CAPITOLO
L:
UNA SOLA STRADA
Fu
peggio di quel che aveva pensato. Non che la sua mente fosse arrivata
ad elaborare un'ipotesi plausibile per quella chiave in tasca, ma
quando il dubbio che fosse dell'aula di chimica gli si era insinuato,
non aveva potuto crederci. Per cui non si era dato risposte in attesa
delle certezze.
Quando
queste erano arrivate, era stato anche peggio.
Come
poteva avere lui la chiave di chimica, proprio quella che era stata
usata per un mandante malvagio ed il pazzo Barrows per comunicare con
un messaggio cifrato in codice sulla lavagna?
Stiles,
da solo, entrò nell'aula dopo averla aperta e quando la serratura
scattò il suo cuore cominciò a battere impazzito.
Si
sentiva tremare, ma la tensione che si alzava sempre più gli
imponeva di non perdere già la testa.
Era
vitale trovare risposte.
Perchè
aveva la chiave di quel posto?
Il
famoso mandante gliele aveva messe nell'armadietto... ma come? Il suo
armadietto era chiuso.
Quando,
all'interno, si guardò intorno alla ricerca di risposte, con la
sensazione sgradevole che le avrebbe trovate, l'indizio arrivò
guardando la lavagna col famoso messaggio sopra.
Numeri
uno sotto l'altro.
Quando
li fissò con maggior attenzione, il cuore accelerò.
Ecco,
era lì, era lì davanti ai suoi occhi.
I
numeri.
Quei
numeri, quel codice che indicava a Barrows di uccidere Kira era la
sua scrittura. Quando la testò scrivendo gli stessi numeri accanto,
si sentì morire per un momento.
Si
sentì talmente male da non riuscire a respirare, rimase gelidamente
a fissare le due scritte identiche e mentre realizzava che doveva
averle scritte lui, capì che gli stava capitando davvero qualcosa.
Gli
cadde il gesso per terra ed indietreggiò incredulo, eppure la verità
gli stava davanti agli occhi. Non era possibile. Non lo era proprio.
Rimase
dei minuti infiniti a fissare la lavagna, non c'era una valida
spiegazione, eppure le prove erano lì inconfutabili.
Dovevano
essercene altre, doveva indagare per capire se davvero c'erano altre
prove. Suo padre diceva che dovevano essercene tre per dare certezza.
Non
aveva spiegazioni, ma doveva capirne di più prima di lasciarsi
andare al panico, prima di dirsi che era lui quello che stava
impazzendo.
Perchè
a quel punto l'unica risposta sarebbe stata quella.
Impazzire.
Stiles,
ansimante, uscì dall'aula di corsa per andare a casa, gli serviva il
computer per indagare sui dettagli del caso Barrows, tutto quello che
lo riguardava e che c'entrava con la questione capitata a Kira.
Se
era veramente lui quello che gli aveva indicato di ucciderla, doveva
esserci qualcosa che portava la sua firma.
Si
sentì assurdo ad indagare verso sé stesso, ma la scarsa lucidità
che riusciva a mantenere era vitale la concentrasse tutta su quello.
La
mancanza di sonno di quel lungo periodo si faceva sentire, era
cosciente che il non dormire non lo stesse aiutando, per questo da
sveglio cercava di concentrarsi su qualcosa.
Aveva
infatti riempito il muro dei casi irrisolti a Beacon Hills, un puro
passatempo per combattere l'insonnia. Insomma, si limitava a non
dormire. Del resto non poteva rigirarsi nel letto come un idiota.
Così
aveva provato a vedere se ci capiva qualcosa vedendo i casi dal punto
di vista del sovrannaturale.
Le
restanti ore della notte, quelle che lo stavano portando all'alba, le
passò a cercare la sua probabile firma nel caso Barrows e solo verso
l'ora di tornare a scuola la trovò.
C'era
un sistema usato che portava esattamente la sua firma, qualcosa di
inequivocabile.
Quando
trovò anche quello, tornò il panico, il respiro affannato, il
sudore. Si strofinò il viso alla ricerca di un modo per calmarsi,
non c'erano sacchetti, non sapeva come fare.
Non
riusciva nemmeno a pensarlo, dallo stato in cui si trovava.
Quando
dalla finestra entrò Derek era giorno e si stupì di trovarlo lì.
