CAPITOLO
XLI:
LA
FORZA ESTREMA
-
Lo capisci che è assurdo andare alla cazzo di partita di lacrosse
quando dobbiamo trovare Derek? - Disse Stiles arrabbiato. Finalmente
era tornato a mostrare sentimenti ed emozioni. Scott trovò che fosse
positiva, come reazione, anche se di fatto continuava a rifiutarsi di
accettare la realtà che Derek fosse morto.
Sospirò
incerto su come sentirsi ed alla fine scosse la testa evitando il suo
sguardo, stanco.
La
ferita che ancora non si chiudeva.
-
Dobbiamo allontanarci tutti per un po' dalla città e questa
trasferta è perfetta! Abbiamo bisogno che le acque si calmino e di
stare lontani e al sicuro da loro. Ma soprattutto insieme! - Spiegò
per l'ennesima volta salendo sul pullman.
Stiles
però lo seguì allargando le braccia teatrale e polemico:
-
Sì ma a quanto pare quello non è della stessa idea! - Con questo
indicò Ethan, uno dei gemelli alpha, che stava con Danny.
Scott
strinse la bocca e si sedette, sempre stanco e stremato, all'ultima
fila in fondo. Stiles, sebbene si lamentasse, si sedette accanto a
lui continuando a brontolare.
-
Ti prego... è la cosa migliore... per il momento non possiamo fare
altro che far calmare le acque... ci serve tempo per pensare... - Il
tono della sua voce fu così supplichevole, che Stiles capì d'aver
esagerato, lo guardò. Era pallido e sudava, non capiva cosa aveva ma
non se la passava bene. Forse erano i postumi della lotta con gli
alpha, ma guardò Isaac e Boyd e li vide in perfette condizioni.
Corrugando la fronte capì al volo che Scott aveva qualcosa e
distratto da questo, mollò la presa per indagare su di lui.
Aprì
allora il programma che usava Scott per esercitarsi sul test del
significato delle parole e cominciò a deviarlo per poi portarlo
abilmente dove voleva, quando avrebbe abbassato la guardia.
Stiles
non era scemo, se si impegnava capiva molto bene lo stato d'animo di
Scott.
Era
sicuro che Derek fosse morto e si sentiva in colpa per questo, sia
per Derek stesso a cui ormai era legato, sia per lui che era il
compagno di Derek. Gli aveva sempre chiesto di proteggere le persone
che amava al suo posto perchè Scott riusciva a fare cose che lui non
poteva, quindi gli aveva messo addosso sempre molta pressione. Oltre
a questo aveva un po' la sindrome dell'eroe. Salvare tutti, risolvere
tutto. Però adesso c'era da suicidarsi, le cose andavano male su
tutti i fronti e sempre più, non si poteva uscirne bene, era
impossibile e lui si sentiva responsabile di tutti e di tutto.
Stiles
pensò che fosse questo il problema di Scott, non poteva immaginare
che questo senso di colpa di non aver salvato Derek e di non riuscire
a risolvere la situazione era tale da avergli impedito di guarirsi
dalle ferite con gli alpha.
Gli
chiedeva le parole e in mezzo, di tanto in tanto, quando lo vedeva
più o meno reattivo, piazzava le sue frecciate.
Come
'non capisco come possiamo stare qua con tutto quello che è
successo'. E simili. Scott rispondeva paziente ogni volta, ma la
versione non cambiava mai.
-
Non posso credere che Derek sia morto. -
-
Io infatti non ci credo, per me non è morto! Non ho visto il suo
corpo! - Era la risposta pronta di Stiles
Il
dialogo infinito.
Scott
sapeva cosa aveva visto.
Quando
Stiles vide la ferita al fianco che non si era rimarginata, cosa che
avrebbe dovuto, capì che prima di Derek doveva occuparsi di Scott.
Specie perchè senza Scott non avrebbe potuto trovare Derek e
comunque a conti fatti per Scott poteva fare qualcosa subito, per
Derek no finchè non scopriva dove lo tenevano.
Stiles
capì quanto male stava Scott quando cercò di uccidersi.
Risolta
la questione della ferita autopunitiva, erano arrivati ad un motel di
dubbio gusto ed in questo si era verificato qualcosa di
sovrannaturale che aveva spinto tutti i licantropi a cercare di
uccidersi.
