CAPITOLO
XLIV:
LA
TEMPESTA FINALE
Stiles
si inginocchiò accanto a lui e si chinò sopra, lo scosse tenendogli
la maglia, il cuore batteva così forte che gli sarebbe uscito dalla
gola. Il panico lo stava per risucchiare, non ricordava d'aver mai
provato una tale paura, era diversa dalle altre. Era la paura che
anche lui se ne andasse e lo lasciasse. Ma non era un 'anche lui'.
Era 'proprio lui'.
Stiles
cominciò a chiamarlo disperato, gridando sempre più e visto che non
reagiva e che rimaneva privo di sensi steso a terra, cominciò a
schiaffeggiarlo ricordandosi di quella prima volta, quel primo
contatto, quando aveva preso il proiettile avvelenato ed era quasi
morto. L'aveva svegliato con un pugno.
Cominciò
a dargli sberle, a squolterlo e chiamarlo isterico, mentre pensava
come un ossesso, nel panico più totale;
“Ti
prego, ti prego svegliati! Torna da me! Ti prego!”
Non
poteva descrivere quello che provava, era solo il caos in lui, come
se il vulcano fosse esploso e lo stesse corrodendo.
Derek
era privo di sensi e nel posto in cui era, tutto era nero, buio e
freddo.
Non
ebbe la coscienza del tempo, non sentiva nemmeno il suo stesso corpo.
Da
quanto era lì? Forse da sempre.
Cercava
di ricordare qualcosa, ma era il vuoto. Non un solo ricordo.
Poi
una sensazione si fece largo, ma non era sua, non era un'emozione
propria, non era qualcosa che apparteneva a sé.
Era
qualcosa di esterno, proveniva da fuori.
Da
fuori dove? Derek cercò di focalizzarsi sulla sola cosa che cominciò
a sentire. Era sempre più forte e più calda... e vicina. Si
avvicinava. Si avvicinava sempre più.
Era
familiare. Era bella.
C'era
una disperazione pura e piena d'amore, in quel richiamo.
Sì,
lo stava chiamando ed era una voce a lui cara.
Mentre
si avvicinava, i ricordi tornavano e ad ogni scossone, le fiamme
divampavano in lui riscaldandolo in ogni angolo di sé.
Ad
ogni scossone un ricordo.
Ad
ogni ricordo una parte di lui.
I
suoi occhi pieni di lacrime.
Le
sue labbra.
Le
sue braccia che lo stringevano.
E
poi quella paura. Quella paura che di lui non aveva mai avuto.
Ora
la sentiva, ma non era paura di lui, era paura che non ce la facesse.
Con
l'ennesimo schiaffo, ricordò ogni cosa.
Era
Stiles che lo stava chiamando.
Al
suo nome aprì gli occhi di scatto in tempo per vedere il pugno
pronto a schiantarsi sulla sua faccia.
Lo
fermò immediatamente con un riflesso, gli prese il polso con
sicurezza e non lo mollò. Stiles cedette di sollievo nel vederlo
sveglio e lasciò andare il terrore e la disperazione. Era sempre una
situazione critica, ma almeno era sveglio.
Un
istante per aggiornarlo velocemente e sbrigativo, prima di concedersi
qualcosa, qualunque cosa, prima di cedere al desiderio per cui aveva
pregato ad ogni schiaffo. Ovvero di dirgli la sola cosa che contasse.
Derek
era ancora disorientato, ma capì tutto quello che disse... specie
mentre gli teneva la mano.
Stiles
non notò subito che dal polso era arrivato a tenergli la mano, solo
quando fece per aiutarlo ad alzarsi dicendo che doveva andare subito
via perchè stava per venire la polizia, se ne accorse.
Istintivamente
gli mise l'altra sulla spalla aiutandolo con un'attenzione quasi
fuori luogo, una specie di dolcezza.
Derek
continuò ad aggrapparsi a quel calore che l'aveva riportato lì.
-
E su Cora? - Chiese fermandosi.
Stiles
sospirò fermandosi e smettendo di tirarlo, aumentò la presa alle
mani e Derek lo percepì capendo il significato profondo di questo
gesto.
-
E' ancora svenuta ma è viva. - Niente di nuovo.
Derek
si sedette meglio, la testa gli girava ancora, ma non fu per questo
che esitò.
