CAPITOLO V:
RIGUARDO TE
Adesso calmati, non piangere
asciuga le lacrime dai tuoi occhi
Sei al sicuro nel tuo letto
è stato tutto un brutto sogno
che ti girava nella testa
La tua mente ti ha ingannata per sentire il dolore
di qualcuno vicino a te che sta morendo
Ma adesso hai un’altra opportunità
Ben sveglia, affronti il giorno
il sogno è finito… o è appena cominciato?
C’è un posto dove mi piace nascondermi
C’è una porta che passo ogni notte
Rilassati bambina, sei già stata lì
Ma non l’hai capito e ti sei spaventata
Questo è un posto dove imparerai
A fronteggiare le paure, ricostruire gli anni
e a domare le fantasie della tua mente
La comanderai per entrare in un altro mondo
E improvvisamente sentirai e vedrai
Questa magica nuova dimensione
Io – ti guarderò le spalle
Io – ti aiuterò a vedere oltre
Io – ti proteggerò di notte
Io – sto sorridendo accanto a te,
in una lucidità silenziosa
[Visualizza il tuo sogno]
[E fallo avverare nel presente]
[Fallo diventare eterno]
[E se riuscirai nei tuoi obbiettivi]
[Potrai controllare i tuoi sogni]
[Il controllo del sogno]
[com'è andata, meglio?]
[Il controllo del sogno]
Se tu mi aprissi la tua mente
Non ti affideresti ai tuoi occhi per vedere
Le mura che hai costruito dentro di te
Crolleranno ed un nuovo mondo avrà inizio
Vivrai due volte in una sola e imparerai molte cose
Sei al riparo dal dolore nel mondo dei sogni
Un’anima che sarà libera di volare
Un viaggio andata e ritorno nella tua testa
Controllerai le tue illusioni, riesci a comprenderlo?
Il tuo sogno è vivo e tu ne sei la guida, ma…
Rientrato, lo
vide esattamente come l’aveva lasciato, con l’asciugamano intorno alla vita, in
piedi sulla vasca ed ancora tutto bagnato. La posa neutra e l’espressione… Dean
si stupì. L’espressione era persa. Si sentiva a disagio e non sapeva il motivo,
né cosa potesse farci, per cui rimaneva così e basta. Fermo come gli aveva
ordinato l’altro.
Ghignando si
avvicinò disteso senza più l’imbarazzo che per un momento l’aveva quasi ucciso.
- Mi hai preso
in parola, eh? - Come sempre del resto. Castiel non rispose non sapendo cosa
fare a quel punto, quindi Dean ricordandosi che comunque mancavano ancora i
capelli e la barba, infilò un dito nell’asciugamano, tirò il nodo che lo
reggeva e glielo tolse, lo abbandonò sulla sbarra dove l’aveva preso prima e
tornò a rivolgersi all’angelo ancora immobile che lo fissava neutro senza
perdersi un solo movimento.
Aprì di nuovo l’acqua
e prese la boccetta dello shampoo cercando di evitare accuratamente di
guardargli le parti intime esposte. Magari si era calmato, nel dubbio non guardò
comunque!
Gli tornò a
sciacquare la testa, cosa che gli ridonò piacere che espresse tramite un
sospiro spontaneo e gli mise il liquido profumato al gusto di pino selvatico
sui capelli. Senza dargli indicazioni o metterlo alla prova per divertirsi nel
vederlo arrancare buffamente in un ambiente non suo, cominciò a grattargli la
cute coi polpastrelli. In quella posizione, Dean fuori e scalzo e Castiel
dentro alla vasca, quest’ultimo era un po’ più alto e lo guardava dall’alto in
quel suo modo penetrante e magnetico, sembrava cercasse di imparare quante più
cose potesse e la cosa lo rendeva ancor più strano di quanto non lo era già
normalmente.
Anche se niente
avrebbe mai battuto quando l’angelo si era imbattuto per caso in un porno ed
aveva avuto -il suo corpo- un’erezione!
