CAPITOLO II:
SEI IN GRADO DI
PERDONARTI?
Camminando
su questa strada rocciosa
Chiedendo dove la mia vita conduce
Rotolando su una fine amara
Scoprire lungo la strada
Ciò che serve per mantenere vivo l’amore
Devi sapere come ci si sente, amico mio
Ooh, voglio che rimani
Ooh, voglio te oggi
Sono pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare.
Pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare.
Si.
Oh, per il tuo amore
Ora sono ancora in piedi
Cose migliori sono destinate ad accadere
Tutti i miei debiti devono sicuramente essere pagati
Molte miglia e molte lacrime
I tempi erano duri ma ora stanno cambiando
Devi sapere che non ho paura.
Ooh, voglio che rimani
Ooh, voglio te oggi
Sono pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare.
Pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare.
mmm.
Oh, sono pronto per amare
Pronto per il tuo amore
Ohh, voglio che rimani
Ooh, ti voglio oggi
Sono pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare
Pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per amare
Pronto per amare
Oh, piccola, sono pronto per il tuo amore
Ahh…
Sono pronto per il tuo amore
/Ready for love - Bad Company/
Quando si erano
ritrovati Crowley in casa non si sarebbero di certo aspettati di
trovare, nel seguirlo tramite uno dei soliti ingegnosi trucchi di
Bobby, Castiel.
A dire il vero
aveva detto qualcosa di strano ma nessuno dei tre era riuscito ad
interpretarlo correttamente, avevano solo capito che di certo c’era
motivo per trovare la sua tana e così avevano fatto, avendo con lui più
che con chiunque altro molti conti in sospeso ed uno nello specifico.
Equipaggiati
per Lucifero in persona, lo trovarono e quando entrarono non fecero
caso al prigioniero di turno che stava torturando, gli diedero subito
battaglia e questa volta pronti com’erano riuscirono a metterlo in fuga.
Purtroppo il
massimo che riuscirono ancora una volta ad ottenere.
Fra
imprecazioni varie, il primo ad accorgersi di chi era quello legato
alla parete, sanguinante e svenuto, fu Bobby.
Nel sentirlo
invocare Dio, cosa che normalmente non faceva mai, Dean e Sam si
voltarono subito e quando videro a loro volta, impallidirono allo
stesso modo, solo che se Sam si riprese subito per cercare di liberarlo
e capire se fosse ancora vivo, Dean rimase paralizzato innanzi a quella
scena raccapricciante.
Castiel era là,
grondante di sangue, pieno di ferite fra vecchie e nuove e con ancora
un pugnale conficcato nel ventre, fra segni tracciati nella carne.
La pelle aveva
un colorito preoccupante e il lenzuolo che l’avvolgeva alla vita era
ormai impregnato di sangue.
Le braccia
aperte e tese, il corpo a croce attorcigliato da catene che a vista si
capiva non erano normali. Non di certo se erano riuscite a tenere fermo
un angelo.
Fu Sam a farlo
notare…
- Catene a
parte, che saranno di certo robaccia da demoni contro angeli, Castiel
doveva essere stremato per lasciarsi fare così… non è facile prendere
un angelo… - Ma era anche vero che all’ultimo, prima che i Leviatani lo
prendessero ed in quel brevissimo lasso di tempo in cui Castiel era
stato sé stesso e mortificato aveva chiesto perdono a Dean, Sam non
l’aveva visto.
Provato e
malridotto com’era… come potevano pretendere che si riducesse
diversamente da così?
- E’ un
miracolo che non sia morto quando i Leviatani sono spariti con lui
nell’acqua! - Borbottò Bobby aiutando a liberarlo mentre Dean rimaneva
ancora immobile a qualche metro da loro, a guardare l’amico in quelle
condizioni.
La sua
espressione pietrificata, incredula, sotto shock.
Dopo aver
subito il suo tradimento, il più pesante subito dopo quello di Sam,
dopo averlo quasi ripreso e poi perso ed essersi sforzato di non
impazzire dietro a quel dolore e averlo combattuto a modo proprio,
reprimendolo come un forsennato, se lo ritrovava lì in quelle
condizioni allucinanti, torturato e… forse morto?
- E’… è vivo?
-Chiese alla fine con voce roca e spaesato.
