PARTE SECONDA: IL PARADISO ALL’IMPROVVISO
Tutte le mie buone intenzioni
crollano quando la sera dopo lo rivedo al bar, seduto al bancone dove
di solito vado io, Sam mi lancia uno sguardo eloquente come per dire
‘che è successo?’ ed io scuoto la testa perché non ne ho idea.
Ci ha visto andare via insieme ed ora lui è qua come se mi aspettasse, ma abbiamo delle facce strane.
Poi mi ricordo che siamo una
puttana ed un cliente. Ho clienti abituali, ma non tiro contro la porta
i loro soldi e soprattutto non ho orgasmi. Può essere più o meno
piacevole, ma ieri notte io ho goduto sinceramente.
Mi avvicino al banco non sapendo
cosa farà e come comportarmi, faccio finta di nulla. Batto la mano sul
piano, mi siedo sullo sgabello e gracchio a Sam di darmi una birra. Lui
me la dà e mi chiede come va, rispondo che è ancora da vedere,
scherzando come al solito.
Poi mi giro verso quel tipo che
non so come si chiama, come se lo notassi solo ora. Prendo la birra di
Sam e visto che anche lui mi guarda, faccio un brindisi a lui con tanto
di occhiolino, poi bevo. Come se non fosse mai successo nulla e lo
stessi abbordando per la prima volta.
Lui si raddrizza sullo sgabello e mi fissa penetrante, cercando di capire il mio comportamento spavaldo che finge indifferenza.
Scherzo. Gioco. Faccio il buffone. Poi la prima cosa che si degna di dire è:
- Stanza 211? - Cioè lo vuole rifare?
Da niente a sempre? Cosa sta succedendo?
Lo apprezza parecchio il mio lavoro per essere uno che lo odia…
Rimango ebete e smetto di
scherzare, non so, ha qualcosa dietro quello sguardo impassibile e
freddo. Qualcosa di intenso, come un messaggio.
Rimango imbambolato e annuisco, poi lui si alza e mi precede. Io guardo Sam, perplesso come me.
Ci stringiamo nelle spalle e finisco la birra fingendo che anche se strano, è comunque un cliente come tanti.
Già, come tanti.
Col cazzo.
Forse vuole parlare, scusarsi per… ma poi per cosa? Per avermi trattato come volevo?
Sospiro.
Che sciocchezze!
Non parliamo, ci limitiamo a
guardarci, a mangiarci con gli occhi. Ci lecchiamo le labbra, ce le
mordiamo per poi, una volta nudi uno davanti all’altro, finire per
avventarci sui nostri corpi, voracemente.
È come una fame insaziabile.
Ieri è stato molto aggressivo, molto più di quello che avrei mai immaginato, come se fosse arrabbiato col mondo intero.
Oggi è più passionale. Oggi se la gode di più.
Fa suo il mio corpo, ogni centimetro lo lecca, lo tocca, lo esplora, vede quello che mi piace e si concentra.
Lui mi sta dando piacere. È lui che lo dà a me. È come se il mio piacere fosse il suo.
Non è mai capitato, i clienti
vengono per godere, devo essere io a fare a loro tutto quel che gli
procura piacere, non interessa a nessuno della puttana. Se io godo o no
non ha la minima importanza.
Oggi lui mi fa di tutto con la sua bocca e le sue mani.
Sul mio inguine, dietro di me. Dentro di me. Trova punti erogeni che nemmeno sapevo di avere.
Mi lascia sull’orlo dell’orgasmo
un paio di volte, come se fosse un esperto. Forse è più portato di quel
che sembrava, magari impara in fretta.
Oppure ha avuto orgasmi a
sufficienza anche da solo ed ha capito che se li tiene in sospeso, poi
quando liberi la bomba è qualcosa di incredibile.
Alla fine mi fa venire.
Alla fine me lo concede e per me
è qualcosa di sconvolgente. Il piacere mi vibra in ogni particella del
mio essere, ogni molecola trema.
