UNA RAGIONE DI VITA
CAPITOLO I:
L’ULTIMA SPIAGGIA
Era stremato, non lo era mai stato tanto in vita sua e la sua esistenza
non era certo quella di un umano.
Dopo averne passate molte, la convinzione che di peggio non potesse
esserci l’aveva reso incauto, probabilmente. O magari si era
fondamentalmente trattato di una speranza.
Avevano faticosamente e con sacrifici importanti salvato il mondo,
fermato l’apocalisse, rinchiuso di nuovo Lucifero e reso innocuo anche
Michael. Poteva essere considerata una bella vittoria se non fosse
stato per il particolare che era andato tutto a scapito di Sam che era
finito nella gabbia per imprigionare Lucifero.
Poteva essere insensibile davanti a tutto ciò che i due ragazzi avevano
fatto per quella causa?
Certo, in gioco c’era stato il mondo e la salvezza di tutti, avevano
agito per un bene più grande del loro personale, ma ugualmente quanto,
quanto avevano dato?
Forse troppo e perfino lui che in tutta quella vicenda vi era entrato
esordendo con le prediche sui sacrifici di pochi per arrivare al
benessere di molti, alla fine si era chiesto se tutto quello fosse
comunque giusto.
Convinto che di peggio non ci potesse più essere, scontrarsi con la
dura realtà del Paradiso, un Paradiso in subbuglio pieno di guerre
interne per la supremazia dello stesso, era stato davvero difficile.
Incredibile, per lui, che aveva capito qual era la via giusta.
L’autogestione, lo scegliere ognuno da soli cosa fare senza seguire
degli ordini prestabiliti da qualcuno che ragionava con la propria
mente.
Era andato tutto molto più in fretta di quello che avesse previsto e
non aveva avuto nemmeno tempo di capire cosa fosse successo a Sam
quando l’aveva faticosamente fatto uscire dalla gabbia.
L’aveva riportato in vita per ricompensare il grosso sacrificio e le
molte sofferenze di Sam e Dean ma poi quando, una volta libero, non era
andato da suo fratello, non aveva saputo interpretare quel gesto strano
ed anomalo.
Poi, semplicemente, non ne aveva avuto nemmeno il tempo.
Tutto troppo veloce ed incalzante, pericoloso, importante.
Realizzare che Raphael avrebbe instaurato non solo una dittatura
pericolosa per tutti ma che avrebbe riaperto la gabbia per liberare
Lucifero e Michael e riprendere con l’Apocalisse, buttando al vento
tutti i molti sacrifici di Sam e Dean, l’aveva fortemente
destabilizzato.
Ci aveva provato con tutte le sue forze, l’aveva fatto stringendo i
denti e lottando ma non era stato sufficiente.
Aver giurato a sé stesso che non avrebbe più tormentato quei due
ragazzi non era stato molto d’aiuto.
Alla fine come poteva farcela da solo?
Come poteva vincere Raphael che ad ogni scontro non lo uccideva per un
soffio?
Castiel non pensò a Sam nemmeno per un istante, non lo contemplò e fu
puramente un fattore istintivo. Sam era strano, era vero, e ne aveva
passate anche più di Dean dentro quella gabbia, torturato da Lucifero e
Michael, ma non era quello. Non era per quello che non aveva pensato a
lui, o meglio non erano questi i termini corretti.
Castiel era andato da Dean, era quello il punto.
Non aveva preferito uno all’altro, aveva solo pensato a chi era più
legato. Gli era venuto spontaneo e naturale andare da lui come ai
vecchi tempi, come un po’ aveva sempre fatto da quando si erano
conosciuti.
Dean gli aveva insegnato molto, dato molto, insieme avevano risolto
molti guai e poteva dire che era grazie a lui se aveva capito meglio
gli uomini ed i sentimenti terreni. Aveva capito che certe cose erano
più forti della grazia divina, che c’erano ragioni per cui valeva la
pena morire e sacrificarsi anche se altri non le vedevano come tali.
