CAPITOLO
LIII:
UNA
VERITA' CHE FA MALE
Quando
Derek ricevette l'sms, sentì il sollievo più grande della sua vita.
Stiles
stava bene, era in ospedale ma se gli scriveva stava bene. Poi guardò
meglio il messaggio, lo pregava di venire. Quanto poteva stare bene
davvero, per scrivergli una cosa simile?
Con
un sospiro scacciò tutto, chiuse gli occhi, respirò a fondo e si
lasciò prendere dal sollievo rigenerante.
Era
solo sonnambulismo. Era solo quello.
Scott
lo chiamò poco dopo per dirglielo a voce, stava meglio, lui sì che
ci credeva davvero... che era stato 'solo' sonnambulismo. Del resto
non aveva la sua esperienza, un'esperienza che gli diceva che una
cosa non era mai troppo semplice.
Si
precipitò in ospedale con l'idea di testare le teorie, se non
l'avesse fatto sarebbe impazzito, ma voleva disperatamente credere
che per Stiles fossero solo cause umane, anche se gravi. La cosa non
lo faceva stare bene, ma si diceva che era sempre meglio così.
In
ospedale incontrò uno dei gemelli che con faccia tosta e sicurezza,
lo affrontò a testa alta dicendo quello che tutti probabilmente
avevano pensato almeno una volta, ma nessuno aveva ancora avuto il
coraggio di dire.
Anche
Derek.
Anzi.
Derek
primo fra tutti.
Scott
davvero non ci era arrivato, Derek lo sapeva, dentro di sé, ma aveva
controllato persino i suoi pensieri pur di rifiutarlo. Non ci poteva
credere. Non poteva.
-
Quindi pensi che sia solo sonnambulismo o credi che ci sia qualcosa
di più grave sotto? - Già solo l'utilizzo di questo termine valse
al gemello uno sguardo assassino.
Aiden
si sentì leggermente a disagio ma non mollò. Aveva una teoria e
sapeva di cosa parlava. Bisognava affrontarlo prima che sarebbe stato
troppo tardi.
-
In questa città c'è sempre qualcosa di più grave sotto. - Liquidò
frettolosamente Derek, non voleva certo parlarne con lui, non ora che
stava per andare da Stiles.
-
E se ti dicessi che ne so qualcosa? - Disse Aiden a quel punto. Derek
alzò le sopracciglia in attesa per metterlo alla prova. A quel punto
non poteva certo metterlo a tacere, bisognava vedere quel che sapeva
davvero lui.
Per
quanto volesse scappare, rimaneva sempre Derek. Uno abituato a
guardare in faccia ogni cosa e subito, qualunque essa fosse.
Ma
lì si trattava di Stiles. Quanto sarebbe potuto essere lucido,
ancora?
Aiden
allora spiegò di aver ascoltato la conversazione fra Stiles e Scott
di qualche giorno fa, quando Stiles diceva delle sue paure che
potesse essere lui ad aver mandato Barrows da Kira e quindi di non
avere il controllo di sé.
Derek
lo sentiva, lo pensava. Ma mai, mai e poi mai l'avrebbe semplicemente
ammesso.
Aveva
domato i propri stessi pensieri pur di non ammetterlo e affrontarlo,
pur di non renderlo reale ed ora un lupo qualunque osava metterlo
davanti con brutalità a quella verità agghiacciante?
Come
osava?
Derek
riuscì a controllare ancora una volta le proprie emozioni ed i
propri pensieri rispondendo con logica e strafottenza.
-
Tu pensi che Stiles, il magrolino e indifeso Stiles... sia il
nogitsune. Uno spirito oscuro e potente? - Aiden annuì. Derek voleva
poterlo rifiutare ancora, era troppo assurdo, troppo orribile. Troppo
grave. Troppo grande per tutti. Anche per lui. Lui che forse in quel
caso non sarebbe stato capace di aiutarlo.
Doveva
rifiutarlo.
Lui
che non era capace di aiutare il suo Stiles? Impossibile.
Meglio
dire che non era vero, meglio lottare contro una realtà simile.
-
Non sono l'unico a pensarlo, sono l'unico che lo dice! -
-
Questa cosa vuole possedere qualcuno e prende Stiles? Perchè non
prendere uno più grosso, uno più forte... - Continuava a dirlo con
rifiuto categorico, lo stava anche schernendo per renderlo più
lontano dalla realtà, era ridicolo. Lo diceva a lui per dirlo a sé
stesso. Come osava metterlo davanti a quella verità in quel modo?