Ricordandolo
ridacchiò con occhi brillanti e finito di insaponargli i capelli sentendosi
tanto un fratello maggiore alle prese con il fratellino di due anni, lo rimise
sotto il getto dell’acqua facendo sì che si sciacquasse.
Castiel inerme
ed immobile lo lasciò fare e quando chiuse il rubinetto tornando a prendere l’asciugamano
per coprirlo di nuovo, non trattenne uno spontaneo ed inespressivo:
- Non
continuiamo da dove avevamo interrotto prima? - Che fece scivolare Dean su una
piastrella bagnata. Non che fosse incapace di camminare sul pavimento bagnato,
ma la domanda candida l’aveva distratto alquanto!
Rosso in viso e
di nuovo imbarazzato, il ragazzo guardò l’angelo come per ucciderlo ed infatti
lo rimproverò:
- Non puoi fare
certe domande con una tale naturalezza! Sembra che chiedi quando si mangia ed
invece stai chiedendo di… - tossicchiò avvampando ancora di più: - una cosa
imbarazzante! - Castiel non capì cosa ci fosse di imbarazzante ma scoprendo ora
che certe cose non si potevano dire, si chiese dunque quali esse fossero nello
specifico.
- Cos’è
imbarazzante? - Chiese uscendo dalla vasca con il telo alla vita come prima.
Non lo faceva con provocazione ma proprio per sincera curiosità.
Dean gli mise l’asciugamano
più piccolo in testa e gli coprì di proposito la faccia. Glielo tenne sopra per
qualche istante, il tempo di riprendersi, poi sospirò e di nuovo in sé, circa,
si decise a spiegarglielo. Gli passò i capelli e gli tolse il telo lasciando la
testa graziosamente arruffata. Arricciò brevemente la bocca e con una nota di
ironia decise anche di cogliere il lato comico della cosa e di lasciar perdere
quello pesante!
- Imbarazzante è
quando si parla di sesso. - Cercò di fargliela semplice ma capì subito che così
si era scavato la fossa da solo.
- Sesso?
Facevamo sesso prima? - Dean si morse il labbro e si trattenne dal nascondersi.
- No, prima ci
baciavamo e basta. -
Dunque, Castiel,
chiese logicamente:
- Ed era
imbarazzante? - Per lui non lo era stato per niente.
Dean sbuffò.
Come faceva a spiegargli certe cose?
Guardandolo
torvo con le mani ai fianchi cercò di pensare come faceva lui e capì che doveva
porla in modo molto più razionale e diretto di così.
- Era strano. -
Inteso che un bacio fra loro due o due uomini in generale era strano, Castiel
la capì però in un altro modo…
- I baci sono
strani e le cose strane sono imbarazzanti? Cioè tu mi dici sempre che sono un
tipo strano e quindi sono anche imbarazzante? -
Questo discorso
era molto più complicato del previsto e Dean contemplò l’idea di farglielo
spiegare a Sam ma forse sarebbe stato peggio!
Si mordicchiò
ancora il labbro, cercò di ragionare e per prendere tempo si mise a contemplare
la ferita sui punti al ventre, non era male nonostante la doccia. Del resto se
fosse stata più aperta che chiusa non avrebbe potuto lavarsi, ma non poteva
nemmeno rimanere così sporco!
- Non tutte le
cose strane sono imbarazzanti, ma alcune sì. Non è facile distinguerle per te.
Nello specifico ti basta sapere che è strano due uomini che si baciano, specie
se i soggetti siamo noi. Ok? Questo è molto imbarazzante. Parlare dei nostri
contatti… strani… - Pregò che così la capisse altrimenti poi si sarebbe dovuto
mettere a disegnare!
Castiel ci
rifletté e poi tornò all’attacco con la sua calma tipica, mentre Dean gli
spalmava il mento e le guance di schiuma da barba.
- Contatti
strani cioè baci o anche qualcos’altro? - Domanda logica visto che prima aveva
parlato di sesso.
Dean cominciò a
passargli la lametta sul viso e rispose cominciando effettivamente a divertirsi
parecchio.