Aveva capito per cosa si poteva rischiare tutto.
Si era avvicinato alla definizione di amore nel modo in cui lo
concepivano gli uomini e solo ripensare a lui gli faceva capire quanto
forti e potenti fossero i sentimenti delle persone.
Di Dean.
Era andato da lui confuso e vinto, esasperato, disperato. Non aveva mai
provato una cosa simile perché era vero che nel clou della battaglia
precedente le cose erano state forse sommariamente peggiori, ma era
altrettanto vero che l’avevano affrontata insieme. Lui, Sam, Dean e
Bobby. Non l’aveva affrontata da solo ed anche se lui era un angelo ed
era più forte di loro, aveva dei poteri, sapeva cose che a loro non era
concesso conoscere… anche se c’erano mille ragioni per non sentirsi più
sollevati nel condividere un fardello simile con dei semplici umani,
alla fine era stato proprio così.
Ed ora, da solo, non sapeva proprio più cosa fare.
Non poteva nemmeno arrendersi e lasciare che tutte le sofferenze dei
suoi amici andassero perdute per colpa di un folle arcangelo esaltato.
Vederlo spento a fingere una vita pseudo normale con una donna di cui
un tempo era stato innamorato, accanto ad un bambino che magari in casi
normali avrebbe potuto considerare figlio, gli aveva stretto il cuore.
Faticava già così, a rimettere insieme i pezzi della sua vita distrutta.
Faticava come non mai ad andare avanti senza più problemi apocalittici
imminenti… come poteva chiedergli di affondare di nuovo insieme, come
un tempo?
Con Sam che era sparito e non si capiva cosa gli fosse successo…
Proprio in quel momento, mentre si stava decidendo a rendersi visibile
e a parlargli comunque, la sensazione sgradevole e la puzza tipica di
demone lo bloccò istantaneamente. Ancora prima di voltarsi seppe di chi
si trattava.
Crowley.
Era dagli eventi catastrofici legati a Lucifero che non si era più
fatto vivo ed onestamente aveva sperato potesse continuare così.
Quel reietto assurdo.
- Ah Castiel… l’Angelo del Giovedì. Non è proprio giornata, eh? - Disse
scanzonato Crowley come probabilmente era in ogni istante della sua
vita. Castiel l’osservò mentre più in là Dean continuava a raccogliere
le foglie dal giardino senza vederli e sentirli. La sensazione
sgradevole che Castiel ebbe fu subito un allarme che lo mise in
guardia. Innanzitutto non era decisamente positivo che girasse intorno
a Dean.
- Che ci fai qui? - Chiese col suo tono basso e freddo.
- Voglio aiutarti ad aiutarmi, così ci aiutiamo a vicenda! - Anche
questi giochi di parole umoristici erano tipici suoi, come sempre.
Castiel per un momento si perse ma in ogni caso una cosa era chiara.
Non andava bene avere a che fare con lui, né parlarci, né lasciarlo lì
dov’era Dean un minuto di più.
Era un demone e della peggiore specie. Di quelli forti, purtroppo, e
subdoli. Che sapevano usare il loro cervello per il male più bieco.
- Parla chiaro. - Esordì comunque per capire per lo meno cosa volesse.
Che volesse qualcosa era già grave di suo, almeno avere idea di cosa
fosse per combatterlo era sicuramente saggio.
- Voglio discutere di una piccola proposta d’affari, tutto qui. -
- Vuoi fare un accordo? Con me? - Castiel lo capì al volo ed in un
attimo gli fu chiaro che probabilmente così come lui in Paradiso aveva
problemi di guerre interne per la supremazia del comando, anche lui
all’Inferno doveva averne. Questo però non vedeva come poteva
interessargli… erano un angelo ed un demone, in fondo. Poteva
ricordarselo, prima di venire a cercarlo, no?