Inizialmente,
quando Stiles aveva visto Scott coperto di benzina e col razzo acceso
in mano, pensò che fosse anche lui sotto l'ipnosi del darach che
voleva il sacrificio dei licantropi, poi però Scott aveva parlato
lucidamente, sia pure disperato, ed aveva capito che il suo dolore
era autentico.
Aveva
annoverato tutto ed in generale si colpevolizzava del disastro che
aveva colto tutti, dei guai che non era riuscito a risolvere ma
soprattutto lui, Stiles. Della vita che gli aveva rovinato.
Questi,
colpito da quanto forte fosse il sentimento che provava per lui,
giurò a sé stesso che questa volta l'avrebbe salvato. Come tutte le
altre.
Non
importava quante erano, ci doveva arrivare sempre.
Se
Scott non poteva, c'era lui. Era la promessa implicita che si erano
fatti.
A
volte nessuno dei due poteva niente, ma almeno ci provavano e ci
riprovavano testardamente.
Stiles,
con le lacrime agli occhi davanti a quel gesto che non capiva quanto
comandato fosse e quanto spontaneo, piangendo, si mise sulla pozza di
benzina consapevole che così sarebbe morto con lui.
Nel
farlo gli parlava dicendo, tremando, disperato, che erano fratelli e
che non si poteva mollare, che se a uno succedeva una cosa, succedeva
all'altro.
“Non
posso perdere anche Scott. Forse ho perso Derek, forse lo perderò a
breve se non lo trovo subito. E non so come trovarlo. Se perdo anche
Scott io... io non ce la faccio... io mollo. Non ho mollato perchè
avevo lui con cui tentare qualcosa... ma se lui non c'è... se mi
lascia anche lui io non posso... io sento che sono finito...”
Pensando
questo con un dolore lancinante interiore, convinto a dar la vita con
Scott se necessario, gli prese il candelotto acceso di mano e lo
buttò via. Arrivato oltre la pozza, questi spinto da una forza
sovrannaturale esterna, la stessa che aveva provocato i tentati
suicidi agli altri licantropi, rotolò al contrario tornando verso di
loro. Lydia la vide e si buttò su di loro, Stiles abbracciò Scott
di riflesso e fece la stessa cosa, in tre riuscirono a saltare oltre
la benzina che prese fuoco in un istante.
Fu
tutto molto veloce, ma Lydia vide il volto del darach, il druido
oscuro che stava facendo tutto quello.
Stiles,
dopo qualche secondo di normale shock, si alzò da Scott il
necessario per guardarlo sempre piangendo, a quel punto scoppiò sul
serio, tolse ogni sicura, la mente vacillò e lasciò uscire ogni
cosa. Stiles lo prese per le braccia e con le lacrime che copiose
scendevano, disse a denti stretti incapace di gridare per il troppo
dolore che provava dentro.
-
Non puoi lasciarmi anche tu, capisci? Io non so cosa ne è stato di
Derek, aggrapparmi alla logica mi permette di andare avanti! Non c'è
il suo corpo, per cui non è ancora morto! Ma tu non puoi mollare, tu
non puoi lasciarmi! Non puoi! Non so cosa ne è stato di Derek, ma
tu... tu sei qua con me e ci devi rimanere! Devi lottare! Scott!
Altrimenti io... io... - Non riuscì a finire, si lasciò ricadere
sull'amico sotto di sé, steso ancora a terra sconvolto, coperto di
benzina, la stessa che ora era passata a Stiles.
Premette
il viso sul suo petto, inalò il liquido e per poco si stordì.
Sentì
le braccia di Scott cingerlo e Stiles rimase lì su di lui a
piangere. Piangere perchè Derek l'aveva lasciato, perchè l'aveva
fatto per proteggerlo, perchè forse era morto, perchè magari non
poteva salvarlo. Pianse per tutto e Scott, capendo per cosa piangeva,
non disse nulla. Lo tenne e tornò in sé senza nessuna influenza
esterna.
Non
era stato proprio lucido quando aveva fatto quel gesto. I sentimenti
erano autentici, però non sarebbe mai arrivato ad un gesto estremo
senza il darach che da lontano lo gestiva.