- Anche qualcos’altro.
- Era ovvio che ora glielo chiedesse…
- Sesso? - Aveva
una vaga idea di che cosa fosse. Sapeva che il sesso era una cosa prettamente
umana da cui poi si poteva eventualmente proliferare. Si ricordava di aver
visto in televisione una volta un programma che gli aveva mostrato scene strane
e capì che forse Dean intendeva quel genere di cose con strane ed imbarazzanti.
Dean si illuminò
di malizia, ormai era uno spasso, dopo i primi momenti difficili…
- Sesso. Era
quello che facevano quei due tizi in televisione quella volta… - quando gli era
venuto l’erezione al suo povero tramite!
Castiel, che
stava proprio pensando a quello, capì e si espresse solo con un breve ‘oh’ che
fece ridere Dean.
- E lo faremo
anche noi? - A questo però gli scappò la lametta e gli tagliò la guancia.
Castiel si lamentò sorpreso di provare male per una cosa tanto piccola, merito
di quel famoso simbolo inciso sul torace.
Il ragazzo gli
tamponò il taglietto con un pezzo di carta igienica e arrossito come un
adolescente, capì di essersi scavato la fosse. Castiel continuava a fissarlo
inquisitore e fino a che non gli avrebbe risposto, non si sarebbe dato pace.
Sospirando spazientito gli indicò di sciacquarsi il viso con l’acqua e mentre
era piegato ad eseguire come un automa tutti i suoi ordini, Dean dovette
rispondere più a sé stesso che a lui.
- Che diavolo ne
so se lo faremo o no! Visto la piega che sta prendendo mi sa di sì! -
Quando l’altro
si tirò su, il taglietto non si vedeva quasi più ed il suo viso era finalmente
in ordine, tranne che i capelli bagnati che rimanevano agguerriti sul capo.
- Che piega sta
prendendo? -
Dean però non ne
poteva più e avendo già dimostrato troppa pazienza, rispose secco:
- Se non la
pianti di fare tutte queste domande ti uccido! - Castiel non osò chiedergli
come, capì che era meglio non metterlo alla prova nemmeno per puro spirito di
sapere e rimase mite a farsi sistemare anche i capelli un po’ alla meglio.
- Sarà quello
che sarà, Cass. Non sono uno che programma le cose ma che improvvisa, non
chiedermi cosa faremo che non lo so. Va bene? - Castiel lieto di quell’ultima
chiarificazione -che comunque lo gettava ancor di più nel caos-, lo assecondò
anche dopo, quando gli indicò di vestirsi. Dedusse da solo che non avrebbero
fatto altro in quel momento.
Per il rito di
guarigione e rigenerazione ci fu anche Bobby che li aiutò. Acceso l’incenso
sacro che riempiva l’aria oltre che di profumo di chiesa anche di una
nebbiolina che Dean definì ‘da cannati’, sistemarono le candele in un certo
modo intorno a Castiel e dopo essersi fatto fare con l’olio santo -che Sam
aveva avuto non pochi fastidi a procurarsi fingendosi addirittura un prete!-
tre croci sulla fronte, tre sulla bocca, tre sulla gola e tre sul cuore, si
fece schizzare con alcune gocce di acqua santa. Dopo di che, sistemato in una
poltroncina al centro della stanza, chiuse gli occhi e si rilassò aspettando
che quei metodi facessero effetto.
I tre uomini
rimasero a lungo ad osservarlo in quello stato meditativo fino a che Sam e
Bobby ad un certo punto si stufarono preferendo andare a fare altro.
Dean rimase
serio e assorto a fissarlo. Si chiese quanto sarebbe stato capace di stare in
quello stato senza muoversi. Certo non era un brutto vedere, tutt’altro… ora
che era lavato e sistemato a dovere, poi, sembrava quasi un altro. Nemmeno
prima, quando si prendeva cura di sé stesso da solo, era meglio, anzi. Castiel
aveva sempre avuto una concezione personale del tenersi.