-
Stiles, pensavo di trovare la tua camera vuota! - Stiles avrebbe
detto 'e perchè ci sei venuto? Volevi usare il mio letto per
dormire?', lui gli avrebbe detto che era venuto solo per scrupolo.
E
per chiedergli perchè non era alla festa. E poi per sgridarlo perchè
non gli aveva detto niente e non solo, aveva dato le chiavi del suo
loft a quei debosciati dei gemelli... che probabilmente avevano
trovato da soli il modo di entrare.
Però
ad uno sguardo attento a Stiles, Derek capì che il ragazzo aveva
qualcosa che non andava. Sudava, era pallido ed annaspava.
-
Hai un attacco di panico?! - Disse incredulo. Stiles lo fissò
pensando confusamente che non glielo poteva dire, non riusciva a
capire perchè, ma non glielo poteva dire. Così si girò e barcollò
verso il bagno, aprì il rubinetto dell'acqua fredda ed entrò sotto
la doccia vestito davanti agli occhi esterrefatti di Derek.
Questi
rimase fermo a guardarlo e quando realizzò che l'acqua era gelata,
gliela chiuse e prese l'asciugamano avvolgendolo, poi lo strinse fra
le braccia con forza fermando il suo tremore.
La
pressione delle sue braccia aiutò il corpo di Stiles a calmarsi e
piano piano si affievolì fino a spegnersi.
Derek
rimase fermò con lui fra le braccia, sotto l'asciugamano,
rannicchiato nella vasca. Dopo qualche istante gli alzò il telo
dalla testa e gli fece far capolino preoccupato, cercando di
dimostrarsi calmo.
-
Ehi... - Fece piano con una dolcezza nuova per loro. Stiles,
meravigliato di quel suo stato, capì quanto dovesse essere
preoccupato e capendo che non poteva alimentare la sua paura che
fosse lui la causa dei suoi mali -sapeva che lo pensava- decise di
non dirgli nulla. Non poteva.
Al
resto ci avrebbe pensato dopo.
-
Sto bene, ora... - Disse nascondendo il viso nel suo petto. Derek gli
mise una mano fra i capelli bagnati spettinandoglieli.
-
Va bene... esci... - Disse prendendolo per le braccia e alzandolo
quasi di peso.
Lo
sentì leggero e arrendevole, Derek ora percepiva chiaramente in lui
la paura, non capiva verso cosa.
Quando
l'ebbe portato in camera e gli ebbe tolto l'asciugamano, cominciò
lentamente a spogliarlo. Cominciò silenzioso dalla maglia per poi
andare ai pantaloni. Si abbassò per levarglieli visto che, bagnati,
non scivolavano sulla pelle. Quando gli ebbe tolto anche quelli, fece
altrettanto coi boxer. Non ci provò con lui, non lo sfiorò con
alcun atteggiamento sensuale od erotico. Non c'era malizia nei suoi
gesti e Stiles si sentì sempre meglio, curato da lui e dalle sue
attenzioni che non credeva potesse mai avere per lui.
Sapeva
quello che provava per lui, ma in queste vesti era stato solo per
Cora.
Prese
dei vestiti di ricambio e quando vide che prendeva il pigiama, Stiles
si riattivò nel modo più strano.
-
No, devo andare a scuola... - Derek lo guardò sorpreso.
-
Penso sia meglio che riposi! - Stiles scosse il capo deciso.
-
Tanto non riesco a dormire! - Derek sentì l'impulso di demolirlo
sull'argomento del dormire e del mangiare, ma non ebbe tempo perchè
quando roteò gli occhi infastidito, notò tutte le foto e i post-it
sul muro. Così si fermò e smise di pensare ai suoi vestiti
avvicinandosi al famoso muro. Stiles capì che doveva giocarsela bene
ed imprecando si rivestì in fretta andandogli davanti per distrarlo.
-
Stiles, cos'è questa roba? - Chiese corrugato sapendo che la
risposta non gli sarebbe piaciuta.
-
Cosa vuoi che sia? Sto cercando di aiutare mio padre... - Derek non
staccò lo sguardo attento dalle foto.
-
Ha un caso con così tanti indagati? - Stiles scosse il capo, era
agitato e Derek lo percepiva benissimo.
