3. QUELLO CHE HO SEMPRE FATTO
Stiles sbuffò per
l’ennesima volta sbattendo uno dei fascicoli appena controllati sulla
pila nell’angolo della scrivania, quando un bussare alla porta lo fece
trasalire.
Guardò stralunato l’agente in piedi davanti alla porta con aria perplessa.
- Sceriffo, c’è un civile
che insiste per vederla personalmente, dice che ha delle informazioni
importanti da condividere sul caso dei 10 ragazzi uccisi nel bosco. -
Stiles si raddrizzò speranzoso di poter dare una svolta al caso.
A parte il fatto che lui
sapeva chi era il colpevole e le ricerche che stava facendo al di fuori
del lavoro, doveva anche portare formalmente avanti un’indagine e solo
in quei casi capiva profondamente suo padre che per tanti anni l’aveva
fatto.
- Di chi si tratta? -
- E’ il loro coach! - Dal
momento che si era qualificato così, l’avevano fatto passare pensando
che non fosse la solita perdita di tempo.
Stiles impallidì, tossì e per poco non si soffocò, poi però si riprese e annuendo fece un gesto formale della mano.
- Fallo venire e chiudi la porta. -
Poco dopo fece il suo
ingresso Derek, vestito con abiti più che normali, il vecchio Derek in
jeans e pelle era rimasto probabilmente nei viaggi che aveva fatto per
tanti anni.
Adesso aveva una giacca normale sopra ai jeans meno aderenti.
I due si guardarono seri, Stiles che nascondeva male l’ansia e lo stupore e Derek indecifrabile com’era sempre stato.
- Siediti. - Disse sapendo
di non essere sentiti. Derek lo fece in silenzio. - Si può sapere cosa
ti salta in mente? Sto cercando di evitare ogni prova che porta a te e
tu ti presenti qua come niente? -
- Allora smettila di farlo,
voglio costituirmi! - Stiles si mise a ridere di schianto gettando la
testa all’indietro, batté le mani sulla scrivania e poi tornò dritto.
- Sei impazzito? - Derek sospirò seccato, poi disse:
- No, so cosa faccio. Fai
in modo di incriminarmi, poi ti inventerai qualcosa quando sarà tutto
finito. - Per lui sembrava facile, Stiles sorvolò sull’eticità della
sua richiesta per concentrarsi sulla parte più urgente e sporgendosi
verso di lui, sussurrò stringendo le mani sui bordi della scrivania che
aveva davanti.
- Sto facendo fatica a non
tirare fuori la pistola e scaricartela in corpo! Si può sapere perché
spari cazzate? - Stiles di solito era veloce a trovare le risposte da
solo, ma davanti a Derek era difficile usare la sua capacità deduttiva.
L’altro alzò gli occhi al cielo sospirando con un controllo che stentava molto.
- Non posso unirmi al
branco di Scott o Supay vi prenderebbe di mira. - Esordì. - E dubito
che quello si muova solo. Quella volta l’ho battuto perché mi aveva
sottovalutato, ma è il re dei demoni e il dio dei morti, tu cosa credi
che venga da solo questa volta? - Stiles aprì e richiuse subito la
bocca. Questa volta la sua logica l’aveva battuto.
- Non posso farmi trovare
con nessuno, capisci? Lui non mi legge dentro, perciò si limita a
vedere con chi passo il tempo! E’ a rischio chiunque mi stia intorno,
anche per sbaglio. Se torno a scuola ucciderà altri studenti. Se mi
unisco al vostro branco ucciderà voi. Ma se mi arresti mi isoli da
tutti e non se la prenderà con nessuno, questo ci darà il tempo di
capire come batterlo e annientarlo! - Derek aveva davvero giocato molto
d’anticipo.
Probabilmente Stiles sarebbe arrivato presto alla medesima soluzione, ma non gliene aveva dato tempo.
Tornato a casa, quella notte, aveva provato a cercare qualcosa nei manuali di Deaton crollando dopo il primo.
La sveglia l’aveva buttato
giù senza pietà ed aveva chiamato per strada Scott aggiornandolo su
quello che aveva scoperto e di mettere sotto tutti per le ricerche,
stando chiaramente attenti alla creatura.
Una volta in ufficio erano arrivate le prime rilevazioni che portavano a Derek Hale.
Stiles lo guardò pensandoci
velocemente, poi sospirò scuotendo la testa. Gli bruciava ammetterlo,
ma era l’unica cosa sensata da fare ed era brutto che fosse venuto in
mente a Derek per primo.
