domanda da un milione di dollari, specie perché è idiota.
Mi fermo e stacco la testa dal suo collo per guardarlo corrucciato, la mano ancora nei pantaloni, ma fermo.
- Perché è il mio lavoro. - Rispondo tornando poi al suddetto lavoro.
- Intendo proprio perché fai questo lavoro. - Sembra sia molto logico.
Vorrei sapere da dove è scappato questo qua!
- Perché la paga è buona ed io sono il mio capo! - Rispondo sbrigativo, odiando questo genere di atteggiamento.
Mi inginocchio davanti a lui tirandogli fuori il cazzo, glielo sto per leccare, ma torna con un’altra domanda da genio.
- Potresti comunque fare altro. - Insiste piatto, calmo, senza la minima agitazione.
La mia bocca sta per chiudersi sul suo cazzo, ma decido di masturbarlo mentre gli parlo sulla pelle sensibile del suo inguine.
Alla faccia del picchiarlo e metterlo a posto. Sono impazzito?
- Scopare per soldi non è poi
così male se sai gestire le situazioni. Ed io le so gestire. - A questo
punto sto per avventarmi sul suo famoso cazzo che mi pare proprio inizi
a scaldarsi, ma lui mi mette le mani sul mio viso, sulle mie guance, e
mi ferma sollevandomelo. Rimango in ginocchio davanti a lui, le mani su
di lui, ma gli occhi sui suoi, dal basso all’alto. Come se gli stessi
facendo una dichiarazione d’amore.
- Non lo credi davvero. Non fai
questo se non devi punirti. Perché ti odi tanto? Pensi di non meritare
di meglio, che va bene anche così, però sai che non è vero. E te lo
dico io. Tu meriti di meglio. Non importa cosa hai fatto. -
È come se mi pugnalasse.
A volte i predicatori vengono a
fare questi discorsi, ma non si fanno tirare fuori il cazzo, non hanno
questo approccio e soprattutto non sanno guardarti in questo modo quasi
divinatorio.
Io… non lo so, è come se con
questi occhi lui mi avesse davvero letto dentro. A disagio, straziato,
fatto a pezzi e calpestato, mi alzo velocemente e arrabbiato lo stacco
dalla macchina, faccio il giro per salire ed andarmene. Lui è lì coi
pantaloni aperti, si sistema senza distogliere gli occhi penetranti dai
miei.
Scuoto la testa incredulo,
mentre mi sento a pezzi solo per quello che ha detto, il modo o non lo
so. Non lo so. Non è la prima volta, ma è la prima così. Così. Con
degli occhi che mi denudano in questo modo.
Lo punto col dito dandomi un tono da bullo.
- Vaffanculo, non sei nessuno
per parlarmi così e non sai un cazzo di me. Vattene, se domani sei
ancora qua ti faccio a pezzi e fidati che non vorresti provarlo!
-
Lui rimane lì a fissarmi sempre
un po’ perso, ma comunque convinto di quel che ha detto. Credo che non
capisca la mia reazione, perché ho reagito male, perché me ne sto
andando.
Ma non ribatte nulla, così io salgo in macchina e parto sgommando.
Fanculo, pezzo di merda. Fanculo.
Ripensarci tutto il giorno,
tutto il fottuto giorno. E poi tornare lì con l’ansia ed il cuore in
gola, e questo dilaniante odio contro me stesso.
Non so se voglio rivederlo per
ucciderlo o per scoparlo e la cosa mi irrita, ma ancora di più mi
irrita il modo in cui mi guardava.
Dall’alto in basso, da fuori a
dentro. E sembrava sapere così tante cose di me. Ma non lo sa, lui mi
ha solo guardato ed ha capito qualcosa che io mi rifiuto di capire.
Non voglio rivederlo, mi lascia a disagio, mi obbliga a guardare cose che non voglio. Mi sento fatto a pezzi.
Però torno al bar la sera dopo e mi guardo subito intorno. Poi, con delusione, noto che non c’è.
Mi sento un coglione.
