1. UN RITORNO DAL PASSATO
Il telefono lo svegliò di soprassalto.
Si tirò su sul gomito e aprì la luce sul comodino guardando con mezzo occhio l’ora.
Le 3 di notte. Imprecò e prese la chiamata.
- Sceriffo, c’è un 204 che
richiede la sua presenza! - Aggrottò la fronte facendo mente locale sui
codici, poi con voce roca disse:
- Quale caso di sparizione
è così grave da richiedere la mia presenza di notte? C’è una procedura,
da quanto è sparita la vittima? -
- Si tratta di un gruppo di ragazzi che campeggiavano nel bosco. -
- Ok, ma cosa giustifica… - L’agente finalmente si decise a dire la parte cruciale.
- E’ una scena raccapricciante. Non si tratta di un semplice caso di sparizione. Lo deve vedere di persona! -
Stiles alzò gli occhi al cielo ed imprecò.
- Ok, mandami le
coordinate. Arrivo. - Così chiuse la comunicazione e si alzò dal letto
mettendo un’altra chiamata mentre cercava la divisa da sceriffo con cui
doveva presentarsi sulla scena. Fermò il telefono con la spalla mentre
indossava calzini e pantaloni, poi finalmente dall’altro lato una voce
rispose:
- Pronto? -
- Era ora! - Esclamò seccato.
- Stiles, sono le 3 del mattino! - Gli ricordò un assonnato Scott.
- Lo so bene che ora è, pensi che mi piaccia alzarmi di notte? -
- Beh, da quel che ne so,
sì! - In effetti l’insonnia era sempre stata la sua caratteristica, per
quello il lavoro che aveva scelto era stato congeniale.
Stiles fece il broncio mentre si infilava la canottiera intima e la camicia.
- Senti, devi dirmi qualcosa che ti sei dimenticato di dirmi? - Chiese seccato.
- Mi chiami alle 3 di notte per sapere se mi sono dimenticato di dirti qualcosa? - Rispose polemico Scott.
- Certo, sai ultimamente ho
la sensazione che mi trascuri e non mi dici tutto e non potevo
aspettare domani per parlarti… - Pausa significativa durante la quale
Scott sicuramente si stava chiedendo se dovesse crederci. - Scott, sono
sarcastico. Ricordi? La mia arma preferita! Va bene che dormi, ma ti
prego! - Stiles non sembrava molto paziente, ora, e Scott si inalberò
dall’altra parte.
- Il sarcasmo era la tua
arma quando eri un nanerottolo sottopeso! Adesso sei grande e grosso e
porti una pistola regolare! La puoi piantare col sarcasmo! - Stiles si
mise a ridere mentre si infilava le scarpe ed iniziava ad
allacciarsele.
- Ma lo sai che mi piace
troppo, è una cattiva abitudine! - Scott brontolò ancora per poi
chiedergli cosa diavolo avesse. - Sembra che nel bosco siano spariti
dei ragazzi campeggiatori e che la scena sia, cito testualmente,
‘raccapricciante’. - Silenzio. - Per cui, cosa devi dirmi? -
Ma Scott rispose subito dopo.
- Io non ho fatto nulla, né nessun altro! Non c’entriamo noi! - Stiles sospirò.
- Se c’entra il sovrannaturale lo scoprirò subito e ti scrivo. - Scott annuì e lo salutò dicendogli di stare attento.
Stiles, ormai pronto,
sorrise e salutò controllando che la pistola fosse carica, poi se la
mise nella fondina insieme al caricatore di riserva. Infine prese le
chiavi della macchina ed uscì.
Il posto era già delimitato
da nastri delle scene del crimine, macchine della polizia illuminavano
il luogo che altrimenti sarebbe stato buio.
All’interno c’erano già membri della scientifica attivi a fotografare e fare rilevamenti.
Stiles aggrottò la fronte
scendendo dall’auto e si guardò intorno per vedere se c’era qualcuno o
qualcosa di sospetto, ma essendo tutto buio non poté notare molto.