- Non ci sono prove
schiaccianti contro di te ma solo indiziarie… posso… posso convocarti
per un’interrogatorio formale, farti una serie di domande a cui tu
magari rispondi vago, in questo modo ti metti in una brutta luce e ti
posso mettere dentro. Posso… posso rigirare un po’ la situazione contro
di te… - Stiles poteva davvero farlo, bastava tirare fuori un passato
complicato, e l’aveva vista l’accusa poi caduta dell’uccisione di sua
sorella Laura. E poi poteva fare in modo che non avesse un alibi. Cosa
che effettivamente era.
- Fallo. Poi mi tirerai
fuori quando sarà tutto finito. - Stiles a questo punto si rilassò
sulla sedia e sorpreso scosse il capo guardandolo con un sorrisino
stupito.
- Tu… tu ti fidi davvero
così tanto di me? E se io non riesco a scagionarti e devi rimanere
dentro a vita? Sai, l’autopsia rivela che ad ucciderlo sono state
persone, non animali. Sebbene gli smembramenti siano raccapriccianti.
Non artigli, ma lame. - Silenzio.
Derek si fece più serio che
mai, lo guardò intensamente, poi senza mutare espressione e nemmeno
accelerare il respiro di un soffio, rispose:
- So che troverai il modo.
Se c’è una cosa che ho imparato in quegli anni, è che un modo lo trovi
sempre. - Stiles si morse il labbro sentendo un’ondata di calore che
sapeva Derek stava percependo.
- Mi metti sempre a
disagio. - Disse senza nasconderlo. Derek fece un sorrisino e chiudendo
gli occhi si alzò in piedi porgendogli i polsi.
- Sono in arresto? - Stiles si coprì il viso teatrale.
- Cosa del ‘devo
interrogarti formalmente’ non ti è chiaro? - Derek sbuffò grugnendo
qualcosa, poi scrollò le spalle e con un pugno lo fece ribaltare dalla
sedia.
- Ora puoi incriminarmi
senza un interrogatorio formale! - Stiles, a terra e con lo zigomo
bruciante, lo guardò shoccato, ma non ebbe il tempo di imbambolarsi
troppo perché da fuori degli agenti stavano già entrando, così si alzò
in piedi, prese le manette e lo spinse contro il muro facendo il gesto
agli altri che era tutto sotto controllo.
- Tu sei fuori! - Sussurrò girandolo di schiena, continuando a spingerlo, mentre gli metteva le manette intorno ai polsi.
- E a te sta piacendo! -
Disse Derek a denti stretti, girando la testa verso di lui. Stiles
ghignò spingendo il bacino contro il suo fondoschiena sempre
perfettamente sodo, fingendo di usare la forza per bloccare la sua
opposizione.
- Magari anche a te! - Con questo entrambi vennero sufficientemente allo scoperto.
Stiles non era mai stato
sicuro di quel che aveva provato Derek per lui, ma aveva sempre notato
un certo piacere nello stuzzicarlo, spesso si erano trovati in
situazioni davvero equivoche ed al limite della decenza, per questo ad
un certo punto Stiles si era deciso a venire allo scoperto. Salvo poi
non capire più nulla vista la sua lunga sparizione.
Lo prese per il colletto
della giacca e lo trascinò fuori dalla porta, facendo ad alta voce
l’accusa formale, ovvero l’arresto per aggressione a pubblico
ufficiale, pronunciò i suoi diritti e lo consegnò nelle mani di un
altro agente a cui disse di portarlo in cella che poi l’avrebbe
interrogato per gli omicidi.
- Abbiamo ufficialmente un
sospettato? - Chiese un altro dei suoi collaboratori, sorpreso e
speranzoso. Stiles sospirò e serio annuì.
- Direi di sì. E’ venuto
dicendo che non gli piaceva essere guardato da tutti come se fosse il
colpevole, perché in giro tutti pensano che sia colpa sua… ed io gli ho
detto di provare il contrario e a quel punto è esploso. Non ci sono
prove formali, ma quanto meno è uno dei primi sospettati. -
- Beh, capo, è anche
l’unico… - Gli fece notare il giovane. Stiles lo guardò con aria di
sufficienza, poi prendendo le chiavi dell’auto ed infilandosi la
pistola nella cintura, gridò ‘AL LAVORO! VOGLIO PROVE CONCRETE CONTRO
DI LUI’ per poi uscire dalla centrale senza ovviamente dire dove andava.
Scott si subì una bella
sfuriata nella clinica veterinaria ereditata da Deaton, al termine
della quale lui, paziente, fece la fatidica domanda:
- Perché non mi hai mai detto niente di quel che provavi per lui? -
Stiles a quel punto si
zittì di colpo guardandolo senza capire quando gli aveva fatto capire
quei retroscena. Scott sorrise divertito.
