CAPITOLO V:
RIGUARDO TE
 
Adesso calmati, non piangere
asciuga le lacrime dai tuoi occhi
Sei al sicuro nel tuo letto
è stato tutto un brutto sogno
che ti girava nella testa
La tua mente ti ha ingannata per sentire il dolore
di qualcuno vicino a te che sta morendo
Ma adesso hai un’altra opportunità
Ben sveglia, affronti il giorno
il sogno è finito… o è appena cominciato?
C’è un posto dove mi piace nascondermi
C’è una porta che passo ogni notte
Rilassati bambina, sei già stata lì
Ma non l’hai capito e ti sei spaventata
Questo è un posto dove imparerai
A fronteggiare le paure, ricostruire gli anni
e a domare le fantasie della tua mente
La comanderai per entrare in un altro mondo
E improvvisamente sentirai e vedrai
Questa magica nuova dimensione
Io – ti guarderò le spalle
Io – ti aiuterò a vedere oltre
Io – ti proteggerò di notte
Io – sto sorridendo accanto a te,
in una lucidità silenziosa
[Visualizza il tuo sogno]
[E fallo avverare nel presente]
[Fallo diventare eterno]
[E se riuscirai nei tuoi obbiettivi]
[Potrai controllare i tuoi sogni]
[Il controllo del sogno]
[com'è andata, meglio?]
[Il controllo del sogno]
Se tu mi aprissi la tua mente
Non ti affideresti ai tuoi occhi per vedere
Le mura che hai costruito dentro di te
Crolleranno ed un nuovo mondo avrà inizio
Vivrai due volte in una sola e imparerai molte cose
Sei al riparo dal dolore nel mondo dei sogni
Un’anima che sarà libera di volare
Un viaggio andata e ritorno nella tua testa
Controllerai le tue illusioni, riesci a comprenderlo?
Il tuo sogno è vivo e tu ne sei la guida, ma…

/Silent lucidity - Queensryche/

Rientrato, lo vide esattamente come l’aveva lasciato, con l’asciugamano intorno alla vita, in piedi sulla vasca ed ancora tutto bagnato. La posa neutra e l’espressione… Dean si stupì. L’espressione era persa. Si sentiva a disagio e non sapeva il motivo, né cosa potesse farci, per cui rimaneva così e basta. Fermo come gli aveva ordinato l’altro.
Ghignando si avvicinò disteso senza più l’imbarazzo che per un momento l’aveva quasi ucciso.
- Mi hai preso in parola, eh? - Come sempre del resto. Castiel non rispose non sapendo cosa fare a quel punto, quindi Dean ricordandosi che comunque mancavano ancora i capelli e la barba, infilò un dito nell’asciugamano, tirò il nodo che lo reggeva e glielo tolse, lo abbandonò sulla sbarra dove l’aveva preso prima e tornò a rivolgersi all’angelo ancora immobile che lo fissava neutro senza perdersi un solo movimento.
Aprì di nuovo l’acqua e prese la boccetta dello shampoo cercando di evitare accuratamente di guardargli le parti intime esposte. Magari si era calmato, nel dubbio non guardò comunque!
Gli tornò a sciacquare la testa, cosa che gli ridonò piacere che espresse tramite un sospiro spontaneo e gli mise il liquido profumato al gusto di pino selvatico sui capelli. Senza dargli indicazioni o metterlo alla prova per divertirsi nel vederlo arrancare buffamente in un ambiente non suo, cominciò a grattargli la cute coi polpastrelli. In quella posizione, Dean fuori e scalzo e Castiel dentro alla vasca, quest’ultimo era un po’ più alto e lo guardava dall’alto in quel suo modo penetrante e magnetico, sembrava cercasse di imparare quante più cose potesse e la cosa lo rendeva ancor più strano di quanto non lo era già normalmente.
Anche se niente avrebbe mai battuto quando l’angelo si era imbattuto per caso in un porno ed aveva avuto -il suo corpo- un’erezione!