Era davvero assurdo anche solo pensarlo…
- Sono un angelo, razza di idiota. Non ho un’anima da vendere! -
Ovviamente ragionò con logica inoppugnabile partendo dalla cosa
basilare. Lui in quanto demone faceva patti in cambio di anime, Castiel
era un angelo e non ne aveva. Questo era il primo punto da considerare
per fargli capire quanto assurdo fosse fare un accordo con lui. Poi
c’era la questione che erano nemici primi.
- Ma è proprio questo il punto, no? - Disse Crowley apparentemente
consapevole già di tutto ed aspettandosi ogni sua singola risposta.
Aveva davvero in mente qualcosa di preciso e Castiel se ne stizzì, in
ogni caso non sarebbe finita bene, lui era una razza strisciante e
malefica, non avrebbe mai portato nulla di positivo. Mai. - Cioè tutto
quello che importa è l’anima. Alla fine tutto riporta alle anime, non è
vero? -
- Ma di che diavolo stai parlando? - Ora cominciava a stufarsi e di suo
era un essere molto paziente, in realtà.
Crowley cominciò il primo affondo, si capiva ci teneva a convincerlo,
qualunque cosa avesse in mente.
- Sto parlando della testa di Raphael, sto parlando del lieto fine per
tutti noi e qualsiasi doppio senso è voluto. - Dean ci sarebbe arrivato
subito. Anche Sam, insomma chiunque. A quale fosse quel doppio senso.
Che Crowley avesse sempre avuto un debole per Castiel era evidente da
un po’ ma a quanto pareva l’unico a non accorgersene era l’ingenuo
angelo. L’unico ostacolo erano le loro razze d’appartenenza e l’odio
istintivo e profondo che Castiel provava per l’altro in quanto demone
ma non solo. Era Crowley stesso che ne aveva fatte troppe a Dean e agli
altri. Dean soprattutto. O meglio. Dean era colui che in fondo gli
interessava sopra tutti. - Dai. Solo due chiacchiere. - Proseguì
vedendo che Castiel non aveva colto doppi sensi, non ci si poteva
divertire molto con lui… o forse era proprio questo il bello. Gli si
poteva dire un sacco di cose, lui ne coglieva la metà, solo il senso
più evidente.
- Non m’interessa parlare con te. - rispose Castiel incorruttibile. Era
proprio per partito preso, qualunque cosa avesse avuto da dirgli lui
era Crowley, un demone. Stop. Non serviva altro per scegliere.
- Perché no? Sono molto interessante, io! - Fece l’altro ironico
convinto che non poteva rifiutarsi, che chiunque sarebbe venuto anche
solo per curiosità. Tanto più che quell’essere era davvero disperato.
Crowley conosceva bene Castiel, per quanto tutto d’un pezzo fosse,
antecedeva sempre il bene collettivo a sé e alle proprie preferenze
personali. Certo non gli era simpatico, lo sapeva, però avere un
allarme rosso in Paradiso doveva renderlo più incauto, non era
possibile che non lo fosse. Era messo male, dannazione, come poteva non
venire con lui ad ascoltare la proposta?
Oltretutto era sempre un piacere continuare ad usare i doppi sensi che
poi comunque non venivano mai colti dall’altro. Poteva fargli tutte le
dichiarazioni che voleva, tanto era lo stesso.
A Crowley non dispiaceva affatto Castiel, era un tipo divertente e a
lui piacevano i tipi divertenti. Era disposto a passar sopra anche al
suo enorme difetto di razza…
Peccato che Castiel era tutto l’opposto e, voltatosi a guardare Dean
dietro di loro ignaro di tutto, non ebbe più dubbi. Non che ne avesse
mai avuti, quello era un maledetto demone.
- Vattene, non intendo ripeterlo. Non ti ascolterò mai, nemmeno per un
istante. Non abbiamo niente di che spartire, io e te. E se ti rivedo di
nuovo intorno a Dean non sarò così calmo. - Fu incisivo ed inamovibile,
non avrebbe mai ceduto e con sguardo gelido lo vide svanire con sommo
sollievo.