Non connetto per un bel po’,
fino a che noto che sono sporco sulla pancia e lui guardando le mie
macchie bianche, si eccita e mi solleva le gambe, le appoggia sulle sue
spalle, tira un po’ su il mio bacino come gli va comodo, mi prende,
entra e mi fa suo.
Sono la sua merce.
Lo sono ora.
Lo sarò le altre notti.
Per quel che mi riguarda potrei esserlo sempre.
Sono nella pace più incredibile dei sensi quando entra, sento meno male di sempre, non sento anzi nulla.
Solo lui dentro di me. E poi la sua voce bassa e roca che gode. Apro gli occhi e lo vedo.
Il suo viso abbandonato al piacere, la testa all’indietro, gli occhi chiusi.
Ed il mondo sparisce anche per lui quando mi viene dentro.
Merda, non ho nemmeno visto se si è messo il preservativo, ieri aveva l’aria di non sapere nemmeno che cos’era!
Si sarà visto dei porno per diventare così bravo?
O forse la scopata è nel DNA di un uomo, nel suo in particolare.
Si tende tutto come un fascio di nervi, lo guardo mentre gode alla grande e dopo un po’ si riprende ed esce.
Vedo che si toglie il
preservativo pieno del suo piacere e mi mordo il labbro malizioso,
divertito. È impacciato con quella roba in mano e, come ieri, la fa
cadere per terra.
Io mi lascio steso supino, le
braccia alte sopra la testa, le gambe una piegata, l’altra lunga.
Ansimo ancora, siamo sudati ed ebeti. Io lo sono.
E soddisfatto.
Fottutamente soddisfatto. Molto più di ieri.
Chissà se anche oggi mi tratta come una puttana.
Non finisco di dirlo che si alza e va nel piccolo bagno dove si sciacqua velocemente.
Io lo guardo con il bruciore che sale da dentro, furiosamente doloroso.
Stringo il lenzuolo e mi sforzo come un matto per non mostrare questa fitta che mi procura essere trattato da puttana da lui.
- Eppure non sembrava stessi
scopando una puttana! - Ringhio irascibile. Lui dal bagno aperto mi
lancia un’occhiata veloce, è di nuovo rigido e composto, però è nudo ed
ha un bel corpo considerando che probabilmente è un dono di madre
natura e non è costruito da palestra e dieta.
- Se ti secca essere una puttana
smetti di esserlo! - A questo discorso mi irrito e mi alzo, vado da lui
e apro la doccia per farmene una velocemente. Lui ha semplicemente
infilato il suo cazzo, vestito per di più, nel mio buco. Io ho fatto un
festino con la mia crema speciale e sono così sporco che se non mi
tolgo questa puzza di sesso… poi rischio un altro orgasmo dopo!
Lui mi fissa chiudendo il
rubinetto del lavandino, rimane fermo a guardarmi, dallo specchio noto
che abbassa gli occhi sul mio inguine. Ridacchio e scuoto la testa
malizioso e divertito.
- Vorrei proprio sapere chi
cazzo ti credi di essere per entrare nella mia vita e dirmi come devo
vivere! - Dico duro. Non lo guardo mentre entro nella doccia. Lui non
risponde, esce, vedo che si veste e mi lascia i soldi sul letto.
Quei soldi li sto odiando. Maledetto stronzo.
Mi scopa come una persona e mi paga come una puttana.
Però di che mi lamento?
Sono io che lo voglio. È la mia scelta.
Mi stringe i fianchi, le sue mani sono molto più decise.
Così come il suo primo colpo. È dentro subito.
Non è più incerto. Sa esattamente come si fa.
Non va per il sottile.
Una spinta ed è dentro, una
seconda e comincia a muoversi. Va sempre più veloce, ben presto aumenta
il ritmo e quando lo fa io mi inarco, spingo le mani sul letto e a
carponi davanti a lui, gli vado incontro ad ogni spinta che diventa
sempre più impetuosa. Ogni colpo è un rumore di corpi che si scontrano.
Il rumore della scopata.