- E’ chiaro. Ti conosco
bene, ormai. - Disse carezzando il cane che aveva in cura a cui stava
tirando via il dolore per potergli praticare la terapia per cui l’aveva
lì.
Stiles si sgonfiò immediatamente e scuotendo il capo si sedette su una sedia, nell’angolo.
- Mi piacevi di più quando
eri così tonto che non capivi nulla e ti potevo rigirare facilmente!
Quando sei diventato così sveglio? - Scott non se la prese e ridendo
rispose:
- Prima o poi si cresce,
no? - Stiles si strinse nelle spalle strofinandosi il viso con la mano
a cui appoggiò infine la fronte, la testa reclinata di lato, il gomito
sul mobile accanto.
- Immagino di sì. - Poi,
con un tono più basso, mormorò: - Era difficile parlarne, ammetterlo.
Passavo dal credere che anche lui provasse la stessa cosa e flirtasse
con me, al convincermi che non era assolutamente niente. Esporsi a
quell’età è difficile. E poi cresci e le cose si complicano ancora di
più. Io… io ora non so cosa prova lui, perché sia tornato… ha detto che
si è lasciato con Braden, non ha detto altro. Però prima mi è sembrato
come… ecco, come se di nuovo stesse flirtando con me, a modo suo. Sai,
strafottente, odioso… - Stiles si lasciò finalmente andare su quel che
non aveva mai voluto dirgli chiaramente.
Scott sapeva della
bisessualità di Stiles, quello non era mai riuscito a nasconderglielo,
aveva avuto qualche esperienza dopo il liceo, quando si era lasciato
definitivamente con Malia, rimanendo comunque in buoni rapporti.
Ma di Derek, Stiles non aveva fatto parola con nessuno.
- Perché non approfitti del
fatto che è in prigione per parlarci come si deve? Una volta per tutte,
intendo… ne sono passati, di anni… non hai voglia di chiarire tutto? -
Scott non poteva immaginare come si potesse vivere nell’incertezza per
tanto tempo e ritrovarsi poi di nuovo in quello stato d’animo.
Stiles dovette convenire con lui che aveva ragione.
- Sì, penso che ne approfitterò. Non potrà scappare. - Scott fece un sorrisino per poi tornare al cane sul tavolo metallico.
- Pensi che sia la
soluzione migliore tenerlo dentro e cercare di accusarlo dell’omicidio
di 10 ragazzi? Proprio lui col suo passato? -
Scott alzò lo sguardo dall’animale e, sempre calmo com’era da molto tempo, disse:
- Stiles, gli stai salvando
la vita. A lui e a tutti quelli che lo circondano. Lo tirerai fuori da
lì. - Stiles si rincuorò sentendolo, sorrise leggero e poi battendo le
mani sulle ginocchia, si alzò in piedi.
- Devo andare a lavorare…
cercherò qualcosa nei manuali, sono sicuro che quando me li sono letto,
ho visto qualcosa sui demoni inca! -
Scott lo guardò sorpreso.
- Non hai un’indagine da portare avanti? - Stiles alzò le spalle.
- Mi sembra più importante scoprire come diavolo annientare quell’affare! -
- Chris e Duke mi sapranno
dire qualcosa stasera, appena so qualcosa ti aggiorno. - Stiles annuì.
- Vedrai che ce la faremo anche questa volta. - Scott aveva quella
capacità di convincere chiunque che era come diceva lui, anche se
diceva la banalità del secolo. Per quello era l’alpha.
Stiles sorrise ed uscì.
Negli anni erano maturati e
cresciuti, Stiles si era calmato, ne aveva anche passate molte, non era
stato facile affrontare certe cose. Scott era diventato molto più
attento ed esperto nel gestire le situazioni, ma soprattutto a
percepire ciò che lo circondava.
Stiles a volte era convinto che leggesse anche nel pensiero, ma Scott probabilmente non ne era cosciente.
Le capacità di entrambi si
erano ingigantite, molti di quelli che se ne erano andati erano tornati
per restare, le situazioni si erano complicate, le relazioni erano
strane e negli anni di cose erano successe.
Però erano le loro storie, il loro branco, le loro vite.
Scott l’alpha, Stiles l’emissario e capo in seconda, nonostante l’unico umano.
Aveva appreso capacità da
emissario paragonabili a quelle di un druido, a volte Scott rimaneva
sconvolto di quel che riusciva a fare nonostante non fosse ‘nulla’.
“Ed ora è tornato anche Derek. Forse l’ultimo che mancava all’appello…”
Pensò sentendo il cellulare squillare, quando lo prese vide che era Isaac e sorrise.
