CAPITOLO
XL:
IL
VUOTO DENTRO
Stiles
divenne il gelo, il vuoto, l'inconsistenza.
Rimase
fermo sotto la pioggia per ore, senza muoversi, senza reagire.
Nemmeno mezza parola, gli si formò nella mente.
Al
passaggio di un'auto che gli suonò perchè era vicino al ciglio
della strada, si riscosse, si guardò intorno come se si svegliasse
da una trance ed entrò.
In
camera si svestì e si asciugò, poi senza capacitarsene venne
attirato dal cappellino che aveva perso e ritrovato da solo, senza
nemmeno che lo cercasse.
Lo
prese, lo guardò assorto come se dovesse rivelargli un importante
segreto da un momento all'altro. La mente che gli gridava qualcosa,
l'istinto, un ricordo lontano. Ed il dolore troppo grande per
catturarlo e capirlo, per tradurre quel che sentiva.
Non
collegò il cappellino a quello che gli aveva riportato Derek, ma se
lo tenne con sé insieme al preservativo che assurdamente gli
ricordava il suo ormai ex ragazzo, non era romantico, ma era tutto
ciò che poteva collegare a lui.
Poi
carezzò le lenzuola dove erano stati stesi insieme per molte notti.
Tutto
finito, si disse.
Prima
o poi con quelli così succedeva. Aveva pensato al Piano B, a Lydia,
proprio per questo.
Doveva
odiarlo?
Doveva
soffrire?
Doveva
dire qualcosa?
Doveva
sfogarsi?
Cosa
doveva fare?
Era
una persona sempre piena di reazioni ed emozioni una più esagerata
dell'altra.
Perchè
ora non ne aveva?
Perchè
stava lì cercando tracce di Derek senza odiarlo o piangere?
“Non
so nemmeno se stavamo insieme...”
Tracce
di Derek...
A
quel pensiero si alzò di scatto e corse alla taverna, di sotto, dove
teneva il cane che gli aveva regalato Derek.
Il
cucciolo era cresciuto a vista d'occhio, ma non era diventato troppo
grande. Il muso ricordava vagamente quello di un volpino.
Lo
portò su in camera disobbedendo all'ordine perentorio di suo padre
che gli vietava di tenere la bestia in giro per casa e che gli
permetteva di tenerlo solo in taverna.
Se
lo mise sul letto e si accoccolò con lui.
Aveva
scelto un cane che, crescendo, ricordava davvero Stiles.
Aveva
scelto un regalo pensando a lui più che mai e l'aveva fatto anche in
modo che però gli ricordasse anche Derek.
Il
cane gli leccò il viso e Stiles si addormentò sentendo il suo
ragazzo più vicino.
Nel
sonno il nulla continuò a congelare tutto il suo stato d'animo, come
se la reazione per Derek non potesse uscire, come se fosse meglio
così. Soffocare tutto.
Come
se la propria mente lo stesse proteggendo bloccandogli emozioni. Per
non farlo soffrire troppo.
Perchè
forse non avrebbe retto a quello.
Del
resto come si poteva?
Quando
lo disse a Scott, questi capì sorprendentemente prima di Stiles che
era stata una chiara mossa per proteggerli.
Isaac
quella notte era venuto da lui, bagnato e sconvolto, dopo essere
stato inspiegabilmente cacciato da Derek.
I
tre si ritrovarono in camera di Scott prima di andare a scuola e si
confrontarono sullo strano atteggiamento di Derek.
Stiles
disse laconico -cosa eccezionale di per sé visto quanto loquace
fosse- che Derek l'aveva lasciato per la professoressa a cui si stava
interessando e mentre Scott lo fissava pensando che scherzasse, Isaac
scosse il capo.
-
Ha allontanato anche me per sua sorella Cora! È sempre stato
stronzo, ma di solito aveva un motivo. Ora sembra solo impazzito! -
Scott fissò entrambi, non sapeva a cosa pensare per primo. Se alla
sconvolgente reazione di Stiles o all'ottusità di Isaac. Persino a
lui era chiaro cosa stava facendo Derek.