Non capiva quanto grave fosse?
Lui
non poteva solo accettarlo con facilità come stava facendo Aiden.
-
Qualcuno un po' più... - Ma Derek a quel punto dovette fermarsi.
Continuare con quella ridicola negazione era assurdo. - Potente... -
Disse piano a sé stesso.
Se
era vero, se era davvero lui, doveva provarlo. E al tempo stesso, se
voleva dimostrare che non lo era, doveva provare anche questo.
Era
vero che andando per logica avrebbe dovuto scegliere uno più
potente, ma cosa ne poteva sapere lui dei giri mentali di una volpe
malefica?
Cosa
poteva aver trovato in Stiles?
“Perchè,
io? Io che ci ho trovato? Eppure lo amo...”
Forse
lo convinse più questo che le parole di Aiden.
Ma
nella sua mente analitica, molto più di quanto sembrasse, arrivarono
una serie di nozioni tramite cui si disse che un potere simile andava
attivato in qualche modo.
“Stiles
era strano da un po' e solo in certe occasioni, come se non fosse
lui. Ho dato la colpa al nementon, ma se non fosse così? Se lui da
tutto questo tempo avesse davvero avuto la volpe dentro? Ma perchè
si è attivata solo ora? Prima c'era ma non faceva nulla di che...
ora arriva e comincia a fare tutto questo casino. Perchè solo ora? E
prima? Una cosa del genere si deve attivare. È come il potere di
Lydia. Non basta averlo, bisogna attivarlo. E se per Stiles fosse
successo questo?”
Derek
rifletté sull'incidente con l'elettricità che aveva coinvolto Kira,
la kitsune del tuono.
Stiles
era stato presente. Poteva essere successo allora.
Se
Aiden aveva ragione, se quella era la risposta, poteva essere
successo lì.
“Se
non ci fossero stati gli oni a marchiare Kira, avrei pensato che era
lei. Ma è stata marchiata e lei non lo è. L'unico a non esserlo
stato è Stiles ed ha avuto episodi strani di cambi di carattere. Per
non dire questi distacchi con la realtà dove ha fatto cose di cui
non era cosciente. Se non fosse la malattia, se non c'entrassero
davvero cause umane, ma fosse davvero questa maledetta volpe? Se è
lì che si è attivata, se si è attivata in quell'incidente con
l'elettricità provocato da Kira e dal suo enorme potere... allora là
ci devono essere prove che me lo diranno. Qualcosa che mi faccia
capire che è così. Se là non trovo nulla posso avere la speranza
che non sia così. Questa è l'ultima spiaggia.”
A
questo punto, Derek alzò lo sguardo verso l'ospedale e sospirò
sconsolato.
Perchè
lui?
Perchè
Stiles?
Quella
domanda l'avrebbe tormentato per molto, moltissimo tempo.
Derek
attese che tutti se ne andassero, prima di entrare.
Rimase
nei paraggi fino a che anche lo sceriffo non se ne andò.
Era
notte fonda, avevano passato gran parte di essa a cercare Stiles,
adesso che avevano constatato che fisicamente stava bene e che
dormiva, non potevano rimanere tutti lì.
Il
giorno dopo avrebbe fatto la risonanza per affrontare il problema
della malattia e vedere in che condizioni era il suo cervello. Nel
mentre restavano delle ore da aspettare e Derek benedì il padre che
se ne andava per lasciare un po' di tempo a lui.
Sicuramente
Stiles dormiva. Stava diventando un'abitudine vegliare sul suo sonno.
Un sonno mai sereno.
Quando
entrò nella stanza silenzioso dopo aver eluso la sorveglianza non
troppo rigida, non si stupì di vederlo sveglio.
-
Ci avrei giurato che non dormivi! - Disse ironico. Stiles,
sentendolo, si girò e fece un sorriso tirato alla disperata ricerca
di qualcosa di divertente da dire. Non c'erano più battute
all'altezza, battute alla Stiles.
Quel
che stava macinando in lui ormai era ad un livello troppo cosciente.
Ormai
aveva tutte le informazioni, gli serviva solo una certezza finale.
Una certezza che sarebbe arrivata presto.
Lui
sapeva benissimo cosa aveva ed era questo il suo reale problema.
