2. UNA NOTTE NEL BOSCO
L’autopsia aveva rilevato la mancanza di tutti molti degli organi interni da tutti i cadaveri.
Fatto raccapricciante.
Stiles aveva iniziato a
spulciare tutte le creature che si nutrivano di organi ed erano emerse
alcune, solo che aveva ancora troppo poche informazioni a disposizione,
così decise di usare uno dei suoi riti che negli anni aveva imparato.
Diventare il nuovo
emissario del branco di Scott era stato quasi naturale quando Deaton se
ne era andato, dicendo che non serviva più lì. Non avrebbe mai
dimenticato il suo sguardo, in quel momento. Il modo in cui l’aveva
guardato. Convinto, consapevole, orgoglioso.
Naturale era stato anche apprendere tutto quello che ancora non aveva nemmeno immaginato di poter sapere.
Cose che l’avevano aiutato moltissimo a capire il mondo sovrannaturale e, alcune di esse, a percepirlo molto più di prima.
In particolare aveva imparato un rito che doveva fare da solo.
Il rito consisteva
nell’andare nel luogo in cui si era verificato un certo fenomeno,
concentrarsi dopo aver bevuto una sostanza che stimolava i ricettori
neuronali, una specie di droga, e poi meditare. In quel caso assorbiva
tutto il sovrannaturale del luogo o della persona, nel caso in cui ci
fosse stato.
La droga non lasciava tracce, né conseguenze, poiché era qualcosa creata apposta per il sovrannaturale.
Le visioni che vedeva
c’entravano con la causa di quanto si era verificato. Non dava
soluzioni specifiche, ma indirizzava verso delle risposte, dava una
specie di punto di partenza.
Stiels aveva ideato da solo
quel sistema, dopo aver studiato tutti i manuali di Deaton aveva fatto
collegamenti tali da poter creare metodi nuovi a lui congeniali.
Era diventato un emissario a modo suo, diverso da Deaton o da chiunque altro.
Del resto con le sue capacità deduttive e logiche, la sua strada era stata segnata in molti sensi.
Stiles, con la pila in
mano, lasciò la macchina al bordo del bosco nel quale si inoltrò a
piedi vestito in borghese per, eventualmente, non essere riconosciuto.
Tornò nel luogo del ritrovamento dei corpi, non troppo distante dal campeggio.
Il luogo era uno stagno.
Stiles si accucciò per terra e bevve la boccetta della sostanza
stimolante, poi fece un paio di respiri profondi e iniziò a svuotare la
mente, a rilassarsi e ad abbandonare il corpo.
Una volta che iniziò a
sentirsi leggero, si focalizzò sui dieci ragazzi e appena li ebbe
agganciati, dal fumo nella propria mente iniziò ad intravedere
qualcosa, mentre la sensazione inquietante si faceva strada in lui.
Un’odore, un’odore acre, di morte.
E poi dal fumo cominciarono
a farsi largo due corna curve piuttosto massucce. Seguite poi da due
occhi, nell’oscurità. Occhi sottili e verdi, un verde chiaro,
sfavillante, simile a quello che si poteva accostare all’inferno. Nel
buio brillavano del medesimo colore anche dei simboli particolari, che
gli ricordavano una cultura sudamericana, i tatuaggi brillavano come
gli occhi.
Stiles non riuscì a vedere
altro, se non un paesaggio peruviano, una caverna oscura e qualcosa di
familiare, qualcosa che sul momento gli sfuggì, ma decisamente
familiare.
Come se l’avesse visto da qualche parte.
Stiles aprì gli occhi
sentendosi mancare, gli parve di cadere da un precipizio quando si
svegliò, era steso sull’erba, la pila spenta, sopra di sé il cielo
stellato coperto solo dalle fronde nere degli alberi.
Il fiato si condensava rapido, il respiro irregolare come i battiti, quel consueto senso d’agitazione, smarrimento e stanchezza.
Non si mosse, rimase steso a cercare di riprendersi da quella sensazione di stanchezza e prosciugamento.
Non era facile fare quel rito, ma era sempre utile alla lunga.
Fra lui e Lydia ne capivano sempre qualcosa.
- Perù, eh? - Si disse cercando di imprimersi bene tutto quello che aveva visto.