Sam lo guardò
con comprensione, sapendo che per lui sarebbe stato più difficile che
per loro, quindi cercando ancora di capire come togliergli quelle
catene che lo stringevano fino a rendergli cianotica la pelle, disse:
- Sì, non so
per quanto ancora… immagino che non gli sia rimasto alcun potere,
quindi è come un umano con… - Al dire ‘le ali’ si fermò realizzando che
quelle catene erano attorcigliate oltre che intorno al suo corpo anche
a qualcosa che stava dietro a Castiel e Bobby capì subito il suo
dubbio, infatti quando guardarono insieme dietro la sua schiena, il
cuore saltò a tutti un battito.
Sapevano come
funzionavano le ali degli angeli, sapevano che non si vedevano ma che
c’erano e che se prese e tirate erano il loro punto debole, bisognava
solo sapere come fare. Ma sapevano soprattutto che tagliarle era quasi
ucciderli. Alcuni non reggevano il dolore.
- Ci sono.
Credo. Sanguina sulle scapole, dove le catene si attorcigliano con
maggior foga, ma credo siano ancora attaccate. Forse per poco. -
- Dobbiamo
liberarlo da queste dannate robe e andarcene, se quello torna non
possiamo fare entrambe le cose. O ci occupiamo di Cass o di Crowley.
-Non che Dean avesse dubbi. Cioè, se quello non fosse stato Castiel
sarebbe rimasto apposta ad aspettare il suo ritorno, ma quello era
proprio lui e quando Sam e Bobby riuscirono a liberarlo lo prese fra le
braccia e lo raccolse prima che cadesse.
La sensazione
di toccarlo ancora, Dean aveva giurato di non poterla più provare. Oh,
mai più.
Chiuse gli
occhi catturando la sensazione tattile e si disse che non avrebbe più
dato per scontato nulla. Per un momento assurdo ringraziò addirittura
quel maledetto demone, consapevole che se lui non l’avesse trovato
Castiel non ce l’avrebbe mai fatta.
Sam si tolse la
giacca mettendogliela sulla schiena sanguinante come anche il torace
che ora macchiava i vestiti di Dean, dopo di che aiutò il fratello a
trasportarlo fuori da lì mentre Bobby faceva loro strada.
Qualunque cosa
avessero passato, qualunque cosa avesse fatto, qualunque cosa… contava
solo che ora era di nuovo lì con lui. Basta. Il resto si sarebbe
risolto, aveva sempre risolto tutto, sempre superato ogni cosa, specie
le grandi delusioni e i bocconi amari, i tradimenti pesanti, gli errori
altrui e propri. Aveva superato tutto. Ora contava che dopotutto
Castiel fosse ancora lì con lui.
Il resto non
contava.
Curarono le sue
ferite esterne nel migliore dei modi, consapevoli che non potevano
portarlo in un ospedale poiché era un angelo e probabilmente avrebbe
avuto i valori sballati e se non altro per quei simboli incisi sul
ventre. Nonostante ciò, Castiel continuò a dormire per giorni,
costantemente perso in quello stato di incoscienza da cui sembrava
impossibile potesse risvegliarsi.
Dean divenne
sempre più un’anima in pena e rabbioso come poche volte ricordavano
d’averlo visto, cominciò a divorarsi chiunque osasse guardarlo o
avvicinarlo, figurarsi parlargli!
Stava quasi di
continuo lì a vegliarlo e quando non era lì era a massacrare qualche
mostro là fuori, consapevole che o uccideva qualcuno che se lo
meritava, o l’avrebbe fatto con chi invece non se lo meritava.
Non riuscendo a
darsi pace, dormiva poco e passava il più del tempo a guardarlo
dormire, consapevole che forse cercare un metodo per risvegliarlo
sarebbe stato più intelligente. Non avrebbe certo avuto la testa per
riuscirci e maledicendo il mondo intero lasciò a Sam e Bobby il compito
di fare ricerche, cosa che a loro veniva decisamente meglio.