Finchè
non aveva sospettato di nulla, era stato bene.
-
Mi sa che se lo faccio, faccio troppi danni! - Esclamò pensando che
tutto sommato se la cavava ancora bene.
Derek
fece ancora quel sorrisino, ma era tirato quanto il suo, così
sedutosi nel letto, sul bordo, decisero di lasciar perdere
espressioni forzate di circostanza.
Era
una situazione grave e seria e forse molto più di quel che tutti
pensavano.
-
Allora? - Disse Derek prendendogli la mano che vide tremare. La sentì
ancora fredda ma non ai livelli di prima. Gliela prese fra le sue e
la scaldò, questo strappò un sorriso più spontaneo a Stiles che si
sentì meglio.
-
Sono qua... - Disse imbarazzato per quel che aveva fatto. Aveva
provocato il caos in tutti che si erano messi a cercarlo come matti
girando come trottole.
Era
bello da un lato sapere quanto contasse per tutti, però dall'altro
era stato un episodio davvero dissacrante, dal suo punto di vista.
Aveva
avuto un attacco di sonnambulismo.
Un
maledetto attacco di sonnambulismo.
Li
aveva fatti impazzire per quello.
Si
sentiva assurdamente in colpa in qualche modo e Derek lo percepì
molto bene.
-
Dai... che ne potevi sapere che invece stavi dormendo? - Derek
preferiva continuare su quella linea. Da cause umane si poteva
guarire ed in caso contrario, c'era il sovrannaturale che poteva
risolvere la situazione.
Era
meglio così. Era il suo modo per farsi forza.
-
No niente ma... mi sembrava tutto così reale che... - Stiles ci
ripensò ed era la prima volta che ne faceva davvero cenno. Alla fine
scosse il capo e si girò dall'altra parte, incapace di parlare e con
un'assurda voglia di piangere.
Era
spaventato a morte e quella era la sola verità.
Derek
lo sentì, si stese con lui, gli mise un braccio intorno alle spalle
e gli fece appoggiare la testa sulla sua, lo sistemò contro il collo
fino ad obbligarlo con una insospettabile dolcezza ad accomodarsi su
di lui.
Stiles,
sentendo il suo braccio prima ed il suo corpo poi, gli parve di
essere risalito dal mare grazie ad una specie di ancora.
Allora
si ricordò di quel che si era trovato a pensare qualche volta.
Derek
era la sua ancora, per cosa ancora non lo sapeva, ma un giorno
l'avrebbe capito.
Silenzioso
accettò quella posizione e quell'abbraccio, nascose il viso contro
di lui, gli prese la maglia con la mano e respirò il suo odore
chiudendo gli occhi.
Era
tutto un incubo, ma era solo quello?
Era
solo un incubo?
Davvero?
-
Non so se ho solo sognato... - Disse piano. Derek capì che aveva
bisogno di parlarne, così fece delle domande per spingerlo a farlo.
-
Non hai alba di quel che hai fatto? - Stiles scosse il capo.
-
So che ho guidato perchè me l'hanno detto. E che poi la macchina è
rimasta senza batteria ed io ho continuato a piedi. -
-
Te l'ho accesa io coi cavi, è qua sotto. - Disse Derek.
-
Mi sono svegliato in questo seminterrato e c'era un segno sopra una
parete, il segno del 'sé stesso'. - Derek corrugò la fronte, ma non
disse nulla. Come poteva esserci proprio lo stesso simbolo che gli
oni lasciavano sulle persone che frugavano alla ricerca della
nogitsune?
E
come poteva lui conoscerlo?
A
volte l'amore impediva di vedere la realtà per quel che era. Il suo
era quel caso. Ma era un recidivo, era una cosa che faceva sempre.
-
Avevo freddo, non riuscivo ad alzarmi, avevo la gamba in una di
quelle trappole per animali e sanguinava. Non sapevo dove fossi ma
era tutto così maledettamente reale! - La voce gli si spezzò e
Derek con la mano intorno alle sue spalle gli carezzò il braccio con
dolcezza. Stiles tornò a sentirsi meglio e proseguì, non sapeva
perchè gliene parlava, ma ne aveva bisogno e con lui ci riusciva.
-
Ho visto questa persona bendata che mi faceva indovinelli. Non so, mi
sembrava tutto così reale, così tanto. Come potevo pensare che
invece stavo sognando e che ero sonnambulo? Cosa ho fatto intanto? -
A quella domanda, Derek si sentì spaesato. In effetti c'erano molti
dubbi su quello.