In
quel momento, però, erano solo Scott e Stiles, due fratelli, due
amici che si sostenevano a vicenda e che passavano il momento più
difficile e duro delle loro vite.
Derek
non si mosse coscientemente.
Tutto
quel che fece fu per forza d'inerzia, ma in realtà non era presente
con la testa. Agì completamente ad istinto, si lasciò prendere
dalla propria parte selvaggia, l'unico barlume di vita che era in
lui, ed agì.
Appena
caduto rimase privo di coscienza, il Derek umano probabilmente morì
sul serio per qualche istante.
Rimase
qualche vago residuo del Derek licantropo e fu quello che lo fece
alzare e trascinare via prima che Deucalion arrivasse a prenderlo e
portarlo via.
Impossibile
dire come fece e come fu possibile.
Continuò
ad agire come un automa, con la sua sola parte animale, alla ricerca
di un rifugio sicuro dove nascondersi in attesa di recuperare le
forze e guarire.
Non
ebbe idea di dove rimase per tutto quel tempo, di umano non era
rimasto quasi nulla e sentiva sempre più potente un richiamo.
Lo
stesso che aveva da dei giorni, da quando aveva salvato Jennifer e
poi il giorno dopo l'aveva rivista.
Era
un richiamo particolare, ma in quelle condizioni non riusciva ad
avere molto presa perchè in Derek c'era solo selvaggio, istinto
animale e stava morendo.
Si
sentiva strappare via sempre più. Mano a mano che si isolava dal
mondo per raccogliere le forze e quindi concentrava tutto sé stesso
per guarirsi, la coscienza umana da sopita che era, evaporava. Si
sentiva sempre più sottile. Sempre meno umano. E sempre più
animale.
Il
lupo stava avendo la supremazia in lui e quel poco di umano che
rimaneva, cercava a sua volta qualcosa a cui aggrapparsi, un'ancora
per rimanere vivo, per tornare umano.
Fu
lì, alla ricerca della propria ancora, che vide il viso di Stiles
formarsi dalla nebbia più oscura.
Il
suo sorriso, i suoi grandi occhi brillanti e poi i lineamenti
morbidi. Si formò una specie di sensazione. Insolenza. Insolenza che
divenne coraggio.
Stiles.
Un nome.
Calore,
un'emozione.
Non
era una persona qualunque... Derek, in stato semi incosciente, in
bilico fra il lupo e l'umano, si aggrappò istintivamente a quel viso
e cominciò a chiedersi chi fosse. Nel concentrarsi su quello, sempre
più dettagli gli vennero alla mente. Fino a che non li vide dormire
insieme, baciarsi, scambiarsi piaceri.
Rischiare
la vita uno per l'altro.
Rivide
la scena della piscina, quando per lui Stiles era quasi annegato e
l'avrebbe fatto se non fosse arrivato qualcuno a salvarlo.
Rivide
la scena dell'ospedale, quando Peter si era svegliato rivelandosi
come l'apha spietato che stava facendo stragi. Quando si era
sostituito a Stiles permettendogli di scappare, quando era quasi
morto per questo.
Rivide
diversi altri momenti fino all'ultimo, quando l'aveva lasciato per
proteggerlo.
Il
dolore fu tale che le lacrime sgorgarono sul suo viso sporco di
sangue e pallido. Lacrime che pulirono le scie sulla pelle e che lo
scaldavano.
Ritrovò
sé stesso, il proprio animo umano, il cuore e la vita stessa e piano
piano riprese a muoversi e a ragionare, la memoria tornò, si
focalizzò sulle cose che contavano e mettendoci tutto sé stesso, si
alzò e si trascinò moribondo per le strade alla ricerca di Stiles.
Stiles
doveva essere a scuola, doveva per forza essere a scuola, era mattina
quindi lui era a scuola.
Doveva
andare da lui.
Cominciò
a camminare senza sapere quanto ancora ne avesse, si sentiva sempre
più svanire ma si ricordò di quella volta quando, con la pallottola
avvelenata, si era trascinato a scuola cercando Scott e poi si era
imbattuto in Stiles. Aveva seguito un odore che poi aveva scoperto
essere il suo. Era arrivato alla sua macchina, lui l'aveva quasi
investito ma si era fermato.