Magari
sentendosi osservato, Castiel si sarebbe deciso a svegliarsi, magari…
Così non fu e
ritrovandosi solo coi propri pensieri li frugò in lungo ed in largo,
non sarebbe comunque mai riuscito a piantare veramente il muso a
Castiel, nemmeno dopo quello che aveva combinato. Aveva sempre sperato
che venisse semplicemente da lui a chiedergli perdono e quando dopo
tutti i guai possibili ed immaginabili si era deciso a farlo, dopo era
praticamente morto. O così era sembrato. Quanto male era stato… e il
soffocarlo, il non volerlo dimostrare nemmeno a sé stesso,
cocciutamente, perché lui le viveva così quelle cose… bè, quello non
l’aveva di certo aiutato. Quanto aveva chiesto, però, la possibilità di
potergli dire che lo perdonava. Quanto…
Si poteva
morire di ansia e angoscia? L’aveva pensato tante di quelle volte che
ormai non ci credeva più, ma la trovava comunque la tortura peggiore
del mondo.
Ripercorse con
lo sguardo per l’ennesima volta il suo corpo dove ormai le bende non
erano più necessarie se non una sul ventre, dove era stato pugnalato,
per il resto c’erano cicatrici che sarebbero rimaste per sempre.
Qualunque cosa avesse usato Crowley, doveva essere stato dannatamente
efficace per ridurlo in quello stato.
- Che diavolo
ti è saltato in mente di farti ridurre così? - Non che fosse colpa sua,
però parlargli in quel modo era l’unico per non impazzire davvero,
mentre nel caos più totale sapeva solo che lo rivoleva sveglio e
accanto a sé. Il suo Castiel. E nient’altro sarebbe più importato.
È che prima
c’era sempre stato qualcos’altro a cui pensare di più importante e
incombente, che fermarsi a riflettere seriamente su Castiel. Per non
dire che gran parte del merito andava proprio al suo caratteraccio
orgoglioso e testardo che negava anche l’evidenza dei sentimenti più
plateali che provava!
- Quello che
gli ha iniettato e con cui poi ha imbevuto il coltello è veleno, per
loro angeli. Non so che tipo di sangue fosse ma immagino un qualcosa di
blasfemo. - La voce di Sam giunse delicata da dietro e lo sorprese nel
quasi buio completo della camera da letto. Dean si voltò e tornò subito
a guardare Castiel con aria liberamente amareggiata, appoggiato allo
schienale della sedia. Lo sguardo intenso nella speranza che il suo
amico aprisse gli occhi.
Sam si sedette
accanto riferendogli con la sua solita calma tutto quello che aveva
scoperto in quei giorni.
- Quelle erano
catene infernali, le uniche in grado di fermare gli angeli ed
incatenarli. Con quelle gli strappano le ali dopo averle tirare a
piacimento come forma di tortura. Se gliele si tira troppo perdono
l’uso dei sensi, se gliele strappano del tutto possono anche impazzire
e non tornare più in loro. Alcuni ci riescono, dipende dalla forza
individuale. -
Dean non aveva
mai dubitato della bravura di Sam nel fare ricerche ed una volta di più
gliene fu grato, ma con voce roca e preoccupata sussurrò cupo senza
distogliere gli occhi azzurri dal viso rilassato immerso nel sonno.
- Ma non gliele
ha strappate davvero, no? -
Sam si strinse
nelle spalle…
- Penso che
fosse sul punto di farlo. Dean, io credo che sia arrivato al punto di
perdere l’uso dei sensi, per questo non si sveglia più. Dopo tutto
questo tempo il suo organismo dovrebbe aver espulso tutto il veleno che
aveva in corpo ma… - Dean trattenne il respiro e Sam cercò un modo per
tirarlo su, ma proprio non sapeva come fare, sapeva che detestava anche
solo essere toccato e mostrarsi così preoccupato era già un evento, per
lui. Alla fine proseguì piano per dirgli il resto. - C’è poi quel
simbolo che gli ha tracciato sul corpo. Amplifica tutte le sensazioni
fisiche, sia il dolore che… bè, penso anche il piacere. Cioè in linea
teorica dovrebbe essere così. Potrebbe essere che gli faccia tornare i
sensi come prima se stimolato a dovere dalla persona giusta, non lo
so…- Parole come sempre usate con cura e sempre ben motivate.
- Per questo ha
percepito la tortura delle ali come un taglio vero e proprio. - Dean
capì da solo cosa Sam cercava di dirgli ma non fu meno dura da
digerire, solo che a quel punto era anche troppo stanco per contrastare
tutto quello e rifiutarsi di crederci.
Sam annuì
dispiaciuto non sapendo che altro dire e Dean si chiese se gli
sarebbero davvero arrivate moltiplicate anche le sensazioni piacevoli.