-
Hai camminato un po', poi ti sei nascosto in quella tana. -
Stiles
scosse il capo senza ancora piangere, ma gli occhi erano lucidi e la
voglia di farlo era enorme.
Si
sentiva strappare via, gli pareva che quella fosse l'ultima volta
delle braccia di Derek su di sé, l'ultima volta che le poteva
sentire davvero.
Gli
si aggrappò dilaniato da quella sensazione.
-
Ho paura, Derek... - Mormorò per la prima volta. Derek voleva
gridare e fare una strage, ma non aveva nemmeno un bersaglio vero da
prendere di mira. Uccidere chi? Cosa?
Non
c'era niente, in realtà.
-
E' stato solo un episodio di sonnambulismo... -
-
Sono un po' troppi ormai... e troppo gravi... - Visto che nessuno lo
diceva, lo faceva lui. E visto che non aveva il coraggio di dirlo, lo
faceva con Derek.
-
Vedrai che ora risolveranno tutto... - Derek non era mai
particolarmente ottimista, anzi, ma per Stiles lo diventava. Stava
imparando. Sentiva il suo disperato bisogno di ottimismo, quello che
aveva sempre avuto lui e che non riusciva ad avere più.
-
Non è così... perchè questa è la malattia di mia madre. Sono
tutti i sintomi e sono sempre più gravi. Te ne ho parlato, ti ho
spiegato... - La voce si perse incapace di farsi udire e Derek lo
abbracciò con maggior forza, con entrambe le braccia, carezzandogli
anche la nuca mentre gli teneva il viso contro il collo. Lo sentiva
respirare affannato e lo sentiva sull'orlo delle lacrime.
-
Non lascerò mai che ti prenda davvero. - Ma di cosa parlavano, ora?
Per
un momento se lo chiesero entrambi.
-
E se è tardi? - Già... di cosa parlavano?
Era
come se entrambi sapessero della volpe e parlassero di quello. Era
come se non avessero il coraggio di dire le cose come stavano, ma lo
pensassero, sapessero.
Era
come avere quel tipo di conversazione ed entrambi lo pensarono con
gran turbamento.
-
Troverò il modo di aiutarti. Ti salverò! - Disse a denti stretti e
con una forza sia nella voce che nelle braccia che venne trasmessa a
Stiles. Solo allora il piccolo liberò le lacrime che gli scaldarono
le guance, arrivando fino alla pelle scoperta di Derek.
Sentendolo,
gli mise un dito sul mento e gli alzò il capo per guardarlo, quando
l'ebbe a pochi centimetri dal viso e vide che piangeva, non trovò
altro da dire. Lo baciò delicato trasmettendogli tutta la sua
convinzione. La convinzione che in un modo o nell'altro l'avrebbero
salvato.
Stiles
chiuse gli occhi e si lasciò totalmente andare a quella sensazione
bellissima. Le sue labbra morbide sulle sue, Derek fermò il suo
tremore e gli trasmise quel calore che lo scaldò definitivamente.
Non avrebbe mai dimenticato quel bacio, non avrebbe mai potuto
scordarlo. Si sarebbe fatto sempre cullare da quelle sue labbra.
-
Andrà tutto bene. Non permetterò mai che vada altrimenti! -
Rimettendoselo comodo addosso, lo ripeté cullandolo protettivo e
quasi feroce.
Arrivare
ad amare per veder soffrire chi si amava. Ma perchè?
Perchè
si doveva arrivare a quei livelli?
-
Ti amo Derek. Non dimenticarlo. -
“Qualunque
cosa io faccia... “ Continuò il suo pensiero, un pensiero che non
servì essere espresso a voce. Derek annuì e lo tenne con sé per il
resto della notte, fino all'arrivo delle prime visite del personale
medico.
Poco
prima che arrivassero da loro, Derek si alzò, lo baciò di nuovo,
gli carezzò la guancia e senza dire niente, se ne andò.
Fu
come guardare il suo ragazzo per l'ultima volta.
“Fosse
l'ultima cosa che faccio, lo salverò da qualunque cosa lui abbia.
Qualunque!”
Certo
avere la conferma che in Stiles c'era davvero il nogitsune e che
tutto quel che aveva fatto fin'ora era stato per riattivarsi e
nutrirsi per poi prendere possesso pieno del corpo di Stiles, era
stato il momento peggiore da quando era tornato a Beacon Hills.