Combattere anche con lui proprio in quel momento sarebbe stato
impensabile, almeno un probabile problema, forse, l’aveva risolto.
Tornato a Dean, lo vide finire con le foglie e proprio nel momento in
cui stava per rientrare, Castiel si decise.
Sarebbe stata dura ed orrenda di sicuro, ma era giusto. Doveva.
O meglio… non sapeva cos’altro fare ed anche se gli aveva chiesto mille
sacrifici, lui era ormai tutto ciò che gli era rimasto.
Il fruscio che Dean sentì sarebbe stato familiare se non fosse rimasto
in astinenza da molto.
Quanto tempo era che non lo vedeva? Che non si faceva vivo?
Fu strano per lui sentirlo e percepirlo immediatamente. Gli era di
spalle, non lo vedeva ma non ebbe dubbi che fosse lui.
O forse ci sperava.
Fu la cosa più incredibile di quegli ultimi tempi poiché nella somma
piatta e grigia della sua vita falsamente normale, sentire l’unico
collegamento rimasto con la sua vita precedente da cui cercava di
separarsi definitivamente, lo fece tornare per un momento alla luce.
Un momento.
Poi, voltandosi e vedendolo, tornò a ricordare il resto.
Castiel equivaleva a perdita, per lui, ed anche se d’istinto era stato
stranamente bello sentirlo di nuovo, ora capiva quanto atroce era
rivederlo.
Ricordare Sam non gli faceva mai bene.
- Cass… - Eppure gli venne spontaneo chiamarlo così. S’incupì e
s’irrigidì, ma rimase ad osservarlo sperando non fosse una visione e
che… bè, poi non sapeva nemmeno lui cosa sperare. Lo capì in un secondo
momento e con amarezza lo precedette facendo cadere il sacco di foglie
raccolte: - Ci sono di nuovo casini? - Non sapeva se sperare di sì o di
no.
Stava provando a cambiare vita e ad uscire da quello che faceva prima e
sostanzialmente perché gli procurava troppo dolore, era sempre tutto
troppo legato a Sam… ma a volte gli faceva più male sforzarsi di
cambiare vita…
Castiel si dispiacque con sincerità per quell’ombra sul suo viso e non
seppe come sentirsi circa quella reazione. Ci aveva preso, in realtà.
C’erano problemi.
- Mi dispiace, non sarei mai venuto da te se non sapessi che altro
fare. - Sapeva che anche solo chiedergli di aiutarlo era un prezzo già
alto per Dean.
- Ho cambiato vita, non voglio più avere niente a che fare con quelle
cose… arrangiatevi, dannazione! - Replicò stizzito istintivamente
voltandogli le spalle.
Eppure non voleva risentire di nuovo quel fruscio che gli indicava se
ne era andato.
Sperava rimanesse lì.
Era una lotta atroce, da un lato voleva rimettersi in pista, dall’altro
era arrabbiato, incazzato nero. Perché era quella strada che comunque
voleva profondamente ad averlo rovinato tanto.
Come poteva rimettersi dentro così, semplicemente?
Castiel rimase un attimo interdetto, non sapeva cosa fare. Aveva
ragione, però come fare?
- Hai ragione, non volevo venire. - Disse sinceramente ed in un
sussurro non osando avvicinarsi. Dean si voltò di scatto allargando le
braccia, l’espressione contratta dall’esasperazione, gli occhi segnati,
pallido e sciupato.
- E allora perché diavolo sei venuto lo stesso? - Rovinava tutto. Tutti
i suoi sforzi di annegare nel grigiore di una falsa normalità. Falsa in
quanto non sarebbe mai stata reale.
Castiel mostrò per un istante esitazione e mortificazione. Non voleva
farlo nemmeno lui, Dean lo capì e questo lo calmò, infatti si avvicinò
per evitare lo sentissero. Ora che lo vedeva meglio era anche più
doloroso stargli davanti. E faticoso. Molto.