Poi passò il nastro giallo e guardò dentro, nel luogo del campeggio. Poco dopo si fermò gelido.
Le tende erano 3 da 5, erano tutte stracciate e saltate per aria e sporche di sangue.
- Nessun corpo? - Chiese per prima cosa. Il suo vice si riscosse e notandolo lo raggiunse.
Il vicesceriffo era un giovane di qualche anno meno di lui, sembrava sveglio e promettente.
- Sto facendo iniziare le
ricerche, ma qua nei paraggi non sembrano essercene. Come nota ci sono
segni di colluttazione, ma le analisi della scientifica confermano che
qua c’è sangue ovunque. Anche nel terreno. - Stiles sospirò e scosse il
capo, si mise i guanti blu in nitrile ed andò verso le tende squarciate
analizzando, sotto la luce artificiale, i segni che si presentavano e
assottigliando lo sguardo attento scosse ancora il capo.
“Lupi!” Fu la prima cosa che pensò. “Nuovo branco in città? Andiamo, tutti sanno che c’è quello di Scott su Beacon Hills!”
Stiles era scettico sulla teoria del branco di licantropi, ma era la cosa più plausibile.
Lasciò la tenda e si tolse i guanti prendendo di nuovo il telefono.
“Ma se ci sono dei morti da qualche parte, c’è solo una persona che mi può facilitare le ricerche…”
E borbottando un: ‘continuate’ generico, si allontanò dalla scena per chiamare Lydia.
- La tua capacità di
chiamarmi quando trovo dei corpi è raccapricciante quanto i corpi che
trovo. - La sua voce stridula ed isterica rispose e Stiles sorrise.
Certe cose non cambiavano mai!
- Dove sei? Ho una scena del crimine con un sacco di sangue senza nessun corpo. -
- Ed io ho un sacco di corpi senza sangue! - Rispose lei ironica, isterica e seccata.
- Perché ho la sensazione
che stia per cominciare uno di quei periodi? - Chiese lui prima di
riattaccare dopo aver sentito il luogo in cui Lydia si era svegliata
nel pieno della notte.
- Perché è quella che ho anche io! -
E con questo, ricominciò tutto.
I corpi erano 10, non era sopravvissuto nessuno. Tutti ragazzi del liceo.
La giornata iniziava con
una delle peggiori tragedie della storia di Beacon Hills. Specie perché
non c’era traccia di alcun indiziato ed in quei casi si cominciava con
la vittimologia.
La vittimologia consisteva
nella ricerca sulle vittime ed essendo tutti studenti, non c’era luogo
migliore della scuola per sapere tutto quello che si poteva su di loro.
I genitori sapevano sempre
una minima parte di quello che erano davvero i loro figli e Stiles
aveva questa teoria secondo cui, per sapere qualcosa, bisognava andare
a scuola e non fra gli amici ma fra i nemici, i rivali, i pettegoli.
Per quanto triste fosse, la verità la potevi sapere solo da chi non era
davvero legato a qualcuno.
- Voglio sbrigarci con
questo passaggio, ma non dobbiamo nemmeno stravolgere tutti gli
studenti che sono già abbastanza colpiti così! Cerchiamo di essere
discreti, sistematici e veloci. Sapete tutti come fare! -
Stiles aveva istituito un
sistema di interrogatori fra gli studenti, siccome si era rivelato
efficace l’aveva insegnato anche agli altri collaboratori.
Mentre questi si occupavano
di loro, gruppi come le cheerleader, le squadre sportive, il
giornalino, lui si occupava degli insegnanti.
Stiles guardò la lista
degli studenti e controllò i corsi in comune. Ce n’erano molti, ma non
tutti frequentavano le stesse classi.
Mentre saltò subito all’occhio un dato sconvolgente.
“Sono tutti giocatori!”
Non avendo fatto lui la raccolta dei dati, non aveva potuto notarlo prima, solo ora che cominciava con le ricerche li vedeva.