Ma
d'altro canto ora sapeva con cosa stava combattendo, aveva tutte le
maledette risposte. Sapeva ogni cosa.
Sapere
era meglio di vagare nell'ignoranza, questa era una massima di
Stiles. Stare tanto con lui l'aveva contagiato.
Trovare
la mazza da baseball di Stiles nella centrale dell'incidente di Kira,
quando aveva usato il suo potere per colpa di Barrows, era stato come
sentirsela spaccare addosso con una durezza colossale. Guardarla lì,
stringerla, realizzare ogni cosa ed ammetterlo.
Fu
lì che dovette farlo. Dovette smettere di scappare dalla realtà
dolorosa e terribile.
Stiles
era posseduto dallo spirito oscuro di una maledetta volpe giapponese.
Sapeva
com'era successo, sapeva quando, sapeva tutto.
Solo
non sapeva come affrontarla e toglierla da lui.
Non
era certo come dovesse sentirsi, ma avere Kira lì davanti che gli
spiegava gli eventi di quella notte, l'aveva in qualche modo aiutato.
Non si sarebbe mai potuto far trovare debole, perso, spaventato e
furioso lì davanti a lei, ad una sconosciuta. Così si trattenne e
rimase sempre perfettamente controllato ingoiando tutto. Non poteva
ancora permettersi il lusso di perdere la testa, non sarebbe certo
stato utile a Stiles. E lui ora era la sua unica priorità.
A
dargli il colpo di grazia in realtà fu quella frase di quell'essere
dentro di sé che Stiles continuò a ripetersi come un mantra.
'Stiamo
cercando di salvarti.'
Non
poteva fare a meno di pensarci e ripensarci.
Tutto
quello che succedeva aveva un significato preciso e lui non poteva
non capirlo, non poteva lasciare che qualcosa avvenisse senza una
precisa spiegazione. Si adoperò per dare un senso a quelle parole e
ci pensò a lungo per tutta la giornata.
Se
quel mostro rappresentava la sua malattia, che senso aveva che
cercasse di salvarlo? Era impossibile. Avrebbe dovuto dire che
cercava di distruggerlo, al massimo.
Però
sapeva di essere malato, ormai ne aveva la certezza.
Però
se non ci fosse stato solo quello?
Se
la malattia davvero lo stava facendo morire e nel mentre
qualcos'altro lavorava in lui?
Quel
mostro... quel... cosa aveva detto Scott?
Una
volpe oscura?
Una
nogitsune?
E
se fosse stato quello?
Pensare
alla possibile causa, o per lo meno alla possibile provenienza di
quella figura, pensarci tanto per dargli un senso, fece sì che il
suo cervello lo portasse alla risposta dell'ultimo indovinello che la
volpe gli aveva proposto.
Quando
nella risonanza si trovò di nuovo davanti a lui, in quella che
sembrava un'altra allucinazione, gli ripeté la domanda spaventandolo
a morte.
La
paura lo attanagliava facendolo piangere e tremare, perchè ormai
aveva capito di cosa si trattava.
Era
la lotta per il suo corpo della malattia e della morte contro lo
spirito oscuro.
Volevano
tutti lui, era così.
Stiles
ormai lo sapeva.
Rifiutare
lo spirito significava morire, per salvarsi c'era solo lei, ormai era
consapevole.
Essere
consapevole lo rendeva spacciato, finito, alla fine della sua corsa,
un vicolo cieco.
Non
c'era una via d'uscita, ma c'era ancora una remota possibilità che
fossero sempre e solo allucinazioni; c'era, no?
Lì
in quel posto, in un'altra visione, con quel mostro che gli ripeteva
la domanda, si trovò a chiudergli le orecchie, a piangere e
stringere forte gli occhi nella speranza che sparisse, nella speranza
si svegliarsi.
Ma
quel maledetto indovinello ripetuto doveva avere un senso, doveva,
doveva.
Perchè
diavolo gli ripeteva 'Tutti ce l'hanno ma nessuno può perderla'?
Perchè
sembrava ossessionato da quello?
Quando
trovò la risposta all'indovinello, capì anche perchè voleva che
rispondesse. Capì perchè Stiles lo doveva per forza dire.
Rispondere
significava arrendersi e guardare in faccia il mostro, capire chi
era.