Quei tratti, quei dettagli gli ricordavano qualcosa. L’insieme delle corna, degli occhi di quel colore particolare e i simboli
Cominciando a sentirsi meglio, girò il capo.
“E quella puzza di morte… “
Pensò anche rimanendo concentrato su tutte le sensazioni.
“Comunque è
sovrannaturale!” Confermò cercando di tirarsi su sui gomiti. Appena
voltò il capo, notò subito un movimento fugace nel buio, qualche albero
più in là. Stiles si mise a sedere e prese la torcia elettrica cercando
di accenderla, cosa che non successe subito. Iniziò a sbatterla, mentre
con l’altra mano andava alla caviglia a cercare la pistola di riserva
che si portava dietro quando non era in servizio.
Quando la prese in mano, la
torcia si accese e la puntò dove aveva visto muoversi qualcosa, ma non
servì perché quello che aveva intravisto era uscito tranquillamente
allo scoperto.
Stiles automaticamente puntò la pistola, ma quando vide imprecò e l’abbassò riconoscendolo.
L’aveva visto una volta sola in quelle vesti, però non poteva dimenticarselo.
- Dannazione. Derek! Perché
non ti metti un campanello al collo? Te lo regalo io per il compleanno,
quando fai gli anni, il 2 novembre? - Il 2 novembre era il giorno dei
morti, Stiles lo disse senza rifletterci sul momento, ma sapeva bene
quando era il compleanno di Derek e non era il 2 novembre.
Il lupo stava seduto ad un paio di metro da lui, tranquillo e placido, come se non si sentisse per nulla minacciato.
Era un lupo dalle
dimensioni notevoli, il manto nero si confondeva con la notte ed il
bosco, spiccavano solo gli occhi. Azzurri e penetranti.
Il lupo rimase fermo a
guardarlo senza muoversi e Stiles, vedendo che non si trasformava,
chiuse la torcia e mise via la pistola.
- Avanti, pensi che potrei
spararti anche se nutro un certo risentimento per il modo in cui sei
sparito e poi riapparso? Vedi di tornare umano che mi devi aggiornare!
-
Stiles tornò a stendersi, ancora un po’ stanco per il ‘viaggio’ appena fatto e poco dopo sentì il lupo muoversi.
Un paio di istanti
successivi, Derek, nudo, si stava sedendo vicino a lui, con la schiena
dritta e le gambe piegate contro di sé.
- Sai bene che sono nato il 25 Dicembre, perché il 2 Novembre? - Gli fece notare Derek, trovando strana quella sua sparata.
Stiles girò il capo,
sentire la sua voce seccata era tanto naturale quanto strano. Gli era
mancata, anche se si erano parlati quella mattina. Vedendolo nudo
tossicchiò e tornò a fissare il cielo, cercando tutte le stelle
possibili. Derek, sentendo la sua agitazione sbuffò.
- E poi era per questo che
non volevo tornare umano! - Stiles sapeva a cosa si riferiva e per un
momento tornò a sentirsi un adolescente alle prese con gli ormoni e la
scoperta della propria bisessualità.
- Va al diavolo, so gestirmi bene! Chi ti credi di essere, mister universo? - Rispose acido. Derek alzò le spalle.
- Non saprei, a sentire
quello che provi direi di sì! - Derek non aveva peli sulla lingua ed
era diretto esattamente come il primo giorno che aveva messo piede
nella sua vita.
Tanto diretto quanto riservato. Combinazione deleteria. Per sapere qualcosa su di lui aveva penato molto.
- Cos’era quella cosa che
hai fatto? - Chiese poi Derek cambiando discorso, sentendolo in
difficoltà e con l’intenzione di tirare di nuovo fuori la pistola.
- Sono diventato l’emissario del branco di Scott. - Spiegò tornando calmo. Derek non se ne stupì.
- Era ovvio che lo diventassi. -
- E mi dirai che era ovvio
che diventassi anche sceriffo! - Commentò di nuovo sarcastico. Stiles
non vide il sorrisino di Derek, ma lo percepì dal suo tono.
- Ma no, che dici! -
Stiles ridacchiò per poi tornare al discorso.