“E non di squadre diverse. Tutte la stessa!”
Poi guardò meglio il nume dello sport.
- Un momento! - Esclamò
incredulo come se quello fosse più shoccante del fatto che stava
indagando su 10 studenti uccisi in modo feroce. - Squadra di basket?! E
com’è che non è più coinvolto il lacrosse? Da quando ce ne siamo andati
io e Scott quella squadra è diventata così normale! - Lamentandosi di
questo andò in segreteria a chiedere dove potesse trovare il coach
della squadra di basket. Quando gli comunicarono che era in palestra,
ma che l’attività sportiva era ovviamente sospesa, andò continuando a
lamentarsi.
- Come si fa a preferire il basket al lacrosse? E’ più divertente, dai! Il basket è superato! -
Così dicendo, entrò in palestra. Attirato dal rumore della palla, si zittì e guardò.
Una figura maschile stava tirando canestri, i quali entravano tutti.
Stiles rimase fermo ad
osservare aggrottandosi, qualcosa di familiare nella persona che, di
spalle, prendeva la palla e schiacciava.
“Che poi c’è da vedere se
gli sono rimasti giocatori… “ Stava pensando a questo quando il coach,
dal fisico prestante ed in tuta, schiacciò facendo un gran botto col
canestro che si incrinò. Stiles fermò le proprie elucubrazioni ed
inarcò le sopracciglia.
“Quella forza non è normale…”
Non finì di dirlo che l’uomo tornato a terra prese la palla e si girò mostrandogli finalmente la faccia.
Solo allora lo riconobbe.
- Per quanto pensi di stare lì a fissarmi il culo? - Disse il coach ironico, rabbioso.
A Stiles venne un colpo e per poco non cadde per terra gambe all’aria.
- Cosa?! DEREK! - Poi
registrò quel che aveva detto e sbattendo la porta dietro di sé entrò a
passo di carica verso di lui, tutto arrabbiato. - E tu da quanto mi
avevi sentito e riconosciuto? Potevi calcolarmi prima! E comunque
dannazione, Hale! Possibile che quando ci sono morti ci sei sempre tu
in città? -
- I morti c’erano anche senza di me! - Rispose seccato Derek faticando a non ficcare gli artigli nella palla che aveva in mano.
- Però quando ci sei tu, ti
circondano letteralmente! Ogni volta! Non è normale che tu torni e
succedono catastrofi, dannazione! E poi da quanto sei tornato? Perché
non ci hai detto nulla? Allenatore della squadra di basket? Seriamente?
Tu che alleni esseri umani, che insegni qualcosa? Mi vien da ridere,
verrò ad assistere alle lezioni! - Stiles era sempre Stiles, con o
senza distintivo. Derek alzò gli occhi al cielo esasperato come le
altre volte e buttando la palla dietro alle spalle, allargò le braccia
con gli occhi che brillavano di un blu acceso tipico di quelli del lupo.
- Si può sapere cosa vuoi?
- Ringhiò faticando a controllarsi. Com’era possibile che dopo tanti
anni l’effetto che gli faceva Stiles fosse sempre lo stesso? Questi
finalmente si zittì e si ricompose ricordandosi della propria posizione
e del motivo per cui era lì.
- Se fossi stato un altro
ti avrei subito messo in manette e portato in centrale per torchiarti!
Se non sei il colpevole, sai qualcosa e se non sai niente, sei il
centro dell’indagine comunque. - Disse a viso aperto come aveva sempre
fatto con lui. Derek lo fissò anche peggio. - Ma visto che sei tu è
tutto chiaro. Siamo davanti ad un fenomeno sovrannaturale e ti hanno di
nuovo preso di mira! In altre parole, qualcuno vuole qualcosa da te.
Non credo ucciderti, non sarebbero passati per 10 ragazzi innocenti! -
Stiles era partito per le sue deduzioni logiche che Derek ascoltava
mentre lo guardava sorpreso delle sue nuove vesti.