-
E fra noi? - Quella domanda, quella domanda fatta con turbamento ed
altrettanto bisogno di sapere, non poteva essere evitata. Non ne era
stato capace.
Stiles
smise di respirare dopo averlo fatto con troppa foga, il cuore si
sospese di nuovo, perse lui stesso le forze. Sgranò gli occhi dalla
sorpresa e per un momento storico la paura, l'angoscia e qualunque
sentimento negativo avesse provato a fiumi fino a quel momento,
riuscì a scemare incrociando il suo sguardo smarrito e speranzoso.
Aveva
paura che ce l'avesse ancora con lui.
Era
uno dei suoi primi pensieri. Aveva messo da parte il suo smisurato
orgoglio e si era abbassato a chiederglielo.
Rimasero
a terra, uno seduto e l'altro inginocchiato, quasi uno sull'altro,
vicini, stretti. Assurdo calore reciproco e la voglia, la speranza di
risolvere tutto almeno fra di loro, pur essendo quello il momento più
sbagliato.
-
E' tutto a posto, Derek. - Disse evadendo il resto, spaventato
dall'idea che non fosse il momento adatto, che arrivassero ad
interromperli, che li vedessero... che non sapessero fermarsi...
perchè era quello che aveva desiderato con tanto ardore.
Poterglielo
dire. Poterlo fare. Poterlo sistemare davvero.
Derek
sentì il primo sincero senso di sollievo in mezzo a mille di colpa e
d'angoscia.
L'unica
nota positiva, si disse. E con tale sollievo in mezzo ad un inferno
quasi eterno, sospirò e si lasciò andare.
Un
solo piccolo momento di debolezza.
Gli
mise l'altra mano sulla guancia e posò le labbra sulle sue, gliele
aprì veloce e lo baciò.
Rimasero
intrecciati in quel modo, dolcemente, i fiati ed i cuori sospesi così
come le menti, i ragionamenti, il mondo intero.
Calore
e commozione fecero capolino in entrambi.
Poteva
essere il solo momento, si dissero consapevoli mentre accettarono
quel bacio inevitabile.
Poteva
essere l'ultimo.
Stiles
spostò la mano dal braccio alla sua guancia e spazzò via tutto in
un istante. Tutto. Ripristinando ogni cosa prima di quell'orribile
parentesi.
Ora
avevano un'altra cosa, fra le mille altre, per cui lottare.
Ritrovarsi
alla fine di tutto.
Parlarsi
apertamente, dirsi le cose che non erano mai riusciti, accettare
sentimenti e ruoli. Dormire ancora insieme.
Derek
decise che gli avrebbe detto che si ricordava di quando erano piccoli
e che aveva conservato i vestiti che gli aveva prestato, ma l'avrebbe
fatto solo se fosse riuscito a sistemare tutto. Perchè lo sapeva che
il proprio senso di colpa in qualche modo non sarebbe mai andato via.
Così
si separarono, si guardarono, si promisero di avere quella
conversazione in privato alla fine di tutto e si alzarono. In piedi,
Derek teneva ancora la mano a Stiles, quella con cui l'aveva aiutato
ad alzarsi.
-
Adesso dobbiamo separarci. Prendi Isaac e Cora e va a casa, io
rimarrò qua e mi occuperò della polizia e di tutto il resto. - Fece
Stiles pensando pragmatico.
Per
il passo successivo sarebbe stato un altro paio di maniche.
Derek
lo trattenne mentre stava uscendo dall'ascensore, Stiles si girò e
si guardarono negli occhi. Ancora quella capacità di capirsi senza
parlarsi.
Il
ragazzo fece un sorriso comprensivo.
-
Occupati di Cora, salvala. Vedrò col padre di Allison se può
aiutarci col darach, chiederò anche a Deaton e riunirò tutte le
forze residue. tu... vedi solo di Cora. - Derek si sentì compreso,
per lui lei era la sola vera famiglia rimasta, perchè Peter l'aveva
spodestato dal ruolo di familiare da tempo. Con quel senso di
leggerezza gli carezzò la mano col pollice.
-
Sta attento. - Disse per poi andarsene.
-
E tu fa tutto quello che serve per salvare lei... e te stesso... -
Derek l'aveva lasciato e a quello poi si era fermato e l'aveva
guardato un'ultima volta senza capire il senso di quello che diceva.