- Quando Deaton mi ha
passato i suoi manuali me li sono studiato, c’era un sacco di roba che
non ci ha mai detto. Sapevo di avere ragione a dire che quell’uomo
sapeva molto più di quello che ci diceva! - Per un momento si perse e
gli sembrò di tornare ragazzino. Derek non lo interruppe, seppure lo
trovasse snervante nel suo aprire mille parentesi. - Ed insomma, ho
creato dei sistemi miei per ottenere determinate cose. Come la
percezione del sovrannaturale! -
Derek annuì attento guardando lo stagno davanti ai suoi occhi.
- Il verdetto? - Stiles
fece un sorriso consapevole e si tirò su sui gomiti girando finalmente
lo sguardo su di lui, sul suo profilo dritto e penetrante.
- Lo sai bene. - Anche i sensi di Derek, già molto sviluppati, si erano acuiti molto di più, così come la sua forza.
- E’ sovrannaturale. Sento un’odore familiare, ma non c’entra un qualche tipo di bestia. L’ho incontrato. - Concluse Derek.
Stiles annuendo completò il verdetto con quel che aveva percepito lui.
- E’ una creatura che viene
dal Perù, non è animale o bestiale, come dici tu. E odora di… - Poi si
sospese realizzando qualcosa, aggrottando la fronte. - Di morte! -
Esclamò guardando Derek di nuovo, mentre lui faceva altrettanto capendo
perché quella pausa.
- Il 2 novembre! -
- Il giorno dei morti! - Si
completarono a vicenda mentre una strana sensazione mista fra
l’entusiasmante per essersi capiti e l’agitazione per quel che stava
venendo fuori, li pervase eccitandoli.
- E’ una creatura molto potente. -
- Perù hai detto? - Annuì.
- Aveva due corna come
quelle di un toro, due occhi sottili verde chiaro senza pupilla. Dello
stesso strano colore dei simboli, credo fossero inca… forse nei manuali
di Deaton c’è qualcosa. -
- Non serve. So io chi è! -
Esclamò Derek che si era fermato al Perù. Tuttavia rimase impressionato
dalla descrizione. - Preferisce assumere sembianze umane. Non è che
possiede qualcuno, lui prende l’aspetto che gli va. - Stiles lo guardò
mettendosi ora a sedere, attento, interessato e dimentico della sua
nudità che l’aveva turbato tanto un istante prima.
Derek ricambiò il suo sguardo rimanendo concentrato.
- Di chiunque? - Derek capendo a cosa si riferiva, rispose:
- Ha preso l’aspetto di mia
madre. Ha poteri cinetici, ma non legge proprio nel pensiero o nei
ricordi. Lui… percepisce delle immagini mentali. Tuttavia non può
assumere il carattere, non ha i ricordi della persona che copia. Per
questo è riconoscibile. - Stiles si rabbuiò teso.
- Ma chi è? -
- E’ una divinità inca. Il
dio della morte, Supay. E’ anche il re degli Uku Pacha, una razza di
demoni che abita il mondo di sotto. -
- Il mondo di sotto? -
- Il mondo dell’aldilà che, oltre a loro, è abitato anche dai morti. - Stiles lo guardò stupito.
- Immagino si nutrono di
organi… - Poi realizzò cosa significava: - E ti sei andato ad azzuffare
con il dio della morte nonché re dei demoni? - Chiese vagamente
isterico e sarcastico. Derek voleva rispondergli male, ma alla fine dal
suo punto di vista non era criticabile.
- Non l’ho fatto apposta,
non sapevo chi era! Anzi, mi ha fatto imbestialire perché ha assunto la
forma di mia madre, così mi sono messo a combatterlo. - Stiles si coprì
il viso con le mani.
- Hai davvero combattuto col dio dei morti? -
Per Stiles i 13 anni passati separati erano appena svaniti e così anche per Derek che lo guardò col broncio.
- Sì e l’ho battuto!
Pensavo d’aver concluso tutto! Invece, evidentemente, non può morire e
se l’è un po’ presa! - Stiles sgranò gli occhi teatrale.
- Un po’?! Derek, ha ucciso
10 ragazzi innocenti per vendicarsi di te! E poi perché loro? - Derek
si strinse nelle spalle nervoso, odiava essere messo sotto una luce di
idiozia, non l’aveva fatto apposta.