Per lui queste erano solo di un tipo…
Il fratello lo
vide perdersi di nuovo nei propri pensieri ed in Castiel stesso e si
alzò lasciandolo solo. Rendersi conto dei legami in momenti tanto
tragici era sempre la cosa peggiore e lui ne sapeva qualcosa.
“Chissà
se…”
Rimasto solo,
Dean, non finì nemmeno di pensarlo, non sapendo come formulare la frase
nella propria mente, che già lo stava facendo.
Se una
sensazione atroce l’aveva mandato quasi al creatore, magari una
fisicamente piacevole l’avrebbe richiamato. Del resto, se sentiva tutto
amplificato e lui era in un corpo umano che subiva tutti gli stimoli
degli uomini, c’era solo una cosa logica da fare. O per lo meno a lui
gli parve così.
Gli carezzò la
guancia in quello che per lui doveva essere un gesto rilassante, poi
proseguì con le carezze lungo il collo e poi sul petto ancora scoperto,
sulle cicatrici che sapeva era piacevole quando venivano stimolate
leggermente perché particolarmente sensibili, dopo di che non ci pensò
al resto.
Sapeva
perfettamente qual’era la cosa in assoluto più piacevole che un uomo
poteva provare, così andò dritto al punto senza la minima esitazione.
La mano al di
sotto della vita raggiunse in poco tempo la sua erezione e non provò
imbarazzo nel fare ciò, se ne sorprese intuendo che probabilmente era
perché lo stava facendo a lui.
Castiel non era
un effettivo uomo, tecnicamente parlando, però non era nemmeno un
angelo come gli altri. E forse non era proprio più un angelo, dopo
quello che aveva fatto innalzandosi a Dio. Però qualunque cosa fosse,
era una persona a lui cara. L’aveva chiamato prima amico, poi fratello.
Ma erano definizioni giuste?
Si chinò sul
suo viso mentre continuava a stimolare le sue parti intime, non si
aspettava reagisse ma solo che qualcosa richiamasse la sua coscienza
finita chissà dove. Più piacevole di quello per un uomo non c’era e su
questo non aveva dubbio, ma forse, aggiunse dopo un istante mentre lo
contemplava da vicino per capire se ci fossero cenni di risveglio, non
era l’unica sensazione piacevole per una persona. Forse per un angelo
imprigionato in un involucro umano c’era ancora qualcos‘altro.
In quel momento
gli risuonarono nella mente le sue parole di quando avevano litigato
prima di perderlo del tutto. Quando gli aveva detto che l’aveva fatto
per lui. Solo per lui.
Non aveva mai
capito come avesse potuto dirglielo ma ora col senno di poi poteva
forse vederci in quello una sorta di contorta dichiarazione. Una
dichiarazione poco angelica in effetti.
Sorrise.
Era una sua
mania. Castiel provava sentimenti tipici umani da quando l’aveva
incontrato, solo che non li aveva mai compresi e soprattutto non era
mai stato in grado di gestirli.
Amava come un
umano ma nel modo di un angelo. Un miscuglio davvero intrigante.
Di nuovo agì
senza più pensarci, non aveva più importanza a quel punto poiché forse
Castiel non si sarebbe più ripreso, non avrebbe più aperto gli occhi,
non sarebbe più stato con lui. Allora, cosa contava?
Non avrebbe
aspettato tutta la vita un miracolo, lui era quello che li faceva
accadere a forza con le sue stesse mani.
Le sue labbra
si posarono su quelle del compagno addormentato ed in quello le sentì
talmente fredde da farlo esitare. Era ancora il suo Castiel, vero? Non
era morto? Si separò di qualche millimetro guardandolo da vicino,
smarrito, ma non si diede per vinto e le labbra tornarono a scaldare le
sue senza altra intenzione. Solo carezzandogliele e basta.
Si sentiva
vagamente idiota ma era colpa del solito imbarazzo che provava per
quelli che lui definiva gesti smielati, la verità più profonda era che
invece gli sembrava tutto così giusto e appropriato da fargli chiedere
perché non l’avesse fatto prima.
Perché?
Fu nel sentire
la sua bocca tornare piano piano calda come un’altra parte su cui stava
lavorando da un po’, che lo fece fermare come sospeso in un sogno.
Rimase chino a
pochi centimetri dal suo viso, non lo toccava più, non riusciva proprio
più a muoversi capendo che stava tornando.