Non si vedevano davvero da moltissimi anni, ora lo trovava come sceriffo, addirittura.
- Che c’è? - Chiese Stiles poi vedendo che non ascoltava una parola di quel che diceva.
- Sei sceriffo, eh? Eri segnato! - Disse con il famoso sorrisino strafottente.
Derek era ovviamente
cresciuto quanto Stiles, entrambi erano uomini ed entrambi con un loro
fascino, una loro bellezza. - Ti sei sviluppato come si deve! -
Commentò compiaciuto. Stiles arrossì smarrito e poi avvampò
accendendosi come un fiammifero!
- Ti sembra il posto!? Non
ci vediamo da secoli, te ne sei andato in quel modo piantandoci tutti e
non ti sei più fatto vivo e rispunti ora, senza dire niente a nessuno,
fai il coach… che poi da quando ti serve lavorare per vivere? Pensavo
che l’eredità ti mantenesse in eterno! - Stiles era di nuovo partito e
Derek si stava di nuovo divertendo come una volta.
- Ho esaurito i fondi ed il
cacciatore di taglie non paga molto se non hai la pellaccia intera!
Volevo fermarmi un po’ e provare qualcosa di alternativo, di nuovo. -
Stiles rise amaro, pieno di un evidente risentimento per essere stato
lasciato proprio in quelle circostanze. Circostanze difficili da
digerire.
- E quale posto migliore di
Beacon Hills? Proprio lì dove hai lasciato un povero idiota che si era
dichiarato dopo tanta fatica! Senza uno straccio di risposta! Ma va al
diavolo! Comunque sicuramente è tuo zio! 10 studenti della tua squadra
di basket? Vogliono incastrarti. L’ultima volta che ti è successa una
cosa simile c’entrava quello psicopatico di tuo zio Peter! Dov’è? -
Derek rimase spiazzato dalla sua capacità immutata di passare da una
cosa all’altra con una facilità e velocità sconcertanti, e battendo le
palpebre per capire bene tutto, rispose ovvio.
- L’hanno preso in custodia
i Calvera, non penso che ci sia un modo per scappare da loro! - Stiles
sospirò seccato tirando fuori un blocchetto ed una penna su cui si
scrisse l’appunto di far verificare a Scott la locuzione di Peter.
- Stiles, avevo bisogno di
riflettere e se rimanevo qua non ci riuscivo. - Tentò Derek con un tono
meno strafottente del solito, quasi mite e delicato in effetti.
- 13 anni, Derek! 13 anni!
Questo non è un po’ di tempo per pensare! Questo è scappare e basta! Ma
meritavo una risposta, sai la fatica che ho fatto ad accettare quello
che provavo e poi a venire allo scoperto? Dopo quello che mi era
successo con la nogitsune, per di più! Dopo tutto quello che avevo
sulla coscienza, che dovevo digerire, ti ci sei messo tu a latitare,
evitarmi fino a che… - La voce di Stiles si ruppe e sentendo che stava
per piangere dal nervoso si zittì, scosse il capo e con le mani ai
fianchi, col blocchetto e la penna in mano, guardò altrove cercando di
calmarsi.
Quel subbuglio lo stava
facendo diventare matto, troppo da gestire tutto in una volta. Non si
sentiva in quello stato allucinato e furioso da secoli. Ed ora eccoli
lì.
- Pensavo che avessi cambiato idea, ricominciato con Malia. - Stiles scosse ancora il capo guardando altrove, senza muoversi.
- Ho solo cercato di
mettere un tappo nel buco! - Disse secco. - Ed ora dopo 13 anni tu
torni e non me lo dici ed io… cosa dovrei fare? - Derek sospirò. - Cosa
vuoi davvero, perché sei tornato? - Derek abbassò il capo guardando la
propria risposta fra le mani vuote.
Ci aveva pensato molto,
prima di tornare. Proprio per il modo in cui se ne era andato, per i
rimpianti, per quel che aveva lasciato.