-
Ma... ma ragazzi, mica crederete alle scuse che vi ha detto! - Isaac
e Stiles allora lo guardarono sorpresi.
-
E perchè no? - Stiles era come spento, si capiva che non era il
solito Stiles perchè di norma avrebbe capito prima di chiunque altro
quella cosa. Ora proprio non ci arrivava.
Per
Isaac era abbastanza normale tutto sommato.
-
Beh... ma perchè con Deucalion che vuole qualcosa da lui, ed ormai è
abbastanza chiaro, è ovvio che pensa a proteggervi e che lo fa
allontanandovi! - Poi si concentrò su Stiles mentre Isaac
metabolizzava con la sua solita lentezza. - E tu?! Mi meraviglio di
te, Stiles! Come hai potuto credergli? Sei sempre quello più
sveglio, arrivi prima di tutti alle cose e... ed ora così... ma poi
me lo vieni a dire con tanta tranquillità? - Scott era agitato anche
per Stiles che rimaneva sorprendentemente calmo, lo guardava senza
capire perchè se la prendesse tanto. Era come se fosse un altro.
-
Cosa dovevo fare? Strapparmi i capelli? Mi ha lanciato molti segnali
chiari! Lui non è mai stato il mio ragazzo sul serio, non voleva
stringere davvero il legame. È sempre rimasto ad una certa distanza.
Non abbiamo mai fatto sesso, ricordi? Mi rifilava scuse sull'essere
pronti e cose del genere, che non voleva che finisse dopo che le cose
si stringevano tanto e poi... andiamo... appena trova una donna
adatta mi pianta! Io ero solo un ragazzino, per lui. Non mi ha mai
detto cosa provava. Solo che ci teneva a me. -
-
No? Ma cosa ha fatto per te? -
-
Ed io? Io non ho mai fatto niente? Senti, era una cosa reciproca.
Però non siamo mai stati fidanzati, altrimenti mi avrebbe detto cosa
provava... avremmo fatto le cose da fidanzati. Se è finita così
facilmente, significa che ci ho visto male! - Scott comunque non
capiva come potesse parlare così calmo e pacifico e allargò le
braccia sconvolto.
-
Ma Stiles! Perchè allora non ti arrabbi e non urli e non imprechi
contro di lui? Pensi che comunque non si sia comportato bene... che
ti abbia rifilato delle balle per tenerti buono... insomma... perchè
non te la prendi? Ti sta andando bene così? - Stiles scosse il capo
e senza dire niente uscì dalla camera.
Era
come se sentisse di dover bloccare le proprie emozioni quando
qualcosa le scuoteva.
Gli
succedeva da quella notte.
Ogni
volta che i propri pensieri gli provocavano subbugli emotivi e che
stava per esplodere, la mente lo fermava.
Si
stava proteggendo.
Scott
capì che c'era qualcosa che non andava e capì che non poteva
lasciarlo perdere così.
Si
girò verso Isaac e fra i due ci fu un breve scambio intenso, tanto
quanto quella notte.
Non
era successo nulla, ma Isaac era capitato da lui sconvolto e mentre
Scott gli aveva dato qualcosa per asciugarsi e cambiarsi, l'aveva
consolato e tirato su. Aveva comunque reagito in qualche modo.
Anche
se i due non sembravano molto legati, Derek per Isaac era la sua
famiglia, oltre che il suo capo branco. Era padre, madre e fratello.
Era padre, madre e fratello imbranati in quanto non mostrava affetto
in modo normale, però a lui gli stava bene. Lo teneva comunque con
lui, gli dava un tetto, del cibo.
Vedersi
mandare via era stato un duro colpo, l'ennesimo abbandono. Scott
aveva avuto il suo bel da fare per calmarlo e alla fine si era
addormentato sul suo letto.
-
Devo occuparmi di lui. Più tardi pensiamo a Derek! - Disse
andandosene.
Stiles
rimase ostinatamente silenzioso sulla questione Derek per un bel po',
ma l'insistenza di Scott fu tale che ad un certo punto, fra un'ora e
l'altra, dovette dirgli qualcosa per farlo smettere.