Trovò i suoi
occhi di un blu intenso da far male e ne rimase catturato, quando
finalmente li riaprì; così vicini non li aveva mai visti. Così insieme
non erano mai stati. Così tanto non l’aveva mai voluto.
Quando capì che
Castiel si era svegliato davvero, Dean fu attraversato da una scarica
elettrica che gli fece girare la testa fin quasi a farlo svenire, ma si
trovò ben presto a far vincere la voglia di toccarlo di nuovo.
Da sveglio.
Ora era lì con
lui.
Era di nuovo
tornato, come faceva sempre, come sperava non avesse mai più smesso.
Tornò a premere
le labbra sulle sue e gli tenne il viso con le mani per impedirgli di
muoversi e scappare. Non fece altro ed ora erano calde, non erano più
fredde, sarebbe stato ore a sentirle sulle proprie, semplicemente così.
Castiel rimase
immobile senza capire cosa stesse succedendo e cosa Dean stesse
facendo. Sapeva solo che era piacevole, era caldo e che era contento,
perché ora quella sensazione la sapeva distinguere.
Gioia.
Era tornato in
qualche modo o erano allucinazioni?
Dean l’aveva
veramente trovato e l’aveva tirato fuori da quella tortura atroce?
Si ricordò di
Crowley e della propria intenzione di marcire in eterno in quelle che
considerava giuste punizioni e si sentì catapultato in qualcosa di
estremamente simile al Paradiso, con Dean e quello che aveva tutta
l’aria di essere il suo perdono, qualcosa a cui non avrebbe di certo
mai osato immaginare. Mai.
Non ragionò
quando si trovò a ricambiare quella specie di abbraccio, lo lasciò fare
e se lo tenne delicatamente a sé, senza le forze di fare grandi cose se
non quello.
Era stanco,
così stanco che si sentiva passato in un tritacarne e soprattutto
ancora privo della maggior parte dei suoi poteri se non tutti.
Però quello che
aveva ora era di gran lunga meglio di tutto quello che aveva prima, che
aveva perso e che forse non avrebbe più riottenuto.
Il perdono di
Dean e Dean stesso era sicuramente meglio dei poteri.
Sarebbe potuto
andare avanti per sempre così, senza tutto il resto.
Lo capì allora
e non gli sembrò strano o sbagliato ma perfettamente giusto,
l’inevitabile conseguenza di tutto quello che era già accaduto.
Tutto
semplicemente oltre le aspettative più rosee e anche se la convinzione
di non meritarsi niente di tutto quello lo assillava ancora e non
l’avrebbe comunque abbandonato mai, non si sarebbe più ribellato a
niente. Comunque mai più a Dean.
Quando si
separò dalle sue labbra che aveva semplicemente accarezzato con le
proprie per assicurarsi che fossero davvero calde e non dimenticare più
quella sensazione meravigliosa, Dean tornò a guardarlo negli occhi così
da vicino e con la commozione nello sguardo che in un secondo momento
l’avrebbe imbarazzato come non mai, gli rispose ad una delle
ultimissime cose che gli aveva detto prima che i Leviatani lo
prendessero.
- Voltiamo
pagina e andiamo avanti. - Dopotutto di perdoni più difficili ne aveva
già concessi in abbondanza a tradimenti molto più gravi e pesanti.
Quando si era messo anche Castiel, la sua solida roccia, la costante,
la certezza assoluta che su di lui avrebbe sempre potuto contare ad
occhi chiusi, che se avesse avuto bisogno sarebbe sempre stato dalla
sua parte ad ogni costo, si era perso lui stesso.
Veder crollare
questa certezza granitica che aveva sempre considerato come una specie
di legge della natura, era stato un durissimo colpo per Dean, ma
rischiare di perderlo per poi ritrovarlo per un pelo poteva ridonare la
giusta dimensione delle cose. Quella dimensione che il ragazzo non
avrebbe mai più perso.
Castiel si
emozionò e sebbene non sapesse dare nome a ciò che al momento provava,
sapeva che era estremamente appagante e meraviglioso. Sperava di
poterlo provare in eterno.
- E’ molto più
di quello che potessi sperare. - Mormorò con un filo di voce, incapace
ancora di inclinazioni specifiche.