L’interrogatorio l’aveva
gestito Stiles dopo aver dato il tempo ai suoi di fare qualche ricerca
su Derek Hale e scoprire qualcosa da usare contro di lui, doveva
lasciare che la giustizia facesse un corso pseudo normale. Non poteva
arrivare lui dal nulla e tirare fuori cose che nessuno poteva sapere.
Derek Hale era membro della
famiglia Hale che era stata per anni a Beacon Hills. Purtroppo vittime
di una tragedia a cui era sopravvissuto solo lui e la sorella Laura,
successivamente morta anche lei in circostanze misteriose dove lui era
risultato fra i sospettati.
La fedina penale non era
stata proprio pulita, era stato accusato anche di aver aggredito un
gruppo di studenti. Stiles fu grato a suo padre che non aveva voluto
mettere i loro nomi nel rapporto. Sarebbe stato difficile spiegare che
non c’era niente di personale.
Derek aveva fatto il fuggitivo per un po’ di tempo e solo quando era saltato fuori il vero colpevole, lui era stato scagionato.
Una storia un po’ confusa
in ogni caso, perché sebbene non avesse poi ucciso lui la sorella,
l’accusa di aggressione era semplicemente stata dirottata.
Insomma, non era chiaro come e se poi fosse davvero colpevole o no.
L’interrogatorio era stato
confuso e nervoso, Derek si era ritrovato torchiato da un irritante
Stiles che sembrava prendere la cosa come un gioco, come se lo trovasse
divertente, come se lo volesse schernire.
Questo atteggiamento strafottente l’aveva innervosito molto e l’aveva messo sotto una luce ulteriormente brutta.
Non doveva dichiararsi colpevole, altrimenti poi Stiles non avrebbe potuto tirarlo fuori da lì.
Però era riuscito a farlo sembrare comunque colpevole di qualcosa.
Tecnicamente non c’erano
prove a carico contro l’assassinio dei 10 ragazzi, però uno con un
passato così losco, con un atteggiamento così losco, senza un alibi e
con la possibilità di farlo poiché li conosceva tutti, non potevano
farlo andare via.
Non potendo accusarlo
dell’omicidio dei ragazzi per mancanza fisica di prove, Stiles lo
accusò di aggressione a pubblico ufficiale e decise di usare la pena
massima consentita tenendolo dentro per 48 ore, sarebbe stata fissata
la cauzione.
“Più di due giorni non
posso trattenerlo se non formulo un’ulteriore accusa, ma intanto il
giudice potrebbe darmi il mandato per perquisire casa sua, questo ci
darà tempo. Mentre gli agenti cercheranno un’ipotetica arma del delitto
che lo incastri, io troverò il modo di rendere innocuo quel demone
bastardo!”
Mandati tutti a casa a fine turno, disse che avrebbero ripreso l’indomani mattina col mandato di perquisizione.
Avevano insistito per continuare le indagini, ma lui era stato irremovibile.
- Non possiamo fare altro più di questo. Dobbiamo aspettare il mandato e quello non l’avremo prima di domani mattina. -
- Ma lei che fa qua? -
Chiese il suo vice guardandolo entrare con un sacchetto di cibo per
asporto ed una specie di diario sotto il braccio.
- Cerco un’altra
prospettiva. Voglio avere un piano B nel caso l’A fallisca. - Era il
suo motto. Non farsi mai trovare impreparati, vagliare tutte le
possibilità.
- Vuole che rimanga e l’aiuti? - Stiles scosse il capo e fece un cenno con la mano, sedendosi alla propria scrivania.
- Va a casa, sai che penso
meglio da solo! - Era vero, spesso si era isolato ad elucubrare per poi
tirare fuori qualche asso nella manica. Avevano capito che bisognava
lasciargli fare le sue magie.
Solo quando la centrale si svuotò, Stiles sospirò e si alzò di nuovo.
Uscì dal proprio ufficio e
diede un’occhiata all’agente di guardia all’accettazione, addetto anche
alla risposta delle chiamate.
Da quella posizione non poteva vederlo.
Di notte la centrale si svuotava salvo eccezioni di casi o momenti scottanti.
Quella volta era tutto
tranquillo, in giornata avevano fatto molti passi in avanti, sembrava
che il caso fosse ad un passo dalla risoluzione e Stiles si sentiva un
po’ in colpa per il depistaggio colossale a cui li aveva sottoposti, ma
era una buona causa.
“Salvare il culo di Derek è sempre una buona causa.”
Anche se poi, indirettamente, salvava il culo anche a tutti quelli che conosceva.
Così pensando, Stiles andò alle celle.