E
capire chi lui fosse, voleva dire darsi a lui, consegnarsi,
arrendersi, finire.
Perchè
la risposta a quell'indovinello era 'l'ombra'.
“Allora
è la nogitsune il mostro che mi possiede. È davvero lei. Non l'ho
solo immaginato, non sono allucinazioni. È vero.”
Quando
lo disse tutto si fermò, le proprie lacrime si gelarono, si girò
lento e guardò il mostro senza bende. Lo vide ed era lì davanti a
lui come uno specchio, solo che la sua espressione era oscura, gli
occhi infinitamente bui, la crudeltà in quello sguardo, il suo, lo
stesso.
Capire
che in lui c'era lo spirito oscuro fu arrendersi, perchè il suo
ragionamento del tutto razionale fu uno e semplice.
Dallo
spirito oscuro non si scappava. Una malattia poteva dargli scappatoie
grazie a Scott e al sovrannaturale, potevano trovare una cura, come
gli aveva detto lui.
Però
uno spirito oscuro che possedeva, non dava via di fuga.
Era
lì in te e basta.
Per
questo quella fu la sua fine.
Capire
che quel mostro era la nogitsune e che era in lui lo fece arrendere e
la volpe prese Stiles definitivamente.
Derek
non era proprio lì solo per spiegare a Scott il motivo del suo
ritorno a Beacon Hills e nemmeno solo per dirgli che Stiles era
posseduto dalla nogitsune. Accettarlo era stato difficile, per lui,
ma paradossalmente l'aveva aiutato la presenza di Kira. Davanti a lei
non si era potuto lasciare andare a scenate e sfoghi.
Aveva
tenuto un controllo encomiabile come quello che ormai riusciva a
tenere sempre davanti a tutti.
Di
rado Scott e Stiles lo vedevano cedere ogni tanto.
Quando
lo vide seduto davanti alla stanza di Stiles, in attesa che gli
completassero la risonanza e che quindi dessero il responso sulla
malattia che finalmente gli avevano spiegato, capì che era nelle sue
stesse condizioni ed ancora non sapeva della volpe.
Derek
ebbe il suo cedimento lì con lui, si sedette e realizzò per cosa
era tornato, ricordò le parole di sua madre nella visione. Quelle
che l'avevano spinto a tornare.
Come
si diceva a qualcuno che quello che consideravi un fratello era
posseduto da una volpe malefica? Che era proprio lui?
E
come lo si accettava?
Aveva
voglia di perdersi, per un momento. Non era in grado di guidare e
dare risposte, non sapeva cosa fare nemmeno lui.
Si
sedette lasciandosi andare ad un'espressione puramente preoccupata e
persa, Scott lo vide e non ebbe la minima forza di dire nulla, come
consolarlo?
Ora
che sapeva della malattia di Stiles, cosa c'era da dire?
Derek
però doveva parlare e piano lo fece, come desse una sentenza di
morte... ma non per Stiles, bensì per sé stesso.
-
Scott. È la nogitsune. - Mormorò piano. Scott alzò gli occhi
terrorizzato. Come poteva dirlo? Come poteva pensarlo? Come poteva
anche solo arrendersi a quest'idea?
Ma
quando lo guardò con l'accusa negli occhi, capì dalle sue mani
strette e dalla sua aria finita, che aveva la sua stessa paura. Derek
non era lì per allarmare o sentenziare, era lì per trovare lui
stesso la forza di fare quello che andava fatto. Ovvero affrontare
una volta per tutte la realtà.
-
Perchè sei così calmo? Come è possibile? - Derek sorrise amaro,
scosse il capo, si appoggiò coi gomiti alle ginocchia e si prese il
viso fra le mani.
-
Calmo? Sai da quanto tempo ho sentito qualcosa che non va in Stiles?
Da mesi! E sai quando l'ho accettato? Solo adesso... adesso che ho
trovato la prova... - Scott ovviamente non aveva idea di che cosa
parlasse, così Derek spiegò di Kira e del suo potere che si
chiamava volpe infuocata, che era quello che si era manifestato alla
fabbrica, quando aveva attivato il potere della nogitsune in Stiles.
Spiegarlo l'aiutò ad accettarlo meglio e a vedere per assurdo tutto
in una dimensione più accettabile. In qualche modo parlarne,
parlarne con lui che aveva risolto situazioni ben più gravi di
quelle, lo rendeva affrontabile.