-
No, sono diversi casi irrisolti di questi anni... li sta riesaminando
per vedere se sono collegabili col sovrannaturale e visto che ne so
più io di lui, lo sto aiutando. A sua insaputa. - Derek smise di
guardare il muro per tornare a fissare torvo e accusatore lui, poi
con la sua tipica durezza indicò quella roba e seccato disse:
-
E ti stupisci se non dormi e ti vengono attacchi di panico? - Stiles
pensò che fosse un gran colpo di fortuna, si era dato una risposta
da solo che per inciso era sbagliata, però era meglio della verità.
Così si aggrappò a questo e abbassò lo sguardo fingendosi
colpevole, pensò che se ci fosse cascato sarebbe stato un miracolo e
quando attese le sue urla tonanti, urla che non arrivarono, rialzò
lo sguardo sorpreso.
Ci
era cascato?
Non
aveva sentito quanto sperava ci credesse?
-
Stiles, perchè lo fai? - Chiese. Lui provò a proseguire la sua
menzogna a fin di bene.
-
E' che... lo devo a mio padre... non so, in qualche modo penso di
doverglielo... forse verrà licenziato ed io... boh, vorrei aiutarlo
quanto più posso... - Derek ci poteva credere, era una cosa da
Stiles. Sospirando gli mise una mano sulla testa per placare in
generale la situazione e rassegnarsi.
-
Non ti fa bene, queste cose ti tolgono il sonno e la lucidità... la
questione di tuo padre ti sta agitando troppo e non penso che gli
farebbe piacere... - Stiles abbassò il capo e lasciò che la sua
mano scivolasse sul collo e poi, da dietro, lo tenesse verso di sé.
-
Lo so ma è mio padre... -
Derek
avvicinò il viso al suo tenendoselo fermo a piacimento, non lo
obbligò ad alzare la testa, ma sfiorò il viso col suo aspettando
che lo guardasse.
-
Quanti ne hai di questi attacchi? - Stiles rispose con sincerità.
-
E' il primo da un bel po'... - Derek annuì senza muoversi.
-
Devi mollare un po'... così non puoi essergli d'aiuto... - Stiles
annuì e alzò lo sguardo sperando di non fregarsi ora. Derek gli
leggeva sempre dentro... possibile che ora non lo facesse?
Derek
percepiva molto caos e paura, in lui, ma c'era anche come un blocco.
Qualcosa bloccava la percezione precisa delle emozioni di Stiles.
Qualcosa di così forte che non si faceva nemmeno notare dal lupo.
Questi infatti non si accorgeva di nulla se non che c'era qualcosa di
strano, ma era una sensazione troppo generica per afferrarla bene.
Quando
si guardarono di nuovo, Stiles stava meglio e riuscì a capire cosa
stava succedendo.
“Forse
sto impazzendo... se ho la malattia della mamma può essere che mi
stia facendo fare cose da sonnambulo contro la mia volontà, ma è
assurdo che faccia del male agli altri. Questo non lo farei mai, non
ha senso. Devo capire se la malattia può degenerare fino a quel
punto... perchè se non è quello è qualcos'altro... ma in ogni
caso...” Stiles rimase negli occhi di Derek mentre lo pensava, lui
non lo forzava a baciarlo o a fare nulla. Era uno Stiles davvero
strano. Turbato, pensieroso, silenzioso. Così rimasero vicinissimi a
portata di bacio e Stiles, smarrito, proseguì: “in ogni caso è
qualcosa di mostruoso che mi fa fare cose mostruose... ed io non
voglio fargli male. Non voglio fare male a Derek. Non potrei
sopportarlo. Devo stare attento e tenerlo fuori da questa cosa. Il
non sapere è la protezione migliore, ora come ora. Finchè io stesso
non so cos'è... “
All'idea
di escluderlo da qualcosa di così importante si sentì esplodere e
aggrappandosi alle sue braccia, lo baciò con bisogno e confusione.
Derek
sentì il suo dolore, la sua paura e non sapeva bene da cosa
derivasse di preciso, non ne sapeva abbastanza.
“Forse
aveva ragione lui... separati ci feriamo di meno... vicini facciamo
rischiare troppo uno all'altro. Forse la cosa migliore è
allontanarlo... se sono io impazzito... se non ho più il controllo
di me per qualche ragione non posso rischiare di ferirlo... Dio mio,
non posso...”
Derek
percepì il suo strazio e rafforzò la presa intorno alla vita,
l'attirò a sé cercando di infondergli la sua sicurezza e di
calmarlo.
Qualunque
cosa stesse succedendo a Stiles, non aveva solo a che fare con quel
muro e l'aiutare suo padre.