I gemiti riempiono l’aria. Il
mondo sparisce. Sparisce letteralmente. Di nuovo. E questa volta vengo
di nuovo con lui dentro di me. Questa posizione mi uccide.
Questa volta si concede qualche minuto steso sul letto accanto a me, ha il fiatone, è più difficile, vero? Molto più difficile.
Lo guardo malizioso, ha sempre
un’aria un po’ da pesce fuor d’acqua, non sorride mai, è sempre serio,
rigido. Però come mi scopa, porca puttana!
Gira il volto, mi guarda serio, non dice nulla e non lo faccio nemmeno io.
Non ha importanza.
Sorrido io, sempre ironico,
sempre il mio mezzo sorriso, non un sorriso vero. Lui accenna ad uno,
una specie, qualcosa che ci va vicino.
Ma poi silenziosamente si alza, si ripulisce, mi paga e se ne va.
Non so come si chiama, non so chi è, che lavoro fa e perché era qui quel giorno, cosa cercava nella zona delle puttane?
E poi perché continua a scoparmi se non mi fa più i suoi sermoni?
Non deve importarmene, è un cliente e basta. Il cliente più abituale che abbia mai avuto.
Che ogni maledetta volta mi fa venire. Ogni. Volta.
- Sei un prete? - Chiedo la sera
dopo. Non volevo conversare, ma non se ne va subito, dopo aver
rifiatato a letto, resta ancora un po’ con me. Lui mi guarda sorpreso e
finalmente è un’espressione!
Rido e lui è ancor più sorpreso.
L’arrabbiatura e la delusione
sono passate, mi sono abituato. È il mio cliente preferito ed ho mille
orgasmi, ma è comunque un cliente. È la mia vita.
- Perché? - Chiede stranamente, rimanendo sempre steso.
- Sembri un prete. Dai discorsi che facevi… -
- Non ho mai citato Dio. -
Argomentazioni estremamente logiche. Ci penso meglio a quella notte,
quando abbiamo litigato, mi metto sul fianco e comincio a giocare col
suo capezzolo. Non sono coccole, sto solo giocando col suo capezzolo.
Lui mi lascia fare, un braccio piegato dietro la nuca. Mi guarda col
suo solito modo composto, che scruta per capire.
- Sembravi uno che non doveva
proprio stare lì. Non hai mai avuto orgasmi prima di quella notte, no?
- Cerco gli indizi e lui alla fine lo ammette.
- Ero vergine. - Sorrido vittorioso.
- Allora sei un prete! - Lui scuote la testa.
- Ho lasciato i voti. - Lo
ammette. Per un momento mi sembra di esplodere di felicità per aver
scoperto qualcosa di lui. Stiamo parlando e non come una puttana ed il
suo cliente. Perché puttana e cliente non parlano.
- Quindi eri un prete! Hai perso
la fede? Cos’è, hai capito che non scopare è una stronzata? Puoi
diventare protestante, no? - È una logica inoppugnabile anche la mia.
- Riconduci tutto al sesso? - Che domande!
- Certo, scopo per vivere! -
Rispondo schietto. Lui scuote la testa, alza gli occhi in alto e torna
a guardarmi. Penso che sia una piccola luce di divertimento, quella che
vedo nei suoi occhi blu. Piccola ma meravigliosa. Credo che abbia un
sorriso splendido. Chissà se riesco a farlo ridere.
- Ho avuto una crisi di fede. O
meglio… - Ci pensa e distoglie lo sguardo dal mio. La mia mano sul suo
petto risale a giocare con la sua clavicola. - Non mi sono più trovato
in accordo con la visione e le regole della Chiesa Cattolica. - Ci
rifletto quattro nano secondi, e per me sono anche troppi.
- Perché voi preti cattolici non potete scopare! - Lui sospira paziente.
- Non era una questione di sesso! -
- Ma la prima cosa che hai fatto è stata cercare il sesso! -
Lui allora mi guarda di nuovo,
sta zitto e pensa a cosa dirmi. Il mio dito risale sulla sua bocca,
così bella e ben disegnata. Gliela tocco. Mi sento un idiota. Un idiota
emozionato.