-
Senti. Ringrazia il cielo che reagisco così! Se io mi lasciassi
andare a delle reazioni particolari, hai idea di che pandemonio
farei, esagerato come sono sempre su tutto? Dovrebbe starti bene
così! - Scott, testardo, continuò.
-
No che non mi sta bene, perchè questa è in realtà la reazione
peggiore di tutte! Come fai a non provare nulla? È impossibile! Non
hai nemmeno provato a convincerlo, non ci hai parlato, non gli hai
detto nulla... Stiles, è strano! - Stiles, che stava camminando
verso la prossima aula, si girò di scatto verso Scott sentendo di
nuovo la pressione salire e quella sensazione di imminente apocalisse
invaderlo.
Un
ronzio nelle orecchie.
Alzò
le mani e lo fermò tendendo i muscoli, le vene del collo si
vedevano, lo sforzo fu talmente chiaro che Scott si zittì
improvvisamente.
Poi
il ragazzo parlò piano, a denti stretti, in un sussurro che fece
rabbrividire l'amico.
-
Vuoi sapere cosa sento? Sento che sono sul filo di un acrobata
sospeso su un precipizio infinito. Se faccio un minimo passo falso,
anche solo se respiro o se penso... se il mio cuore batte più forte
del normale... io cado... è così che mi sento. Quando ho questa
voglia di gridare, piangere, fare una piazzata... qualcosa mi blocca
subito e mi svuota immediatamente. Qualcosa mi tiene in pugno e penso
che sia la mia mente che non vuole vedermi impazzire. Sento che se mi
lasciassi andare, il dolore che proverei sarebbe troppo forte. Così
forte che non saprei gestirlo. Così il mio inconscio mi protegge
bloccando le mie emozioni. Ma credimi, Scott. Che ne ho. Ma è meglio
così. Lasciami così. - Scott a bocca aperta capì che non avrebbe
più potuto coinvolgerlo nella questione Derek, nemmeno lontanamente,
ma l'avrebbe risolta per lui.
Si
ricordò delle promesse fatte a sé stesso. Per aiutare quello che
per lui era un fratello, avrebbe sempre fatto di tutto per proteggere
e aiutare Derek, per riportarglielo sempre a casa sano e salvo. Era
questo che prometteva sempre a Stiles. La stessa cosa che gli
prometteva per gli altri a cui teneva e che erano in pericolo. A suo
tempo anche con Lydia, lo fece.
Così
giurò a sé stesso che avrebbe risolto per lui quella questione e
che gli avrebbe riportato Derek prima di quel suo ultimo folle gesto
suicida, fatto nel tentativo di proteggere tutti quelli che lo
amavano... e che lui amava.
Scott
ci provò con tutto sé stesso e solo Dio poteva sapere quanto avesse
tentato di salvarlo ed aiutarlo.
Ma
nessuno dei suoi sforzi fu sufficiente per salvare Derek.
Erano
lì tutti per lui, per aiutarlo, dopo aver capito quello che stava
per fare.
Un
estremo disperato tentativo di porre fine a quella brutta storia con
Deucalion.
Beh,
in un modo o nell'altro quella notte sarebbe finita, si era detto
dirigendosi al loro covo.
Il
giorno dopo era stato così male da non riuscire nemmeno a respirare,
si era violentato spasmodicamente senza pietà, per non andare da
Stiles e perdersi nel suo morbido corpo.
Si
era ucciso secondo dopo secondo, per questo aveva deciso di farlo
finire.
In
qualche modo doveva.
Era
andato da Deucalion, al luogo dell'appuntamento, per dargli la
risposta in merito al suo famoso ultimatum.
Ovvero
o si univa al suo branco o sarebbe morto.
Ma
Derek sapeva che per unirsi a lui, in ogni caso gli avrebbe fatto
uccidere i suoi.
Non
avrebbe ucciso nessuno dei suoi, né si sarebbe unito a quel gruppo
di folli assassini.
Piuttosto
sarebbe morto, così nessuno se lo sarebbe più conteso.
Questo
era stato il suo pensiero mentre era andato incontro alla propria
morte con la piena consapevolezza di ciò.