Ricordandolo ridacchiò con occhi brillanti e finito di insaponargli i capelli sentendosi tanto un fratello maggiore alle prese con il fratellino di due anni, lo rimise sotto il getto dell’acqua facendo sì che si sciacquasse.
Castiel inerme ed immobile lo lasciò fare e quando chiuse il rubinetto tornando a prendere l’asciugamano per coprirlo di nuovo, non trattenne uno spontaneo ed inespressivo:
- Non continuiamo da dove avevamo interrotto prima? - Che fece scivolare Dean su una piastrella bagnata. Non che fosse incapace di camminare sul pavimento bagnato, ma la domanda candida l’aveva distratto alquanto!
Rosso in viso e di nuovo imbarazzato, il ragazzo guardò l’angelo come per ucciderlo ed infatti lo rimproverò:
- Non puoi fare certe domande con una tale naturalezza! Sembra che chiedi quando si mangia ed invece stai chiedendo di… - tossicchiò avvampando ancora di più: - una cosa imbarazzante! - Castiel non capì cosa ci fosse di imbarazzante ma scoprendo ora che certe cose non si potevano dire, si chiese dunque quali esse fossero nello specifico.
- Cos’è imbarazzante? - Chiese uscendo dalla vasca con il telo alla vita come prima. Non lo faceva con provocazione ma proprio per sincera curiosità.
Dean gli mise l’asciugamano più piccolo in testa e gli coprì di proposito la faccia. Glielo tenne sopra per qualche istante, il tempo di riprendersi, poi sospirò e di nuovo in sé, circa, si decise a spiegarglielo. Gli passò i capelli e gli tolse il telo lasciando la testa graziosamente arruffata. Arricciò brevemente la bocca e con una nota di ironia decise anche di cogliere il lato comico della cosa e di lasciar perdere quello pesante!
- Imbarazzante è quando si parla di sesso. - Cercò di fargliela semplice ma capì subito che così si era scavato la fossa da solo.
- Sesso? Facevamo sesso prima? - Dean si morse il labbro e si trattenne dal nascondersi.
- No, prima ci baciavamo e basta. -
Dunque, Castiel, chiese logicamente:
- Ed era imbarazzante? - Per lui non lo era stato per niente.
Dean sbuffò. Come faceva a spiegargli certe cose?
Guardandolo torvo con le mani ai fianchi cercò di pensare come faceva lui e capì che doveva porla in modo molto più razionale e diretto di così.
- Era strano. - Inteso che un bacio fra loro due o due uomini in generale era strano, Castiel la capì però in un altro modo…
- I baci sono strani e le cose strane sono imbarazzanti? Cioè tu mi dici sempre che sono un tipo strano e quindi sono anche imbarazzante? -
Questo discorso era molto più complicato del previsto e Dean contemplò l’idea di farglielo spiegare a Sam ma forse sarebbe stato peggio!
Si mordicchiò ancora il labbro, cercò di ragionare e per prendere tempo si mise a contemplare la ferita sui punti al ventre, non era male nonostante la doccia. Del resto se fosse stata più aperta che chiusa non avrebbe potuto lavarsi, ma non poteva nemmeno rimanere così sporco!
- Non tutte le cose strane sono imbarazzanti, ma alcune sì. Non è facile distinguerle per te. Nello specifico ti basta sapere che è strano due uomini che si baciano, specie se i soggetti siamo noi. Ok? Questo è molto imbarazzante. Parlare dei nostri contatti… strani… - Pregò che così la capisse altrimenti poi si sarebbe dovuto mettere a disegnare!
Castiel ci rifletté e poi tornò all’attacco con la sua calma tipica, mentre Dean gli spalmava il mento e le guance di schiuma da barba.
- Contatti strani cioè baci o anche qualcos’altro? - Domanda logica visto che prima aveva parlato di sesso.