I lineamenti
rilassati, gli occhi chiusi, l’espressione neutra, il respiro regolare e
ridotto al minimo, le mani sulle cosce, la posa dritta, la schiena appoggiata
allo schienale della poltrona, le gambe piegate e appena un po’ divaricate, i
piedi curiosamente scalzi. Aveva chiesto il motivo di quello, gli aveva
accennato qualcosa a proposito che i piedi degli umani sono uno dei punti d’ingresso
dell’energia, non gli aveva chiesto gli altri né quali fossero quelli d’uscita,
spaventato all’idea di scoprirlo.
Rimase a lungo
ad osservarlo accomodato sul divano posto in un angolo del salotto, fino a che
l’odore dell’incenso e la luce fioca delle candele non gli aveva procurato un
naturale sonno piuttosto piacevole e rigenerativo. Infatti al suo risveglio si
sentì quasi un altro. Non che avesse effettivi problemi fisici, ma se prima era
al cento percento, ora era al duecento. Lo capì dall’energia traboccante e si
guardò istintivamente i piedi che si era scoperto per stendersi nel divano e
stare più comodo. L’aveva fatto per quello oppure per vedere se Castiel avesse
ragione?
Non si rispose
ma si rese conto che era di nuovo notte. Castiel si era svegliato dopo pranzo,
quindi ci avevano impiegato non poco a lavarsi. Il rito dunque aveva preso il
resto del tempo.
Guardò fuori
dalla finestra per capire che ora potesse essere, la luna era alta e c’era un
raro cielo stellato. Sospirò pieno di forze, chi aveva più sonno?
Dedusse che Sam
e Bobby dovessero essere andati a dormire e lasciati lì così, quindi si tirò su
e cercò Castiel con lo sguardo. Lo trovò fermo esattamente come l’aveva
lasciato ma con gli occhi aperti che lo fissavano penetranti ed imperturbabili.
Non una piega nell’espressione levigata che gli facesse capire cosa pensasse.
Dean dubitò anche che lo facesse ma si tenne per sé il dubbio.
- Ehi… - Mormorò
con voce roca per il sonno di chissà quante ore. - Da quanto hai finito? - Si
accorse che l’incenso e le candele erano spente ma lui doveva essere rimasto
immobile. Ma davvero?
- Un po’. -
Castiel in quanto angelo non riusciva a quantificare tempo e spazio, per loro
non esisteva, erano concetti unicamente terreni. Fu allora che a Dean sorsero
miliardi di domande ma di esse diede vita solo ad una, quella che sentì più
pressante. Si mise a sedere bene e non si alzò, rimase altrettanto fermo a
ricambiare lo sguardo serio e diretto.
- Cass ma cosa
sei adesso di preciso? -
Una domanda
apparentemente idiota che però Castiel colse solo perché non aveva il senso
dello scontato e prendeva ciò che gli dicevano o che succedeva esattamente per
ciò che era, senza significati nascosti o letture fra le righe se non negli
animi, ma quello era un discorso che riguardava il leggere dentro agli altri.
- Sono ancora un
angelo, ho le ali, anche se ferite, mi sono rigenerato ed ho recuperato il
minimo di energia necessaria per stare finalmente bene. Però non ho ancora i
poteri che avevo prima, solo alcune piccole capacità. - Essendo che non gli
aveva chiesto quali, non lo disse e Dean non volle saperlo poiché sarebbero di
certo venuti fuori da soli.
- Quindi sei
tipo mezzo umano e mezzo angelo… - Fece cercando di chiarirsi le idee.
Castiel la
definizione non la gradì e con un piccolo tocco di risentimento annuì
distogliendo per la prima volta lo sguardo da lui. Dean capì che doveva essere
un punto molto debole per lui quell’argomento e mordendosi il labbro si alzò
stiracchiandosi per cercare di aggiustare la dose.
- Però hai tutte
le conoscenze degli angeli, oltre a queste piccole capacità che ti sono
rimaste! - Castiel tornò a guardarlo cercando di capire se dovesse sentirsi
meglio o peggio.