Di
sicuro c'era altro, ma lui non glielo voleva dire e sapeva bene
perchè.
Aveva
fatto lui stesso la medesima cosa quando aveva capito che tenendolo
vicino a sé gli avrebbe fatto rischiare troppo.
Dopotutto
amavano allo stesso modo.
“Non
gli permetterò mai di affrontarlo da solo. Di qualunque cosa si
tratti!”
Ed
in quel momento, in quell'abbraccio in cui Stiles si rifugiò dopo il
bacio, lo sentì così fragile ed indifeso da desiderare di avere
davvero il potere di proteggerlo. Desiderò di essere abbastanza.
Desiderò solo che Stiles stesse bene.
-
Rimani a casa a riposare... - Disse poi dopo un po', ma Stiles scosse
il capo deciso separandosi.
-
No, devo andare a scuola, devo vedere Scott... - A lui glielo doveva
dire. Se stava per succedergli qualcosa, almeno Scott doveva saperlo.
Poteva essere qualcosa che avrebbe coinvolto tutti.
Derek
alla fine decise di lasciarlo fare e fingendo di andarsene per conto
proprio, lo seguì di nascosto a scuola per controllarlo.
Scott
era tenuto d'occhio da quei due impiastri dei gemelli, almeno per
sorvegliare Scott potevano farcela.
Lui
doveva vedere di Stiles. Sentiva che c'era qualcosa.
Quando
lo vide che ne parlava con Scott si sentì meglio, ma quando sentì
di cosa si trattava gli tornò la voglia di prenderlo violentemente a
pugni.
Come
poteva nascondergli una cosa simile?
“Se
non lo uccido io campa cent'anni facendo stronzate!”
Derek,
indignato per il modo in cui aveva osato escluderlo da una cosa tanto
grave ed importante, rimase fuori dalla finestra dell'aula di chimica
dove Scott e Stiles stavano parlando dei sospetti e delle paure di
quest'ultimo. Ascoltò tutto scuotendo il capo spazientito.
Stiles
si credeva responsabile delle vicende di Barrows e di Kira, ma non
c'erano le prove che lui era convinto ci fossero, perchè la lavagna
era stata cancellata e la chiave di chimica non la trovava più, per
cui alla fin fine risultavano solo sue paranoie e paure.
Restava
la gravità del fatto che lui si credesse responsabile, pensava di
star perdendo il controllo del proprio corpo, la ragione o Dio solo
sapeva cosa.
Come
poteva essere arrivato a quel punto?
“Certo,
se passa le notti ad indagare sui casi di suo padre e non dorme, come
fa a ragionare lucidamente e a capire le cose? La prima cosa che
succede quando non si dorme sono le allucinazioni... e a questo punto
mi chiedo da quanto davvero non dorma per essere a questo livello!
Bisogna non dormire per settimane, prima delle allucinazioni!”
Era
ovvio che per lui la sola spiegazione fosse quella e mentre sentiva
Scott che gli suggeriva di andare a casa a dormire, preoccupato per
lui, gli tornò alla mente quello che gli aveva detto su sua madre.
Aveva
una malattia che l'aveva resa praticamente pazza fino alla morte. Non
gli aveva spiegato bene tutto, però era qualcosa che si poteva
trasmettere geneticamente e che poteva colpire gli adolescenti.
Derek
si insultò per aver perso la testa per lui, poi scosse il capo.
“Come
se questo c'entrasse qualcosa... forse soffrirei meno all'idea che
gli possa succedere qualcosa, ma alla fin fine... cosa cambia? Gli
sta capitando qualcosa!”
Derek
guardò in basso preoccupato girando la testa verso la porta
d'ingresso della scuola, per vedere se Stiles andava davvero a
dormire o a fare chissà cosa.
“Se
ha quella cosa di sua madre deve andare in ospedale, non a dormire!”
Non
ne sapeva molto, ma quel po' che sapeva, bastava.
Vedendo
che andava alla macchina, ma che non riusciva nemmeno ad infilare la
chiave nel buco della serratura, scosse il capo e andò da lui.
“Questo
piccolo idiota!” Imprecò fra sé e sé raggiungendolo silenzioso.
Senza dire niente mise la mano sulla sua, gli prese la chiave, aprì
la porta ed entrò al posto del guidatore.
Stiles,
fuori, lo guardò inebetito ed incredulo.
-
Che fai, mi segui? Sei inquietante, Derek! - Derek lo guardò
affilato come la lama di un coltello.