- Mi credi se ti dico che ero lì per caso e quando ho capito che posto era, stavo per andarmene? - Rido.
- No, non ti credo! -
- Perché dovrei conoscere i posti del sesso a pagamento? - La sua logica vince sulla mia.
- Perché avevi voglia di scopare
dopo una vita di privazioni e ti sei informato! - Ci scherzo su, ma lui
non mi prende sul serio.
Continuo a toccargli il viso. Continua a lasciarsi fare.
- Stavo per andarmene quando ti
ho visto. - Smetto di respirare, non so cosa dire. Mi dirà cosa ha
visto in me? Cosa gli è scattato? Perché mi ha tormentato?
Lascia tutto in sospeso per un tempo infinito, guarda il soffitto, tolgo la mano perché voglio sapere il resto.
Sto per arrendermi e chiederglielo, quando si gira e, sorprendentemente, mi sorride. Mi sorride davvero e per la prima volta.
È un sorriso sconvolgente, di una bellezza disarmante ed ecco cosa vedevo in lui che mi ha attirato come una calamita.
Il pezzo di paradiso che è
rimasto con lui. Forse lo ha lasciato per una crisi di fede, però se ne
è portato via un po’. E non sono i suoi occhi scrutatori. È il suo
sorriso.
Rimango ebete, come un autentico coglione, la mano sospesa nell’aria e lo fisso incapace di ricambiare.
- Sai, non ho idea del perché ti
ho tormentato. Né perché continuo. È solo che non sono riuscito a farne
a meno. Sciocco, vero? - La sua ingenuità mi colpisce dopo il suo
sorriso e scuoto la testa mentre la mano torna sulle sue labbra. Le
tocco sperando di poterle fare mie. Lui si spegne un po’, mi guarda per
capire se lo vedo come uno sciocco, ma questa volta sono io quello
serio che non sorride.
Silenzioso faccio quello che non dovrei, che va contro le regole di questo lavoro, quello che ho fatto la prima notte con lui.
Mi protendo su di lui, mi
sollevo sul gomito e sfioro le labbra con le mie. Lui sorpreso smette
di sorridere e di respirare, rimane lì in attesa, schiuso per me. E
così eccomi che mi intreccio a lui, ecco la mia lingua che esce, ecco
la sua che mi viene incontro. Ecco questo bacio lento, cercato, erotico
e dolce al tempo stesso.
Mi sta sconvolgendo.
Cosa mi sta facendo? Come osa
farmi desiderare una vita diversa da questa? Una vita dove forse potrei
essere felice, una vita normale, una vita che non merito?
La sua mano sulla mia nuca,
scivola lenta e dolcemente, salgo su di lui e stiamo a baciarci per
questo tempo infinito. Infinito. Meraviglioso.
Mio Dio, cosa mi hai fatto, brutto stronzo che non so come ti chiami?
Come ci si può prendere così da uno sconosciuto?
Non esistono i colpi di fulmine ed il destino, cazzo. No.
O sì?
Esiste?
So solo che starei tutta la notte a baciarlo e che non devo.
E che se oggi mi pagasse, poi
finirei per prendere la macchina e non tornare più qua. Perché non
potrei sopportare di essere la sua puttana.
Cos’è questa cosa? Cos’è?
L’anima? Il cuore? Cos’è?
Maledetti occhi, maledetto sorriso.
Maledetto tu, chiunque tu sia!
Le sue dita allacciano
meticolosamente i bottoni della camicia che però non si sistema sotto i
pantaloni, i primi li lascia aperti, si mette la cravatta che annoda
alla buona, la lascia molla intorno al collo. Chissà perché si veste
così.
Faccio un sorrisino nella speranza che non mi paghi.
Se mi paga cosa faccio?
Non li voglio i suoi soldi.
- Perché non ti vesti bene? In
convento non ti hanno insegnato a vestirti? - Chiedo ironico. Lui mi
guarda serio e concentrato sul nodo della cravatta che fa malissimo.
- Non vivevo in convento. - Ma che risposta da boy scout!