Non
ce la faceva più.
Sapeva
che rimanendo vivo ed in opposizione a loro, i suoi prima o poi
sarebbero morti tutti quanti. Sapeva che loro non avrebbero mai e poi
mai mollato.
Se
era lui il problema, lui si toglieva di mezzo. Non senza prima
lottare dando fondo a tutte le proprie forze.
O
alla propria disperazione.
Scott
però si era presentato con Isaac e con Boyd e Cora già presenti, la
festa era stata comunque in un'unica prevedibile direzione.
Scott
ci aveva provato, ma vedendolo cadere giù con delle ferite atroci,
aveva chiaramente percepito il suo pensiero o meglio una sorta di
emozione riconducibile ad una persona in particolare.
Si
era sentito penetrare dall'immagine di Stiles, uno Stiles sorridente
e capì che Derek, nel momento della sua morte, aveva pensato a lui.
Il
dolore di Scott nel vederlo rovinare giù da quell'altezza, nel
vederlo privo di vita giù sulle scale, non ebbe paragoni con niente
altro provato prima di quel momento. Non sapeva spiegarsi, non sapeva
dire cosa, come e perchè di preciso.
Era
solo un folle dolore.
Prima
di riprendersi e correre sotto da lui, ci mise degli istanti
infiniti, istanti durante i quali pensò a Stiles e a Derek e a come
li sentiva entrambi fratelli in modo diverso. Stiles lo era quasi per
nascita e Derek per razza. Con lui condivideva altre cose,
condivideva il suo essere. Ma Stiles era quello che lo conosceva
meglio di tutti, gli era sempre stato accanto.
Ed
ora in qualche modo li aveva rovinati.
Non
riusciva a ragionarci razionalmente. Si sentiva colpevole del loro
dolore, della fine di Derek, delle lacrime che Stiles avrebbe
versato.
Il
suo modo di voler bene alle persone era proteggerle e fare in modo
che non soffrissero.
Con
Stiles aveva cercato di farlo, aveva protetto tutti quelli che lui
aveva amato e ci era sempre riuscito fino a quel momento. Fino a
Derek,
Con
lui non ci era riuscito.
Si
guardò le mani, gli artigli sporchi di sangue. Se non avesse ferito
l'alpha con cui Derek stava lottando proprio vicino a quel buco nel
pavimento, se non gli avesse graffiato dietro le ginocchia, non
sarebbero caduti.
L'alpha
che lottava con Derek si era sbilanciato all'indietro per colpa del
suo graffio e così, cadendo, si era portato dietro Derek.
I
due erano caduti al di sotto ed erano morti.
La
colpa era solo sua.
Non
solo non era riuscito a proteggere Derek, ma l'aveva proprio ucciso.
Quando
era sceso, dopo che li aveva visti andarsene in fretta portandosi via
i loro feriti e quel licantropo caduto con Derek, Scott, Isaac e Boyd
corsero giù e rimasero basiti nel constatare che non c'era.
Scott
rimase a fissare il punto in cui sarebbe dovuto essere, mentre gli
altri cercavano di percepirlo senza successo, troppo feriti anche
loro per usare i loro sensi.
-
Non può essere sopravvissuto! -
-
Era troppo ferito e da quella altezza nemmeno lui ce la farebbe! -
-
Allora se lo sono portati via loro per infierire sul suo corpo! -
-
Se fosse stato vivo non si sarebbe fatto prendere... -
Ipotesi
e supposizioni... e nemmeno la forza di sperare. Solo di
colpevolizzare e colpevolizzarsi.
Si
trascinarono l'un l'altro fino al rifugio di Derek e lì attesero di
curarsi.
Solo
che mentre Isaac e Boyd guarivano, Scott no. Ovviamente lo nascose.
Era
solo colpa sua, solo colpa sua.
Ed
ora doveva andare da Stiles e dirglielo.
Come
poteva?
Come?
Stiles
era rimasto alla finestra tutto il tempo a camminare avanti ed
indietro, indeciso su cosa fare, cercando di concentrare la propria
mente su altre cose. Come la questione del Darach che aveva appena
scoperto. Un essere, una specie di druido oscuro, un emissario
potente, che stava facendo dei riti sacrificali per attingere più
potere.