Dean cominciò a passargli la lametta sul viso e rispose cominciando effettivamente a divertirsi parecchio.
- Anche qualcos’altro. - Era ovvio che ora glielo chiedesse…
- Sesso? - Aveva una vaga idea di che cosa fosse. Sapeva che il sesso era una cosa prettamente umana da cui poi si poteva eventualmente proliferare. Si ricordava di aver visto in televisione una volta un programma che gli aveva mostrato scene strane e capì che forse Dean intendeva quel genere di cose con strane ed imbarazzanti.
Dean si illuminò di malizia, ormai era uno spasso, dopo i primi momenti difficili…
- Sesso. Era quello che facevano quei due tizi in televisione quella volta… - quando gli era venuto l’erezione al suo povero tramite!
Castiel, che stava proprio pensando a quello, capì e si espresse solo con un breve ‘oh’ che fece ridere Dean.
- E lo faremo anche noi? - A questo però gli scappò la lametta e gli tagliò la guancia. Castiel si lamentò sorpreso di provare male per una cosa tanto piccola, merito di quel famoso simbolo inciso sul torace.
Il ragazzo gli tamponò il taglietto con un pezzo di carta igienica e arrossito come un adolescente, capì di essersi scavato la fosse. Castiel continuava a fissarlo inquisitore e fino a che non gli avrebbe risposto, non si sarebbe dato pace. Sospirando spazientito gli indicò di sciacquarsi il viso con l’acqua e mentre era piegato ad eseguire come un automa tutti i suoi ordini, Dean dovette rispondere più a sé stesso che a lui.
- Che diavolo ne so se lo faremo o no! Visto la piega che sta prendendo mi sa di sì! -
Quando l’altro si tirò su, il taglietto non si vedeva quasi più ed il suo viso era finalmente in ordine, tranne che i capelli bagnati che rimanevano agguerriti sul capo.
- Che piega sta prendendo? -
Dean però non ne poteva più e avendo già dimostrato troppa pazienza, rispose secco:
- Se non la pianti di fare tutte queste domande ti uccido! - Castiel non osò chiedergli come, capì che era meglio non metterlo alla prova nemmeno per puro spirito di sapere e rimase mite a farsi sistemare anche i capelli un po’ alla meglio.
- Sarà quello che sarà, Cass. Non sono uno che programma le cose ma che improvvisa, non chiedermi cosa faremo che non lo so. Va bene? - Castiel lieto di quell’ultima chiarificazione -che comunque lo gettava ancor di più nel caos-, lo assecondò anche dopo, quando gli indicò di vestirsi. Dedusse da solo che non avrebbero fatto altro in quel momento.
 
Per il rito di guarigione e rigenerazione ci fu anche Bobby che li aiutò. Acceso l’incenso sacro che riempiva l’aria oltre che di profumo di chiesa anche di una nebbiolina che Dean definì ‘da cannati’, sistemarono le candele in un certo modo intorno a Castiel e dopo essersi fatto fare con l’olio santo -che Sam aveva avuto non pochi fastidi a procurarsi fingendosi addirittura un prete!- tre croci sulla fronte, tre sulla bocca, tre sulla gola e tre sul cuore, si fece schizzare con alcune gocce di acqua santa. Dopo di che, sistemato in una poltroncina al centro della stanza, chiuse gli occhi e si rilassò aspettando che quei metodi facessero effetto.
I tre uomini rimasero a lungo ad osservarlo in quello stato meditativo fino a che Sam e Bobby ad un certo punto si stufarono preferendo andare a fare altro.
Dean rimase serio e assorto a fissarlo. Si chiese quanto sarebbe stato capace di stare in quello stato senza muoversi. Certo non era un brutto vedere, tutt’altro… ora che era lavato e sistemato a dovere, poi, sembrava quasi un altro. Nemmeno prima, quando si prendeva cura di sé stesso da solo, era meglio, anzi. Castiel aveva sempre avuto una concezione personale del tenersi.