Alzo gli occhi e rido rotolando sul letto, sono nudo ed intendo rimanerci ancora un po’.
- E dove vivevi? -
- Nella canonica della chiesa. - Sempre risposte logiche, credo che non abbia il senso dell’umorismo.
Si prende il soprabito beige e se lo infila, io così allungo la mano fuori dal letto e glielo prendo tirandolo pigramente.
- Ed ora? - Chiedo lascivo. Lui mi guarda dall’alto, serio, sposta solo gli occhi, non muove tutta la testa. Fa sempre così.
- In un appartamento. - Alla sua
risposta geniale schiaccio il viso contro il letto e tiro di più il
lembo del suo impermeabile.
- Ma sei autistico o cosa? -
Sono risposte tipiche di uno che con la testa non c’è molto. Forse ha
sviluppato solo la sua logica. Uno così era un prete? Mi stupisce che
non abbia avuto molto prima la crisi di fede!
- Non capisco. - Risponde sempre
più freddo e piatto ed io rido più forte, dimenticandomi cosa siamo,
chi siamo e soprattutto cosa dovrei fare.
Per un momento siamo solo due ragazzi che si divertono.
Ed è incredibilmente bello.
- Ma come vivi? - Domanda retorica.
- Beh, adesso ho la liquidazione
da prete, però sto cercando lavoro. Penso che andrò in un supermercato
o qualcosa di simile. Da qualche parte devo iniziare. - Liquidazione da
prete. Sospiro sempre ridendo, mi tiro su a sedere lasciando il suo
impermeabile. Le gambe rivolte verso di lui, aperte. Distoglie lo
sguardo rigido dalla mia erezione libera.
- Non so come fai ad essere vero
e soprattutto a vivere. Sembri incapace di cavartela da solo. Come hai
fatto fino ad ora? Non puoi essere così… aspetta un momento! - Poi
realizzo. Uno come lui non guida, non può avere una macchina.
- Ma hai una camera in questo
posto? - Poi scuoto la testa. - No, non qua, ma qua vicino. Una
pensione, cosa sarà? Se non sai nemmeno da dove cominciare a vestirti…
ma i preti sono assistiti in tutto? - Una serie di domande che non
dovrebbero esserci, non dovrei interessarmi per nulla. Chiaramente lui
non mi lascia uno spiraglio, mi guarda senza capire perché tutte queste
domande. Ma non risponde.
- Ok, lascia stare, non serve.
Sto sconfinando. - E qua lui si ricorda di cosa siamo. Se ne era
dimenticato. Entrambi ce ne eravamo dimenticati. Oh, dannazione.
Le mani in tasca a cercare i soldi della chiesa con cui mi paga. È impossibile da crederci.
Scuoto la testa e istintivamente metto le mani avanti fermandolo.
- Lascia, non li voglio. -
- Perché sono soldi della chiesa? - La sua domanda logica mi sconvolge, mi ha letto nel pensiero?
Mi gratto la nuca e mi stringo nelle spalle guardando intorno.
- Sì, no, beh…. anche… ma
soprattutto… - Esito, lui sta fermo coi soldi in mano. Potrei dire che
non so quanti ne avrà se non lavora e dubito che sia in grado di
lavorare uno così. Però alla fine mi alzo in piedi davanti a lui, serio
lo guardo e gli sistemo i bottoni della camicia che gli allaccio per
bene, rifaccio il nodo della cravatta con movimenti lenti, gliela tiro.
- Ma soprattutto perché una
puttana non dovrebbe avere orgasmi coi clienti. - Mi guarda perso,
corrucciato, senza capire. - Se li abbiamo significa che è stato bello.
E le puttane non scopano per piacere. Scopano per soldi. - Lui è ancora
perso dietro un ragionamento troppo contorto per lui, forse non ha
nemmeno senso.
Avvicino il viso al suo, le mani sul colletto del suo impermeabile.
- È troppo bello scopare con te,
è un piacere. Non è un lavoro. Non voglio che mi paghi più. - Lui
scuote la teste e infila i soldi fra i nostri corpi vicini.