Continuò
ad aggrapparsi a tutti questi ricordi e quando raggiunse la scuola,
sfinito e senza forze, la vide vuota.
Si
rese conto che non c'era l'odore di Stiles, non lo percepì.
Non
c'era nessuno.
Nemmeno
studenti.
Non
poteva immaginare che fosse il periodo delle gite e delle trasferte
sportive.
Disperato,
con le forze che scemavano di nuovo, tornò a sentire quella specie
di richiamo sovrannaturale di qualche giorno prima.
Quando
cercò di localizzarlo, vide Jennifer, la professoressa che aveva
salvato, salire in macchina.
Non
aveva scelta, era l'unica lì che poteva dargli una mano.
Finendo
le forze proprio nel toccare il suo finestrino, crollò a terra
svenuto.
Dopo
di quello fu strano, gli parve di vivere tutto il resto come in un
sogno costante, con una specie di vetro smerigliato davanti agli
occhi.
Non
era sicuro di essere sveglio, gli pareva di dormire ancora e di non
essere veramente a casa con lei lì che, spogliato e ripulito, lo
baciava mentre guariva.
Non
poteva guarire così facilmente nelle condizioni in cui era.
Ma
soprattutto non poteva essere lui quello che la baciava e che faceva
l'amore con lei.
Nemmeno
la conosceva, quasi.
E
poi non era da lui, specie perchè amava Stiles. Anche al di là di
lui, prima di fare una cosa simile dopo le esperienze avute, ce ne
sarebbe passata di acqua sotto i ponti.
E
comunque lei lo baciava e lui guariva come con uno schiocco di dita,
da ferite ancora troppo profonde che l'avevano quasi ucciso. Tutto
troppo facile.
E
lei? Lei che ancora non sapeva niente di preciso, perchè non diceva
nulla? Perchè non se ne stupiva?
Nel
sogno Derek muoveva mille domande e si rendeva razionalmente conto di
tutto, poi chiamava Stiles come se questo potesse svegliarlo.
Non
era possibile, non lo era.
Sapeva
che era un sogno.
Derek
si svegliò il giorno dopo nel suo letto, curato e perfetto. Le
lenzuola disfatte e lei lì stesa che dormiva accanto a lui.
Solo
allora capì che non aveva sognato.
Corrugato
si chiese cosa gli fosse successo, come avesse potuto. Capì
immediatamente che c'era qualcosa che non andava, qualcosa di strano.
Ma non fece in tempo ad afferrarlo che lei si svegliò e appena
riaprì gli occhi, i propri tornarono a chiudersi nella nebbia, la
propria volontà stretta in un pugno estraneo ed i fili tirati da
qualcun altro che non era lui.
Incapace
di opporsi, come se fosse qualcosa che andava oltre le proprie forze,
la baciò e l'accettò nella sua vita come se fosse naturale, come se
non volesse altro che quello.
Come
se fosse giusto.
Il
momento in cui Scott, Stiles, Boyd ed Isaac varcarono la soglia, fu
come uno squarcio per Derek.
Stiles,
fu come uno squarcio.
Vederlo
gli diede un'enorme scossa sconvolgente.
Solo
con lui la nebbia si aprì e tornò a vederci bene. Quando vide
Jennifer, ormai rivestita che se ne stava andando, si chiese che ci
facesse lì, ma prima di afferrare la cosa, lei tornò a
controllarlo.
A
Derek venne una fortissima nausea e a questo malessere paralizzante
si girò di nuovo verso di loro, di nuovo verso Stiles e capì che
era lui che aveva questa nausea e questo malessere paralizzante.
Jennifer
andò via capendo che era il momento sbagliato e Derek rimase
immobile sul letto, ancora nudo, facendo capire perfettamente cosa
era successo.
Stiles,
le lacrime agli occhi ed un dolore sordo che non avrebbe mai
dimenticato, gli voltò le spalle e se ne andò senza dire nulla.
Derek
era ancora preso in una ragnatela, ma nella nebbia in cui era riuscì
a realizzare che aveva lasciato Stiles per proteggerlo, se ora
credeva che stava con Jennifer era perfetto. Non sarebbe mai tornato
da lui, gli sarebbe stato lontano e sarebbe sopravvissuto, sarebbe
stato meglio.