Ma alla fine non c’erano
state alternative. Quello era l’unico posto suo per quello che aveva
abbandonato e che non aveva mai dimenticato, che non aveva mai messo
via. Forse perché, dopotutto, quella scelta era stata la peggiore della
sua vita.
- Cercavo me stesso in giro
per il mondo. Il mio posto. Ma alla fine mi sono solo perso di più. - A
quel punto rialzò lo sguardo e Stiles fece altrettanto, tornando a
guardarlo smarrito, sofferente, di nuovo fragile come un tempo, quando
cercava di essere forte ma in realtà non lo era per nulla. - Il mio
posto è qua, casa è qua. Io sono qua. Sono sempre stato qua. Posso
andare ovunque, sempre e per sempre. Ma io sarò sempre qua. -
Non si sentì di dire altro, troppo presto, troppo difficile.
Stiles non l’avrebbe ancora
accettato, ma quello sì ed infatti sospirando ancora lo guardò meno
appesantito e meno cupo, più rassegnato.
- Collabora, non fare il
lupo solitario come sempre! Va da Scott, parla con lui! Comunica!
Questa cosa grida Derek Hale da tutte le parti, se sta per succedere un
casino con te protagonista… per favore, fatti proteggere questa volta!
- Perché in passato non l’aveva mai fatto, li aveva sempre allontanati
tutti, sempre.
Derek, vedendo uno sguardo
implorante dietro quello falso da duro e freddo, annuì più morbido di
un tempo. Entrambi cresciuti, maturi, simili eppure diversi.
Differenze sostanziali.
- Lo farò. Grazie. - Disse
piano, quasi un sussurro intimo. Stiles rabbrividì odiandosi nel
provare ancora le stesse cose di una volta, nonostante i 13 anni in
più.
Derek percepì tutto come
aveva sempre percepito ogni cosa, sorrise dolcemente come faceva con
pochi eletti e Stiles si sentì smontato e fatto a pezzi, spazzato via.
- Cosa sai di questi ragazzi? - Chiese dovendo riportare qualcosa. Derek si strinse nelle spalle dispiaciuto.
- Sono qua da poco, ho
ottenuto il posto recentemente, si parla di darmi la cattedra di
educazione fisica, non li conoscevo bene, non c’è nulla di rilevante… -
Stiles annuì come se già lo sapesse.
- E di te invece? Hai
lasciato conti gravi in sospeso che giustifichino una tale folle
violenza? - chiese con un tono più basso e normale, senza nessuna
accusa.
Derek si strinse ancora nelle spalle pensandoci un po’ smarrito.
- Qualcuno, qualcosa, ma
nulla di rilevante. Fammici riflettere, farò dei sopralluoghi e vedo se
sento qualcosa. - Stiles annuì. Anche Derek parlava intimo, in
tutt’altro modo.
Come se stessero riprendendo un discorso interrotto e stessero passando alla fase successiva.
Stiles chiuse il blocchetto dove non aveva scritto molto.
- L’istinto mi dice che il
tuo nome salterà fuori in questa indagine, per cui stai molto attento
ed evita di comportarti da colpevole. E per inciso se sparisci quella è
la prima prova di colpevolezza. - Derek fece un breve risolino. - E
credimi. Sai che se lo sento… -
- Il tuo istinto non
sbaglia mai. - La lezione, dopo anni di collaborazione, l’avevano
imparata tutti. Scott ad un certo punto l’aveva dimenticato portando al
disastro cosmico tutti quanti, ma poi era tornato in carreggiata.
Dopo uno scambio di sguardi
su cui entrambi indugiarono per un istante, fecero un cenno e Stiles,
con un sorriso quasi triste, se ne andò.
Era difficile, era molto difficile, si disse varcando la soglia della palestra per uscire.
“Come si fa a provare ancora le stesse identiche cose?” Si chiese sconvolto, scuotendo seccato la testa.