Inarrestabile.
Chi
mai poteva essere?
Cercava
di pensare a questo per non fissarsi su Derek e su quello che sapeva
stavano facendo.
Scott
era convinto che Derek avesse allontanato tutti di proposito per
tenerli al sicuro, Stiles era cosciente che se finiva per crederci,
poteva benissimo essere un semplice sistema per non soffrire troppo.
Come nascondere la testa sotto la sabbia.
Però
d'altro canto si era innescato lui un meccanismo particolare.
Di
norma si buttava a capofitto in tutto quello che gli stava a cuore,
ma ora si teneva fermo ed impegnato con altri pensieri e si obbligava
a non mettersi in mezzo, quella volta.
Perchè
se era vero che Derek l'aveva lasciato per proteggerlo, non poteva
rendere vano il suo gesto.
Derek
ci teneva così tanto a lui da spingerlo a fare una cosa del genere.
Lasciarlo e poi andare da Deucalion sapendo di poter solo morire.
Stiles
credeva in Scott, credeva che poteva salvare le persone. L'aveva
fatto con tutti loro fino a quel momento, non aveva motivo per
dubitare proprio ora.
Si
fossilizzò su quello.
Scott
l'avrebbe aiutato ed una volta risolto tutta quella orribile
situazione, loro sarebbero tornati insieme.
Si
opponeva sempre a tutto, ma per una volta doveva capire quanto quello
contasse per Derek. Era arrivato a fare la cosa che voleva meno di
tutte, allontanarlo.
Doveva
dimostrargli che ricambiava il suo sentimento accontentandolo,
assecondandolo.
Se
fosse andato sarebbe stato un peso, per proteggerlo si sarebbe fatto
uccidere.
Stiles
aveva ragionato con lucidità convinto di poter aspettare.
Quando
la porta della sua camera si aprì lentamente, il cuore riprese a
battere dopo dell'infinito tempo passato immobile.
La
sua mente aveva passato tutto il tempo a bloccare le sue emozioni
prima di farlo impazzire, troppo preoccupata di sé stessa.
Così
adesso sentirsi di nuovo vivo al punto di morire dall'ansia, gli fece
capire che la mancanza di reazione era in realtà la reazione
peggiore.
Vide
Scott e vide il suo sguardo funereo e per un momento si sentì
morire. Il cuore di nuovo fermo, la vita che scivolava via dalle
proprie mani, l'aria che mancava. Soffocamento.
Sbiancò
e lo guardò mentre avanzava e con occhi terribili, lucidi, che
stavano per piangere, scosse il capo lentamente.
Stiles
tese i muscoli del collo e poi anche quelli del resto del proprio
corpo, alzò la mano e l'aprì fermandolo.
-
Dov'è? - Chiese solo con una calma che presagiva un terribile
scoppio.
Scott
si mosse verso di lui ancora con lentezza, dispiaciuto, a pezzi.
-
C'è stata una lotta, era impossibile uscirne. -
-
Ma lui... lui dov'è? È a casa sua che si cura? Mica è passato
dalla sua parte, no? - Stiles si rifiutava di pensare in termini di
morte, anche se non aveva fatto altro che quello nell'attesa.
Scott
sospirò e rimase con gli occhi puntati sui suoi usando una forza
residua che non sapeva da dove gli usciva.
-
E' morto, Stiles. Non ce l'ha fatta... -
Stiles
si raggelò, proprio come quando Derek l'aveva lasciato. Era rimasto
un'eternità immobile e forse il cuore si era fermato mentre i
polmoni non avevano più preso l'aria.
Quanto
tempo così? E poi nulla, il nulla. Il vuoto.
Come
ora.
Il
gelo.
La
mente che si proteggeva bloccando le emozioni e le reazioni,
impedendogli di impazzire per il troppo dolore.
E
poi le domande logiche, sempre per tenersi attivo, per impedirsi di
finire fuori uso in una reazione isterica inutile.
Perchè
lui era logico e reagiva in maniera logica. Almeno quando poteva.