-
Non so niente, ma Jennifer per qualche ragione voleva te, ti voleva
dalla sua parte... e non sono sicuro che il tuo ruolo sia finito. E
visto che ti voleva anche Deucalion... insomma, sarai la mira di
tutti. Fa quello che serve per uscirne vivo. -
Non
si dissero altro. Derek pensò solo che comunque si sarebbe
assicurato la salvezza di tutti, Cora e Stiles per primi.
Dovevano
completare quella conversazione e quello scambio di sguardi
significativo. Dovevano dirselo. Doveva dirgli che si ricordava.
Doveva.
Sapeva
che era stato in qualche modo manipolato da Peter, ma in quel momento
non gli era importato nulla. Gli aveva dato una soluzione per salvare
Cora e se quello significava rinunciare al suo essere alpha e
indebolirsi, bene.
Non
poteva importargli qualcosa essere alpha se sua sorella moriva.
Per
anni era stata dall'altra parte del mondo e si erano creduti entrambi
morti, non si erano cercati. Poi si erano ritrovati grazie a
Deucalion. Grazie... ci voleva coraggio per pensare ad una cosa del
genere, ma era d'accordo con Stiles. Doveva salvarla, doveva fare di
tutto per salvarla. Non poteva sprecare quella seconda occasione.
Lei
era sua sorella, era cresciuta da sola come lui, ma per una volta,
almeno alla fine, avrebbe fatto qualcosa per lei.
Usò
la sua capacità di alpha per salvarle la vita ed in cambio quasi
morì.
Si
ritrovò di nuovo in bilico fra la vita e la morte e per un momento,
per un momento preciso, immerso in quel bianco candido, aveva pensato
a Stiles. Si era guardato intorno, privo di sensi, in quel luogo dove
la coscienza vagava senza confini.
Si
sentì trasportare come portato da un vento e pensò che il proprio
grande desiderio di rivedere Stiles prima di quella che poteva essere
la sua morte, l'aveva portato da lui davvero.
Quando
lo vide, quando distinse chiaramente la sua sagoma, capì che doveva
essere così.
Però
poi si oscurò.
Era
in un bianco candido anche lui.
Com'era
possibile?
Era
nello stesso posto in cui era lui.
“E'
una proiezione della mia mente, non può essere veramente lui...
perchè questo è il posto di passaggio. Qua ci va chi sta per
morire, chi deve decidere se tornare alla vita o se andare oltre.
Conosco bene questo posto, ci sono stato altre volte. Ero sempre
solo. Ma non avevo mai pensato tanto intensamente a qualcuno per
poterlo rivedere, non avevo mai espresso un ultimo desiderio come
ora. Però Stiles non può essere qua con me. Lui è vivo, lui sta
bene, lui sta risolvendo questo casino con gli altri... lui... lui
non può star per morire come me...”
L'idea
che invece fosse lì con lui per davvero, lo gettò nel panico, sentì
la propria stessa paura ingigantirgli dentro come un'esplosione senza
pari, si sentì improvvisamente bruciare.
-
Stiles...?! - Disse sorpreso, convinto che non fosse vero. Non poteva
esserlo, era impossibile. - Sei davvero tu o è solo una specie di
sogno? - Domanda stupida. Eppure si riassumeva tutto in quello.
Quando
vide Stiles guardarlo con lo stesso stupore e capire un secondo prima
di lui il significato di quell'incontro in quel posto, si rese conto
che era davvero lì e che lo poteva vedere perchè erano connessi uno
con l'altro più che con chiunque altro.
Derek
mosse un passo in quel posto luminoso, cercò di raggiungerlo.
-
Stiles, che diavolo hai combinato?! Perchè sei qua?! - tuonò
nervoso, ma Stiles venne strappato via altrove prima di poterlo
raggiungere, lo vide turbato, pieno di domande che non era riuscito a
fargli e con quello stato d'animo inquieto, Derek si svegliò con
Cora che lo accudiva.
Le
forze erano talmente poche che gli pareva davvero di essere
resuscitato ed in effetti era più o meno quello che era successo.
Rimase
semi steso nella posizione in cui era in attesa di riappropriarsi di
sé e della propria mente, oltre che del proprio corpo.
Appena
aveva aperto gli occhi e messo faticosamente a fuoco il mondo,
qualcosa gli era sfuggito. Qualcosa di importante e vitale, ma
dovette concentrarsi fortemente sul rimanere sveglio, per cui
centellinò le energie residue molto scarse e lasciò andare quel
pensiero importante.