- Vuoi dire che
sarò comunque utile in qualche modo? - Sembrava tanto un discorso di
convenienza e Dean se ne rese conto solo ora infatti sgranando gli occhi in
allarme, gli si avvicinò arrivandogli davanti per guardarlo meglio alla
penombra che veniva da fuori.
- Non volevo
dire questo ma comunque sì. Ad ogni modo non devi pensarci ancora! L’hai già
fatto abbastanza tutte queste ore! -
Castiel si
chiese che male ci fosse a pensare, ma si ricordò dell’ammonizione di quel
pomeriggio, quando gli aveva ordinato di non riempirlo di domande.
- Hai fame? Io
sto morendo! Ti va di mangiare qualcosa? - Castiel si strinse appena nelle
spalle e rispose con indifferenza:
- Non ho mai
fame. Ed ora che sto meglio nemmeno sonno. I miei bisogni sono sempre quelli di
un angelo, non sono un umano solo perché non ho i poteri. È solo che certe cose
che prima facevo con la magia, ora non le posso fare e devo arrivarci con i
vostri metodi. - Chiarì una volta per tutte facendo ridere Dean che capì che
gli era rimasta sull’anima il discorso.
- Ho capito, ho
capito! Non oserò più chiamarti mezzo angelo! Comunque io ho fame, vieni in
cucina che mangio qualcosa! -
Castiel si
chiese di nuovo perché dovesse accompagnarlo ma sempre per il famoso discorso
che non poteva fare domande, lo seguì e basta. Dean gradì la sua resa docile ed
una volta nello stanzino accanto accese la luce, gli occhi si abituarono in
fretta e mentre frugava disperato negli armadi sperando che Sam avesse fatto
scorta di qualcosa di commestibile, trovò solo degli insulsi biscotti secchi.
Li guardò con una smorfia. Roba salutare che ingurgitava solo lui!
- Che schifo! -
Borbottò mangiando suo malgrado. Sapeva che era tardi, non poteva uscire per
andare in un pub a mangiare, oltretutto far uscire Castiel era ancora
pericoloso, non si poteva mai sapere com’era la situazione fuori.
Si sedette ad
una sedia indicando a Castiel di sedersi nell’altra. Sapeva che avrebbero
passato tutto il resto della notte svegli nella speranza di poter cominciare
una qualche utile caccia il giorno successivo, si chiedeva se quell’attrazione
che aveva provato prima in bagno con lui l’avrebbe più tornata a provare e nel
cercare di annullare assolutamente quell’imbarazzo
che riprendeva strisciante a crearsi per il silenzio nato fra loro ma
soprattutto il fatto che fossero completamente soli, di nuovo, disse la prima
cosa che gli venne in mente, col suo solito modo spavaldo:
- Allora, è
stato utile quel rito? - Fece continuando ad ingozzarsi di biscotti.
Castiel rispose
come in automatico ed in tutta sincerità, tornando a posare lo sguardo sulla
sua figura. Percepì all’istante del disagio da parte sua che ovviamente non
comprese.
- Molto.
Fisicamente ho recuperato bene. - Si slacciò infatti la camicia che indossava
per mostrare la cicatrice del pugnale ormai rimarginata. Si sarebbe vista
comunque sempre, come il simbolo di Crowley sulle percezioni fisiche, però
ormai era come se fossero segni vecchi di settimane. Dean si chinò a guardare
bene e con stupore ammirò il buon lavoro che avevano fatto quegli affari.
- Ma funzionano
solo con voi angeli? - Chiese toccando distrattamente con le dita laddove oggi
pomeriggio c’erano stati dei punti che ormai non c’erano più.
Distrattamente
per un paio di secondi, poi il contatto con la pelle del suo addome lo fece
andare subito a fuoco e proprio in quel momento la famosa scintilla scattò
deleteria. Cercò di domarla e far finta di nulla ma naturalmente a Castiel,
mentre rispondeva un a sua volta distratto ‘sì’ lo guardò attento corrugando la
fronte, cercando di capire cosa prendesse all’altro.