Gli ho detto di lasciarmi in pace e lo ha fatto. Mi ha preso in parola.
Forse è meglio così, in questa vita che faccio non ci sono spazio per sentimenti, sarebbe comunque un disastro.
La serata procede come al solito, stento a trovare un cliente decente, in tutti cerco i suoi occhi od il suo modo di guardarmi.
Non lo trovo, comunque vado con un uomo dagli occhi azzurri simili ai suoi.
Cosa diavolo mi ha fatto quel bastardo?
La scopata non valeva la pena, ma metto via i soldi e sbuffo considerando l’idea di andarmene a casa per stanotte.
Che senso ha questa vita che faccio?
Ma è la sola.
È la sola adatta a me.
Perché è questo che merito.
Esco dalla camera del motel e
controllo le bibite nelle macchinette automatiche. C’è una birra.
Giusto una. Non ho voglia di tornare al bar, sembrerebbe che voglio
ancora lavorare e non è così.
Mi infilo le mani in tasca e
cerco una banconota, ma dietro di me un braccio si intrufola e senza
farsi vedere in faccia, mi paga la birra.
La prendo sorpreso e con un sorriso ironico e malizioso insieme mi giro pensando che forse è presto per andare a casa.
Quando lo vedo, però, rimango bloccato. Sospeso in un vuoto dove sotto di me c’è solo il buio.
Lo stomaco si contrae come se stessi per vomitare, l’ansia esplode ed io mi sto sentendo male.
- Sei tu. - Dico duro cercando disperatamente di darmi un tono.
I suoi occhi blu mi fissano penetranti spogliandomi senza muovere un muscolo.
È così vicino a me che lo spazio
vitale è un vecchio ricordo, non respiro, mi viene da abbassare lo
sguardo, mi perdo sulla sua bocca.
Bella.
- Volevo scusarmi per ieri, non erano affari miei, forse. - Così lo guardo di nuovo di scatto.
- Forse? Puoi giurarci che non
lo erano! - Rispondo brusco e arrabbiato, ma lui non si fa indietro, mi
rimane davanti, a pochi centimetri da me, sempre a fissarmi in quel
modo. In quel maledetto modo!
Ecco cosa odio. Odio che mi fa sentire inferiore solo con uno sguardo. Ed io odio sentirmi inferiore!
- Si può sapere che diavolo vuoi
una volta per tutte? Che cazzo te ne fotte di me e della vita che
faccio? Sei un predicatore? Un prete? Che diavolo sei, che vuoi? - Come
mio solito attacco quando sono a disagio e lui non mi dà spazio, così
lo spingo per prendermelo da solo. Quel brevissimo contatto mi ha
elettrizzato.
Lo voglio, cazzo.
E poi realizzo. Lui resta qua, non se ne va e mi fissa con quell’aria da saputello misto turbato.
Lo vuole quanto me.
Lo vuole. Sa che è sconveniente, disapprova le troie, il sesso occasionale… ma lo vuole. È lui ad essere combattuto.
- Non sono nessuno, ti ho
incontrato per caso l’altra sera e mi hai colpito. - La mette giù
facile. Io sorrido malizioso cambiando immediatamente aria, non sono
più aggressivo. Mi calo nel mio ruolo, un ruolo che so interpretare
bene.
Gli prendo la cravatta
allentata, i primi due bottoni della camicia sono slacciati ed è
lasciata fuori dai pantaloni, sotto il suo impermeabile beige. Riprendo
le chiavi della stanza da cui sono appena uscito e lo tiro portandomelo
mentre cammino all’indietro verso la porta.
Lui mi segue senza capire, turbato da questi miei modi.
- Lo so benissimo cosa vuoi. E
mi va bene. Sei un po’ difficile, non pensi che sia il caso, ma lo
vuoi. Saprò convincerti che invece va bene, va benissimo. Non ti
pentirai… - Non parlo dei soldi di proposito, altrimenti se ne
andrebbe.
E sta per cedere, si vede da come è rigido e non respira, in quell’aria turbata e dura.