Calò
il silenzio dopo le sue parole e Scott, smarrito, si trovò nella
condizione di non sapere cosa dire.
-
Dentro stanno capendo se Stiles morirà a breve per una malattia che
aveva sua madre e qua parliamo di uno spirito oscuro potente che lo
possiede? Ma perchè? Come è possibile che si siano accanite tutte
le forze di questa Terra contro di lui? Tutte insieme? - Derek a
quello trovò una risposta e nel dargliela si rese conto quale doveva
essere il suo ruolo e come dovesse comportarsi. Doveva rimanere
lucido per usare tutte le sue conoscenze ed aiutare Stiles, doveva
dare fondo a tutto quello che aveva per lui.
-
E' proprio ora il momento migliore. Stiles è debole per la malattia
che lo sta uccidendo... se non lo prende ora, non lo prende più.
Stiles è spaventato e debole ed è il solo momento ideale per
prenderlo completamente. - Scott sospirò accettando la risposta.
Saperne di più era meglio del non sapere nulla, anche se questo non
lo aiutava a stare bene. Come lo affrontavano? Come glielo toglievano
da dentro?
Cosa
si poteva fare?
Derek
a quel punto continuò a parlare dicendogli a ruota libera quel che
pensava, quel che stava elaborando.
Dalle
parole di sua madre a quello che ora aveva capito doveva essere il
suo ruolo.
Ora
era Scott che proteggeva la città, come in passato aveva fatto la
sua famiglia. E lui doveva rimanere lì ad aiutarlo.
Le
sue parole furono un gran sollievo per lui, avere Derek ed il suo
sapere dalla propria parte era qualcosa di essenziale, specie in un
momento simile.
Fu
lì, parlando di 'proteggere' che capì quello che aveva fatto
Stiles.
-
Stava cercando di proteggerci. - Disse Scott saltando in piedi,
realizzando dalla conversazione con Derek sul proteggere la città,
quello che Stiles aveva cercato di fare sul tetto dell'ospedale,
quando avevano capito che aveva lottato con sé stesso senza capire
il motivo.
-
Stiles stava cercando di proteggerci! - Ripeté.
Anche
Derek, sentendolo, lo realizzò.
-
Da sé stesso. - Quando ci era salito quella notte, si era rifiutato
di credere che in Stiles ci fosse una forza oscura che combattesse
per uscire e controllarlo, aveva trovato più facile credere alla
malattia.
Però
ora era diverso, ora aveva la prova che in lui c'era la maledetta
volpe e quindi sapeva che davvero in quel momento Stiles aveva
combattuto contro qualcosa che c'era in lui.
Realizzare
che li stava proteggendo, gli fece sentire dentro un'ondata
incredibile di calore.
Quando
lui in passato aveva cercato di proteggerlo da sé stesso, l'aveva
allontanato. O ci aveva provato.
Stiles,
ora, aveva lottato letteralmente con sé stesso, ma contro una forza
così potente ed oscura da poter considerare quella una lotta persa
in partenza. Come un gigante contro un bambino.
Eppure
ci aveva provato strenuamente.
Per
loro.
Per
Scott, per lui, per tutti gli altri.
Ma
soprattutto per loro.
Loro
due, i più importanti per Stiles.
Corsero
sul tetto per capire cosa diavolo aveva cercato di evitare e cosa poi
probabilmente aveva fatto comunque. Contro una nogitsune? Chi poteva
farcela?
Quando
videro il borsone con attrezzi per elettricità, fu tardi.
Il
cavo tagliato si spezzò del tutto e le scintille partirono creando
una specie di tempesta elettrica mettendoli per un momento in serio
pericolo.
Il
cavo spezzato cominciò a spruzzare scintille luminose e a muoversi
impazzito come avesse vita propria.
Scott
e Derek lo evitarono, ma quello, acquistando forza e velocità, finì
giù ai piedi dell'edificio, proprio nel parcheggio dove macchine e
persone arrivavano e stavano ferme a guardare quel che succedeva.
Una
macchina colpita dal cavo urtò una fontana dell'acqua che cominciò
a buttare fuori acqua, questa si sparse ovunque ed allora il cavo
elettrico si posò proprio lì nell'enorme pozza fulminando chiunque
ci mettesse piede dentro.
Dolore,
caos, paura.
Fu
così che iniziò.