- Non lo so, se mi ha
cercato fino a trovarmi, deve aver dedotto che loro potessero starmi a
cuore! Credo siano gli unici con cui mi ha visto per più di un paio di
volte di seguito! Sono qua da poco, non ho rivisto nessuno! - Spiegò
cercando della logica in quello che sembrava essere successo.
- Dio Cristo Derek! Ti
rendi conto di cosa si tratta? Il dio dei morti vuole vendicarsi di te
perché l’hai battuto e siccome non tieni più a nessuno, uccide chi ti
sta intorno! -
Stiles la riassunse molto bene e Derek voleva dirgli che aveva torto, ma purtroppo aveva ragione.
- Ma che diavolo ne sapevo?
Non si è qualificato! C’era una tempesta e sono entrato in questa
grotta, mi ero separato da Braden ed ero solo! Spunta mia madre, cazzo!
E per di più con un carattere completamente diverso dal suo! L’attacco
immediatamente! E’ stata una lotta molto difficile ma ho vinto! Pensavo
d’averlo ucciso, quando l’ho fatto fuori si è trasformato nel suo
aspetto mostruoso che è come l’hai intravisto tu… - Stiles annuì.
- E che hai fatto? -
Derek si strinse nelle spalle nude, rimanendo ad abbracciarsi le ginocchia contro il petto.
- Me ne sono andato, non
avevo idea di che cosa fosse. Dì.. di persona era… non saprei
descriverlo… credevo fosse morto. - Stiles sospirò.
- Prende le sembianze delle
immagini mentali che percepisce da chi incontra… - Dedusse Stiles dalla
sua spiegazione. - Ma non prende il loro carattere, per cui non legge
dentro. E si spiegherebbe perché ha ucciso 10 ragazzi che alleni, ma
per cui non provavi nulla, pensando invece che fossero importanti per
te. - Derek a quello rispose senza pensarci.
- Se leggesse dentro
avrebbe assunto anche la personalità di mia madre. E poi una volta qua
avrebbe ucciso te, Scott… - Stiles aprì la bocca per rispondere subito,
ma si zittì immediatamente realizzando che l’aveva messo per primo
nella breve lista di quelli che contavano per lui. Ci mise un po’,
spiazzato, a riprendere il filo dei propri pensieri e Derek, sentendo
il suo stato d’animo, fece un sorrisino compiaciuto e divertito,
sentendosi tornato indietro a quegli anni.
- Come sai chi era se sul momento non l’hai riconosciuto? -
- Quando ho visto il suo
aspetto mi è risuonato qualcosa nella mente. Mi sono ricongiunto con
Braden e abbiamo fatto qualche ricerca. Il collegamento col suo mondo
sono le caverne, le sorgenti e i laghi… - Stiles allora guardò subito
il lago realizzando come mai aveva lasciato i corpi proprio lì e
inghiottì a vuoto, inquieto e di nuovo spaventato, stringendosi la
gambe contro il petto. Derek fece un altro sorrisino, tornando a
sentirsi sempre meglio.
- Farò qualche ricerca
anche io fra i manuali di Deaton. Troveremo un modo per affrontarlo. Ma
se l’hai battuto una volta penso che non ci dovrebbero essere problemi…
-
Derek piegò la testa di lato dubbioso.
- Il problema sorge perché
è vendicativo e se la prende con gli altri prima che con me. Ed è
immortale. Non lo posso uccidere! - Stiles se ne rese conto e sospirò
insofferente piegando la testa sulle ginocchia.
- Mi ricorda qualcosa… - Derek lo guardò capendo a cosa si riferiva.
- La nigitsune l’abbiamo
imprigionata… - Stiles soffriva tutte le volte che si tornava a parlare
del demone volpe e Derek percepì di nuovo il suo stato d’animo,
odiandosi per averglielo in qualche modo ricordato.
- Adesso che sappiamo chi è
possiamo concentrarci sulle contromisure. Per prima cosa serve una
ricerca approfondita, metterò sotto anche Chris e Duke. Poi quando
avremo trovato tutto quello che si può sapere, scopriremo come
liberarci di lui! - Stiles a quel punto si alzò a disagio. - Intanto
andiamocene, ora che so che laghi e caverne sono le porte del suo mondo
non mi piace stare qua! - Derek a quel punto si alzò rimanendo in
silenzio. Stiles lo guardò di nuovo a disagio, ricordandosi del motivo
per cui non l’aveva voluto guardare.