I lineamenti rilassati, gli occhi chiusi, l’espressione neutra, il respiro regolare e ridotto al minimo, le mani sulle cosce, la posa dritta, la schiena appoggiata allo schienale della poltrona, le gambe piegate e appena un po’ divaricate, i piedi curiosamente scalzi. Aveva chiesto il motivo di quello, gli aveva accennato qualcosa a proposito che i piedi degli umani sono uno dei punti d’ingresso dell’energia, non gli aveva chiesto gli altri né quali fossero quelli d’uscita, spaventato all’idea di scoprirlo.
Rimase a lungo ad osservarlo accomodato sul divano posto in un angolo del salotto, fino a che l’odore dell’incenso e la luce fioca delle candele non gli aveva procurato un naturale sonno piuttosto piacevole e rigenerativo. Infatti al suo risveglio si sentì quasi un altro. Non che avesse effettivi problemi fisici, ma se prima era al cento percento, ora era al duecento. Lo capì dall’energia traboccante e si guardò istintivamente i piedi che si era scoperto per stendersi nel divano e stare più comodo. L’aveva fatto per quello oppure per vedere se Castiel avesse ragione?
Non si rispose ma si rese conto che era di nuovo notte. Castiel si era svegliato dopo pranzo, quindi ci avevano impiegato non poco a lavarsi. Il rito dunque aveva preso il resto del tempo.
Guardò fuori dalla finestra per capire che ora potesse essere, la luna era alta e c’era un raro cielo stellato. Sospirò pieno di forze, chi aveva più sonno?
Dedusse che Sam e Bobby dovessero essere andati a dormire e lasciati lì così, quindi si tirò su e cercò Castiel con lo sguardo. Lo trovò fermo esattamente come l’aveva lasciato ma con gli occhi aperti che lo fissavano penetranti ed imperturbabili. Non una piega nell’espressione levigata che gli facesse capire cosa pensasse. Dean dubitò anche che lo facesse ma si tenne per sé il dubbio.
- Ehi… - Mormorò con voce roca per il sonno di chissà quante ore. - Da quanto hai finito? - Si accorse che l’incenso e le candele erano spente ma lui doveva essere rimasto immobile. Ma davvero?
- Un po’. - Castiel in quanto angelo non riusciva a quantificare tempo e spazio, per loro non esisteva, erano concetti unicamente terreni. Fu allora che a Dean sorsero miliardi di domande ma di esse diede vita solo ad una, quella che sentì più pressante. Si mise a sedere bene e non si alzò, rimase altrettanto fermo a ricambiare lo sguardo serio e diretto.
- Cass ma cosa sei adesso di preciso? -
Una domanda apparentemente idiota che però Castiel colse solo perché non aveva il senso dello scontato e prendeva ciò che gli dicevano o che succedeva esattamente per ciò che era, senza significati nascosti o letture fra le righe se non negli animi, ma quello era un discorso che riguardava il leggere dentro agli altri.
- Sono ancora un angelo, ho le ali, anche se ferite, mi sono rigenerato ed ho recuperato il minimo di energia necessaria per stare finalmente bene. Però non ho ancora i poteri che avevo prima, solo alcune piccole capacità. - Essendo che non gli aveva chiesto quali, non lo disse e Dean non volle saperlo poiché sarebbero di certo venuti fuori da soli.
- Quindi sei tipo mezzo umano e mezzo angelo… - Fece cercando di chiarirsi le idee.
Castiel la definizione non la gradì e con un piccolo tocco di risentimento annuì distogliendo per la prima volta lo sguardo da lui. Dean capì che doveva essere un punto molto debole per lui quell’argomento e mordendosi il labbro si alzò stiracchiandosi per cercare di aggiustare la dose.
- Però hai tutte le conoscenze degli angeli, oltre a queste piccole capacità che ti sono rimaste! - Castiel tornò a guardarlo cercando di capire se dovesse sentirsi meglio o peggio.