- Cosa succede, sentiamo! - Perché era sempre stato più forte di lui.
Non voleva ma voleva. Era ciò per cui era nato, quella vita, tutto
quello che aveva conosciuto, in fondo.
- Raphael vuole prendere il comando del Paradiso. Se lo farà riaprirà
la gabbia per far riprendere l’Apocalisse. - E questo era un motivo
abbastanza grande per tornare da lui, dopotutto.
Dean lo capì. Dean capì tutto. In un angolo razionale di sé sapeva
perché venire da lui era giusto, sapeva perché era importante, perché
Castiel non aveva avuto scelta.
- Sai cosa significa. - Disse per non infierire usando ulteriori
parole. Era un riguardo, quello che gli stava usando in quel momento?
Dean se lo chiese. Che lui ricordasse, non ne era capace. Non
distingueva il dolore umano… da quando era così attento?
Sospirò strofinandosi il viso.
Quanto era faticoso comunque.
Sam. Il sacrificio di Sam. Come poteva essere vano se lasciava che quel
bastardo semplicemente riaprisse tutto?
Girandosi per raccogliersi un istante sentì un forte bisogno di
annegare nell’alcool ma quando la mano di Castiel gli toccò il braccio
provò un istantaneo ed insolito senso di sollievo, come se avesse usato
qualcuno dei suoi poteri. Si voltò e lo guardò con la sua mano ancora
sul proprio braccio. Poteva andare bene così, forse. Perché lui era
Castiel, si era sacrificato tanto anche lui, l’aveva aiutato in tutti i
modi, si era fidato nonostante la sua natura, era andato contro la sua
specie, si era ribellato per aiutarlo.
Insomma, era Castiel… era una delle creature che aveva fatto di più per
lui, in fondo… e a parte questo… a parte questo se erano riusciti a
vivere fino a quel punto, lui e Sam, lo doveva all‘angelo. Anche se
ora, ad essere vivo, era solo uno dei due.
- Non devi se non vuoi, è solo che non sapevo dove sbattere la testa e
prima dell’inevitabile fine volevo andarmene con la coscienza a posto.
Volevo sapere d’aver davvero fatto tutto il possibile. - Un possibile
che non avrebbe mai contemplato Crowley.
Questo fu il colpo di grazia per Dean che, sciogliendosi, fece crollare
il muro e tutte le sue difese. Non sorrise, non si distese, rimase teso
e cupo ma con un che di sconfitto. Eppure dentro di sé era anche
contento di tornare a quella vita. Nonostante tutto ciò che gli aveva
tolto.
- Non te ne andrai così facilmente. Dai, qualcosa troveremo. - Ma una
gioia simile Castiel seppe di non averla mai provata e non se ne
capacitò perché in realtà non era una vittoria su Raphael, non era
esattamente nulla. Allora perché essere così contenti di riavere Dean
accanto?
Dimentico di tutto e di tutti, anche di Sam stesso, strinse la presa
sul suo braccio ed inavvertitamente gli trasmise il suo stato d’animo.
Stato d’animo che scosse Dean lasciandolo proverbialmente senza parole.
Questi infatti lo guardò sentendosi inaspettatamente contento,
semplicemente, e capì quanto il suo aiuto significasse per lui. Anzi,
si corresse. Capì quanto lui stesso significasse per Castiel.
Ovviamente qualcosa che solo lui comprese e che l’angelo non ebbe mai
chiaro in quanto puro sentimento terreno.
Questo lo fece sorridere appena, si sentiva strano all’idea di essere
tanto importante per lui. Era bello ed euforico ma soprattutto… come
poteva dire?
Soprattutto vitale, in un certo senso.
Forse a queste condizioni, in questo modo, la vita di prima non era più
una nemica oscena.
Forse, con lui, sarebbe potuta essere diversa, sopportabile… vivibile.