Appena metto la chiave nella
serratura, lui però scuote la testa, alza le mani e si fa indietro
sfilando la cravatta dalla mia mano.
- No, senti, non è questo che
voglio… - Rido schernendolo, ma lui se ne va senza aggiungere nulla. Lo
stronzo cambierà idea. Domani lo aspetto al varco.
Ci penso il resto della notte, mentre completo con un orgasmo della mia mano.
Il migliore da un gran lungo periodo.
La notte successiva lui non si presenta proprio.
Rimango a fissare l’ingresso del
bar, poi esco e cerco nel parcheggio, nel motel. Sto fino all’alba, ma
non ci sono cenni di vita.
Non i suoi.
Che delusione, davvero non verrà più?
Ma poi che cazzo me ne fotte?
Andiamo!
Non ha senso! Chi lo vuole?
È un bel tipo, ma si crede superiore, mi guarda per farmi sentire una merda, magari vuole cambiarmi, cosa sono, la sua missione?
Eppure mi farei scopare gratis da lui.
Quando lo rivedo la notte successiva, il mondo sparisce.
L’emozione mi assale come un
treno in corsa, mi sento a pezzi e non me ne importa. L’euforia.
Quell’euforia non l’ho mai provata.
Lui è tornato, ma ha un’aria un po’ strana, un po’ diversa dal solito. Non è uno stoccafisso rigido come sempre.
Mi giro al bancone del bar, lo vedo entrare ed è come se per un momento tutto sparisse.
Mi cerca, mi trova, si illumina, ma ha un’aria seria, risoluta, quasi arrabbiata. O fuori di sé. Non lo so.
Forse si deciderà.
Aspetto, non faccio mezzo passo. Lui viene da me, mi fissa sempre diretto, ma non per leggermi dentro. È un altro sguardo.
- Quanto per una completa? - Chiede imitando i clienti che ha osservato approcciarmi le notti precedenti.
Trattengo il fiato ed un’ondata d’eccitazione misto a delusione mi assale.
Cosa significa?
Gli dico il prezzo. Vuole giocare? Vuole mettermi alla prova? O mettersi alla prova?
Ok, ci sto. Giochiamo. Vediamo fin dove arrivi, principino!
E così annuisce e mi fa il segno
di andare, io sorpreso metto giù la birra dopo averla finita e lo
precedo verso la solita stanza.
Emozione. Stupida emozione, mi tremano le gambe e le mani. Sono un coglione.
Cosa diavolo mi ha fatto questo tipo? Cosa?
Porca puttana, quanto lo voglio.
Aria viziata.
Nemmeno la sento.
Vado avanti io, lui mi segue, la
porta si chiude silenziosa, mi muovo verso il letto, lo affianco,
lascio giù le chiavi ed il telefono sul comodino, poi mi giro e mi
tolgo la giacca guardandolo. Sta fermo a fissarmi serio, forse ci ha
ripensato.
Non importa cosa senti, Dean. Devi solo andare avanti.
Lui mi fissa ancora per un
istante con quei suoi occhi maledettamente erotici, mi penetra, mi
denuda. Trattengo il fiato per un momento ed infine ecco che si decide
a togliersi l’impermeabile.
Mi mordo il labbro, rimango un attimo fermo.
Si prende la cravatta, la apre e
la sfila da un lato del colletto della camicia slacciata. Continua poi
ad aprire i bottoni ed i suoi movimenti sono seccati, decisi, come se
fosse arrabbiato. Completamente un altro. Non è per nulla indeciso sul
da farsi.
Beh, meglio così. Mi eccito subito.
Mi avvicino togliendomi la
maglia prendendola dalla vita. I jeans ancora addosso. Lui mi viene
avanti a torso nudo. Ha un bel corpo, non allenato come il mio, ma
piuttosto piacevole.
Le mani sulla sua cintura, tiro
e la slaccio. Lui mi guarda fisso e sentendolo alzo gli occhi sui suoi,
vicinissimi ci respiriamo.