-
E tu stupito! Sali. - Non avrebbe ammesso repliche, ma ovviamente
Stiles replicò lo stesso.
-
Posso guidare da solo fino a casa! - Derek indurì il viso e con un
tono marcato, rispose:
-
Certo e poi a casa indaghi sui casi di tuo padre, no? - Stiles lo
guardò titubante.
Non
aveva sentito la conversazione? Derek capì che si stava chiedendo
questo e sospirando spazientito, rispose seccato: - So a cosa pensi.
Finchè non ci sono prove, per me sono tutte allucinazioni! Per cui
ora fili in ospedale! Da quanto non dormi? Hai attacchi di panico e
allucinazioni! - Il tono era sempre più accusatore, Derek si stava
davvero arrabbiando, ma Stiles capiva che era così perchè era
preoccupato. Così per tagliare corto, salì silenzioso sull'auto
senza rispondere.
Derek
partì ma non demorse.
-
Da quanto non dormi di preciso? - Stiles inghiottì grattandosi il
capo, ora non riusciva a sostenere un litigio con lui. Era stremato.
Appoggiò
la testa all'indietro e scosse il capo stringendosi nelle spalle.
-
Non... non so... giorni... - Il tono supplichevole... non aveva mai
avuto quel tono e Derek stringendo le labbra contrariato e
arrabbiato, scosse il capo sospirando limitandosi a guidare.
Arrivato
in ospedale i due non avevano più detto nulla, ma prima di scendere
lo trattenne per un braccio. Stiels si fermò e lo guardò, gli occhi
cerchiati di rosso, l'aria confusa, le occhiaie, il pallore. Stava
davvero male.
Derek
si ammorbidì lasciando andare la rabbia, dopotutto stava male.
-
Per prima cosa si pensa a cause umane e solo dopo a cause
sovrannaturali. - Stiles annuì capendo che era una sorta di lezione
per evitare di andare nel panico.
-
Questo non mi tranquillizza. - Mormorò abbassando lo sguardo come se
si vergognasse di quella paura.
-
Perchè? - Chiese piano Derek.
-
Perchè se è una causa umana, come dici tu, può essere solo la
malattia di mia madre... e credimi che a quel punto le cause
sovrannaturali sarebbero meglio... - Derek però non poteva pensare
che il suo Stiles fosse preso da qualcosa di sovrannaturale che lo
facesse agire in quel modo scriteriato e contro gli altri. Era come
ammettere di non essere stato in grado di proteggerlo. Come poteva,
con lui vicino, essere stato preso da 'qualcosa'?
Lui
era Stiles, era il suo Stiles normale, umano, fragile, indifeso...
l'aveva sempre visto così. Non poteva essere preso da qualcosa con
lui lì accanto che lo proteggeva. Lui era lì per questo. Per
tenergli lontano quelle cose.
“Certo
non sarebbe meglio che avesse quella maledetta malattia...”
Pensò
poi confuso Derek stesso, incapace di capire cosa provava in quel
momento.
Si
avvicinò e lo baciò senza dargli una risposta in merito. Cosa
sperava?
Non
ne aveva idea.
-
Andrà tutto bene. - Non era mai stato molto ottimista, ma lì ne
ebbe un gran bisogno.
Così
lo lasciò andare.
Derek
era terrorizzato sia dall'idea che una malattia umana glielo portasse
via, sia dal sovrannaturale che lo contaminava in qualche maniera.
Però
lui si sentiva come il guardiano di Stiles per il sovrannaturale,
realizzare che qualcosa di malvagio lo aveva preso era come fallire,
per lui.
Non
lo poteva accettare e nemmeno concepire.
Per
cui si ripeteva che non era così.
Se
era una malattia lo potevano curare e se non era curabile l'avrebbe
morso... nella speranza che si trasformasse e non morisse...
Quando
entrò nella camera, Stiles dormiva. Gli era stato dato un sedativo
che l'aveva fatto crollare. Avvicinato al letto, lo vide abbandonato
al sonno, sotto le coperte, l'aria stanca, il viso segnato, si vedeva
la preoccupazione mentre dormiva.
Era
la mancanza di sonno, ma perchè non riusciva a dormire?
Derek
non poteva che chiederselo ripetutamente.
“E'
davvero così fragile... “ Pensò carezzandogli la fronte ed i
capelli scendendo sulla guancia.