- Vuoi dire che sarò comunque utile in qualche modo? - Sembrava tanto un discorso di convenienza e Dean se ne rese conto solo ora infatti sgranando gli occhi in allarme, gli si avvicinò arrivandogli davanti per guardarlo meglio alla penombra che veniva da fuori.
- Non volevo dire questo ma comunque sì. Ad ogni modo non devi pensarci ancora! L’hai già fatto abbastanza tutte queste ore! -
Castiel si chiese che male ci fosse a pensare, ma si ricordò dell’ammonizione di quel pomeriggio, quando gli aveva ordinato di non riempirlo di domande.
- Hai fame? Io sto morendo! Ti va di mangiare qualcosa? - Castiel si strinse appena nelle spalle e rispose con indifferenza:
- Non ho mai fame. Ed ora che sto meglio nemmeno sonno. I miei bisogni sono sempre quelli di un angelo, non sono un umano solo perché non ho i poteri. È solo che certe cose che prima facevo con la magia, ora non le posso fare e devo arrivarci con i vostri metodi. - Chiarì una volta per tutte facendo ridere Dean che capì che gli era rimasta sull’anima il discorso.
- Ho capito, ho capito! Non oserò più chiamarti mezzo angelo! Comunque io ho fame, vieni in cucina che mangio qualcosa! -
Castiel si chiese di nuovo perché dovesse accompagnarlo ma sempre per il famoso discorso che non poteva fare domande, lo seguì e basta. Dean gradì la sua resa docile ed una volta nello stanzino accanto accese la luce, gli occhi si abituarono in fretta e mentre frugava disperato negli armadi sperando che Sam avesse fatto scorta di qualcosa di commestibile, trovò solo degli insulsi biscotti secchi. Li guardò con una smorfia. Roba salutare che ingurgitava solo lui!
- Che schifo! - Borbottò mangiando suo malgrado. Sapeva che era tardi, non poteva uscire per andare in un pub a mangiare, oltretutto far uscire Castiel era ancora pericoloso, non si poteva mai sapere com’era la situazione fuori.
Si sedette ad una sedia indicando a Castiel di sedersi nell’altra. Sapeva che avrebbero passato tutto il resto della notte svegli nella speranza di poter cominciare una qualche utile caccia il giorno successivo, si chiedeva se quell’attrazione che aveva provato prima in bagno con lui l’avrebbe più tornata a provare e nel cercare di annullare assolutamente  quell’imbarazzo che riprendeva strisciante a crearsi per il silenzio nato fra loro ma soprattutto il fatto che fossero completamente soli, di nuovo, disse la prima cosa che gli venne in mente, col suo solito modo spavaldo:
- Allora, è stato utile quel rito? - Fece continuando ad ingozzarsi di biscotti.
Castiel rispose come in automatico ed in tutta sincerità, tornando a posare lo sguardo sulla sua figura. Percepì all’istante del disagio da parte sua che ovviamente non comprese.
- Molto. Fisicamente ho recuperato bene. - Si slacciò infatti la camicia che indossava per mostrare la cicatrice del pugnale ormai rimarginata. Si sarebbe vista comunque sempre, come il simbolo di Crowley sulle percezioni fisiche, però ormai era come se fossero segni vecchi di settimane. Dean si chinò a guardare bene e con stupore ammirò il buon lavoro che avevano fatto quegli affari.
- Ma funzionano solo con voi angeli? - Chiese toccando distrattamente con le dita laddove oggi pomeriggio c’erano stati dei punti che ormai non c’erano più.
Distrattamente per un paio di secondi, poi il contatto con la pelle del suo addome lo fece andare subito a fuoco e proprio in quel momento la famosa scintilla scattò deleteria. Cercò di domarla e far finta di nulla ma naturalmente a Castiel, mentre rispondeva un a sua volta distratto ‘sì’ lo guardò attento corrugando la fronte, cercando di capire cosa prendesse all’altro.