Il mondo svanisce velocemente e l’emozione è talmente alta che mi sento un idiota.
Un idiota che bacia per la prima volta.
Non lo faccio, ma ora mi ritrovo a farlo ebete solo perché è un bel tipo. O perché mi guarda così.
Le nostre lingue si intrecciano
nelle bocche che apriamo ed uniamo, si fondono in un istante ed è tutto
elettrico e caldo, le scintille mi attraversano e non capisco più un
cazzo.
Solo che le sue dita mi aprono i
jeans aderenti e febbrili scivolano sui fianchi e poi dietro, si
infilano sotto la stoffa e cerca di abbassarli.
Adesso è impacciato.
Sorrido mordendogli il labbro e
lo aiuto lasciando perdere i suoi aperti ancora addosso. Faccio un
passo indietro e abbassandomi me li tolgo da solo. Poi rimango giù in
ginocchio davanti a lui e gli prendo i suoi portandoli giù insieme agli
slip bianchi.
Mi lecco le labbra mentre
sorrido lussurioso. Lo guardo, mi riempio del suo membro a riposo che
appena sfioro con le dita, mi pare che diventi elettrico.
Lo sollevo verso la mia bocca,
lo lecco con la punta della lingua. Mi viene incontro istintivo ed io
lo fermo tenendolo con l’altra mano. Gioco disegnando intorno alla sua
punta e poi sfiorandolo su tutta la lunghezza. Lecco alla base, la sue
pelle sensibile, tutto l’inguine fino a che lui geme. Alzo lo sguardo e
la sua espressione nel piacere è estremamente erotica. La testa
all’indietro, le mani che faticano a stare ferme lungo i fianchi.
Così lo accontento e lo prendo in bocca. Finalmente lo avvolgo e finalmente mi piace succhiare un cazzo.
A volte c’è qualcosa di diverso al primo colpo, non serve conoscersi per godere.
Per piacersi.
Spinge il bacino nella mia
bocca, spingendo via via sempre più intensamente. I suoi gemiti rochi
riempiono l’aria e mi eccito pure io, toccandomi.
Sembra un novellino, credo sia
vergine, lo sento già al limite, così mi separo prima di farlo venire,
cerco di prolungare il suo piacere e mi guarda stralunato, come se non
capisse perché mi sono interrotto ora.
Mi alzo e sorridendo malizioso
mi siedo sul letto, ho ancora i boxer aderenti. Scivolo in su sul letto
e lo aspetto, lo guardo mentre mi succhio un dito e finalmente mi
raggiunge. Sale.
Se vuole fare l’attivo lo accontenterò. Con lui potrei fare qualunque pratica.
Sale in ginocchio accanto a me e mi guarda esitante. Esita anche con le mani. Esita.
Mi fissa il corpo atletico e asciutto, gli piaccio.
Così apro le gambe, punto i
piedi e spingo il bacino verso di lui. Le mani alte sopra la testa.
Sono in totale attesa di lui e lui finalmente si decide a toccarmi
l’addome scolpito. Sussulto. Ha un tocco dolce. Maledettamente ingenuo.
E altrettanto ingenuo scende in basso. Esita sull’elastico dei boxer,
ma poi li abbassa piano, come se fosse un crimine, come se stesse
combattendo con sé stesso. Lo guardo ed è effettivamente turbato da
quello che fa, ma gli piace da morire. Così spingo ancora un po’ il
bacino e si decide a prendere bene quel poco che mi copre e a tirarmelo
via.
Finalmente sono nudo davanti a
lui e finalmente può toccarmi come si deve. Sono già eccitato, il mio
cazzo spicca dritto fra le mie gambe, lui lo guarda sorpreso ed io
rido, così gli prendo la mano e mi carezzo attraverso la sua.
Timida, incerta, impacciata mano che piano piano diventa sempre più sicura, perché capisce che è più bello di quel che pensava.
Forse è un prete ed io gli sto facendo perdere i voti. Lo sto deviando, lo sto portando sulla via del peccato.