Lo vide e lo
sentì irrigidirsi mentre la temperatura si alzava vertiginosamente. Castiel
percepì istantaneamente tutto e Dean non avendo idea che fosse così, pensò bene
di togliere la mano e continuare con le domande di circostanza per riempire il
vuoto, appuntandosi bene nella mente di non toccarlo più per non innescare
altre scintille di quel tipo.
- E cosa hai
fatto tutto quel tempo con gli occhi chiusi? - Per lui la concezione del
meditare era al pari di un mistero enorme!
Castiel rispose,
sempre perché era una cosa ormai automatica, ma continuò a rimanere
sintonizzato sulle sensazioni interiori di Dean, senza ovviamente capirlo.
- Ho parlato con
Dio. - Per lui era una cosa normale, aveva preso a farlo costantemente da
quando aveva scoperto che esisteva ma che non interveniva praticamente mai per
lasciare il libero arbitrio alle sue creature. Solo in rari momenti si metteva
di mezzo, quando, ad esempio, aveva dovuto salvarlo in passato dopo che era
stato ucciso ingiustamente.
Dean sgranò gli
occhi mettendo da parte i biscotti, quindi bevve una lunga sorsata di birra,
ruttò, si batté il petto e poi lo guardò avvicinando la sedia davanti a lui per
guardarlo meglio e porgergli tutta la sua attenzione.
- Che? Su,
parla! Cosa vi siete detti? - Castiel si distrasse e smettendo di decifrarlo
-invano- si fece coraggio per parare di un argomento per lui molto delicato.
Emise infatti un lieve sospiro insofferente ed abbassando lo sguardo, ripensò
alla propria meditazione.
- Non abbiamo
parlato, sono stato io. Non mi risponde mai. Io mi apro, gli dico cose, gliele
spiego, gli faccio domande ma… non mi risponde mai… - era un punto dolente che
lui non gli rispondeva, ma lo faceva comunque perché sapeva di essere stato
salvato tante volte da lui.
Quindi sapeva di
essere per lo meno ascoltato.
- Cosa… cosa gli
hai detto? - Dean sapeva che era indelicato chiederglielo, che erano affari
suoi e che non aveva nemmeno senso volerlo sapere, però lo domandò lo stesso
incapace di tenere la bocca chiusa. Era come se improvvisamente volesse sapere
tutto di lui, tutto.
Castiel si
strinse le mani in grembo e se le guardò incerto. Aveva aperto il suo cuore, di
nuovo, al Padre e si sentiva andare in confusione all’idea di riferire tutto a
Dean. Certo glielo aveva chiesto ma si chiese se quello non fosse quello che
lui definiva imbarazzo.
Si vergognava
molto…
Vedendolo
esitare Dean alzò istintivamente la mano e con un dito gli alzò il mento per
farsi guardare.
- Ehi, se non
vuoi parlarne non devi. Sono cazzi tuoi, lo so. Sono solo un impiccione -
Castiel si dispiacque che si considerasse così ma si sentì meglio nel sapere
che non era obbligato a parlarne.
Piegò la testa
di lato, strinse le labbra smarrito e con fare quasi infantile che non assumeva
mai, allora disse senza distogliere lo sguardo da lui ma anzi prendendo la mano
nella sua e portandosela sulla guancia. Gli erano piaciute le sue carezze di
qualche notte prima, quando era in coma.
- Ho aperto il
mio cuore. Ho ammesso con lucidità e sincerità tutte le mie colpe che sono
stato in grado di vedere solo ora che le ho commesse. Poi ho chiesto perdono.
Ho anche parlato dei miei sentimenti, del mio smarrimento, delle mie
convinzioni riguardo al meritarmi una punizione eterna e… - Dean si infastidì
ed irrigidito fece per sfilare la mano. Quell’argomento non gli piaceva ma si
sentì trattenere dall’altro che si fece anche scivolare la propria sulle
labbra. Non fece altro, nemmeno disse altro. Gli chiese con lo sguardo cosa gli
succedesse e solo col secondo treno registrò il resto.