Lo vide e lo sentì irrigidirsi mentre la temperatura si alzava vertiginosamente. Castiel percepì istantaneamente tutto e Dean non avendo idea che fosse così, pensò bene di togliere la mano e continuare con le domande di circostanza per riempire il vuoto, appuntandosi bene nella mente di non toccarlo più per non innescare altre scintille di quel tipo.
- E cosa hai fatto tutto quel tempo con gli occhi chiusi? - Per lui la concezione del meditare era al pari di un mistero enorme!
Castiel rispose, sempre perché era una cosa ormai automatica, ma continuò a rimanere sintonizzato sulle sensazioni interiori di Dean, senza ovviamente capirlo.
- Ho parlato con Dio. - Per lui era una cosa normale, aveva preso a farlo costantemente da quando aveva scoperto che esisteva ma che non interveniva praticamente mai per lasciare il libero arbitrio alle sue creature. Solo in rari momenti si metteva di mezzo, quando, ad esempio, aveva dovuto salvarlo in passato dopo che era stato ucciso ingiustamente.
Dean sgranò gli occhi mettendo da parte i biscotti, quindi bevve una lunga sorsata di birra, ruttò, si batté il petto e poi lo guardò avvicinando la sedia davanti a lui per guardarlo meglio e porgergli tutta la sua attenzione.
- Che? Su, parla! Cosa vi siete detti? - Castiel si distrasse e smettendo di decifrarlo -invano- si fece coraggio per parare di un argomento per lui molto delicato. Emise infatti un lieve sospiro insofferente ed abbassando lo sguardo, ripensò alla propria meditazione.
- Non abbiamo parlato, sono stato io. Non mi risponde mai. Io mi apro, gli dico cose, gliele spiego, gli faccio domande ma… non mi risponde mai… - era un punto dolente che lui non gli rispondeva, ma lo faceva comunque perché sapeva di essere stato salvato tante volte da lui.
Quindi sapeva di essere per lo meno ascoltato.
- Cosa… cosa gli hai detto? - Dean sapeva che era indelicato chiederglielo, che erano affari suoi e che non aveva nemmeno senso volerlo sapere, però lo domandò lo stesso incapace di tenere la bocca chiusa. Era come se improvvisamente volesse sapere tutto di lui, tutto.
Castiel si strinse le mani in grembo e se le guardò incerto. Aveva aperto il suo cuore, di nuovo, al Padre e si sentiva andare in confusione all’idea di riferire tutto a Dean. Certo glielo aveva chiesto ma si chiese se quello non fosse quello che lui definiva imbarazzo.
Si vergognava molto…
Vedendolo esitare Dean alzò istintivamente la mano e con un dito gli alzò il mento per farsi guardare.
- Ehi, se non vuoi parlarne non devi. Sono cazzi tuoi, lo so. Sono solo un impiccione - Castiel si dispiacque che si considerasse così ma si sentì meglio nel sapere che non era obbligato a parlarne.
Piegò la testa di lato, strinse le labbra smarrito e con fare quasi infantile che non assumeva mai, allora disse senza distogliere lo sguardo da lui ma anzi prendendo la mano nella sua e portandosela sulla guancia. Gli erano piaciute le sue carezze di qualche notte prima, quando era in coma.
- Ho aperto il mio cuore. Ho ammesso con lucidità e sincerità tutte le mie colpe che sono stato in grado di vedere solo ora che le ho commesse. Poi ho chiesto perdono. Ho anche parlato dei miei sentimenti, del mio smarrimento, delle mie convinzioni riguardo al meritarmi una punizione eterna e… - Dean si infastidì ed irrigidito fece per sfilare la mano. Quell’argomento non gli piaceva ma si sentì trattenere dall’altro che si fece anche scivolare la propria sulle labbra. Non fece altro, nemmeno disse altro. Gli chiese con lo sguardo cosa gli succedesse e solo col secondo treno registrò il resto.