Mi mordo il labbro alla fantasia
e lascio che mi masturbi da solo. Sposto la gamba e lo avvolgo con
entrambe, lo sistemo in mezzo e lo circondo deciso, alzo il bacino e
strofino il cazzo che ora lascia contro il suo ventre, sono duro ed
eccitato e poi scendo e le nostre erezioni si incontrano, si incrociano
e si strofinano. Lui getta la testa indietro, gli occhi chiusi, la
bocca aperta. Abbandonato ad un piacere così intenso che non lo può
controllare.
Così per oggi gli darò il
ricordo più bello di tutti e mi farò prendere, se lo scopassi io
sarebbe traumatizzato e non tornerebbe.
Quando lo sento e lo vedo duro e
al limite, mi sciolgo dal suo bacino, tolgo le gambe da lui, mi giro di
schiena e mi piego in avanti, schiacciando il viso ed il busto contro
il materasso. Afferro le lenzuola e mi giro con la testa a guardarlo.
- Avanti.. - Non so nemmeno come si chiama. Ma mi guarda come se stessi peccando di eresia.
Sì, credo sia un prete.
Ridacchio e realizzo che non posso aspettarmi che ce l’abbia lui, così
mi allungo sul bordo del letto e prendo dal cassetto un preservativo.
Lo apro coi denti, mi giro e malizioso glielo infilo rimanendo a
carponi davanti a lui, poi gli prendo il cazzo di nuovo in bocca e ci
lascio un po’ di saliva.
Infine torno a girarmi nella
posizione perfetta di prima, aperto e pronto per lui mi succhio un dito
e poi me lo porto dietro. Me lo infilo da solo, mi apro meglio per lui,
cosa di cui non ho molto bisogno visto che sono abituato.
Dopo un po’ finalmente si decide, pensavo di dovermi fare una sega da solo.
Mi prende e smetto mettermi il
dito dentro. Mi afferra, allarga e poi si appoggia. Una spinta non
basta, è indeciso, insicuro, spaventato, forse.
Rido e mi giro con la testa guardandolo. È terribilmente bello, lui puro e peccatore insieme.
Chiunque sia, qualunque sia la sua storia, questa notte sarà mio.
- Deciso. Dai una spinta cattiva. - Lo istruisco. Lui mi guarda spaventato.
- Cos… cattiva? - Chiede sorpreso. Io rido e mi mordo la spalla annuendo.
- Non mi farai male, vai dentro
deciso. Esci e rientra con una spinta forte. - Lui però non sembra
sicuro così mi do uno schiaffo da solo sulla chiappa.
- Andiamo, mi desideri o no? Sei
venuto per umiliarmi? Per guardarmi e basta? Se volevi guardarmi non mi
stuzzicavi fino a questo punto! Adesso ho bisogno del tuo cazzo dentro
o impazzisco. Scopami come si deve, porca puttana! - All’ennesimo
incitamento si decide ed entra.
Deciso. Forte, come gli avevo detto. Grazie al cielo.
Mi abbandono in avanti e chiudo
gli occhi nel sentirlo. È estremamente piacevole, fanculo la sua
indecisione. È maledettamente dolce. Maledettamente erotico.
Maledettamente bello.
Una spinta è quasi tutto dentro,
poi continua a muoversi mentre lo incito a farlo, a non fermarsi, ad
aumentare e ad andare più forte, più forte.
Quando prende finalmente ritmo,
mi masturbo da solo accompagnando il piacere di dietro con quello di
davanti e per me è ora dell’orgasmo.
Oh Dio, l’orgasmo mentre scopo… no, non credo d’averlo da un bel po’!
Sono fottutamente sconvolto, ma
ancora di più nel sentire che anche lui aumenta le spinte ed i gemiti
riempiono la stanza. Una spinta più forte e mi viene dentro.
Ed eccoci qua a venire quasi insieme, una sorta di miracolo.
Oh fanculo!
Rimane fermo dentro di me, teso
e perso nel primo orgasmo della sua vita e dopo un po’ si ricorda di
dove è ed esce, capendo che è al capolinea.