Si
sedette e rimase a guardarlo silenzioso, liberamente preoccupato. Si
era sentito così solo per Cora. Cora aveva potuto guarirla
rinunciando ai suoi poteri di alpha, ora non aveva più niente a cui
rinunciare se lui avesse avuto una malattia incurabile, ma a quel
punto avrebbe trovato un'altra soluzione, a costo di obbligare Scott.
L'ansia
di perdere Stiles lo paralizzò.
Se
ne era andato per proteggerlo e forse qualcosa di umano e terribile
poteva portarglielo via.
“Smettila,
è solo mancanza di sonno.” Ma non poteva non chiedersi cosa mai
glielo potesse togliere fino a quel livello.
Gli
prese infine la mano fra le sue e se la portò alle labbra.
Era
questo amare, si disse.
Sentirsi
morire quando lui stava male.
A
volte amare sembrava più una maledizione che altro.
“Starà
bene... starà bene... lui è Stiles... quale 'cosa' sovrannaturale
lo vorrebbe? È così petulante, fastidioso, irritante... così
debole... il sovrannaturale è attratto da creature potenti... “ Si
ripeteva come una litania chiudendo gli occhi.
Pensare
che il sovrannaturale se la prendesse era peggio, per Derek. Perchè
c'erano cose sovrannaturali davvero troppo forti, a volte. Per
chiunque.
“Starà
bene...”
Tornò
a ripetersi.
Quando
guardò l'ora e vide che erano vicini al tramonto, l'ora in cui si
erano dati appuntamento da Scott per affrontare quegli esseri in
armatura venuti per fare chissà cosa e che avevano marchiato quasi
tutti loro, dovette a malincuore lasciarlo. Se dormiva andava bene,
si disse.
Stiles
non aveva niente. Solo mancanza di sonno e l'insonnia era dovuto a
qualcosa di affrontabile, di umano. Ne era certo. Non c'erano altre
possibilità.
Stiles
sarebbe stato bene.
Stiles
era consapevole che poteva essere la malattia di sua madre e l'idea
che fosse quello, per lui che l'aveva vissuta in prima persona, non
lo faceva stare bene.
Aveva
il terrore di avere quello e si ripeteva che era altro, doveva essere
altro. Potevano esserci miliardi di altre opzioni, ma la sua mente
era troppo piena di nozioni e sapeva che per quante possibilità ci
fossero, la prima, quella in cima alla lista, era la malattia.
Eppure
pensava a quello che aveva trovato, era sicuro d'aver visto la
scritta sulla lavagna, aveva trovato la propria firma nel caso
Barrows che gli aveva dato conferma. E quella chiave... non sapeva
come era sparita, ma sapeva che c'era.
Per
cui quello... quello non era spiegato dalla malattia.
Perchè
per quanti problemi potesse portare, non lo trasformava in una
persona cattiva.
Ma
era cattivo?
Stiles
si sentiva sempre più sottile e stiracchiato, il controllo labile.
Non ce l'avrebbe fatta a lungo a controllarsi e sentiva che quando
avrebbe ceduto, sarebbero stati tutti in pericolo. Sapeva che
sarebbero stati guai seri. Non sapeva bene come, perchè e cosa, ma
sentiva che non poteva cedere.
Qualunque
cosa gli stesse capitando.
Qualunque.
Pensava
a Derek, a Scott, a Lydia... a tutti i suoi amici, a suo padre... e
capiva Derek ed il suo isolamento di qualche mese prima, quando aveva
capito che chiunque gli sarebbe stato accanto sarebbe finito male.
Lo
capì in pieno.
Nell'addormentarsi
si lasciò prendere e portare via dalle forze invisibili che
lavoravano in lui.
Due
diverse, una umana, la malattia, ed una sovrannaturale, lo spirito
oscuro.
Anche
se poi sempre e solo di una si trattava...
Eppure
la volpe poteva permettersi di accontentarlo sulla maggior parte dei
suoi desideri, pur di poterlo prendere. Ma c'era uno di questi che
non poteva proprio realizzare.
Fra
le persone che il povero piccolo Stiles voleva proteggere, uno era il
solo in grado di farlo tornare in sé nei momenti critici.
Quell'unico reale consistente pericolo per sé stesso, non poteva
essere risparmiato.
Gli
dispiaceva ferire il suo dolce Stiles, ma non poteva permettersi di
perderlo.
Derek
non poteva risparmiarlo.