- Hai parlati dei tuoi sentimenti? - Cosa che in tutta onestà aveva spesso dubitato egli fosse capace di provare. Incuriosito avrebbe voluto saperli, anzi, avrebbe dato tutto per conoscerli. Ma con una minuscola parte di sé era cosciente che non poteva essere tanto invadente. Però quanto avrebbe voluto farlo parlare. Sperò che lo facesse da solo e Castiel, con disagio, percepì questa sua speranza ed in conflitto con sé stesso, alla fine si trovò ad accontentarlo.
Scostò appena la mano dalla propria bocca per poter parlare ed in un sussurri lieve e basso, disse confuso:
- Riguardo te. Prima di tutto questo ero convinto che tu fossi come un fratello per me, come io lo ero per te quando me l’hai detto prima che ci separassimo. Ora però non credo che sia così. Amicizia, affetto fraterno… sono sentimenti fortissimi e bellissimi che ho imparato solo grazie a te, Dean, e te ne sono grato perché mi hanno arricchito e riempito moltissimo. Ma ora mi stai riempiendo di altri sentimenti ancora a cui non so dare nome. Mi lasciano basito, interdetto, smarrito e confuso. Però sono fortissimi, inebrianti, strani e… bè, belli. -
Non seppe definirli in altro modo e Dean si intenerì come non gli era mai capitato, comprendendo ciò che gli stava succedendo. Si stava innamorando.
E se Castiel era riuscito ad aprirsi a lui in quel modo ingenuo e spontaneo e quasi impacciato, non poteva farlo anche lui?
All’idea di dire ciò che provava e quindi di tradurre in qualcosa di senso compiuto ciò che sentiva e che gli tempestava ultimamente l’animo, andò nel caos. non erano cose da lui, agiva e basta. Non si metteva a parlare di sentimenti, quelle cose lo imbarazzavano. Era stato già difficile chiamare Castiel fratello, quando avevano litigato. Così come domare ogni santa volta la voglia di piangere nel capire che ormai le cose fra loro si erano rotte.
Sospirò e scosse la testa.
No, non era capace e paradossalmente veniva molto meglio all’angelo che non aveva mai parlato di quelle cose.
Lui era più per le dimostrazioni pratiche.
Era sempre stato così e non sarebbe di certo cambiato ora!
Così pensando aumentò la presa della mano nella sua, annullò la distanza che rimaneva e lo baciò di nuovo.
Piano, lento, calmo, lasciandogli il tempo di percepire uno per uno tutte le sensazioni incredibili, per capire cosa succedesse, per dare un nome a tutto quello.
Castiel si sentì catapultato dritto nell’animo di Dean e una volta lì l’emozione fu talmente alta che capì alla perfezione cosa egli provasse per lui.
E si commosse, addirittura, nel capire che erano le stesse cose e che non era il solo nella confusione di quei nuovi sentimenti che forse erano sempre stati ma solo ora venivano scatenati e vissuti.
Ricambiò il bacio e la carezza immergendo le dita sulla sua nuca, con delicatezza. Quel contatto bruciò Dean e aumentò il piacere del bacio. Quelle famose capacità che gli erano rimaste, si disse… davvero utili, tutto sommato.
Separati dopo un tempo indefinito per entrambi, Dean appoggiò la fronte alla sua e scosso ed incerto mormorò seguendo il suo primo istinto momentaneo, come faceva sempre.
- Andiamo in camera. - Che non fu una proposta o una richiesta ma un’affermazione che Castiel seguì senza discutere o chiedere, come avrebbe voluto, perché dovevano andare in camera se nessuno dei due aveva più sonno.
Fu lì, mentre si dirigevano alla stanza, che Dean capì chiaramente che avrebbe scoperto quali erano tutti gli altri punti d’ingresso ed uscita dell’energia di cui prima Castiel aveva accennato.
E non ne ebbe paura.