Si butta di lato, supino, ansimante, sudato.
Mi giro anche io, sorrido ebete.
Me l’ha fatto sudare ma è stato maledettamente bello.
Mi volto verso di lui e lo guardo curioso, lui mi fissa incerto, sconvolto.
I respiri irregolari, sudati, ansimanti.
Sorrido, ma lui non ricambia, è ancora sotto shock, o che ne so.
È strano dal primo giorno in cui l’ho visto e continua ad esserlo.
Che faccio, gli chiedo il nome? Di solito non lo do e non lo chiedo. Ma di solito non bacio.
Mi giro sul fianco e lo guardo per chiedergli se non altro chi diavolo è, ma lui si alza subito, come spaventato, non saprei.
Lo guardo aggrottato. È arrabbiato? Mi sembra come quando mi ha abbordato stasera. Strano, diverso dalle altre volte.
Con movimenti bruschi si riveste
senza allacciarsi bene la camicia, rimane tutto sdrucito ed è ancora
più bello. Mi mordo il labbro mentre la delusione comincia a farsi
strada bruciante.
Non farlo.
Ma non dico nulla.
Lui si gira poi verso di me, le mani in tasca dell’impermeabile.
Non farlo.
Tira fuori i soldi che gli avevo detto all’inizio e li fa cadere sul comodino vicino alle mie cose.
Per la prima volta da quando
faccio questo lavoro, lo odio. Odio questo lavoro. Odio quei soldi.
Odio questa situazione di merda. Fino ad ora odiavo solo me stesso, non
mi interessava.
Ma ora è diverso. È diverso dall’inizio.
Cosa mi ha fatto?
- Non li voglio, prenditeli! - Dico senza nemmeno toccarli, senza muovermi o girarmi. Lui però non lo fa.
- È questo il tuo lavoro. È giusto che ti pago. -
- Ma è stato bello. - Dico stupidamente, cercando di non far sentire quanto mi brucia.
- Tutte le volte che è bello lo fai gratis? - Dovrebbe essere così.
- Non è bello molto spesso… - Ma
non è una risposta. Lui indica i soldi e va verso la porta, amaro,
distante anni luce, disapprova, mi guarda dall’alto, amaro, arrabbiato.
Gelido.
- È il lavoro che ti sei scelto.
Fai sesso per soldi. Abbiamo fatto sesso. Ti pago. Se la vista di quei
soldi ti brucia, smetti di farlo. È tua la scelta. - Con questo se ne
va, senza dirmi chi è e che diavolo fa. Non il nome. Non un indizio per
ritrovarlo. E se non volesse più farsi vivo?
Poi le domande mi tormentano mentre mi alzo a sedere e guardo quei soldi infastidito, mentre mi bruciano sempre più.
E se non lo rivedo?
Perché è venuto a scopare? Non voleva, non gli piace questo lavoro, non lo capisce. Però è vento e mi ha scopato.
E poi mi ha pagato.
Come tutti gli altri. Come se fosse uno fra tanti.
Come se fosse un marchio d’umiliazione.
Prendo i soldo con uno scatto e
li lancio contro la porta, volano via e si spargono, poi scuoto la
testa duro, rigido, la mascella contratta, lotto contro questa voglia
stupida di piangere.
Brucia. L’umiliazione? Sì, certo, ma non solo.
Mi alzo e vado al bagno, mi butto sotto la doccia.
Mi brucia che prima mi ha colpito e poi mi ha affondato.
Mi guardava in un modo che non
ho dimenticato, ha osato chiedermi perché faccio questo schifo. E poi
me lo ha fatto fare. Come tutti gli altri.
Prima ha fatto quello diverso, e poi si è abbassato al loro livello.
Ed io, coglione, gliel’ho lasciato fare.
Solo per avere la scopata più bella della mia vita.
O forse solo per illudermi. Che fosse davvero diverso, per una volta.
Ma vaffanculo, non lo meriterei comunque.
Perciò al diavolo. É meglio così.