Stiles
in quel posto di passaggio fra la vita e la morte.
Non
poteva sapere quello che stava facendo Stiles proprio in quel
momento, non poteva sapere che era davvero morto e rimasto morto per
ben sedici ore, sospeso in quel posto in attesa di trovare il
Nementon.
Prima
di concentrarsi e recuperare le forze mentali necessarie per vedere
ciò per cui era andato in quel 'posto', era stato chiamato da Derek
e l'aveva visto. Impossibile, si era detto.
Sapeva
cosa stava facendo e dove era.
Era
morto. Stiles sapeva di essere morto. Momentaneamente ma lo era.
Per
cui quello era il posto di passaggio.
Se
Derek era lì poteva voler dire una sola cosa.
Che
gli era successo qualcosa.
Quando
lo realizzò, l'angoscia e la paura lo presero ma fu subito strappato
via.
Una
volta arrivato con Scott ed Allison in quel posto, aveva dimenticato
Derek, la mente totalmente focalizzata su un unico obiettivo
essenziale. Ogni energia fluiva in lui per sapere dove fosse il
nementon.
Così
anche il pensiero di Derek in quel luogo, svanì, scivolò come
l'ennesima cosa importante che non sarebbe dovuta essere dimenticata.
Quando
si svegliò e tornò alla vita, gli eventi si susseguirono frenetici
uno dietro l'altro.
Aveva
raccomandato a Derek di salvare Cora e mettersi in salvo, sapendo che
sia il Darach che Deucalion volevano lui.
Per
cui era certo che in qualche modo ce l'avesse fatta e che stesse per
una volta seguendo il suo saggio consiglio di nascondersi e mettersi
al sicuro.
Non
poteva immaginare che sì, Derek ci aveva saggiamente provato, ma che
una volta richiamato da Lydia, la banshee, era tornato indietro
sapendo che in ballo c'erano ancora troppe cose. Troppe per poter
scappare e salvarsi e basta.
La
teoria era quella ed era saggia, ma la pratica era che un giorno gli
sarebbero pesate sulla coscienza troppe persone.
Pensando
che con Lydia di solito c'era sempre Stiles e che lei lo stava
chiamando perchè era in pericolo, tornò indietro immediatamente
senza rifletterci oltre.
Se
c'era la possibilità che Stiles fosse in pericolo più di quanto non
lo fosse già stato, doveva fare qualcosa. Anche se non aveva più
niente da dare, lui doveva fare qualcosa comunque.
Per
questo tornò indietro fino a ritrovarsi faccia a faccia con
Jennifer, il darach.
Vedere
che lì c'era solo Lydia e non Stiels, fu un gran sollievo, ma ormai
era davanti al nemico. O a uno dei nemici.
Jennifer
tentò di convincere Derek ad aiutarla nella battaglia finale contro
Deucalion, che dalla sua aveva Scott.
Derek
ovviamente non ci avrebbe pensato minimamente, se lei non avesse
detto le cose giuste al momento giusto.
-
Scott. Puoi salvare sua madre. E il padre di Stiles. - Appena sentì
il nome Stiles, la fermò ed accettò.
Se
lui l'avesse affiancata in quell'atto finale, lei avrebbe ucciso solo
Deucalion ed avrebbe lasciato andare tutti.
Derek
in quel momento non vide altra scelta. O meglio sì, rifiutarglielo
ed andarsene con Cora, com'era il piano originale, e lasciare che
tutti se la sbrigassero da soli.
Ma
naturalmente sapendo che nelle sue mani poteva avere la vita del
padre di Stiles, la persona che per il ragazzo contava di più, non
gli fece trovare altra scelta.
Era
ovvio che l'avrebbe aiutato in tutti i modi.
Nell'accettare
vide un'opportunità formarsi nella mente.
Fingendo
di aiutarla, avrebbe potuto alla fine cercare di ucciderla quando
magari avrebbe abbassato la guardia.
Era
un buon piano, si disse. L'unico, in effetti. Scott da solo non
poteva farcela ad affrontare entrambi, sapeva che aveva in mente di
lasciare che Deucalion ed il darach si affrontassero da soli fino a
distruggersi e poi finirli alla fine, ma c'era la possibilità che
comunque non si uccidessero, che non ne avessero le forze.