Contrasse
la mascella fino allo spasmo così come ogni suo muscolo
perfettamente rigenerato, e dopo il silenzio imbarazzante generico
per quanto accaduto, i ragazzi rimasti si fecero avanti sconcertati
per capire, lo riempirono di domande e Scott per poco lo abbracciò.
Derek
spiegò che aveva trovato la forza per alzarsi in tempo e andarsene e
che a stento si era rigenerato. Evitò di dire la questione del sogno
che poi si era rivelato realtà.
Era
come... come se l'avesse guarito lei, quasi.
Evitò
completamente di parlare di Jennifer e loro non gli chiesero nulla,
Scott decise di rimanerne fuori. Per lo meno ci provò.
-
Dobbiamo pensare ad una contromossa! Adesso che sei qua dovremo
agire! Verranno di sicuro a finire il lavoro, dobbiamo farci trovare
pronti! - Cominciò Boyd. Derek era ancora confuso per la strana
sensazione provata quando era arrivato Stiles, con Jennifer lì
presente. Quella sorta di lotta interiore, quello strappo.
Non
era al meglio, non era completamente lucido.
Scott
e Isaac capirono che non era il momento adatto ed il primo guardò il
secondo che capì l'antifona e si portò via Boyd dicendo di
lasciargli un po' per riprendere le forze.
Dopo
di questo, Scott rimase fermo dove era, mosse qualche passo incerto,
Derek ancora seduto sul letto turbato.
Non
voleva, ma vedere Stiles andarsene con le lacrime agli occhi l'aveva
caricato di un grande nervoso e sebbene era felicissimo che lui fosse
vivo, non poteva evitare.
-
So che non sono affari miei ma... ero convinto che avessi lasciato
Stiles per proteggerlo, invece stai davvero con lei? - Derek lo
guardò sorpreso che glielo chiedesse, ma poi si rese conto che non
sapeva cosa rispondere, quindi rimase confuso a fissarlo. Scott pensò
che forse non si era ancora rimesso completamente e sospirando scosse
il capo.
-
Sono felice che sei vivo, amico, davvero. E ti lascio recuperare le
forze. Però ci tengo a dirti che ci abbiamo creduto tutti, che tu
fossi morto. Non c'era scelta. Non potevi essere sopravvissuto,
pensavamo ti avessero preso loro. Però Stiles non ha mai creduto che
tu fossi morto e si è sempre comportato come se ti avessero rapito e
non come se fossi morto. - Questo fece molto male a Derek, ma non lo
diede a vedere. Scott senza aggiungere altro se ne andò e lo lasciò
solo con la propria voglia di correre nella sua camera, come sempre,
e stendersi con lui, abbracciarlo e perdersi.
Voleva
fare l'amore con lui, si sentiva sporco d'averlo fatto con lei. Come
se il suo corpo fosse stato mosso da una forza sovrannaturale.
Non
riusciva ad inquadrare la cosa, ma capendo che non poteva coinvolgere
Stiles, rimase lì, si stese e soffocò il viso contro il cuscino.
La
voglia di lui rimase per tutto il giorno.
Stiles
non ci poteva credere, per lui era impossibile.
Dalla
felicità assoluta di vederlo vivo, al dolore cieco e sordo di
vederlo con lei.
Sul
serio.
Allora
era vero che si era interessato a lei e che l'aveva lasciato per
quello. Era così. Non poteva essere. Lui non aveva creduto alla sua
morte, aveva creduto che l'avesse allontanato per proteggerlo, aveva
pensato l'amasse lo stesso.
Invece
no. Invece era solo tutto finito.
Trattenere
il dolore per non impazzire, bloccare le emozioni, sforzarsi di
aggrapparsi alla logica e tutto per cosa? Per chi?
Uno
che comunque non meritava nulla.
Stiles
cominciò a macinare una profonda rabbia nei confronti di Derek e non
volendo più saperne nulla di lui, decise di non cercarlo, non
pensarlo, non parlargli.
Mai
più.
Per
lo meno questo fu ciò che si disse in quel momento, mentre soffocava
le lacrime contro il cuscino del suo letto. La finestra chiusa come
la porta, in modo che nessuno potesse entrare.
E
lui lì solo.
Lei.
Lei ora era nella sua vita. Lei e non lui.
Lei.