Il cuore cominciò ad andare
veloce, così come l’ondata che lo invase fu potente come poche volte.
Derek sentì anche quella e non sapendo come gestire la situazione si
girò accucciandosi per tornare lupo. Stiles, notandolo, lo fermò.
- Un momento, che fine ha
fatto Braden? - Stiles stava pensando di chiedere una mano anche a lei,
solitamente li aiutava ma tutte le volte era sempre sola, come se Derek
non volesse proprio più avere nulla a che fare con loro.
Derek girò il capo a metà rimanendo accucciato.
- No, ci siamo lasciati.
Per questo sentivo la necessità di tornare. Non so dove sia… - Stiles
ci rimase di sasso. Una svecchiata d’acqua gelida inaspettata. Derek
sentì tutto e con mezzo sorriso fece brillare i suoi occhi azzurri
lasciando che i peli neri e lunghi, repentini comparissero sulla sua
pelle chiara e liscia a ricoprirlo tutto. Poco dopo la metamorfosi fu
completa e lì davanti a lui rimase il lupo di prima, grande, maestoso,
elegante.
Stiles pensò di vederlo correre via subito, ma si sorprese di vedere che l’aspettava per accompagnarlo.
- Posso… posso andare da
solo alla macchina… conosco questi posti come le mie tasche… - Derek,
da lupo, lo guardò e non si mosse fino a che lui, sospirando, non
accettò la sua scorta.
Così insieme si avviarono
silenziosi nel bosco, mentre per entrambi le sensazioni ed il tuffo nei
ricordi erano difficili da gestire.
Camminare insieme, seppure uno dei due fosse un lupo, era bellissimo. Strano.
Forse proprio perché Derek
non era proprio Derek, Stiles trovò il coraggio e la forza di dire
quello che aveva macinato da quando aveva scoperto la sua presenza lì.
- Non ho mai avuto il
coraggio di chiamarti dopo che ho saputo che te ne eri andato. Sapere
che stavi con lei mi aveva dato la risposta che non mi avevi mai dato a
voce. So che stavo con Malia e sicuramente con i miei atteggiamenti
astiosi non ti ho mai dato modo di capire cosa provavo davvero, ma tu…
tu sei sempre stato così bravo a leggere negli altri. Sapevi, vero? Da
quanto lo sapevi? Io non penso che tu sia davvero caduto dalle nuvole.
Forse eri arrabbiato perché pur di non venire allo scoperto ed
accettare quel che provavo, mi ero messo con Malia ed avevo perso tempo
a corteggiare Lydia pur conscio che non era più che un’amicizia per
lei… mi dispiace. Mi dispiace se eri arrabbiato per questo e quando te
l’ho finalmente detto hai reagito andandotene con Braden per non
dovermi rifiutare. Io… non era facile ammettere quel che provavo per
te, ero un ragazzo, Derek. So che tu lo sentivi e ti chiedevi perché
facessi così. Ma penso che mi meritassi qualche parola, invece che una
tua silenziosa sparizione. Sì, credo proprio che, dopotutto, mi
meritassi qualche parola. 13 anni sono tanti, no? - Stiles concluse il
discorso che aveva pensato di fargli appena l’aveva rivisto, dopo la
voglia di insultarlo come poi aveva fatto istintivamente a scuola.
Era cresciuto, ormai sapeva capire e gestire quel che provava senza perdere tempo a negare l’evidenza.
Era vero quel che aveva detto.
I due arrivano all’auto di
Stiles, sul ciglio della strada, all’imbocco del bosco. Si fermarono a
guardarsi e l’umano stava per dirgli che si sarebbero sentiti in quei
giorni, quando in quel momento una macchina passò guardandoli,
rallentando e sbandando.
Per poco non si schiantò contro un albero e Stiles si coprì il viso con la mano facendo cenno a Derek di andare.
Un soffio di vento e lui era andato via.
“Del resto vedere un uomo che parla con un lupo non è certo da tutti i giorni!”
Così pensando, Stiles
raggiunse la persona nella macchina per assicurarsi che stesse bene,
pregando di trovarlo un po’ ubriaco perché altrimenti era difficile
spiegare la scena appena vista.