C'era
la possibilità che tutto quello non si risolvesse comunque, per cui
doveva cercare di aiutare il più possibile.
Stiles
in primo luogo e poi tutti gli altri che aveva imparato ad
apprezzare.
Anche
Scott c'era in quella lista.
Lo
ammirava, lo rispettava, lo considerava un suo pari. Lo vedeva come
il lupo che lui non era mai riuscito ad essere, vedeva quella dote
naturale che a lui forse mancava, una capacità di giudizio unica
basata su dei valori buoni.
Vedeva
in lui tutto ciò che mancava a sé stesso.
Non
gli avrebbe mai voltato le spalle, al di là che fosse il secondo più
importante per Stiles dopo suo padre.
E
lui, si disse Derek andando nel luogo dell'incontro.
E
lui, in quella classifica, come si posizionava?
In
ospedale gli aveva detto che era tutto a posto, ma forse solo per
mancanza di tempo, per farlo andare via in fretta e risolvere il
risolvibile in quel momento.
Forse,
dopo quel che aveva fatto, dopo aver ceduto all'incantesimo di
Jennifer e aver alimentato il suo potere ed i suoi piani, in qualche
modo ora Stiles lo odiava.
Ucciderla
era il minimo che potesse fare per lui. Al di là del salvare o meno
suo padre ed il suo migliore amico. Quell'essere l'aveva fatto
soffrire molto, l'aveva fatto piangere e star male.
Il
minimo sarebbe stato ucciderla per lui, una piccola redenzione.
E
poi? E poi cosa?
Chiedere
il suo perdono?
Ma
lo meritava?
Derek
si vedeva pieno di colpe che forse non aveva, non del tutto. Non
aveva aiutato Jennifer sul serio, non prima di quel momento.
Era
solo stato sotto una specie di incantesimo che lo aveva visto cedere
ammaliato a lei, ma a parte che andarci a letto e fare la parte del
suo ragazzo, non aveva fatto nulla. Poi Stiles e Scott l'avevano
svegliato in tempo e tutto si era spezzato prima che diventasse
irreparabile.
Però
perchè allora si sentiva tanto in colpa?
“Avrei
dovuto accorgermene che era un druido oscuro, dovevo sentirlo invece
che farmi incantare. Se me ne fossi accorto subito, invece di
portarmela a letto, tutto questo non sarebbe successo. Quella volta
era ancora debole, potevamo fermarla. Ed invece...”
Derek
non avrebbe mai finito di incolparsi e minuto dopo minuto,
rielaborando il tutto, se ne rendeva sempre più conto.
Non
poteva chiedere un perdono che lui stesso non si sarebbe mai dato.
C'erano
state molte occasioni in cui Derek era stato tentato di tornare con
Stiles, lui glielo aveva chiesto, aveva capito che aveva cercato di
proteggerlo, ma aveva chiesto di tornare insieme lo stesso e
affrontarla in un altro modo. Ma quel richiamo, quella voce, quella
nebbia l'aveva sempre fatto agire contro.
In
qualunque maniera si guardasse, Derek si vedeva colpevole e
condannato da sé stesso.
E
per questa stessa colpa incancellabile nei confronti della persona
che amava davvero, non si fermò. Non si sarebbe mai fermato.
Lui,
le sue mani sul collo di Jennifer nell'unico istante in cui era
rimasto in piedi da uomo.
L'eclissi
lunare aveva tolto ai lupi i poteri e lei aveva sopraffatto sia
Deucalion che Scott. Rimasto solo Derek aveva pensato d'avercela
fatta e lì lui aveva cercato ugualmente di ucciderla.
Non
ne aveva le forze, dopo aver guarito Cora era ancora stremato e non
più un alpha, si sentiva quasi come morire, lei aveva le forze
sufficienti per sovrastarlo e contrastarlo. Non ce l'avrebbe mai
fatta, lo sapeva, ma non avrebbe mai mollato la presa dal suo collo,
anche solo con le proprie mani, anche senza poteri da licantropo,
anche solo con un briciolo inutile di energie, lui ci avrebbe provato
fino a morirne. Non avrebbe mollato, non avrebbe mai potuto.
Per
Stiles, per Scott, per tutto quello che si era faticosamente
conquistato. Per Cora incredibilmente ritrovata.