Stiles
riuscì ad aggrapparsi ancora alla razionalità e alla logica grazie
agli eventi sovrannaturali che si susseguivano. Dovendo risolvere
quei misteri in fretta per evitare che degenerassero ancor di più di
quanto non avessero già fatto, si concentrò su di essi evitando con
cura l'argomento Derek per quanto possibile.
Non
era facile, ma ce la mise tutta evitando proprio di pensarci.
Fino
a che, poi, si trovò al solito bivio lì con Scott.
Da
un lato il dottor Deaton in pericolo da salvare e dall'altro Derek
nei guai da aiutare.
In
effetti non si poteva dire che fu lui a scegliere. Non ci fu mai un
dubbio, specie per Scott che gli disse di andare da Derek mentre lui
andava dal dottore.
Forse,
in effetti, scappare tanto non serviva.
Forse
dovevano trovarsi e parlarne e basta.
Mentre
correva a rotta di collo in auto verso casa sua sperando di arrivare
in tempo per aiutarlo, il cuore riprese a battere impazzito per
l'ansia.
La
paura di non arrivare in tempo.
La
paura di vederlo morire.
La
paura di non farcela.
Poteva
averlo lasciato ed essere interessato a qualcun altro, ma lui l'amava
ancora.
L'amava.
Bisognava
lasciarsi per ammetterlo?
Arrivato
al suo loft, in accordo con Isaac che gli aveva detto cosa succedeva,
attivò la corrente che gli alpha avevano staccato, poi con Lydia e
Cora che erano con lui, corsero nella stanza principale dove sapeva
che erano. Il cuore in gola. L'ansia alle stelle.
Derek.
Derek doveva avercela fatta.
Quando
arrivarono videro Isaac in parte con la professoressa che gli alpha
avevano portato per obbligare Derek a combattere, sul pavimento c'era
un piccolo lago d'acqua dove era stata tirata la corrente che era
servita per stordire gli avversari e lì, in ginocchio, che si
guardava le mani e gli artigli sanguinanti, sconvolto, bagnato e
piangente, Derek.
Davanti
al corpo senza vita di Boyd.
Corpo
trafitto proprio dai suoi artigli.
Quei
maledetti dovevano averlo obbligato.
Tutto
si fermò dopo che corsero istintivamente lì da loro.
Lydia
rimase in parte, Cora andò da Boyd e Stiles rimase sospeso dietro a
Derek.
Anche
senza vederlo, lui sapeva quanto male stesse.
Da
fuori non era mai stato capace di dimostrare affetto come tutti, ma
lo provava come tutti.
Si
era sentito amato, Stiles ne era certo. Per questo accettare che ora
provava qualcosa per un'altra donna era inconcepibile per lui.
Però
in quell'istante sospesi fra la vita e la morte, affacciati ancor di
più alla catastrofe, Stiles cancellò lei e sentì solo lui. Vide
solo lui.
Esistette
solo lui.
Così
esitante mise la mano sulla sua spalla, sperando potesse andare bene,
non fosse troppo o che magari fosse abbastanza.
L'avevano
obbligato ad ucciderlo, l'avevano costretto. Come poteva riprendersi?
Stiles
voleva avere dei poteri per sollevare il dolore di Derek, ma si rese
conto di non averne sentendolo scuotersi profondamente nel suo pianto
sconvolgente che toccò il cuore di tutti i presenti.
Un
pianto silenzioso ma cristallino.
Quando
Derek nel suo dolore assoluto e sordo sentì la sua mano, la
riconobbe senza nemmeno averlo visto. Era rimasto chiuso in sé
stesso e nell'incredulità di quel che aveva appena fatto, solo il
suo tocco l'aveva leggermente ridestato.
Niente
altro era stato in grado di rialzarlo e farlo tornare.
Solo
Stiles penetrò la corazza spessa del Derek che stava per rifugiarsi
nel suo lato selvaggio rifiutando quello umano, perchè quello umano
lo stava facendo soffrire troppo. Ma Stiles lo riportò alla realtà
ancorandolo senza farlo scappare.
Derek
mise la mano sulla sua cancellando in un attimo tutte le decisioni
prese in precedenza, realizzando che aveva bisogno di lui.
Un
momento di debolezza, un solo momento di debolezza.