Dean capì che
questo nascondeva a sua volta della commozione che non era capace di
dimostrare, ma la percepì ugualmente e accennando ad un sorriso
divertito per quel suo difetto che ormai lo caratterizzava e lo
distingueva da ogni altra creatura, si rialzò sollevato. Potevano
considerarsi a posto, no?
Ora tutto
tornava a girare per il verso giusto, certo escludendo tutti i soliti
mille problemi che avevano sempre tanto per cambiare…
- Allora… -Fece
Dean con voce squillante cambiando radicalmente di proposito tono ed
espressione per nascondere ogni altra forma d’emozione e sentimento
prima di compromettersi più di quanto non avesse già fatto. - Come
stai? Ci hai fatto preoccupare! - Ed ovviamente ‘ci’ e non ‘mi’. Tipico
suo.
Castiel si
sentì spaesato da quel suo repentino cambiamento ma non sindacò, Non
sarebbe riuscito a muoversi nemmeno volendo, rimase immobile steso nel
letto senza nemmeno tentare di alzarsi. Si sentiva completamente privo
di forze.
- Come uno che
è stato doppiamente torturato. - Poiché anche l’avere i Leviatani
dentro aveva avuto lo stesso effetto del trattamento di Crowley.
Dean sospirò
grattandosi la nuca. A quale punto non sapeva più cosa fare, curare non
era proprio il suo campo ma esitò prima di chiamare gli altri. Prima voleva sentire
un’altra delle ovvietà di Castiel, gli erano talmente mancate che non
avrebbe mai pensato che nel ritrovarlo gliene avrebbe fatte dire senza
effettivo bisogno.
- E come mai
non ti sei liberato da Crowley da solo? - Quello che Dean si aspettava
di sentire ora era una cosa del tipo ‘mi teneva imprigionato’.
Fu però deluso
perché questa volta Castiel rispose con altrettanta solita sincerità,
sentendosi estremamente bene a poterla dire di nuovo e sempre. Del
resto non era mai stato granché a mentire, doveva ammetterlo da solo.
- Perché era
giusto ricevere una punizione per ciò che ho fatto. - Lo disse con un
mormorio che ebbe la potenza di una pugnalata e Dean non poté certo
sentirsi meglio nel sentirlo. Si fece subito serio cancellando
immediatamente quel ghigno che gli albergava sul bel viso che in molti
definivano da modello ed anzi si incupì a vista d’occhio, indurendosi
con amarezza.
- Che diavolo
dici? -
Eppure lo
conosceva, avrebbe dovuto immaginarlo.
Castiel nella
sua ingenuità rispose chiarificandogli la propria risposta, sempre con
semplice naturalezza e poca forza nella voce bassa e profonda:
- Non mi sono
comportato bene, Dean. Ho tradito molte persone pensando di fare la
cosa giusta, cercando di ottenere un traguardo buono per molti, ma la
verità è che mi sono innalzato a Dio e non c’è peccato peggiore. Oltre
a questo ho ucciso moltissimi angeli che non lo meritavano, così come
molte persone che sebbene fosse giusto morissero, non era la loro ora,
non ero io in quel modo che dovevo farlo. Ho peccato moltissimo, Dean.
Ma sopra ogni cosa ho tradito voi e solo mentre ero in bilico fra la
vita e la morte l’ho capito. Ho capito perché te la sei presa e perché
hai cercato di fermarmi. Ho capito tutto. Ma ormai era tardi. Il male
che vi ho fatto, specie a Sam togliendogli il muro solo per tenervi
occupati… non potrà mai essere perdonato, anche se tu l’hai appena
fatto. E quelle torture eterne ed atroci mi parevano il minimo per ciò
che avevo fatto. Erano giuste. Ero pronto a subirle per sempre, perché
era giusto così. Morire sarebbe stato un sollievo, vivere in quel modo
era solo il prezzo adeguato, ma tu hai messo fine a quella che per me
era una giusta punizione. Tu dici che possiamo ricominciare, ma come è
possibile? - Capiva che era vero nel momento in cui lo diceva e mentre
Dean lo ascoltava e lo vedeva convincersi ulteriormente di questi suoi
pensieri, la rabbia gli montava dentro.
Come poteva
parlare per lui e per gli altri?
Se diceva che
poteva perdonarlo, poteva! Sam l’aveva tradito in modo più pesante e
l’aveva perdonato e l’aveva fatto perché di mezzo c’era sempre stato un
legame, un sentimento più forte di un tradimento o di uno sbaglio
enorme.