Ma
soprattutto per Stiles e tutto quello che gli aveva fatto patire,
quel doverlo lasciare, quel ferirlo, quel respingerlo, quel fargli
credere che amava un'altra, quel non accorgersi che era lei il
darach, quell'incapacità di fermarla, quel permetterle di prendere
suo padre e forse ucciderlo.
E
se l'aveva ucciso?
E
se era morto anche Stiles?
Non
c'era. Scott era lì, ma Stiles?
Non
sapeva niente di lui e di quel che stava facendo.
Per
un momento impazzì nel rendersene conto e ricordò, stringendo sul
suo collo, cercando di ucciderla con risentimento, da cosa aveva
avuto inizio.
Da
quella notte di luna piena, a scuola, con Boyd e Cora impazziti che
l'avevano quasi ucciso.
Si
era sentito chiamare, si era sentito obbligato a fermarli a costo
della vita.
Sapere
che lì in quel posto c'era qualcuno non sarebbe stato sufficiente a
rischiare fino a quel punto se non fosse stato per una sorta di
obbligo. Da quella notte era partito tutto, la connessione, la fine,
il dolore di Stiles.
Le
lacrime di Stiles.
No,
non l'avrebbe mai lasciata andare. Non poteva. A costo di morire nel
tentare di ucciderla.
Quando
tornò la luna e quindi i loro poteri, la situazione si invertì ed
andò a suo favore, sentì nitida la possibilità di ucciderla, Scott
si svegliò in quell'istante, i due si guardarono complici capendo
cosa andava fatto e lei lo capì a sua volta e nell'estremo ultimo
tentativo di difesa, si circondò della polvere protettiva che
impediva alle creature sovrannaturali di passarla.
Derek
per un momento pensò che ce l'avrebbe fatta.
Per
un momento pensò che quell'essere sarebbe sopravvissuto. Che non
avrebbe potuto vendicare Stiles e la sua sofferenza.
Ma
Scott arrivò laddove lui non era riuscito ed il sollievo che provò
nel vedere la fine di quell'incubo, lo tradusse in riconoscenza
eterna ad una sorta di nuovo fratello.
Scott
aveva i suoi difetti, non arrivava a tutto, non sempre era sveglio,
ma quello che contava era che al momento giusto arrivava dove nessun
altro riusciva. Che lui c'era laddove gli altri fallivano.
Dopo
pensò solo una cosa, molto semplice e chiara.
Non
era stato lui a riscattare Stiles e a salvarlo.
Era
stato Scott.
Lui,
di fatto, non era stato capace di fare niente.
Alla
fine non era stato lui.
Il
primo pensiero di Stiles, al telefono con Scott, alla fine di tutto
quanto, fu per Derek.
-
E voi come state? - Chiese infatti subito dopo aver risposto
all'amico che si assicurava se fossero vivi.
Scott
ovviamente aveva guardato Derek sapendo che stava ascoltando la sua
voce al telefono e lo vide fare una faccia imbarazzata, ma fargli
cenno che stava bene.
Era
peggio se Stiles si preoccupava ancora tanto per lui, non vedeva
tutte le colpe che aveva?
Era
davvero disposto a perdonarlo e ad andare oltre?
Era
ancora nei primi posti di quella famosa classifica?
Derek
non credeva se lo meritasse, ma Scott gli disse che serviva aiuto a
tirare fuori Stiles e tutti gli altri dal rifugio sotto al nementon,
crollato con loro dentro.
Un
secondo di più e sarebbero morti, avevano fermato il darach al
momento giusto.
Però
ovviamente erano intrappolati e senza il loro aiuto non sarebbero
potuti uscire.
Derek
imprecò.
Per
un momento aveva anche pensato di andarsene davvero senza vederlo.
Non credeva di poter reggere il suo sguardo, se Stiles poteva
dimenticare, lui no.
Come
poteva dimenticare?
Come?
In
qualche modo era stato un'arma per ferire Stiles e chiunque contasse
per lui, suo padre, Scott...
E
poi si era spinto fino al punto da lasciarlo e respingerlo tutte le
volte successive.
Derek
si ripeté ogni cosa consapevole che non aveva una redenzione, non
esisteva, non poteva concedersela, non era giusto.
Perchè
questo era lui.
Le
colpe restavano indelebili come il colore dei propri occhi, qualcosa
di incancellabile.
Un
marchio.