- Hai parlati
dei tuoi sentimenti? - Cosa che in tutta onestà aveva spesso dubitato egli
fosse capace di provare. Incuriosito avrebbe voluto saperli, anzi, avrebbe dato
tutto per conoscerli. Ma con una minuscola parte di sé era cosciente che non
poteva essere tanto invadente. Però quanto avrebbe voluto farlo parlare. Sperò
che lo facesse da solo e Castiel, con disagio, percepì questa sua speranza ed
in conflitto con sé stesso, alla fine si trovò ad accontentarlo.
Scostò appena la
mano dalla propria bocca per poter parlare ed in un sussurri lieve e basso,
disse confuso:
- Riguardo te.
Prima di tutto questo ero convinto che tu fossi come un fratello per me, come
io lo ero per te quando me l’hai detto prima che ci separassimo. Ora però non
credo che sia così. Amicizia, affetto fraterno… sono sentimenti fortissimi e
bellissimi che ho imparato solo grazie a te, Dean, e te ne sono grato perché mi
hanno arricchito e riempito moltissimo. Ma ora mi stai riempiendo di altri
sentimenti ancora a cui non so dare nome. Mi lasciano basito, interdetto,
smarrito e confuso. Però sono fortissimi, inebrianti, strani e… bè, belli. -
Non seppe
definirli in altro modo e Dean si intenerì come non gli era mai capitato,
comprendendo ciò che gli stava succedendo. Si stava innamorando.
E se Castiel era
riuscito ad aprirsi a lui in quel modo ingenuo e spontaneo e quasi impacciato,
non poteva farlo anche lui?
All’idea di dire
ciò che provava e quindi di tradurre in qualcosa di senso compiuto ciò che
sentiva e che gli tempestava ultimamente l’animo, andò nel caos. non erano cose
da lui, agiva e basta. Non si metteva a parlare di sentimenti, quelle cose lo
imbarazzavano. Era stato già difficile chiamare Castiel fratello, quando
avevano litigato. Così come domare ogni santa volta la voglia di piangere nel
capire che ormai le cose fra loro si erano rotte.
Sospirò e scosse
la testa.
No, non era
capace e paradossalmente veniva molto meglio all’angelo che non aveva mai
parlato di quelle cose.
Lui era più per
le dimostrazioni pratiche.
Era sempre stato
così e non sarebbe di certo cambiato ora!
Così pensando
aumentò la presa della mano nella sua, annullò la distanza che rimaneva e lo
baciò di nuovo.
Piano, lento,
calmo, lasciandogli il tempo di percepire uno per uno tutte le sensazioni
incredibili, per capire cosa succedesse, per dare un nome a tutto quello.
Castiel si sentì
catapultato dritto nell’animo di Dean e una volta lì l’emozione fu talmente
alta che capì alla perfezione cosa egli provasse per lui.
E si commosse,
addirittura, nel capire che erano le stesse cose e che non era il solo nella
confusione di quei nuovi sentimenti che forse erano sempre stati ma solo ora
venivano scatenati e vissuti.
Ricambiò il
bacio e la carezza immergendo le dita sulla sua nuca, con delicatezza. Quel
contatto bruciò Dean e aumentò il piacere del bacio. Quelle famose capacità che
gli erano rimaste, si disse… davvero utili, tutto sommato.
Separati dopo un
tempo indefinito per entrambi, Dean appoggiò la fronte alla sua e scosso ed
incerto mormorò seguendo il suo primo istinto momentaneo, come faceva sempre.
- Andiamo in
camera. - Che non fu una proposta o una richiesta ma un’affermazione che
Castiel seguì senza discutere o chiedere, come avrebbe voluto, perché dovevano
andare in camera se nessuno dei due aveva più sonno.
Fu lì, mentre si
dirigevano alla stanza, che Dean capì chiaramente che avrebbe scoperto quali
erano tutti gli altri punti d’ingresso ed uscita dell’energia di cui prima
Castiel aveva accennato.
E non ne ebbe paura.