- Ma è il tuo lavoro, quello che
hai scelto di fare. - Insiste su questo punto e vorrei mandarlo a
cagare, ma vorrei avere un bel ricordo di lui, alla fine di tutto.
Perché sarebbe l’unico da quando sono nato, forse. O quasi.
- Però l’ho fatto male. E se
lavori male, niente paga. - Me lo rigiro come un malato di mente,
quasi. Lui mi guarda intensamente per capire dove sta la fregatura,
così sorrido e lo bacio di nuovo. Turbato. Meravigliato.
Mi ricambia e le nostre lingue intrecciate sono un bel ricordo.
Lo saranno sempre, penso.
A pochi centimetri da lui, mormora:
- Hai lavorato benissimo. - roco senza toccarmi.
Sorrido.
- Grazie. Ma sono troppo
coinvolto, ormai. Non posso accettare i tuoi soldi. Non li voglio. -
Lui insiste e questa volta lo fa prendendomi per un fianco. Sussulto al
contatto.
- Non capisco perché. - È
proprio di coccio. Ora sto per dargli una testata. Esasperato scuoto la
testa e alzo gli occhi al cielo, poi torno a guardarlo e i suoi occhi
blu limpidi mi danno la forza per rispondere.
- Perché non voglio essere la
tua puttana. - Sta un attimo in silenzio, colpito. Elabora la mia
risposta. Non so quanto ci metterà a capire cosa ho detto, forse ha
qualche problema sul serio.
- Quindi non possiamo più stare
insieme? - Non dice ‘scopare’ e mi fa sorridere. Gli metto la mano
sulla guancia liscia, carezzo dolcemente. Come non ho mai fatto in vita
mia.
- Certo che possiamo. Solo gratis. -
- Sesso gratis? E cos’è? - Lo
guardo cercando di capire quanto ci sia o ci faccia. Poi rispondo
ancora, piano, sempre vicino come sono.
- Quando ti piace. -
A questa risposta sembra
soddisfatto. È lui a mettermi una mano sulla guancia, mette via i soldi
finalmente e sorride dolcemente, come prima, ma meno radioso. È un
sorriso splendido comunque, il paradiso torna a scaldarmi,
sconvolgermi.
- Allora non dovevo pagarti nemmeno le altre. - Peccato che la prima volta ho cercato di dirtelo, brutto stronzo!
Sto per insultarlo, quando mi sfiora le labbra con le sue, come se volesse provare. Rimango senza respiro alla sua delicatezza.
- Volevo solo capire. Capire te,
perché lo fai, come ci riesci. Volevo solo capirti. E ho pensato che
questo fosse l’unico modo. Buttarmi nel tuo mondo. - Aggrottato lo
fisso shoccato.
- E cosa hai capito? - Chiedo sulla sua bocca, respirandolo, toccandolo ancora nudo davanti a lui.
Lui a questo punto sorride. Sorride di nuovo, aperto, splendido, paradiso.
Mi stanno per cedere le ginocchia.
- Non ne ho idea. - Rimango
stordito a guardarlo, incredulo che l’abbia detto. - Solo che non
riesco a fare a meno di tornare qua da te ogni notte. Non so cosa
significhi. -
Lo guardo con aria un po’ rassegnata, un po’ decisa.
- Beh, amico. Siamo in due. Ma
chi se ne frega! - Gli circondo il collo con le braccia e lo stringo a
me, torno a baciarlo mentre lascio volontariamente che le cose mi
sfuggano di mano.
- Ci vediamo domani? - Annuisce senza capire che senso abbia quello che stiamo facendo. Come ha ragione.
Come ha ragione.
Non ha il minimo senso, solo che
ho paura di non poter avere altro che questo e non potrei più fare a
meno di lui ora. Anche se sono solo incontri notturni e scopate.
Questa cosa non porterà a nulla, a meno che non mi decida davvero a cambiare vita una volta per tutte.
Se ne va dopo un sorriso dolcissimo, impacciato.
Me lo merito?