Quando ci riusciva.
-
Avete portato il suo corpo a casa? Lo voglio vedere. - Disse freddo.
Si sentiva che era quello stato prima dell'esplosione atomica. Scott
temette quel momento, ma si fece forza.
-
No... dopo aver combattuto ed essere caduto facendo un volo di
svariati metri, è finito giù e... e quando siamo scesi lui e gli
altri non c'erano. Devono averlo preso loro come trofeo... non lo
so... - Scott cercava solo di dire quello che era.
Quello
che sentiva.
Però
Stiles si fermò, piegò la testa, corrugò la fronte e disse
incredulo:
-
Senza il suo corpo come fai a dire che è morto? L'avranno anche
preso, ma come fai a dire che è morto? Perchè l'avrebbero preso da
morto? A cosa serve? Figurati se si disturberebbero! Sicuramente è
vivo e vogliono torturarlo fino a che non accetta di entrare nel loro
branco! -
Stiles
ora parlava con una certezza incrollabile. Gesticolava e camminava
per la stanza. Scott lo lasciò fare sospirando.
-
Dobbiamo andare da loro e riprenderlo! Raduna tutti, penserò ad un
piano e... - Scott allargò le braccia assecondandolo.
-
E per andare dove? Non sappiamo dove l'hanno portato e sono troppi e
troppo forti, l'hanno dimostrato per l'ennesima volta! La verità è
che non sappiamo da dove cominciare, non abbiamo un punto da cui
partire, non abbiamo cartucce da sparare... non abbiamo nulla, nulla!
- Scott sarebbe andato, ma per recuperare il corpo privo di vita di
Derek. Stiles doveva convincersi che fosse vivo, ne aveva bisogno e
lo capì.
-
Ok, dobbiamo scoprire dove sono! Dobbiamo scoprire dove lo tengono! -
Disse Stiles deciso fermandosi davanti a lui. Lo guardò negli occhi
colmi di dispiacere e capì che non la pensava allo stesso modo,
infatti con un mormorio sconvolto disse piano: - Tu sei convinto sia
morto... -
-
Stiles, non l'hai visto... era morto! -
-
Ma tu non l'hai toccato, non hai sentito se il suo cuore si era
fermato davvero! Tu non lo sai! - Cominciò ad alterarsi e Scott
ripensò a quello che gli aveva detto sul bloccare le emozioni. A
volte era meglio.
-
No, ma non può essere sopravvissuto! Io so che è morto! Non ci
posso credere nemmeno io, cosa credi? Ma sono realista! L'ho visto
morire! - Voleva aggiungere che era colpa sua, ma non ci riusciva, la
lingua era legata.
Stiles
però non poteva ragionare come lui, Stiels era diverso. Era
intelligente, sapeva le cose, era logico e razionale. Anche se
seguiva impulsi e sensazioni che sfociavano in intuizioni brillanti,
non poteva fare altrimenti. Non poteva.
Lui
ragionava e si salvava così.
-
Finche non vedo il suo corpo morto, per me è vivo! E questo è
quanto! - Con questo si girò e si sedette al computer cercando
qualcosa, qualunque cosa che gli desse un indizio su dove potessero
essere.
Perchè
lui agiva con una sua utilità. Non poteva andare e combattere, ma
poteva tirare fuori i piani e sapere le cose che gli altri non
sapevano.
Li
poteva condurre, in un certo senso.
Scott
capì che era il suo modo di affrontare la sua morte, una specie di
fuga dalla realtà. Ma alla fin fine non era molto diverso. Come
poteva biasimarlo? Anche lui scappava dal proprio senso di colpa non
parlandogliene.
Si
prese il fianco dove la lo squarcio non voleva saperne di
richiudersi.
Trovare
un sistema per non rimanere schiacciati dal dolore era tutto ciò che
potevano fare.
Scott
scosse il capo e se ne andò.
Aveva
ferito il suo amico fino a quel punto. Non se lo meritava. E il
peggio era che non c'era un modo per rimediare, perchè era convinto
che Derek fosse morto e che fosse colpa sua. Questo era davvero
peggio.