Quello che
aveva passato gli aveva fatto capire che non esisteva niente che non
poteva essere perdonato. Niente. Magari per alcune cose sarebbe stato
difficile, certe avrebbero lasciato segni indelebili, altre avrebbero
cambiato le cose, ma niente poteva essere imperdonabile. Non se di
mezzo c’erano dei veri sentimenti sinceri ed un pentimento profondo ed
onesto.
Dean scosse il
capo arrabbiato e mostrando fin troppo facilmente il proprio stato
d’animo simile ad un uragano furioso, faticò a non prenderlo a pugni.
Non lo fece solo perché sapeva che era in pessime condizioni.
- Intanto
piantala di parlare al posto mio e di tutti gli altri! E poi smettila
di mentire a te stesso! Apri gli occhi e dì le cose come stanno! Qua la
questione non è se io potrò mai veramente perdonarti, se è giusto che
lo faccia o se è vero che ci sono riuscito. Il punto non sono io e
nemmeno chissà chi. Qua il punto sei solo tu, Castiel! - A quello si
chinò su di lui e puntandogli rabbioso il dito contro il petto, proprio
sopra i simboli ormai schiariti tracciati sulla pelle, disse a denti
stretti e battagliero: - La domanda a cui devi risponderti è questa:
sei in grado di perdonarti, Castiel? Chiedi perdono e ti viene concesso
e pensi di dover ancora essere punito. Spiegami perché cazzo chiedi
perdono allora se pensi che non sia possibile riceverlo? Dannazione,
Castiel! Non sono gli altri a dover perdonarti ma tu! Ho dato
possibilità a chi ne aveva fatte peggio di te e siamo tutti andati
ancora avanti. Pensi di riuscirci tu per te stesso? Sei capace di darti
una seconda possibilità? Di perdonarti? -
Non aspettò
nessuna risposta, consapevole che non sarebbe stata soddisfacente,
quindi prima di ascoltarlo e spaccargli conseguentemente la faccia se
ne andò svelto travolgendo la sedia vicino al letto che cadde facendo
un gran fracasso.
In poco al
posto di Dean comparvero Sam e Bobby e con sorpresa lo trovarono
sveglio.
Castiel non li
vide e non li sentì mentre cercavano di capire se stesse bene e cosa
potessero fare per lui, la sua mente era piena delle parole di Dean,
quelle che ora gli sembravano delle grida graffianti.
Come sapeva
colpire nel segno, quel ragazzo… Castiel se ne rese conto una volta di
più a proprie spese.
Come quando
litigando appena aveva scoperto che si era alleato con Crowley gli
aveva detto che sarebbe comunque dovuto venire da lui ugualmente,
nonostante tutto quello che aveva già passato e non tentare di
proteggerlo mettendosi in guai del genere.
Un patto con
Crowley per trovare il purgatorio e dividersi le anime dei mostri che
vi stavano!
Come poteva
pensare che sarebbe stata una soluzione accettabile? Che sarebbe andato
bene?
Certo, era
importante battere Raphael, ma ce l’avrebbero fatta insieme. Ce
l’avevano sempre fatta insieme, anche se non c’era Sam, anche se era
distrutto dal dolore per quello, anche se cercava di rimettere insieme
la sua vita a pezzi.
Avrebbe dovuto
comunque andare da lui.
Ripensò a quel
dialogo con lui che sul momento aveva biasimato e giudicato in errore e
tornò a risentire come davanti ad una radio le ultime parole che gli
aveva detto.
Aveva bisogno
di pensare e ponderare.
Certe cose le
aveva capite solo dopo, in bilico nella via della morte, dopo che aveva
comunque fatto tutti gli sbagli possibili.
Per questo gli
serviva ancora tempo.
“Posso
perdonarmi?”
Si ripeté
disarmato ed interdetto senza rendersi conto che le sue parole le aveva
capite benissimo e che quello che richiedeva tempo, in realtà, era
proprio il rispondere a quella domanda.
O almeno il
coraggio di dirglielo.
No che non
poteva perdonarsi, ma se glielo avesse detto cosa avrebbe fatto Dean?
Ricevere il suo
perdono -in un modo che non pensava si usasse per perdonare- era stato
così dolce e lieto che tornare a litigare con lui lo angosciava ancora
prima di farlo all’effettivo.